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7 agosto 2014 - 10 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
In questa Parashà Moshè, sul punto di separarsi da Israele, gli fornisce le prove del favore divino per questo popolo e i motivi per cui esso debba mantenere la fedeltà a D.o; in essa Moshè ripete al popolo i punti del patto stipulato con D.o, il Decalogo; in essa troviamo le parole della prima parte dello Shemà‘, quelle parole che le nostre labbra balbettano insieme a “papà” e “mamma” nella nostra più tenera infanzia, quelle parole che sugli stipiti delle porte denotano l’ebraicità di una casa, quelle parole che in ogni giorno feriale, all’inizio della giornata, leghiamo al nostro braccio e al nostro capo per legare ad esse le nostre azioni, i nostri sentimenti ed i nostri pensieri, quelle parole, infine, che per ultime si pronunciano sul morente.
 
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Sergio
Della Pergola,
Gerusalemme
Impossibile sapere se e quanto durerà il cessate il fuoco fra Hamas e Israele a Gaza, ma intanto si può iniziare a trarre qualche primo bilancio consuntivo. Sulle soluzioni politiche è preferibile mantenersi cauti, mentre è certo che quella vista è la catastrofe dei mezzi di informazione e dell’analisi politica. Nessuno, onestamente, è in grado di distinguere fra gli orizzonti urbani semidistrutti e fumanti di Aleppo, di Tripoli e di Gaza, ma ce n’è uno solo che suscita emozione, sdegno, mozioni all’ONU e spedizioni umanitarie. In primo luogo va registrata la vergognosa omertà degli inviati speciali, se per la prima volta uno dei 3.300 lanci di razzi effettuati è stato documentato da una televisione indiana, subito imitata da una televisione finlandese, solo poche ore prima del cessate il fuoco finale.
 
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Negoziati al Cairo,
le minacce di Hamas
ll disarmo di Hamas, con la consegna del suo arsenale missilistico, e la smilitarizzazione della Striscia di Gaza sono le principali richieste di Israele per firmare una tregua con la controparte palestinese. D'accordo il segretario di Stato John Kerry che alla Bbc afferma “Se Hamas vuole la fine del blocco economico deve accettare di cedere gli armamenti”. Come spiega Maurizio Molinari su La Stampa, altra richiesta del governo israeliano è i ripristino di una supervisione dei confini da parte dell'Autorità nazionale palestinese guidata dal presidente Abu Mazen, con l'aiuto della comunità internazionale e dell'Egitto. L'obiettivo, come spiega Fiamma Nirenstein sul Giornale, è ridare ad Abu Mazen il controllo sulla Striscia e isolare gli estremisti di Hamas, che però anche dal Cairo continua a minacciare, rifiutando al momento l'estensione della tregua di 72 ore iniziata martedì. Intanto sul conflitto - mentre “Gaza prova a ripartire”, come scrive il Corriere - pesano dal punto di vista mediatico le minacce ricevute dai giornalisti che cercavano di compiere il proprio lavoro a Gaza. Sempre Nirenstein scrive  “si sa che fotografi e cameraman sono stati minacciati e espulsi se hanno fotografato militanti armati. Solo i poveri civili dovevano apparire nelle cronache. Nei sotterranei dell'ospedale Shifa c'è la centrale di Hamas, ma i giornalisti sono tenuti a fotografare solo i feriti e i morti”.
 
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#IsraeleDifendeLaPace Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it.
 
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  davar
J-CIAK: ISRAELE PROTAGONISTA A LOCARNO
Arabi danzanti
Grande attesa e molta emozione, questa sera a Locarno, per la prima in piazza Grande di Arabi danzanti, il nuovo film del regista israeliano Eran Riklis. Il cineasta ha appena concluso, ospite questa mattina del 67esimo Festival del film, un intenso incontro con la stampa internazionale segnando il ritorno sulla scena internazionale, in una stagione densa di tensioni e di ferite per il Medio Oriente, della grande cultura di Israele. Accanto a lui i protagonisti Yael Abecassis e Tawfik Barhom e l'intero cast della coproduzione di Israele, Germania e Francia.
Daniela Gross presenta in anteprima per Pagine Ebraiche 24 il film di Riklis, che giunge dopo il successo travolgente di "La sposa siriana", "Il giardino dei limoni" e "Il responsabile delle risorse umane".

Bloccata in Israele dall’escalation del conflitto, la proiezione internazionale di “Dancing Arabs” di Eran Riklis sbarca stasera in Europa al festival di Locarno. Proiezione in piazza Grande, cuore della manifestazione, su uno degli schermi più grandi e avanzati del vecchio continente, davanti a un pubblico per tradizione numerosissimo, per un film che riporta all’attenzione collettiva la tragedia del Medio Oriente. E c’è forse una giustizia poetica nel fatto che un lavoro così, dedicato agli ostacoli e alle possibilità della convivenza tra arabi e israeliani, vada in scena adesso - mentre si assapora la speranza della tregua - dopo essere stato cancellato dal programma del festival di Gerusalemme per l’incalzare della guerra.
Tratto da due romanzi di Sayed Kashua, giornalista arabo-israeliano che scrive in ebraico, di recente al centro di feroci polemiche in Israele, “Dancing Arabs”, coproduzione Israele/Francia/Germania, come gli altri film di Riklis affronta la questione mediorientale  filtrandola attraverso le vicende e le sensibilità dei singoli.
La storia, ispirata a quella dello stesso Kashua, racconta di Eyad, ragazzino nato e cresciuto nel villaggio arabo di Tira, che ha la possibilità di studiare in un prestigioso collegio di Gerusalemme. È il primo e unico arabo a essere accettato e cerca disperatamente di integrarsi con i compagni israeliani. Ben presto fa amicizia con Jonathan, un compagno affetto da distrofia muscolare, ed è accettato dalla sua famiglia. Ma questi equilibri, per quanto fragili, saltano in maniera eclatante quando Eyad s’innamora di Naomi, una ragazza ebrea. La storia viene scoperta, lui deve lasciare la scuola e confrontarsi con la sua identità.
Eran Riklis, già apprezzato a livello internazionale per “La sposa siriana” (2004), “Il giardino di limoni” (2008) e “Il responsabile delle risorse umane” (2010), torna con un film che mescola emozioni e personaggi su uno sfondo politico e sociale a dir poco rovente. “Il protagonista – spiega il regista
incarna la complessità del Medio Oriente ma al tempo stesso è solo un ragazzo che cerca di sopravvivere e di decidere cosa vuole fare”.
Per quanto strettamente legato alla questione israelo-palestinese, il film vuole darsi infatti un respiro assai più ampio. “Il protagonista potrebbe essere benissimo un ragazzo indiano nato in Gran Bretagna che cerca di capire come può integrarsi o come può mantenere i suoi valori tradizionali. Il tema del film è questo: Eyad vive in un paese in cui è un outsider. Il grande interrogativo è come si possa mantenere la propria identità aprendosi a un mondo in costante mutamento”.
“Dancing Arabs”, con cui Riklis aspira a conquistare un pubblico assai ampio a livello mondiale, ha avuto una lunga incubazione e si avvale della collaborazione dello stesso Kashua che ha collaborato alla sceneggiatura. Il film schiera nel cast Tawfeek Barhum, Yael Abecassis, Ali Suliman, Michael Mushonov e Danielle Kitzis. Barhum, ragazzino innamoratosi del cinema quando Eran Riklis girava “La sposa siriana” nel suo villaggio di Rafah, interpreta Eyad con una carica particolare forse per aver vissuto un’esperienza molto simile (dal villaggio è stato mandato a studiare in un collegio israeliano).
Le riprese, spesso splendide, sono state realizzate a Kafr Qasim per la parte di Tirah e poi a Gerusalemme, dove la produzione ha trovato un notevole sostegno sia da parte del sindaco Nir Barkat sia dal Jerusalem Film Fund, negli ultimi anni attivissimo a sostegno delle produzioni cinematografiche. La scelta di Gerusalemme è venuta da sé: è la capitale d’Israele, la città che conta la maggiore popolazione araba, quella in cui s’intrecciano e incrociano da secoli culture, religioni e nazionalità. Anche per questo poteva essere meraviglioso vedere “Dancing Arabs” proiettato proprio lì, sotto le mura della Città vecchia.

Daniela Gross
#israeledifendelapace
La tregua passa dal Cairo
“Il popolo di Gaza non è il nostro nemico. Il nostro nemico è Hamas; il nostro nemico sono le organizzazioni terroristiche che cercano di uccidere il nostro popolo. La tragedia di Gaza è di essere controllata da Hamas, un gruppo terrorista, fanatico e tiranno che è soddisfatto se ci sono vittime civili”. Ha puntato il dito contro Hamas il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel suo discorso ufficiale di ieri in cui ha voluto fare i complimenti all'esercito per come ha condotto l'operazione Margine Protettivo. Dall'inizio di quest'ultima è passato un mese e ora al Cairo si tratta per una tregua tra le parti del conflitto, con Israele resosi disponibile ad estendere il cessate il fuoco temporaneo di 72 ore
iniziato martedì scorso – per ulteriori 72. Al sì israeliano, che garantirebbe a Gaza la possibilità di portare avanti le operazioni di recupero dei feriti, Hamas ha risposto picche, minacciando di riprendere il lancio di razzi contro le città israeliane. Prova a mostrare i muscoli il movimento terroristico che controlla la Striscia ma la risposta è arrivata pronta dai vertici della politica israeliana. “L'esercito è pronto e preparato, l'aviazione è pronta e preparata. A qualsiasi lancio di razzi risponderemo duramente”, il commento del ministro dell'Economia Yair Lapid. “Non ci mettano alla prova”, l'avviso del ministro a Hamas. Ora dovrebbe essere il turno della diplomazia e non della violenza e sembra che Israele abbia fatto un'ulteriore apertura nei confronti dei vicini palestinesi: indiscrezioni riportate dal Times of Israel parlano infatti di una sospensione del blocco navale sulla Striscia.
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#israeledifendelapace
Gaza, interrogativi ancora aperti
La Striscia di Gaza non è così densamente popolata come è stato detto e scritto ripetutamente in queste settimane. Alcune aree lo sono davvero, come Gaza City, Beit Hanoun e Khan Younis, ma esistono anche zone con una densità di popolazione molto minore. E questo solleva alcune domande. Innanzitutto: perché i media non hanno mostrato l’esistenza di queste aree più aperte per invece sottolineare l’affollamento e la densità di popolazione della Striscia? Le ragioni – spiega Alan Dershowitz – possono essere molte: lì non ci sono stati combattimenti, e questo le rende meno interessanti". Ma il punto è proprio questo, sarebbe importante mostrare che esistono anche zone da cui Hamas avrebbe potuto far partire i missili, o in cui avrebbe potuto scavare i tunnel, senza avere un impatto così forte sulla vita – e sulla morte – dei civili palestinesi. È possibile che Hamas non abbia permesso ai giornalisti e ai fotografi presenti nella Striscia di raccontarlo, ma questo non è affatto un dettaglio, e se si trattasse davvero un problema di censura, non sarebbe ancora più interessante e importante?
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qui trieste - INCONTRO CON IL GOVERNATORE
"Comunità, porta verso l'Europa"
Il ruolo della Comunità nel tessuto cittadino, la lotta ai rigurgiti di odio, la collaborazione tra istituzioni pubbliche ed ebraiche. Questi alcuni dei temi affrontati nel corso dell'incontro in Regione tra il governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, il presidente della Comunità ebraica di Trieste Alessandro Salonichio e il neo rabbino capo della città giuliana Eliezer Di Martino. “Dobbiamo tenere alta l'asticella dell'attenzione - ha affermato Serracchiani - assumendo nello stesso tempo una posizione di ferma condanna per questi episodi. Non si dimentichi mai che gli ebrei italiani sono concittadini a pieno titolo, che hanno diritto a vivere in completa sicurezza”. Parole significative sono state inoltre spese per le relazioni che la Comunità ebraica intrattiene con altre realtà straniere, in particolare con gli ebrei di Austria, Slovenia, Croazia e Ungheria. "In questo modo - ha osservato Serracchiani - la Comunità triestina contribuisce, in saldo collegamento con le istituzioni, a riscoprire e rafforzare l'autentica vocazione europea della città, premessa per un rilancio del suo ruolo culturale e anche economico".
(La foto è di Giovanni Montenero)
qui veneziau
"La nostra scelta sia la vita"

“Nel mondo cristiano da molti anni a questa parte è stato fatto, grazie all’impegno di molti a partire dai pontefici più recenti, un grande lavoro di revisione dei rapporti tra ebrei e cristiani. Tutto ciò non è ancora avvenuto tra ebrei e Islam. Tanto quanto Giovanni Paolo II ha parlato di ‘fratelli maggiori’, nulla è accaduto di simile nel mondo musulmano. Sarebbe questa una buona base di partenza: cioè che anche l’Islam riconoscesse la ‘primogenitura’ dell’ebraismo”. È il pensiero del rabbino capo Scialom Bahbout, intervistato dal Gazzettino per parlare dell’espulsione dell’imam di San Donà di Piave dopo le invettive antisemite e inneggianti all’uccisione di ebrei pronunciate davanti ai fedeli riuniti in moschea per la preghiera del venerdì. Rispondendo alle domande di Paolo Navarro Dina, rav Bahbout si dice preoccupato per il “silenzio assordante” di una grande maggioranza di musulmani che non avrebbe il coraggio di manifestare liberamente le proprie idee moderate e una volontà di dialogo.
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QUI GORIZIA - LOTTA ALL'ANTISEMITISMO
Parole di odio sulla sinagoga
Una scritta antisemita è comparsa negli scorsi giorni a Gorizia, accanto al portone della sinagoga. Già cancellata dal Comune, prontamente intervenuto, è stata una sorpresa per tutti dato che la città è considerata un esempio di integrazione e di convivenza di culture diverse.
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QUI VERCELLI
"Pretendiamo rispetto"
A Vercelli proseguono le manifestazioni delle diverse associazioni pro Palestina. La centrale piazza Cavour con la statua dello statista avvolta da strisce recanti alcuni nomi e età di caduti palestinesi; appartenenti al "Centro Sociale Mattone Rosso", hanno parlato pubblicamente rivendicando l'oltraggio fatto l'altra settimana sulla cancellata della sinagoga e apponendo a simbolo e autodenuncia uno striscione simile a quello collocato presso la stessa, sui portici della piazza.


Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità ebraica di Vercelli e consigliere UCEI
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  pilpul
Setirot - Il gran circo delle idee
Per un po’ ci provo: soltanto agenzie di stampa che aggiornano su Israele e Gaza, e una pila di libri. Niente ring alla Facebook o simili.Comincio con “Il grande circo delle idee”, romanzo di Miki Bencnaan (traduzione di Linda Callow) in uscita da Giuntina. Svela il mistero nascosto nelle vite di quattro ospiti della casa di riposo Yadlitza Norbert a Gerusalemme che mettono in piedi un coro di discreto successo, e svelandolo racconta e ci regala fantasie, magie, ricordi di Lager.
Per un po’ ci provo: soltanto agenzie di stampa che aggiornano su Israele e Gaza, e libri. Ma ecco, sulla pagina… «… riuscirono per la prima volta a produrre un suono comune, morbido e preciso, come un quartetto d’archi affiatato, “che” – dichiarò Leon commosso – “è il modello più significativo di collaborazione tra creature razionali”».
Già, quando le voci s’intrecciano in un’unica sostanza, in un suono la cui essenza è la nostalgia, e – aggiungo io – il futuro. S’intrecciano, all’unisono, ciascuna con il proprio timbro.

Stefano Jesurum, giornalista
Time out - Per la pace
Forse li avrete incontrati, sono gli ebrei per la pace. Non sembra, ma esistono anche se vivono in un mondo tutto loro. Più che nei locali comunitari li trovi su giornali, riviste e ora anche sui social network a spiegare perché Netanyahu non voglia la pace mentre Abu Mazen sì. Dicono che bisogna dialogare con tutti, anche con Hamas se necessario, nel pieno rispetto delle diverse identità. Se però te intervieni nelle loro bacheche per smentirli o per far notare che c’è chi la pensa diversamente immediatamente il dialogo si interrompe e tu ti trasformi in provocatore, forse fascista e alla peggio anche picchiatore.

Daniel Funaro
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