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Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Il
conflitto tra Israele e i terroristi di Hamas ha messo in evidenza
anche il potere informativo di ogni singola persona e della piattaforma
sociale che è Facebook.
Gruppi di volontari hanno creato funzionalissime agorà di incontro e
progetti di sbugiardamento della realtà e della mistificazione verso
Israele, cosa che ha permesso a molti utenti privati di rompere il
silenzioso sostegno a Israele, facendolo diventare rumoroso e utile.
Stupisce però che questa nuova consapevolezza sociale, queste nuove
piattaforme espressive non abbiano mai avuto il sostegno,
l’apprezzamento, l’appoggio delle organizzazioni per i diritti degli
omosessuali.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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La
tesi sostenuta dal cittadino Di Battista è semplice: il terrorismo (in
questo caso islamico) nasce dalla disperazione di popolazioni che prima
hanno subito l'imposizione di una geopolitica occidentale che ha fatto
del Medio Oriente ciò che ha voluto, e poi ha bombardato
indiscriminatamente provocando un numero incalcolabile di vittime,
perlopiù civili. Combattere per la propria libertà quando si è con le
spalle al muro è un atteggiamento che dobbiamo comprendere.
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La propaganda
contro Israele |
Il
regista francese Claude Lanzmann, autore del film Shoah, attacca la
“propaganda anti-israeliana” e risponde sulle pagine di Le Monde a una
lettera, pubblicata sullo stesso giornale, firmata da Rony Brauman,
Régis Debray, Edgar Morin e Christiane Hessel. “Un testo partigiano,
menzognero, senza coraggio e provocatorio”, scrive Lanzmann, ripreso
oggi dal Corriere della Sera, in cui si dimentica che “è Hamas ad avere
la responsabilità dell’orrore e della collera di tutte le morti civili
nella Striscia di Gaza”. E mentre i quattro firmatari, rivolgendosi al
presidente francese Hollande, mettevano sotto accusa Israele per il
conflitto a Gaza, il regista sottolinea a voler lo scontro è stato
Hamas: i capi del movimento terroristico “sapevano che l’uccisione dei
tre giovani ebrei rapiti, sommata al lancio di missili verso le città
israeliane, avrebbero provocato la risposta dello Stato Ebraico. E la
volevano”. “Ci parlano di Gaza come di una prigione a cielo aperto –
continua il regista – ma questa è propaganda, ben fatta, ma menzognera.
La gente non muore né di fame né di sete a Gaza, i negozi sono pieni di
beni in vendita, e basta avere un po’ di denaro per far sì che la lotta
di classe esista lì come altrove”. Tra Israele e Hamas continua
intanto il conflitto, con l’eliminazione da parte di Tsahal di tre capi
militari del movimento che controlla la Striscia. “Israele elimina tre
dei più importanti capi militari di Hamas a Gaza – scrive Molinari su
La Stampa – nel tentativo di obbligare l’avversario ad accettare la
proposta egiziane per una tregua permanente nella Striscia e qualcosa
in effetti sembra muoversi perché Khaled Mashaal decide di volare al
Cairo per incontrare Abu Mazen”. Lontane, invece, le trattative secondo
l’analista del Times of Israel Avi Issacharoff. La sua previsione,
ripresa dal Corriere della Sera, è che “nei prossimi giorni Hamas
cercherà di sfruttare qualunque stratagemma militare a sua
disposizione: i razzi più potenti che ha conservato per il ‘momento
della verità’: i tunnel per attaccare dentro Israele, i kamikaze dalla
Cisgiordania”. E intanto il Qatar, finanziatore del terrorismo di Hamas
(che ammette di aver pianificato il rapimento di Eyal, Gilad e Naftali,
i tre ragazzi israeliani assassinati da miliziani del movimento) prova
a proporsi come mediatore con una lettera del suo ministro degli Esteri
indirizzata al pubblico internazionale (Espresso). “Il
collezionista di cibi rari”. Sul Corriere della Sera Gian Antonio
Stella racconta la storia di Antonello Pessot, l’uomo che ha “tutto
quanto di strano si produce su questa Terra”. Una passione che lo ha
portato a diventare fornitore di grandi chef internazionali e iniziata
con una specie di avventura legata alle oche kasher e la Comunità
ebraica di Venezia, con protagonisti i rabbanim Elio Toaff, Elia
Richetti e Raffaele Grassini. “Le armi all’Olp in cambio della
pace”. Sul Fatto Quotidiano i presunti rapporti fra il Sismi (sigla del
servizio segreto militare) e le cellule dell’Olp di Yasser Arafat e un
accordo per far passare dall’Italia armi destinate all’organizzazione
palestinese. A parlarne, spiega il Fatto, un servizio di Andrea
Palladino su l’Espresso. “Il 28 agosto – si legge – scadrà il termine
del “Segreto di Stato” e quei dossier saranno pubblici. Attorno a
questa vicenda si intreccia pure la fine di due giornalisti, Italo Toni
e Gabriella De Palo, scomparsi a Beirut nel 1980″. Come si vive
sotto la minaccia costante dei razzi di Hamas, lo racconta Alberto
Flores D’Arcais su Repubblica. Da Nachal Oz, kibbutz a duecento metri
dal confine con la Striscia, il giornalista riporta la testimonianza di
alcuni dei suoi abitanti. Uno di loro spiega di essere cosciente di
come “il mondo vede questa guerra, tutte le colpe ad Israele, ma la
realtà è che i nostri figli studiano al chiuso dei bunker e noi fuori a
difenderli, mentre a Gaza i militari di Hamas si nascondono nei tunnel
e donne e bambini restano fuori, scudi umani da mostrare morti alle tv.
Noi non la vogliamo questa guerra, sono anni che gli diciamo non
tirateci addosso i razzi. Non siamo certo felici che i bambini crescano
in un ambiente così ostile”. Su IL, rivista del Sole 24 ore, due
editoriali che mettono in luce le contraddizioni delle attuali critiche
a Israele. “Perché non possiamo non dirci sionisti”, è il titolo del
corsivo di Sofia Ventura, in cui si afferma che “la colpa dello Stato
ebraico, agli occhi dei tanti odiatori, è di essere nato. Un giudizio
che si basa su ignoranza dei fatti e un sentimento che ha radici da
dimenticare”. Sempre su IL, Christian Rocca afferma che “l’antisionismo
è il nuovo antisemitismo” e si chiede perché non si leggano “mai
appelli ad Hamas e simili affinché smettano di lanciare razzi,
praticare violenza e diffondere odio antiebraico”.
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#IsraeleDIfendelaPace
Domande e risposte |
Domande
chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi
problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora.
L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra
lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it
il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a
notizie, schede, dichiarazioni sugli ultimi sviluppi relativi
all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di
Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo
positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto
scrivendo a desk@ucei.it
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#israeledifendelapace - l'analisi
Il Medio Oriente è uno
L'illustre
demografo e politologo Sergio Della Pergola analizza per il lettori del
giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche l'incandescente
situazione sullo scenario mediorientale. Ecco un'anticipazione di
estrema attualità tratta dall'analisi che apparirà sul numero di
settembre.
Nella catastrofe del reportage mediatico e dell'analisi politica di
queste ultime settimane sull'affare di Gaza, un elemento saliente è la
malevola e non casuale omissione della connessione che esiste fra i
diversi conflitti ora in corso nel Medio Oriente. Tipicamente
l'annunciatrice televisiva, magari dopo aver parlato a lungo del
massacro di cinquemila Yazidi in Iraq e dell'autobomba scoppiata con
cento vittime al centro di Aleppo, quando dice: "E passiamo ora alla
crisi in Medio Oriente" si riferisce esclusivamente agli sviluppi a
Gaza (e di sfuggita in Israele) e ignora che Damasco si trova a 40
chilometri dal confine israeliano, mentre sulla parte orientale della
stessa Siria si consolida l'ISIS, ossia Da'ash, ovvero il Califfato
islamico. Sono davvero strabilianti anche gli appelli dei governi dei
paesi occidentali per la salvezza dei cristiani massacrati e
perseguitati in Iraq e per il ristabilimento della pace a Gaza, come se
si trattasse di due mondi conflittuali differenti e non del tutto
contestuali. Straordinarie sono anche le espressioni di quegli alti
dirigenti della Chiesa di Roma che lanciano quotidiani appelli alla
pace negando che quella attuale possa essere una guerra di religione
("perché i gruppi integralisti non appartengono a nessuna religione").
È dunque necessario cercare di fare un po' di ordine in questa congerie
di avvenimenti, con tanti buoni e tanti cattivi, veri o falsi, in cui
nella prevalente rappresentazione di giornalisti e intellettuali
Israele sta dalla parte dei cattivi. Quando si considerano i fatti e le
forze in campo, tutto ciò non può essere considerato frutto di
ingenuità e suggerisce invece il senso di una certa perversa complicità.
Al livello più semplice di popolarizzazione, e rinunciando a qualche
finezza da specialisti, diciamo che nel corso di queste settimane si
affrontano in uno degli epicentri della violenza mondiale otto forze
principali diverse di cui è importante comprendere i mutui rapporti e
conflitti. Quattro sono i maggiori attori islamici: (1) Il
complesso sciita, risorto con la rivoluzione iraniana del 1979,
fondamentalista per natura, dittatoriale e in cerca di soluzioni
nucleari, incentrato a Teheran, grande sostenitore dell'alleata Siria
di Assad e di Hizbollah in Libano; (2) Il complesso sunnita
cosiddetto moderato include l'Arabia Saudita, l'Egitto, la
Giordania, gli Emirati del Golfo con l'eccezione di Qatar, e anche
l'Autorità Palestinese in Cisgiordania – per quello che conta;
(3) Il complesso islamico sunnita fondamentalista include
l'ISIS-Da'ash-Califfato in via di consolidamento, i movimenti
Jihadisti, e Hamas a Gaza – diviso dal Jihad da minuscole sfumature
tattiche; (4) Un altro complesso islamico sunnita duro più
occasionale che organico accorpa la Turchia, candidata all'Europa, e il
Qatar, sede della sorprendente TV Al Jazeera e dei campionati del mondo
di calcio 2022, in teoria paesi moderati e modernizzati, oggi più
vicini agli estremisti per via della loro aspirazione a un ruolo
politico internazionale. L'incompatibilità fra sunniti e sciiti è
talmente profonda che Hamas (sunnita) e Hizbollah (sciita) non hanno
finora coordinato la loro azione di fronte al comune aborrito nemico
Israele, e in Siria combattono l'uno contro l'altro.
In Medio Oriente giocano anche tre grandi attori esterni: (5) Gli
Stati Uniti sotto Obama sembrano aver perso la strada maestra
della strategia politica. Il presidente Bush figlio era dotato di medio
intelletto e proponeva una rozza dottrina di esportazione della
democrazia americana al Medio Oriente. La dottrina è fallita, ma almeno
aveva il pregio di esistere e di essere ingenuamente idealista. Oggi
Obama non ha una dottrina (oltre al "non far sciocchezze"): dopo il
corteggiamento dei Fratelli Musulmani ritenuti voce più autentica
dell'islamismo e la riduzione della propria presenza militare, gli USA
devono ora patteggiare l'assenso dell'Iran e bombardare gli estremisti
sunniti in un Iraq che speravano di aver sgomberato. (6) L'Unione
Europea, a differenza degli USA, non ha al proprio attivo nemmeno
l'abbozzo di una sia pure ingenua dottrina morale e porta avanti
soprattutto gli interessi disparati legati alle precarie bilance dei
pagamenti dei diversi paesi membri. Soprattutto l'Europa cristiana ha
chiuso gli occhi a lungo e ipocritamente sulla tragedia dei
correligionari in Medio Oriente, massacrati e espulsi dai vari regimi
fondamentalisti islamici. (7) La Russia, paese dai drammatici
squilibri interni, gioca abilmente a rimpiattino con gli attori
occidentali, mette i bastoni fra le ruote del consenso globale cercando
di riguadagnare le posizioni perdute con la scomparsa dell'Unione
Sovietica. Ed è inevitabile notare che mentre si parla del nuovo ordine
del 21° secolo, la Turchia e la Russia, paesi entrambi guidati da
leader autoritari e privi di freni inibitori, cercano di ricostruirsi
spazi politici analoghi all'Impero Ottomano e dell'Impero Zarista del
19° secolo. In questo grande gioco di tutti contro tutti, l'attore più
debole, evanescente e anemico è tristemente l'Unione Europea.
E infine c'è l'ottavo attore. Qui parrebbe naturale riferirsi a
Israele, piccola e anomala realtà, forte moralmente, economicamente e
militarmente. Guardando al Medio Oriente più dall'alto, tuttavia,
l'ottavo attore è semmai il complesso di tutti quei gruppi nazionali e
religiosi che l'Islam considera estranei e diversi: dunque gli Ebrei,
ma insieme a loro anche i Cristiani nelle loro molte denominazioni, i
Curdi e altre minoranze come gli Yazidi fino ad oggi totalmente
ignorati e ora tragicamente alla ribalta. La posizione strategica di
questi gruppi è molto simile: non solo l'ovvia necessità di
sopravvivere di fronte all'intolleranza, alla violenza e alla
repressione islamica ma anche un'aspirazione a pieno diritto di
sovranità in un Medio Oriente che essi hanno abitato da ben prima che
l'Islam nascesse nel 7° secolo. Corrispettivamente, la mediatica e la
politica globale ignorano o fanno finta di ignorare l'analogia di
interessi e di esperienze del complesso Ebrei-Cristiani-Curdi-Altri e
li tratta con sfacciata doppiezza. Così, dopo il massacro delle
minoranze in Iraq, le persone più illuminate reclamano a gran voce il
bombardamento americano di ISIS; mentre le stesse persone illuminate
condannano il bombardamento israeliano di Hamas che ha regolarmente
massacrato e espulso i propri cristiani da Gaza e condivide con ISIS la
stessa testa, lo stesso sangue, e soprattutto gli stessi finanziamenti.
Se per caso Israele non avesse avuto la cupola di ferro, secondo il
piano originale di Hamas le strade di Tel Aviv, di Ashdod e di
Beersheva sarebbero oggi come quelle di Gaza e di Aleppo. Chi allora in
occidente avrebbe protestato o perfino inviato una delegazione
umanitaria? Forse l'Italia con il viceministro degli esteri Lapo
Pistelli, in questi giorni molto attivo nell'alleviare i disagi in
Medio Oriente?
Certo, denunciare l'ottusa ignoranza e la perversa malafede della
mediatica e della politica e vantare le ragioni di Israele non basta.
Da parte di Israele vi sono molte importanti lezioni politiche da
trarre e da applicare. "Israele farà da sé" è una parafrasi del detto
di Carlo Alberto di Savoia, e andrebbe poi visto bene che cosa davvero
avvenne dopo quella frase famosa. L'insufficienza di tale approccio è
palese. Israele deve uscire dal proprio isolamento cercando con tutte
le proprie risorse di costruire alleanze: innanzitutto con i compagni
di percorso e di destino cristiani e curdi; poi con le componenti
islamiche moderate con le quali esistono in definitiva molti interessi
comuni, anche in Cisgiordania; e infine con quelle componenti non
mediorientali che hanno interesse ad ascoltare. Lo stato d'Israele –
fatto irreversibile per diritto e non per grazia – deve imparare a
spiegarsi meglio. Israele non può avere solamente una politica di
difesa ma deve anche sviluppare una proposta per la costruzione che
dovrà seguire alla guerra. Deve collaborare a una coraggiosa politica
di frontiere, di convivenze e di scambi. Deve anche prestare maggiore
attenzione alle sciagure e alle necessità dei vicini, perfino quelle
create dalla volontaria e conscia partecipazione di tanti palestinesi
ai piani di un manipolo di dirigenti maniacalmente estremisti. Il Medio
Oriente è uno e Israele non può vivervi 100 anni di solitudine.
Sergio Della Pergola, Gerusalemme
dafdaf
Dalle sardine alla Mole
Sul
numero di agosto di DafDaf la rubrica mostre e musei è dedicata a un
concorso molto particolare, a cui hanno partecipato quasi duemila
illustratori da tutto il mondo, portando a Torino una ventata di
creatività. L’idea era semplice: la Mole Antonelliana ha, oltre a una
storia molto particolare che la lega alla Comunità ebraica di Torino,
una sagoma molto riconoscibile. Sagoma che è diventata il vincolo da
rispettare per gli artisti che hanno partecipato. Davanti alla Mole -
che dopo essere nata come sinagoga della città è ora diventata un
apprezzatissimo Museo del Cinema - è stata allestita una mostra delle
opere selezionate, che è piaciuta talmente da essere stata prolungata
fino a settembre.
Da
più di dieci anni a Lisbona, la capitale del Portogallo, si tiene un
concorso di illustrazione, ideato per valorizzare la creatività e
l’immagine della città. Si chiama “Concurso Sardinhas Festas de
Lisboa”, e ha come tema uno dei simboli della città… le sardine!
Funziona talmente bene che a Torino quest’anno si è costituita
l’associazione “That’s a Mole”, che è partita dall’immagine simbolo
della città, la Mole Antonelliana, e ha promosso a sua volta un
concorso di illustrazione. Il successo è stato enorme, e nonostante si
trattasse della prima edizione la giuria – ha dovuto scegliere fra
1.941 illustrazioni da 39 paesi diversi.
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#israeledifendelapace
La ferocia di Hamas
Una
vendetta per la morte di alcuni dei suoi capi militari. Secondo
l'esercito israeliano, è possibile che Hamas stia preparando un piano
per un attacco terroristico su larga scala contro Israele oppure il
rapimento di civili o soldati sul confine con Gaza. Per questo la zona
di frontiera è stata rinforzata, con i soldati di Tzahal a perlustrare
la zona. C'è il rischio, dichiarano dall'esercito, che il movimento
terroristico possa utilizzare dei tunnel sotterranei per infiltrarsi in
territorio israeliano. Nonostante l'ampia operazione portata avanti da
Israele per distruggere la rete di cunicoli costruita da Hamas, il
pericolo che alcuni di questi tunnel non siano stati scoperti esiste. E
mentre le autorità israeliane controllano i confini con Gaza, dalla
Striscia continuano a partire razzi contro Israele. Intorno alle 16.00
israeliane, una sinagoga di Ashdod è stata colpita e sono stati
registrati diversi feriti lievi. A Beersheva, un uomo è rimasto ferito
da colpi di mortaio mentre un missile è caduto in un'area vicino a Tel
Aviv. Nella sola giornata di ieri, 109 razzi sono stati sparati contro
Israele. Alcuni esperti israeliani dicono che Hamas stia esaurendo le
scorte di armi (avrebbe ancora a disposizione il 25% del suo arsenale).
Il premier Benjamin Netanyahu afferma che il movimento non è mai stato
colpito così duramente e ieri tre dei suoi capi militari sono stati
uccisi. Il nervosismo di Hamas nelle ultime ore ha mostrato una volta
di più il volto del gruppo che controlla Gaza: 18 palestinesi sono
stati giustiziati perché sospettati di aver passato informazioni a
Israele. Almeno sei in pubblico, di fronte a una moschea. Leggi
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Frontiere certe |
Montenegro,
Croazia, Serbia. Tre Paesi in poche ore. Voli frequenti, una frontiera
passata in auto con un po' di coda ma nessuna formalità particolare
(più o meno come passare dall’Italia alla Svizzera). Facile ricordare
che venticinque anni fa qui era tutta Jugoslavia, più difficile pensare
che vent'anni fa questa frontiera era un fronte di guerra, anche se non
manca qualche traccia qua e là (come i sottomarini che si incontrano
andando in canoa lungo la costa).
Anna Segre
Leggi
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Di fronte ai terroristi |
“Fenomeni
radicali come l’ISIS – afferma l'ultimo comunicato dei deputati del M5S
- sarebbero da approfondire con calma e rispetto” alla risposta da
parte di un giornalista della Stampa, su cosa intendessero per
'rispetto' il deputato Manlio Di Stefano risponde: “Noi occidentali
abbiamo dato per scontato che la nostra fosse l’unica democrazia
possibile. Affrontare le cause con rispetto significa interrogarsi se
non ci siano altre forme di governo e di democrazia che vanno bene per
i posti dove sono”.
Francesco Moises Bassano, studente
Leggi
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Anche
questa settimana mi faccio ispirare da Albert Camus, il quale citando
Scheler scrive: "Si ama l'umanità in generale per non dover amare gli
esseri in particolare". A volte troppo idealismo umanitario e
universalista può nascondere un reale disimpegno verso il prossimo. E
forse, mi viene da pensare, può diventare un pretesto per giustificare
e accettare tutto quello che questa umanità produce.
Ilana Bahbout
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