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22 agosto 2014 - 26 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Il conflitto tra Israele e i terroristi di Hamas ha messo in evidenza anche il potere informativo di ogni singola persona e della piattaforma sociale che è Facebook.
Gruppi di volontari hanno creato funzionalissime agorà di incontro e progetti di sbugiardamento della realtà e della mistificazione verso Israele, cosa che ha permesso a molti utenti privati di rompere il silenzioso sostegno a Israele, facendolo diventare rumoroso e utile. Stupisce però che questa nuova consapevolezza sociale, queste nuove piattaforme espressive non abbiano mai avuto il sostegno, l’apprezzamento, l’appoggio delle organizzazioni per i diritti degli omosessuali.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
La tesi sostenuta dal cittadino Di Battista è semplice: il terrorismo (in questo caso islamico) nasce dalla disperazione di popolazioni che prima hanno subito l'imposizione di una geopolitica occidentale che ha fatto del Medio Oriente ciò che ha voluto, e poi ha bombardato indiscriminatamente provocando un numero incalcolabile di vittime, perlopiù civili. Combattere per la propria libertà quando si è con le spalle al muro è un atteggiamento che dobbiamo comprendere.
 
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La propaganda
contro Israele
Il regista francese Claude Lanzmann, autore del film Shoah, attacca la “propaganda anti-israeliana” e risponde sulle pagine di Le Monde a una lettera, pubblicata sullo stesso giornale, firmata da Rony Brauman, Régis Debray, Edgar Morin e Christiane Hessel. “Un testo partigiano, menzognero, senza coraggio e provocatorio”, scrive Lanzmann, ripreso oggi dal Corriere della Sera, in cui si dimentica che “è Hamas ad avere la responsabilità dell’orrore e della collera di tutte le morti civili nella Striscia di Gaza”. E mentre i quattro firmatari, rivolgendosi al presidente francese Hollande, mettevano sotto accusa Israele per il conflitto a Gaza, il regista sottolinea a voler lo scontro è stato Hamas: i capi del movimento terroristico “sapevano che l’uccisione dei tre giovani ebrei rapiti, sommata al lancio di missili verso le città israeliane, avrebbero provocato la risposta dello Stato Ebraico. E la volevano”. “Ci parlano di Gaza come di una prigione a cielo aperto – continua il regista – ma questa è propaganda, ben fatta, ma menzognera. La gente non muore né di fame né di sete a Gaza, i negozi sono pieni di beni in vendita, e basta avere un po’ di denaro per far sì che la lotta di classe esista lì come altrove”.  Tra Israele e Hamas continua intanto il conflitto, con l’eliminazione da parte di Tsahal di tre capi militari del movimento che controlla la Striscia. “Israele elimina tre dei più importanti capi militari di Hamas a Gaza – scrive Molinari su La Stampa – nel tentativo di obbligare l’avversario ad accettare la proposta egiziane per una tregua permanente nella Striscia e qualcosa in effetti sembra muoversi perché Khaled Mashaal decide di volare al Cairo per incontrare Abu Mazen”. Lontane, invece, le trattative secondo l’analista del Times of Israel Avi Issacharoff. La sua previsione, ripresa dal Corriere della Sera, è che “nei prossimi giorni Hamas cercherà di sfruttare qualunque stratagemma militare a sua disposizione: i razzi più potenti che ha conservato per il ‘momento della verità’: i tunnel per attaccare dentro Israele, i kamikaze dalla Cisgiordania”. E intanto il Qatar, finanziatore del terrorismo di Hamas (che ammette di aver pianificato il rapimento di Eyal, Gilad e Naftali, i tre ragazzi israeliani assassinati da miliziani del movimento) prova a proporsi come mediatore con una lettera del suo ministro degli Esteri indirizzata al pubblico internazionale (Espresso).  “Il collezionista di cibi rari”. Sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella racconta la storia di Antonello Pessot, l’uomo che ha “tutto quanto di strano si produce su questa Terra”. Una passione che lo ha portato a diventare fornitore di grandi chef internazionali e iniziata con una specie di avventura legata alle oche kasher e la Comunità ebraica di Venezia, con protagonisti i rabbanim Elio Toaff, Elia Richetti e Raffaele Grassini.  “Le armi all’Olp in cambio della pace”. Sul Fatto Quotidiano i presunti rapporti fra il Sismi (sigla del servizio segreto militare) e le cellule dell’Olp di Yasser Arafat e un accordo per far passare dall’Italia armi destinate all’organizzazione palestinese. A parlarne, spiega il Fatto, un servizio di Andrea Palladino su l’Espresso. “Il 28 agosto – si legge – scadrà il termine del “Segreto di Stato” e quei dossier saranno pubblici. Attorno a questa vicenda si intreccia pure la fine di due giornalisti, Italo Toni e Gabriella De Palo, scomparsi a Beirut nel 1980″.  Come si vive sotto la minaccia costante dei razzi di Hamas, lo racconta Alberto Flores D’Arcais su Repubblica. Da Nachal Oz, kibbutz a duecento metri dal confine con la Striscia, il giornalista riporta la testimonianza di alcuni dei suoi abitanti. Uno di loro spiega di essere cosciente di come “il mondo vede questa guerra, tutte le colpe ad Israele, ma la realtà è che i nostri figli studiano al chiuso dei bunker e noi fuori a difenderli, mentre a Gaza i militari di Hamas si nascondono nei tunnel e donne e bambini restano fuori, scudi umani da mostrare morti alle tv. Noi non la vogliamo questa guerra, sono anni che gli diciamo non tirateci addosso i razzi. Non siamo certo felici che i bambini crescano in un ambiente così ostile”.  Su IL, rivista del Sole 24 ore, due editoriali che mettono in luce le contraddizioni delle attuali critiche a Israele. “Perché non possiamo non dirci sionisti”, è il titolo del corsivo di Sofia Ventura, in cui si afferma che “la colpa dello Stato ebraico, agli occhi dei tanti odiatori, è di essere nato. Un giudizio che si basa su ignoranza dei fatti e un sentimento che ha radici da dimenticare”. Sempre su IL, Christian Rocca afferma che “l’antisionismo è il nuovo antisemitismo” e si chiede perché non si leggano “mai appelli ad Hamas e simili affinché smettano di lanciare razzi, praticare violenza e diffondere odio antiebraico”.
 
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#IsraeleDIfendelaPace
Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it
 
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  davar#israeledifendelapace - l'analisi
Il Medio Oriente è uno
L'illustre demografo e politologo Sergio Della Pergola analizza per il lettori del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche l'incandescente situazione sullo scenario mediorientale. Ecco un'anticipazione di estrema attualità tratta dall'analisi che apparirà sul numero di settembre.

Nella catastrofe del reportage mediatico e dell'analisi politica di queste ultime settimane sull'affare di Gaza, un elemento saliente è la malevola e non casuale omissione della connessione che esiste fra i diversi conflitti ora in corso nel Medio Oriente. Tipicamente l'annunciatrice televisiva, magari dopo aver parlato a lungo del massacro di cinquemila Yazidi in Iraq e dell'autobomba scoppiata con cento vittime al centro di Aleppo, quando dice: "E passiamo ora alla crisi in Medio Oriente" si riferisce esclusivamente agli sviluppi a Gaza (e di sfuggita in Israele) e ignora che Damasco si trova a 40 chilometri dal confine israeliano, mentre sulla parte orientale della stessa Siria si consolida l'ISIS, ossia Da'ash, ovvero il Califfato islamico. Sono davvero strabilianti anche gli appelli dei governi dei paesi occidentali per la salvezza dei cristiani massacrati e perseguitati in Iraq e per il ristabilimento della pace a Gaza, come se si trattasse di due mondi conflittuali differenti e non del tutto contestuali. Straordinarie sono anche le espressioni di quegli alti dirigenti della Chiesa di Roma che lanciano quotidiani appelli alla pace negando che quella attuale possa essere una guerra di religione ("perché i gruppi integralisti non appartengono a nessuna religione"). È dunque necessario cercare di fare un po' di ordine in questa congerie di avvenimenti, con tanti buoni e tanti cattivi, veri o falsi, in cui nella prevalente rappresentazione di giornalisti e intellettuali Israele sta dalla parte dei cattivi. Quando si considerano i fatti e le forze in campo, tutto ciò non può essere considerato frutto di ingenuità e suggerisce invece il senso di una certa perversa complicità.
Al livello più semplice di popolarizzazione, e rinunciando a qualche finezza da specialisti, diciamo che nel corso di queste settimane si affrontano in uno degli epicentri della violenza mondiale otto forze principali diverse di cui è importante comprendere i mutui rapporti e conflitti. Quattro sono i maggiori attori islamici: (1) Il complesso sciita, risorto con la rivoluzione iraniana del 1979, fondamentalista per natura, dittatoriale e in cerca di soluzioni nucleari, incentrato a Teheran, grande sostenitore dell'alleata Siria di Assad e di Hizbollah in Libano; (2) Il complesso sunnita cosiddetto moderato include l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Giordania, gli Emirati del Golfo con l'eccezione di Qatar, e anche l'Autorità Palestinese in Cisgiordania – per quello che conta; (3) Il complesso islamico sunnita fondamentalista include l'ISIS-Da'ash-Califfato in via di consolidamento, i movimenti Jihadisti, e Hamas a Gaza – diviso dal Jihad da minuscole sfumature tattiche; (4) Un altro complesso islamico sunnita duro più occasionale che organico accorpa la Turchia, candidata all'Europa, e il Qatar, sede della sorprendente TV Al Jazeera e dei campionati del mondo di calcio 2022, in teoria paesi moderati e modernizzati, oggi più vicini agli estremisti per via della loro aspirazione a un ruolo politico internazionale. L'incompatibilità fra sunniti e sciiti è talmente profonda che Hamas (sunnita) e Hizbollah (sciita) non hanno finora coordinato la loro azione di fronte al comune aborrito nemico Israele, e in Siria combattono l'uno contro l'altro.
In Medio Oriente giocano anche tre grandi attori esterni: (5) Gli Stati Uniti sotto Obama sembrano aver perso la strada maestra della strategia politica. Il presidente Bush figlio era dotato di medio intelletto e proponeva una rozza dottrina di esportazione della democrazia americana al Medio Oriente. La dottrina è fallita, ma almeno aveva il pregio di esistere e di essere ingenuamente idealista. Oggi Obama non ha una dottrina (oltre al "non far sciocchezze"): dopo il corteggiamento dei Fratelli Musulmani ritenuti voce più autentica dell'islamismo e la riduzione della propria presenza militare, gli USA devono ora patteggiare l'assenso dell'Iran e bombardare gli estremisti sunniti in un Iraq che speravano di aver sgomberato. (6) L'Unione Europea, a differenza degli USA, non ha al proprio attivo nemmeno l'abbozzo di una sia pure ingenua dottrina morale e porta avanti soprattutto gli interessi disparati legati alle precarie bilance dei pagamenti dei diversi paesi membri. Soprattutto l'Europa cristiana ha chiuso gli occhi a lungo e ipocritamente sulla tragedia dei correligionari in Medio Oriente, massacrati e espulsi dai vari regimi fondamentalisti islamici. (7) La Russia, paese dai drammatici squilibri interni, gioca abilmente a rimpiattino con gli attori occidentali, mette i bastoni fra le ruote del consenso globale cercando di riguadagnare le posizioni perdute con la scomparsa dell'Unione Sovietica. Ed è inevitabile notare che mentre si parla del nuovo ordine del 21° secolo, la Turchia e la Russia, paesi entrambi guidati da leader autoritari e privi di freni inibitori, cercano di ricostruirsi spazi politici analoghi all'Impero Ottomano e dell'Impero Zarista del 19° secolo. In questo grande gioco di tutti contro tutti, l'attore più debole, evanescente e anemico è tristemente l'Unione Europea.
E infine c'è l'ottavo attore. Qui parrebbe naturale riferirsi a Israele, piccola e anomala realtà, forte moralmente, economicamente e militarmente. Guardando al Medio Oriente più dall'alto, tuttavia, l'ottavo attore è semmai il complesso di tutti quei gruppi nazionali e religiosi che l'Islam considera estranei e diversi: dunque gli Ebrei, ma insieme a loro anche i Cristiani nelle loro molte denominazioni, i Curdi e altre minoranze come gli Yazidi fino ad oggi totalmente ignorati e ora tragicamente alla ribalta. La posizione strategica di questi gruppi è molto simile: non solo l'ovvia necessità di sopravvivere di fronte all'intolleranza, alla violenza e alla repressione islamica ma anche un'aspirazione a pieno diritto di sovranità in un Medio Oriente che essi hanno abitato da ben prima che l'Islam nascesse nel 7° secolo. Corrispettivamente, la mediatica e la politica globale ignorano o fanno finta di ignorare l'analogia di interessi e di esperienze del complesso Ebrei-Cristiani-Curdi-Altri e li tratta con sfacciata doppiezza. Così, dopo il massacro delle minoranze in Iraq, le persone più illuminate reclamano a gran voce il bombardamento americano di ISIS; mentre le stesse persone illuminate condannano il bombardamento israeliano di Hamas che ha regolarmente massacrato e espulso i propri cristiani da Gaza e condivide con ISIS la stessa testa, lo stesso sangue, e soprattutto gli stessi finanziamenti. Se per caso Israele non avesse avuto la cupola di ferro, secondo il piano originale di Hamas le strade di Tel Aviv, di Ashdod e di Beersheva sarebbero oggi come quelle di Gaza e di Aleppo. Chi allora in occidente avrebbe protestato o perfino inviato una delegazione umanitaria? Forse l'Italia con il viceministro degli esteri Lapo Pistelli, in questi giorni molto attivo nell'alleviare i disagi in Medio Oriente?
Certo, denunciare l'ottusa ignoranza e la perversa malafede della mediatica e della politica e vantare le ragioni di Israele non basta. Da parte di Israele vi sono molte importanti lezioni politiche da trarre e da applicare. "Israele farà da sé" è una parafrasi del detto di Carlo Alberto di Savoia, e andrebbe poi visto bene che cosa davvero avvenne dopo quella frase famosa. L'insufficienza di tale approccio è palese. Israele deve uscire dal proprio isolamento cercando con tutte le proprie risorse di costruire alleanze: innanzitutto con i compagni di percorso e di destino cristiani e curdi; poi con le componenti islamiche moderate con le quali esistono in definitiva molti interessi comuni, anche in Cisgiordania; e infine con quelle componenti non mediorientali che hanno interesse ad ascoltare. Lo stato d'Israele – fatto irreversibile per diritto e non per grazia – deve imparare a spiegarsi meglio. Israele non può avere solamente una politica di difesa ma deve anche sviluppare una proposta per la costruzione che dovrà seguire alla guerra. Deve collaborare a una coraggiosa politica di frontiere, di convivenze e di scambi. Deve anche prestare maggiore attenzione alle sciagure e alle necessità dei vicini, perfino quelle create dalla volontaria e conscia partecipazione di tanti palestinesi ai piani di un manipolo di dirigenti maniacalmente estremisti. Il Medio Oriente è uno e Israele non può vivervi 100 anni di solitudine.

Sergio Della Pergola, Gerusalemme

dafdaf
Dalle sardine alla Mole  
Sul numero di agosto di DafDaf la rubrica mostre e musei è dedicata a un concorso molto particolare, a cui hanno partecipato quasi duemila illustratori da tutto il mondo, portando a Torino una ventata di creatività. L’idea era semplice: la Mole Antonelliana ha, oltre a una storia molto particolare che la lega alla Comunità ebraica di Torino, una sagoma molto riconoscibile. Sagoma che è diventata il vincolo da rispettare per gli artisti che hanno partecipato. Davanti alla Mole - che dopo essere nata come sinagoga della città è ora diventata un apprezzatissimo Museo del Cinema - è stata allestita una mostra delle opere selezionate, che è piaciuta talmente da essere stata prolungata fino a settembre.

Da più di dieci anni a Lisbona, la capitale del Portogallo, si tiene un concorso di illustrazione, ideato per valorizzare la creatività e l’immagine della città. Si chiama “Concurso Sardinhas Festas de Lisboa”, e ha come tema uno dei simboli della città… le sardine! Funziona talmente bene che a Torino quest’anno si è costituita l’associazione “That’s a Mole”, che è partita dall’immagine simbolo della città, la Mole Antonelliana, e ha promosso a sua volta un concorso di illustrazione. Il successo è stato enorme, e nonostante si trattasse della prima edizione la giuria – ha dovuto scegliere fra 1.941 illustrazioni da 39 paesi diversi.

#israeledifendelapace
La ferocia di Hamas
Una vendetta per la morte di alcuni dei suoi capi militari. Secondo l'esercito israeliano, è possibile che Hamas stia preparando un piano per un attacco terroristico su larga scala contro Israele oppure il rapimento di civili o soldati sul confine con Gaza. Per questo la zona di frontiera è stata rinforzata, con i soldati di Tzahal a perlustrare la zona. C'è il rischio, dichiarano dall'esercito, che il movimento terroristico possa utilizzare dei tunnel sotterranei per infiltrarsi in territorio israeliano. Nonostante l'ampia operazione portata avanti da Israele per distruggere la rete di cunicoli costruita da Hamas, il pericolo che alcuni di questi tunnel non siano stati scoperti esiste. E mentre le autorità israeliane controllano i confini con Gaza, dalla Striscia continuano a partire razzi contro Israele. Intorno alle 16.00 israeliane, una sinagoga di Ashdod è stata colpita e sono stati registrati diversi feriti lievi. A Beersheva, un uomo è rimasto ferito da colpi di mortaio mentre un missile è caduto in un'area vicino a Tel Aviv. Nella sola giornata di ieri, 109 razzi sono stati sparati contro Israele. Alcuni esperti israeliani dicono che Hamas stia esaurendo le scorte di armi (avrebbe ancora a disposizione il 25% del suo arsenale). Il premier Benjamin Netanyahu afferma che il movimento non è mai stato colpito così duramente e ieri tre dei suoi capi militari sono stati uccisi. Il nervosismo di Hamas nelle ultime ore ha mostrato una volta di più il volto del gruppo che controlla Gaza: 18 palestinesi sono stati giustiziati perché sospettati di aver passato informazioni a Israele. Almeno sei in pubblico, di fronte a una moschea.
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pilpul

Frontiere certe
Montenegro, Croazia, Serbia. Tre Paesi in poche ore. Voli frequenti, una frontiera passata in auto con un po' di coda ma nessuna formalità particolare (più o meno come passare dall’Italia alla Svizzera). Facile ricordare che venticinque anni fa qui era tutta Jugoslavia, più difficile pensare che vent'anni fa questa frontiera era un fronte di guerra, anche se non manca qualche traccia qua e là (come i sottomarini che si incontrano andando in canoa lungo la costa).

Anna Segre
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Di fronte ai terroristi
“Fenomeni radicali come l’ISIS – afferma l'ultimo comunicato dei deputati del M5S - sarebbero da approfondire con calma e rispetto” alla risposta da parte di un giornalista della Stampa, su cosa intendessero per 'rispetto' il deputato Manlio Di Stefano risponde: “Noi occidentali abbiamo dato per scontato che la nostra fosse l’unica democrazia possibile. Affrontare le cause con rispetto significa interrogarsi se non ci siano altre forme di governo e di democrazia che vanno bene per i posti dove sono”.

Francesco Moises Bassano, studente
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Benpensanti
Anche questa settimana mi faccio ispirare da Albert Camus, il quale citando Scheler scrive: "Si ama l'umanità in generale per non dover amare gli esseri in particolare". A volte troppo idealismo umanitario e universalista può nascondere un reale disimpegno verso il prossimo. E forse, mi viene da pensare, può diventare un pretesto per giustificare e accettare tutto quello che questa umanità produce.

Ilana Bahbout
 





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