Elia Richetti,
rabbino
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In
questa Parashà Moshè, sul punto di separarsi da Israele, gli fornisce
le prove del favore divino per questo popolo e i motivi per cui esso
debba mantenere la fedeltà a D.o; in essa Moshè ripete al popolo i
punti del patto stipulato con D.o, il Decalogo; in essa troviamo le
parole della prima parte dello Shemà‘, quelle parole che le nostre
labbra balbettano insieme a “papà” e “mamma” nella nostra più tenera
infanzia, quelle parole che sugli stipiti delle porte denotano
l’ebraicità di una casa, quelle parole che in ogni giorno feriale,
all’inizio della giornata, leghiamo al nostro braccio e al nostro capo
per legare ad esse le nostre azioni, i nostri sentimenti ed i nostri
pensieri, quelle parole, infine, che per ultime si pronunciano sul
morente.
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Sergio
Della Pergola,
Gerusalemme
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Impossibile
sapere se e quanto durerà il cessate il fuoco fra Hamas e Israele a
Gaza, ma intanto si può iniziare a trarre qualche primo bilancio
consuntivo. Sulle soluzioni politiche è preferibile mantenersi cauti,
mentre è certo che quella vista è la catastrofe dei mezzi di
informazione e dell’analisi politica. Nessuno, onestamente, è in grado
di distinguere fra gli orizzonti urbani semidistrutti e fumanti di
Aleppo, di Tripoli e di Gaza, ma ce n’è uno solo che suscita emozione,
sdegno, mozioni all’ONU e spedizioni umanitarie. In primo luogo va
registrata la vergognosa omertà degli inviati speciali, se per la prima
volta uno dei 3.300 lanci di razzi effettuati è stato documentato da
una televisione indiana, subito imitata da una televisione finlandese,
solo poche ore prima del cessate il fuoco finale.
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Negoziati al Cairo,
le minacce di Hamas
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ll
disarmo di Hamas, con la consegna del suo arsenale missilistico, e la
smilitarizzazione della Striscia di Gaza sono le principali richieste
di Israele per firmare una tregua con la controparte palestinese.
D'accordo il segretario di Stato John Kerry che alla Bbc afferma “Se
Hamas vuole la fine del blocco economico deve accettare di cedere gli
armamenti”. Come spiega Maurizio Molinari su La Stampa, altra richiesta
del governo israeliano è i ripristino di una supervisione dei confini
da parte dell'Autorità nazionale palestinese guidata dal presidente Abu
Mazen, con l'aiuto della comunità internazionale e dell'Egitto.
L'obiettivo, come spiega Fiamma Nirenstein sul Giornale, è ridare ad
Abu Mazen il controllo sulla Striscia e isolare gli estremisti di
Hamas, che però anche dal Cairo continua a minacciare, rifiutando al
momento l'estensione della tregua di 72 ore iniziata martedì. Intanto
sul conflitto - mentre “Gaza prova a ripartire”, come scrive il
Corriere - pesano dal punto di vista mediatico le minacce ricevute dai
giornalisti che cercavano di compiere il proprio lavoro a Gaza. Sempre
Nirenstein scrive “si sa che fotografi e cameraman sono stati
minacciati e espulsi se hanno fotografato militanti armati. Solo i
poveri civili dovevano apparire nelle cronache. Nei sotterranei
dell'ospedale Shifa c'è la centrale di Hamas, ma i giornalisti sono
tenuti a fotografare solo i feriti e i morti”.
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#IsraeleDifendeLaPace Domande e risposte
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Domande
chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi
problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora.
L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra
lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova
area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede,
dichiarazioni sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle
forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini
che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire
il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it.
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J-CIAK: ISRAELE PROTAGONISTA A LOCARNO
Arabi danzanti
Grande
attesa e molta emozione, questa sera a Locarno, per la prima in piazza
Grande di Arabi danzanti, il nuovo film del regista israeliano Eran
Riklis. Il cineasta ha appena concluso, ospite questa mattina del
67esimo Festival del film, un intenso incontro con la stampa
internazionale segnando il ritorno sulla scena internazionale, in una
stagione densa di tensioni e di ferite per il Medio Oriente, della
grande cultura di Israele. Accanto a lui i protagonisti Yael Abecassis
e Tawfik Barhom e l'intero cast della coproduzione di Israele, Germania
e Francia.
Daniela Gross presenta in
anteprima per Pagine Ebraiche 24 il film di Riklis, che giunge dopo il
successo travolgente di "La sposa siriana", "Il giardino dei limoni" e
"Il responsabile delle risorse umane".
Bloccata
in Israele dall’escalation del conflitto, la proiezione internazionale
di “Dancing Arabs” di Eran Riklis sbarca stasera in Europa al festival
di Locarno. Proiezione in piazza Grande, cuore della manifestazione, su
uno degli schermi più grandi e avanzati del vecchio continente, davanti
a un pubblico per tradizione numerosissimo, per un film che riporta
all’attenzione collettiva la tragedia del Medio Oriente. E c’è forse
una giustizia poetica nel fatto che un lavoro così, dedicato agli
ostacoli e alle possibilità della convivenza tra arabi e israeliani,
vada in scena adesso - mentre si assapora la speranza della tregua -
dopo essere stato cancellato dal programma del festival di Gerusalemme
per l’incalzare della guerra.
Tratto
da due romanzi di Sayed Kashua, giornalista arabo-israeliano che scrive
in ebraico, di recente al centro di feroci polemiche in Israele,
“Dancing Arabs”, coproduzione Israele/Francia/Germania, come gli altri
film di Riklis affronta la questione mediorientale filtrandola
attraverso le vicende e le sensibilità dei singoli.
La storia, ispirata a quella dello stesso Kashua, racconta di Eyad,
ragazzino nato e cresciuto nel villaggio arabo di Tira, che ha la
possibilità di studiare in un prestigioso collegio di Gerusalemme. È il
primo e unico arabo a essere accettato e cerca disperatamente di
integrarsi con i compagni israeliani. Ben presto fa amicizia con
Jonathan, un compagno affetto da distrofia muscolare, ed è accettato
dalla sua famiglia. Ma questi equilibri, per quanto fragili, saltano in
maniera eclatante quando Eyad s’innamora di Naomi, una ragazza ebrea.
La storia viene scoperta, lui deve lasciare la scuola e confrontarsi
con la sua identità.
Eran Riklis, già apprezzato a livello internazionale per “La sposa
siriana” (2004), “Il giardino di limoni” (2008) e “Il responsabile
delle risorse umane” (2010), torna con un film che mescola emozioni e
personaggi su uno sfondo politico e sociale a dir poco rovente. “Il
protagonista – spiega il regista –
incarna la complessità del Medio Oriente ma al tempo stesso è solo un
ragazzo che cerca di sopravvivere e di decidere cosa vuole fare”.
Per
quanto strettamente legato alla questione israelo-palestinese, il film
vuole darsi infatti un respiro assai più ampio. “Il protagonista
potrebbe essere benissimo un ragazzo indiano nato in Gran Bretagna che
cerca di capire come può integrarsi o come può mantenere i suoi valori
tradizionali. Il tema del film è questo: Eyad vive in un paese in cui è
un outsider. Il grande interrogativo è come si possa mantenere la
propria identità aprendosi a un mondo in costante mutamento”.
“Dancing Arabs”, con cui Riklis aspira a conquistare un pubblico assai
ampio a livello mondiale, ha avuto una lunga incubazione e si avvale
della collaborazione dello stesso Kashua che ha collaborato alla
sceneggiatura. Il film schiera nel cast Tawfeek Barhum, Yael Abecassis,
Ali Suliman, Michael Mushonov e Danielle Kitzis. Barhum, ragazzino
innamoratosi del cinema quando Eran Riklis girava “La sposa siriana”
nel suo villaggio di Rafah, interpreta Eyad con una carica particolare
forse per aver vissuto un’esperienza molto simile (dal villaggio è
stato mandato a studiare in un collegio israeliano).
Le riprese, spesso splendide, sono state realizzate a Kafr Qasim per la
parte di Tirah e poi a Gerusalemme, dove la produzione ha trovato un
notevole sostegno sia da parte del sindaco Nir Barkat sia dal Jerusalem
Film Fund, negli ultimi anni attivissimo a sostegno delle produzioni
cinematografiche. La scelta di Gerusalemme è venuta da sé: è la
capitale d’Israele, la città che conta la maggiore popolazione araba,
quella in cui s’intrecciano e incrociano da secoli culture, religioni e
nazionalità. Anche per questo poteva essere meraviglioso vedere
“Dancing Arabs” proiettato proprio lì, sotto le mura della Città
vecchia.
Daniela Gross
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#israeledifendelapace
Gaza, interrogativi ancora aperti
La
Striscia di Gaza non è così densamente popolata come è stato detto e
scritto ripetutamente in queste settimane. Alcune aree lo sono davvero,
come Gaza City, Beit Hanoun e Khan Younis, ma esistono anche zone con
una densità di popolazione molto minore. E questo solleva alcune
domande. Innanzitutto: perché i media non hanno mostrato l’esistenza di
queste aree più aperte per invece sottolineare l’affollamento e la
densità di popolazione della Striscia? Le ragioni – spiega Alan
Dershowitz – possono essere molte: lì non ci sono stati combattimenti,
e questo le rende meno interessanti". Ma il punto è proprio questo,
sarebbe importante mostrare che esistono anche zone da cui Hamas
avrebbe potuto far partire i missili, o in cui avrebbe potuto scavare i
tunnel, senza avere un impatto così forte sulla vita – e sulla morte –
dei civili palestinesi. È possibile che Hamas non abbia permesso ai
giornalisti e ai fotografi presenti nella Striscia di raccontarlo, ma
questo non è affatto un dettaglio, e se si trattasse davvero un
problema di censura, non sarebbe ancora più interessante e importante?
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qui trieste - INCONTRO CON IL GOVERNATORE
"Comunità, porta verso l'Europa"
Il
ruolo della Comunità nel tessuto cittadino, la lotta ai rigurgiti di
odio, la collaborazione tra istituzioni pubbliche ed ebraiche. Questi
alcuni dei temi affrontati nel corso dell'incontro in Regione tra il
governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, il
presidente della Comunità ebraica di Trieste Alessandro Salonichio e il
neo rabbino capo della città giuliana Eliezer Di Martino. “Dobbiamo
tenere alta l'asticella dell'attenzione - ha affermato Serracchiani -
assumendo nello stesso tempo una posizione di ferma condanna per questi
episodi. Non si dimentichi mai che gli ebrei italiani sono concittadini
a pieno titolo, che hanno diritto a vivere in completa sicurezza”.
Parole significative sono state inoltre spese per le relazioni che la
Comunità ebraica intrattiene con altre realtà straniere, in particolare
con gli ebrei di Austria, Slovenia, Croazia e Ungheria. "In questo modo
- ha osservato Serracchiani - la Comunità triestina contribuisce, in
saldo collegamento con le istituzioni, a riscoprire e rafforzare
l'autentica vocazione europea della città, premessa per un rilancio del
suo ruolo culturale e anche economico".
(La foto è di Giovanni Montenero)
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Setirot
- Il gran circo delle idee |
Per
un po’ ci provo: soltanto agenzie di stampa che aggiornano su Israele e
Gaza, e una pila di libri. Niente ring alla Facebook o simili.Comincio
con “Il grande circo delle idee”, romanzo di Miki Bencnaan (traduzione
di Linda Callow) in uscita da Giuntina. Svela il mistero nascosto nelle
vite di quattro ospiti della casa di riposo Yadlitza Norbert a
Gerusalemme che mettono in piedi un coro di discreto successo, e
svelandolo racconta e ci regala fantasie, magie, ricordi di Lager.
Per un po’ ci provo: soltanto agenzie di stampa che aggiornano su
Israele e Gaza, e libri. Ma ecco, sulla pagina… «… riuscirono per la
prima volta a produrre un suono comune, morbido e preciso, come un
quartetto d’archi affiatato, “che” – dichiarò Leon commosso – “è il
modello più significativo di collaborazione tra creature razionali”».
Già, quando le voci s’intrecciano in un’unica sostanza, in un suono la
cui essenza è la nostalgia, e – aggiungo io – il futuro. S’intrecciano,
all’unisono, ciascuna con il proprio timbro.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Per la pace |
Forse
li avrete incontrati, sono gli ebrei per la pace. Non sembra, ma
esistono anche se vivono in un mondo tutto loro. Più che nei locali
comunitari li trovi su giornali, riviste e ora anche sui social network
a spiegare perché Netanyahu non voglia la pace mentre Abu Mazen sì.
Dicono che bisogna dialogare con tutti, anche con Hamas se necessario,
nel pieno rispetto delle diverse identità. Se però te intervieni nelle
loro bacheche per smentirli o per far notare che c’è chi la pensa
diversamente immediatamente il dialogo si interrompe e tu ti trasformi
in provocatore, forse fascista e alla peggio anche picchiatore.
Daniel Funaro
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