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11 luglio 2014 - 13 Tamuz 5774
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
""E come potevamo noi cantare/
con il piede straniero sopra il cuore,/ fra i morti abbandonati nelle piazze/ sull’erba dura di ghiaccio, al lamento/ d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero/
della madre che andava incontro al figlio/ crocifisso sul palo del telegrafo?/ Alle fronde dei salici, per voto,/ anche le nostre cetre erano appese,/ oscillavano lievi al triste vento."
Se il poeta Salvatore Quasimodo di fronte all'orrore della guerra scelse il silenzio delle cetre come furono silenziose le cetre dei nostri padri schiavi in Babilonia (salmo 136) noi non possiamo permetterci lo stesso silenzio. E di fronte alla follia distruttiva di Hamas e di ogni fondamentalismo e di fronte ai pregiudizi antisemiti di un certo mondo che non fa differenze tra libertà e liberticidi le nostre cetre, le nostre parole devono suonare ovunque. Per informare, per svegliare coscienze o anche solo per destare un dubbio.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
“Mai pensare che la guerra, anche se giustificata, non sia un crimine”. (Ernst Hemingway)
“Il vero guaio della guerra moderna e che non dà a nessuno la possibilità di uccidere la gente giusta”. (Ezra Pound)
A parte il disagio di citare un noto antisemita (Pound), trovo questi due aforismi particolarmente adatti all’attuale emergenza mediorientale. Non vorrei aggiungere molte parole, le frasi parlano da sole e chi vuole capire capisce. Soprattutto non me la sento di partecipare troppo assiduamente a quella parte di guerra che si è scatenata sul web e sui social network. E’ infatti evidente che sulla rete circolano materiali manipolati che sono visibilmente funzionali al conflitto sul campo. Suggerirei quindi delle sane letture e una buona dose di calmanti, che aiuterebbero non poco a digerire la spazzatura che si va accumulando nell’infinita memoria digitale. Lo so, può sembrare un po’ da vigliacchi, ma in questo modo almeno mi astengo personalmente dal contribuire alla crescita di tale lordura. Karl Kraus scriveva a questo proposito parole definitive: “Come cominciano le guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a quello che leggono”. Speriamo solo che i “diplomatici” siano questa volta un po’ più accorti.
 
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L’Italia di fronte
al Medio Oriente
“Com’è difficile ragionare con pacatezza, anche qui in Italia, sul dramma del Medio Oriente”. Così sul Corriere della Sera, Paolo Conti apre il suo articolo dedicato a come si vive e si analizza nella penisola ciò che sta accadendo in Israele e a Gaza. “L’Italia, presidente di turno dell’Unione europea, vive le stesse, parallele spaccature che si registrano in Medio Oriente. Un dato aiuta a capire il perché del coinvolgimento. In Israele sono diecimila gli abitanti con passaporto italiano. Cittadini di religione ebraica che hanno scelto ora di risiedere nello Stato israeliano oppure sono figli o nipoti di chi emigrò nel dopoguerra. Un vincolo forte, che riguarda quindi migliaia di nuclei familiari, rimasti in Italia o residenti ora in Israele. Ma naturalmente c’è di più”. A essere interpellate dal giornalista sono anche alcune voci molto diverse, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, il presidente del Partito democratico Matteo Orfini, rav Giuseppe Laras, presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana e Hamza Roberto Piccardo, editore membro del direttivo dell’Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii), autore già in passato di commenti e dichiarazioni estremiste (a trattare, tra le altre cose, il tema della crisi vista dall’Italia anche un’intervista del nuovo quotidiano Il Garantista al presidente dell’Associazione Hans Jonas Tobia Zevi).
Un aggiornamento sulle tensioni è presente su tutti i principali quotidiani. “Raffiche di missili lanciati da Hamas verso Gerusalemme, Tel Aviv e Beer Sheba. In totale sono caduti 140 proiettili” scrive tra l’altro il Corriere della Sera (e proiettili non è il termine più adatto, anche guardando l’infografica pubblicata dallo stesso quotidiano, che illustra i tipi di missili sparati da Gaza contro Israele e la loro gittata). A dare conto della situazione, dei razzi che colpiscono le città israeliane, degli obiettivi centrati da Tzahal a Gaza nell’operazione Protective Edge, delle vittime nella Striscia (“Fonti palestinesi dell’ospedale di Gaza parlano di un bilancio complessivo fino ad ora di 78 vittime e 200 feriti”) anche la Stampa.
“Noi scudi umani tra Hamas e gli sms di Israele” si intitola il resoconto di Repubblica, che riporta i tentativi di Israele di avvertire la popolazione civile di Gaza per evitare che rimanga coinvolta nelle incursioni contro le basi e i membri del gruppo terrorista (pur sottolineando come l’impresa sia difficile). “Gli ‘scudi umani’ sono la strategia difesa di Hamas: che piazza adesso le sue batterie in mezzo ai centri abitati per evitare la rappresaglia (che però puntualmente arriva), e che anche se non convinto che sia un deterrente per gli israeliani comunque alza il numero delle vittime civili facendo il gioco degli integralisti. E forse non tutti lo fanno davvero spontaneamente. Uno dei loro boss è andato addirittura in tv per elogiare e sollecitare altri ‘martiri’. ‘Chiediamo a tutto il popolo di Gaza di seguire questa pratica’, ha detto dagli schermi di Al Aqsa, la rete controllata da Hamas. Ieri pomeriggio il ‘rinato’ ministero dell’Interno di Hamas ha diramato un comunicato a tutti i cittadini della Striscia invitandoli ‘a ignorare questi avvertimenti del nemico, a non lasciare le proprie abitazioni collaborando cosi con gli israeliani’”.
Sulla Stampa si racconta invece l’impegno delle autorità israeliane per mettere in sicurezza e diminuire al massimo i disagi della popolazione civile: un centro apposito è presente in ogni città, il corrispondente Maurizio Molinari ha visitato quello di Ashkelon, dove il sindaco gli ha illustrato le misure prese per garantire assistenza ad anziani e malati, sostegno a famiglie con bambini piccoli, aiuti psicologici.
Il quotidiano torinese in una breve riferisce anche della scarcerazione di tre dei sospettati per l’omicidio del diciassettenne palestinese Mohammed (rimangono ovviamente in arresto i tre che hanno confessato il delitto).
Numerosi e diversi i commenti sulla crisi. Sul Tempo parla l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon. “Pochissimi secondi che possono fare la differenza fra la vita o la morte. Se centinaia di missili venissero lanciati oggi sulle maggiori città italiane, come Roma, Milano, Torino o Napoli – ovvero esattamente ciò che sta avvenendo in Israele – il governo italiano non sarebbe certamente disposto a tollerare una situazione del genere, e con fondate ragioni” ricorda, esortando a isolare gli estremisti.
“La pace spiegata a mio figlio – Dio non ci donerà la pace – Insegnerò a mio figlio la parola compromesso” l’intervento dello scrittore israeliano Etgar Keret sul Corriere. “L’errore strategico di ‘Bibi’ e l’ombra lunga del ‘califfo nero’” quello del collega francese Marek Halter su Repubblica. L’Unità pubblica un editoriale di Moni Ovadia “Nelle mani degli estremisti – Due debolezze politiche e il peso degli estremismi”. “Hamas punta sulle disgrazie del suo popolo” l’analisi proposta dal Giornale.
Cultura. “Leggo su ‘Pagine ebraiche’ un elenco commentato di illustri fascisti, razzisti e antisemiti, cui sono state dedicate strade in alcuni paesi” scrive Umberto Eco nella sua rubrica su L’Espresso, che pubblica anche un’intervista all’autore di Maus Art Spiegelman.
 
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  davar
israele
Hamas prosegue l'aggressione
Un enorme colonna di fumo ha avvolto questa mattina la città di Ashdod, nel sud di Israele. A essere colpita dai razzi provenienti dalla Striscia di Gaza, una stazione di benzina. Tre persone sono rimaste ferite dall'attacco rivendicato dal gruppo terroristico di Hamas, di cui una gravemente. A Tel Aviv sono risuonate le sirene e tre missili sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome. Negli ultimi tre giorni, afferma l'esercito israeliano, sul paese sono stati lanciati oltre 570 missili. Siamo al quarto giorno dall'inizio dell'operazione Protective Edge – o Roccaforte, nella sua traduzione dall'ebraico – avviata per fermare la pioggia di razzi sparati da Hamas e dagli altri gruppi estremisti. Il bilancio dell'operazione è di oltre 900 obiettivi colpiti dall'Idf nella Striscia di Gaza, da punti di lancio dei missili a infrastrutture legate a Hamas fino ai tunnel sotterranei. Le azioni sono state portate tutte per via aerea e forti interrogativi rimangono su una eventuale decisione di agire via terra. “Niente ci ferma dall'andare avanti”, ha affermato il generale dell'esercito israeliano Benny Gantz, se non “una direttiva politica”. I vertici politici, premier Benjamin Netanyahu in testa, stanno valutando se dare il via alle operazioni via terra oppure no. Intanto Hamas – che sosterebbe di poter protrarre il conflitto per mesi - minaccia di colpire l'aeroporto Ben Gurion Tel Aviv, fino ad oggi regolarmente operativo.
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israele
Impegno per i civili che soffrono
"Da un lato si trovano in Israele e vedono le conseguenze delle azioni di Hamas, come le persone soffrono da questa parte della frontiera. Dall’altro, le loro famiglie a Gaza sono sotto attacco dell’Idf e hanno paura per le vite dei loro cari”. A trovarsi in questa situazione un gruppo di pazienti dell’ospedale Rambam di Haifa. Pazienti arrivati da Gaza nello Stato ebraico per essere curati e accolti da Yazid Falah, il coordinatore dell’ospedale per i pazienti palestinesi. Sono in queste ore una ventina i palestinesi ricoverati nella struttura, di cui otto bambini, e altri sono in arrivo, come riportato dal Times of Israel.
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MEMORIA
Umberto Eco e Pagine Ebraiche  Una nuova dura denuncia dell'antisemitismo italiano
“Strada per strada, lo sbadato omaggio alla geografia dell’odio”. Questo il titolo di un’inchiesta che il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche dedicava alle molte strade che ancora oggi, in varie città, rendono omaggio alle peggiori menti dell’antisemitismo fascista e ad alcuni firmatari del Manifesto della Razza dal quale germogliarono le infami leggi razziste del ’38. Una mappatura a firma del direttore Guido Vitale che ha suscitato l’interesse di un grande intellettuale come Umberto Eco che oggi, nel suo consueto appuntamento con “La bustina di Minerva” sulle pagine dell’Espresso, proprio a quell’inchiesta dedica alcune riflessioni di grande interesse.
Era stato proprio Vitale a intervistare il celebre intellettuale piemontese in occasione dell'uscita nelle librerie de Il cimitero di Praga (Bompiani), la sua ultima opera dedicata ai temi dell'odio e dell'antisemitismo. “La storia dei veleni e dei falsi dell’antisemitismo ottocentesco cui il libro è dedicato – sottolineava Eco –  è anche la nostra storia, inquina ancora il nostro presente. Non c’è niente di nuovo sotto il sole. I servizi sono sempre stati deviati, i giornalisti spesso corrotti e pressapochisti e gli ebrei sono sempre stati oggetto, proprio per la loro capacità di essere soggetto”.
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qui roma
La prima Capitale liberata
We are in Rome. “Siamo a Roma” titolava a caratteri cubitali un giornale alleato il 5 giugno 1944. Poche semplici parole per raccontare una nuova vita, quella della Capitale di Italia. Il 4 giugno, infatti, ad entrare nella Città eterna sono le truppe americane, accolte dalla popolazione in festa. È il giorno della Liberazione di Roma dall'occupazione tedesca, il giorno del ritorno alla vita dopo le sofferenze e le tragedie causate dal nazifascismo. La mostra “Roma prima capitale d'Europa Liberata” a cura di Giovanni Cipriani che celebra, a 70 anni di distanza da quegli avvenimenti, uno dei momenti storici più importanti dello scorso secolo. Inaugurata ieri a Roma al museo del Palazzo di Venezia, la mostra – che tra gli enti promotori vede l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - costituita da un importante numero di testimonianze, documenti, fonti ufficiali e biografiche, molte delle quali inedite, ripercorrere giorno per giorno i momenti salienti e irripetibili che portarono Roma a divenire in Europa la prima capitale libera. A intervenire all'inaugurazione, al fianco del curatore dell'esposizione Cipriani, la sottosegretaria alla Cultura Francesca Barracciu e la direttrice della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico Daniela Porro.
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QUI FIRENZE
Una danza per la vita
Dopo la commovente “apertura per lutto” della scorsa settimana in concomitanza con l’assassinio dei tre studenti israeliani nel Gush Etzion, un nuovo appuntamento con il Balagan Cafè torna a mostrare la passione e la voglia di vita degli ebrei italiani. Con l’angoscia nel cuore per le ultime notizie che arrivano dal Medio Oriente ma più forti di chi, attraverso la minaccia delle armi e del terrore, vorrebbe portare al dissolvimento di ogni certezza. Centinaia di fiorentini hanno infatti accolto l’invito della Comunità ebraica a raccogliersi nei giardini della sinagoga per una giornata interamente dedicata alle danze e alla musica klezmer. Protagonisti, tra gli altri, due formidabili interpreti del genere come Jeff Warschawer e Deborah Strauss. In apertura l’intervento di Hora Aboaf, insegnante di lingua e cultura ebraica oltre che psicoterapeuta e ballerina.
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pilpul
Teniamo vivi gli anticorpi
Confesso che la settimana scorsa non avevo citato Mohammed insieme a Eyad, Gilad e Naftali perché con molta ingenuità avevo ritenuto opportuno non scartare a priori l’ipotesi che potesse essere stato ucciso da arabi. Parlo di ipotesi e non di speranza perché se le cose fossero andate così la tragedia sarebbe stata ancora più orribile per lui stesso e per la sua famiglia. Quanto a me, l’idea (che mi aveva sfiorato) che Mohammed potesse essere stato ucciso da qualcuno dei suoi per far ricadere la colpa su Israele non mi confortava per nulla, anzi, suscitava in me rabbia, tanto più forte quanto più impotente, per un mondo che troppe volte sembra dare ragione per principio chi ha più vittime tra i suoi; di fronte a questa logica perversa (che si è rivelata estranea all’assassinio di Mohammed ma che stiamo vedendo all’opera in questi giorni a Gaza) provo un’infinita pietà per i palestinesi vittime tre volte: vittime di un conflitto che non si riesce a fermare, vittime spesso delle loro stesse leadership e vittime di un’opinione pubblica mondiale che, occupandosi di loro solo quando sono uccisi da israeliani, sembra fare di tutto per invogliare le loro leadership a sacrificarli.

Anna Segre, insegnante
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Estremisti
Negli ultimi giorni, innumerevoli media e social network, dimenticando probabilmente la corretta successione degli eventi, hanno rappresentato Israele come un paese preso d'assalto dal più bieco fanatismo nazional-religioso, come se esso fosse la sua unica anima. Come nel resto del mondo, è innegabile che esista un estremismo israeliano di destra, un fenomeno che non deve essere in nessun modo sottovalutato o scagionato. Ma è necessario però, al tempo stesso, evidenziare una netta distinzione tra tendenze estremistiche di alcune frange israeliane e il fanatismo arabo-palestinese. Perché se il primo resta comunque una strenua minoranza all'interno di Israele, dove è denunciato e pubblicamente condannato dalla maggioranza della società israeliana e perseguito penalmente dallo Stato di Israele, il secondo invece non riceve un'esplicita condanna, ed è anzi supportato o giustificato sia dalla maggioranza della società arabo-palestinese, sia nel mondo islamico, così come da una moltitudine di sostenitori della causa palestinese in occidente.

Francesco Moises Bassano, studente
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Comunità
Ieri sono stata al Balagan, quella manifestazione di cultura ebraica che la comunità di Firenze organizza tutti i giovedì dell'estate; centinaia di persone della città raggiungono i giardini del tempio per incontrarsi sotto le stelle. È bello vedere una comunità quando persegue se stessa e diventa motivo di aggregazione, non di separazione; uno spazio espressivo in cui sentirsi a casa dove trovare un tesoro che arricchisce la nostra vita. Una comunità che fa la comunità. Una tenda aperta, piena e generosa, sulla scia di Abramo… tante volte ci fossimo dimenticati da dove veniamo.

Ilana Bahbout






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