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27 marzo 2018 -  10 nissan 5778
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memoria

"Sono stato profugo anch’io. E non dimentico"

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Sono stato profugo anch’io, nel mio piccolo, fatto non raro per “quelli dalla dura cervice”. Habiru vorrebbe dire, nell’antica lingua egizia, “straniero”. Sono stato profugo in Svizzera nel 1939. Ho visto le aspre montagne della Confederatio Helvetica, già innevate a settembre, ma non arrancavo a piedi lungo gli scoscesi pendii, le guardavo appiccicato al finestrino del treno. Arrivato a Basilea, per alcune settimane ebbi modo di imparare qualche frase di tedesco, e già quando stavo mescolandolo con l’italiano natio, venni confusamente a sapere che non sarebbe stata la mia lingua perché il papà, come tutti sanno, non fu accettato come insegnante al Conservatorio. La Confederatio non ci voleva, perché avevano già troppe grane da sbrigare con i profughi laceri, stanchi e disperati, quelli che venivano dall’Est. La mamma, il papà, con me e il fratellino vestiti con gli abitini migliori, tutti e quattro “veramente spiaciuti”, andammo a trovare il Rabbino Capo di Basilea che, nel mio ricordo, è Sigmund Freud, ma un Sigmund tenerissimo che offerse a noi bambini squisite caramelle, mentre spiegava la serie pressoché infinita di motivi per i quali la Comunità non ci poteva prendere in carico: “Dovete convincervi che i profughi dall’Est correrebbero tutti in Italia, dalla quale voi invece cercate di fuggire”.

Aldo Zargani, scrittore
Pagine Ebraiche, marzo 2018 

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IDENTITÀ

Il messaggio di Mosè

img headerMicah Goodman / L’ULTIMO DISCORSO DI MOSÈ / Giuntina

Prima di morire Mosè pronuncia il suo discorso più importante, che contiene una riflessione alla quale è possibile dare una lettura anche politica, incentrata sul rapporto tra religione e potere. Sulla scia di grandi pensatori come Sigmund Freud e Martin Buber, lo studioso di pensiero ebraico Micah Goodman racconta il messaggio e la figura del profeta da una prospettiva inedita, basata su una sorprendente conoscenza delle fonti e un’ispirata vicinanza emotiva.
Ne "L'ultimo discorso di Mosè" (Giuntina), costruisce così un testo originale e profondo, nel quale l’esegesi biblica diventa un messaggio e un monito quanto mai attuale.
Il suo ultimo discorso è l’eredità che Mosè lascia al popolo d’Israele per il futuro in assenza della sua voce profetica; un messaggio etico che indica la via per gestire quelle responsabilità politiche di cui un leader e un popolo dovranno farsi carico. E che, con le dovute differenze, secondo l'autore è applicabile anche all'oggi.

mdp 

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NARRATIVA ISRAELIANa

L'infermiera innamorata del soldato ferito  

società

Popolo versus élite

Yoram Kaniuk / HIMMO RE DI GERUSALEMME / Giuntina

Era pericoloso andare a Gerusalemme nell'inverno del 1948, ma Hamotal non si accorgeva di quello che succedeva intorno a lei». Cosi inizia Himmo re di Gerusalemme, il romanzo scritto da Yoram Kaniuk nel 1968 e tradotto ora in italiano da Elena Loewenthal per la casa editrice Giuntina. Hamotal, infermiera giovane e bella coi suoi capelli neri corti porta le cicatrici di un dolore grande e il peso della morte del fidanzato caduto in battaglia. Il suo cuore però non è afflitto e pieno di comprensione, anzi: prova un sorprendente bisogno di infierire sul vecchio guardiano che viene ad accoglierla. Già nelle prime pagine, mentre affronta il pericoloso tragitto verso il monastero «tutto quello che accadeva sia dentro sia fuori le sembrava come un sogno lontano».


Ada Treves,
La Stampa Tutto Libri, 25 marzo 2018


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Ilvo Diamanti e Marc Lazar / POPOLOCRAZIA / Laterza

Stiamo assistendo pressoché dovunque in Occidente all'avanzata del populismo: dagli Stati Uniti (dove la "panda" dell'America bianca e xenofoba ha portato Donald Trump alla Casa Bianca) all'Europa (dove è incorso da tempo un'ondata dilagante di movimenti e partiti populisti di varie colorazioni politiche). Quel che accomuna nel Vecchio Continente il populismo dell'estrema destra e quello della sinistra radicale, al di là delle loro diverse motivazioni, è un irreducibile antagonismo nei confronti delle classi dirigenti quanto un'esaltazione pregiudiziale del popolo, considerato alla stregua di un'entità omogenea e coerente per eccellenza, da contrapporre alle élite ritenute avulse dalle istanze e dalle esigenze della collettività.

Valerio Castronovo,
Il Sole 24 Ore Domenica, 25 marzo 2018


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