
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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""E come potevamo noi cantare/
con il piede straniero sopra il cuore,/ fra i morti abbandonati nelle
piazze/ sull’erba dura di ghiaccio, al lamento/ d’agnello dei
fanciulli, all’urlo nero/
della madre che andava incontro al figlio/ crocifisso sul palo del
telegrafo?/ Alle fronde dei salici, per voto,/ anche le nostre cetre
erano appese,/ oscillavano lievi al triste vento."
Se il poeta Salvatore Quasimodo di fronte all'orrore della guerra
scelse il silenzio delle cetre come furono silenziose le cetre dei
nostri padri schiavi in Babilonia (salmo 136) noi non possiamo
permetterci lo stesso silenzio. E di fronte alla follia distruttiva di
Hamas e di ogni fondamentalismo e di fronte ai pregiudizi antisemiti di
un certo mondo che non fa differenze tra libertà e liberticidi le
nostre cetre, le nostre parole devono suonare ovunque. Per informare,
per svegliare coscienze o anche solo per destare un dubbio.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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“Mai pensare che la guerra, anche se
giustificata, non sia un crimine”. (Ernst Hemingway)
“Il vero guaio della guerra moderna e che non dà a nessuno la
possibilità di uccidere la gente giusta”. (Ezra Pound)
A parte il disagio di citare un noto antisemita (Pound), trovo questi
due aforismi particolarmente adatti all’attuale emergenza
mediorientale. Non vorrei aggiungere molte parole, le frasi parlano da
sole e chi vuole capire capisce. Soprattutto non me la sento di
partecipare troppo assiduamente a quella parte di guerra che si è
scatenata sul web e sui social network. E’ infatti evidente che sulla
rete circolano materiali manipolati che sono visibilmente funzionali al
conflitto sul campo. Suggerirei quindi delle sane letture e una buona
dose di calmanti, che aiuterebbero non poco a digerire la spazzatura
che si va accumulando nell’infinita memoria digitale. Lo so, può
sembrare un po’ da vigliacchi, ma in questo modo almeno mi astengo
personalmente dal contribuire alla crescita di tale lordura. Karl Kraus
scriveva a questo proposito parole definitive: “Come cominciano le
guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a
quello che leggono”. Speriamo solo che i “diplomatici” siano questa
volta un po’ più accorti.
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L’Italia di fronte
al Medio Oriente |
“Com’è difficile ragionare con pacatezza,
anche qui in Italia, sul dramma del Medio Oriente”. Così sul Corriere
della Sera, Paolo Conti apre il suo articolo dedicato a come si vive e
si analizza nella penisola ciò che sta accadendo in Israele e a Gaza.
“L’Italia, presidente di turno dell’Unione europea, vive le stesse,
parallele spaccature che si registrano in Medio Oriente. Un dato aiuta
a capire il perché del coinvolgimento. In Israele sono diecimila gli
abitanti con passaporto italiano. Cittadini di religione ebraica che
hanno scelto ora di risiedere nello Stato israeliano oppure sono figli
o nipoti di chi emigrò nel dopoguerra. Un vincolo forte, che riguarda
quindi migliaia di nuclei familiari, rimasti in Italia o residenti ora
in Israele. Ma naturalmente c’è di più”. A essere interpellate dal
giornalista sono anche alcune voci molto diverse, il fondatore della
Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, il presidente del Partito
democratico Matteo Orfini, rav Giuseppe Laras, presidente emerito
dell’Assemblea rabbinica italiana e Hamza Roberto Piccardo, editore
membro del direttivo dell’Unione delle comunità e delle organizzazioni
islamiche in Italia (Ucoii), autore già in passato di commenti e
dichiarazioni estremiste (a trattare, tra le altre cose, il tema della
crisi vista dall’Italia anche un’intervista del nuovo quotidiano Il
Garantista al presidente dell’Associazione Hans Jonas Tobia Zevi).
Un aggiornamento sulle tensioni è presente su tutti i principali
quotidiani. “Raffiche di missili lanciati da Hamas verso Gerusalemme,
Tel Aviv e Beer Sheba. In totale sono caduti 140 proiettili” scrive tra
l’altro il Corriere della Sera (e proiettili non è il termine più
adatto, anche guardando l’infografica pubblicata dallo stesso
quotidiano, che illustra i tipi di missili sparati da Gaza contro
Israele e la loro gittata). A dare conto della situazione, dei razzi
che colpiscono le città israeliane, degli obiettivi centrati da Tzahal
a Gaza nell’operazione Protective Edge, delle vittime nella Striscia
(“Fonti palestinesi dell’ospedale di Gaza parlano di un bilancio
complessivo fino ad ora di 78 vittime e 200 feriti”) anche la Stampa.
“Noi scudi umani tra Hamas e gli sms di Israele” si intitola il
resoconto di Repubblica, che riporta i tentativi di Israele di
avvertire la popolazione civile di Gaza per evitare che rimanga
coinvolta nelle incursioni contro le basi e i membri del gruppo
terrorista (pur sottolineando come l’impresa sia difficile). “Gli
‘scudi umani’ sono la strategia difesa di Hamas: che piazza adesso le
sue batterie in mezzo ai centri abitati per evitare la rappresaglia
(che però puntualmente arriva), e che anche se non convinto che sia un
deterrente per gli israeliani comunque alza il numero delle vittime
civili facendo il gioco degli integralisti. E forse non tutti lo fanno
davvero spontaneamente. Uno dei loro boss è andato addirittura in tv
per elogiare e sollecitare altri ‘martiri’. ‘Chiediamo a tutto il
popolo di Gaza di seguire questa pratica’, ha detto dagli schermi di Al
Aqsa, la rete controllata da Hamas. Ieri pomeriggio il ‘rinato’
ministero dell’Interno di Hamas ha diramato un comunicato a tutti i
cittadini della Striscia invitandoli ‘a ignorare questi avvertimenti
del nemico, a non lasciare le proprie abitazioni collaborando cosi con
gli israeliani’”.
Sulla Stampa si racconta invece l’impegno delle autorità israeliane per
mettere in sicurezza e diminuire al massimo i disagi della popolazione
civile: un centro apposito è presente in ogni città, il corrispondente
Maurizio Molinari ha visitato quello di Ashkelon, dove il sindaco gli
ha illustrato le misure prese per garantire assistenza ad anziani e
malati, sostegno a famiglie con bambini piccoli, aiuti psicologici.
Il quotidiano torinese in una breve riferisce anche della scarcerazione
di tre dei sospettati per l’omicidio del diciassettenne palestinese
Mohammed (rimangono ovviamente in arresto i tre che hanno confessato il
delitto).
Numerosi e diversi i commenti sulla crisi. Sul Tempo parla
l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon. “Pochissimi secondi che
possono fare la differenza fra la vita o la morte. Se centinaia di
missili venissero lanciati oggi sulle maggiori città italiane, come
Roma, Milano, Torino o Napoli – ovvero esattamente ciò che sta
avvenendo in Israele – il governo italiano non sarebbe certamente
disposto a tollerare una situazione del genere, e con fondate ragioni”
ricorda, esortando a isolare gli estremisti.
“La pace spiegata a mio figlio – Dio non ci donerà la pace – Insegnerò
a mio figlio la parola compromesso” l’intervento dello scrittore
israeliano Etgar Keret sul Corriere. “L’errore strategico di ‘Bibi’ e
l’ombra lunga del ‘califfo nero’” quello del collega francese Marek
Halter su Repubblica. L’Unità pubblica un editoriale di Moni Ovadia
“Nelle mani degli estremisti – Due debolezze politiche e il peso degli
estremismi”. “Hamas punta sulle disgrazie del suo popolo” l’analisi
proposta dal Giornale.
Cultura. “Leggo su ‘Pagine ebraiche’ un elenco commentato di illustri
fascisti, razzisti e antisemiti, cui sono state dedicate strade in
alcuni paesi” scrive Umberto Eco nella sua rubrica su L’Espresso, che
pubblica anche un’intervista all’autore di Maus Art Spiegelman.
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israele
Hamas
prosegue l'aggressione
Un
enorme colonna di fumo ha avvolto questa mattina la città di Ashdod,
nel sud di Israele. A essere colpita dai razzi provenienti dalla
Striscia di Gaza, una stazione di benzina. Tre persone sono rimaste
ferite dall'attacco rivendicato dal gruppo terroristico di Hamas, di
cui una gravemente. A Tel Aviv sono risuonate le sirene e tre missili
sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome. Negli ultimi
tre giorni, afferma l'esercito israeliano, sul paese sono stati
lanciati oltre 570 missili. Siamo al quarto giorno dall'inizio
dell'operazione Protective Edge – o Roccaforte, nella sua traduzione
dall'ebraico – avviata per fermare la pioggia di razzi sparati da Hamas
e dagli altri gruppi estremisti. Il bilancio dell'operazione è di oltre
900 obiettivi colpiti dall'Idf nella Striscia di Gaza, da punti di
lancio dei missili a infrastrutture legate a Hamas fino ai tunnel
sotterranei. Le azioni sono state portate tutte per via aerea e forti
interrogativi rimangono su una eventuale decisione di agire via terra.
“Niente ci ferma dall'andare avanti”, ha affermato il generale
dell'esercito israeliano Benny Gantz, se non “una direttiva politica”.
I vertici politici, premier Benjamin Netanyahu in testa, stanno
valutando se dare il via alle operazioni via terra oppure no. Intanto
Hamas – che sosterebbe di poter protrarre il conflitto per mesi -
minaccia di colpire l'aeroporto Ben Gurion Tel Aviv, fino ad oggi
regolarmente operativo.
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qui
roma
La
prima Capitale liberata
We
are in Rome. “Siamo a Roma” titolava a caratteri cubitali un giornale
alleato il 5 giugno 1944. Poche semplici parole per raccontare una
nuova vita, quella della Capitale di Italia. Il 4 giugno, infatti, ad
entrare nella Città eterna sono le truppe americane, accolte dalla
popolazione in festa. È il giorno della Liberazione di Roma
dall'occupazione tedesca, il giorno del ritorno alla vita dopo le
sofferenze e le tragedie causate dal nazifascismo. La mostra “Roma
prima capitale d'Europa Liberata” a cura di Giovanni Cipriani che
celebra, a 70 anni di distanza da quegli avvenimenti, uno dei momenti
storici più importanti dello scorso secolo. Inaugurata ieri a Roma al
museo del Palazzo di Venezia, la mostra – che tra gli enti promotori
vede l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - costituita da un
importante numero di testimonianze, documenti, fonti ufficiali e
biografiche, molte delle quali inedite, ripercorrere giorno per giorno
i momenti salienti e irripetibili che portarono Roma a divenire in
Europa la prima capitale libera. A intervenire all'inaugurazione, al
fianco del curatore dell'esposizione Cipriani, la sottosegretaria alla
Cultura Francesca Barracciu e la direttrice della Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico Artistico Daniela Porro.
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Teniamo
vivi gli anticorpi |
Confesso
che la settimana scorsa non avevo citato Mohammed insieme a Eyad, Gilad
e Naftali perché con molta ingenuità avevo ritenuto opportuno non
scartare a priori l’ipotesi che potesse essere stato ucciso da arabi.
Parlo di ipotesi e non di speranza perché se le cose fossero andate
così la tragedia sarebbe stata ancora più orribile per lui stesso e per
la sua famiglia. Quanto a me, l’idea (che mi aveva sfiorato) che
Mohammed potesse essere stato ucciso da qualcuno dei suoi per far
ricadere la colpa su Israele non mi confortava per nulla, anzi,
suscitava in me rabbia, tanto più forte quanto più impotente, per un
mondo che troppe volte sembra dare ragione per principio chi ha più
vittime tra i suoi; di fronte a questa logica perversa (che si è
rivelata estranea all’assassinio di Mohammed ma che stiamo vedendo
all’opera in questi giorni a Gaza) provo un’infinita pietà per i
palestinesi vittime tre volte: vittime di un conflitto che non si
riesce a fermare, vittime spesso delle loro stesse leadership e vittime
di un’opinione pubblica mondiale che, occupandosi di loro solo quando
sono uccisi da israeliani, sembra fare di tutto per invogliare le loro
leadership a sacrificarli.
Anna Segre, insegnante
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Estremisti |
Negli
ultimi giorni, innumerevoli media e social network, dimenticando
probabilmente la corretta successione degli eventi, hanno rappresentato
Israele come un paese preso d'assalto dal più bieco fanatismo
nazional-religioso, come se esso fosse la sua unica anima. Come nel
resto del mondo, è innegabile che esista un estremismo israeliano di
destra, un fenomeno che non deve essere in nessun modo sottovalutato o
scagionato. Ma è necessario però, al tempo stesso, evidenziare una
netta distinzione tra tendenze estremistiche di alcune frange
israeliane e il fanatismo arabo-palestinese. Perché se il primo resta
comunque una strenua minoranza all'interno di Israele, dove è
denunciato e pubblicamente condannato dalla maggioranza della società
israeliana e perseguito penalmente dallo Stato di Israele, il secondo
invece non riceve un'esplicita condanna, ed è anzi supportato o
giustificato sia dalla maggioranza della società arabo-palestinese, sia
nel mondo islamico, così come da una moltitudine di sostenitori della
causa palestinese in occidente.
Francesco Moises Bassano, studente
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Comunità |
Ieri
sono stata al Balagan, quella manifestazione di cultura ebraica che la
comunità di Firenze organizza tutti i giovedì dell'estate; centinaia di
persone della città raggiungono i giardini del tempio per incontrarsi
sotto le stelle. È bello vedere una comunità quando persegue se stessa
e diventa motivo di aggregazione, non di separazione; uno spazio
espressivo in cui sentirsi a casa dove trovare un tesoro che
arricchisce la nostra vita. Una comunità che fa la comunità. Una tenda
aperta, piena e generosa, sulla scia di Abramo… tante volte ci fossimo
dimenticati da dove veniamo.
Ilana Bahbout
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