
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Oggi
sono trent’anni dalla scomparsa di Eduardo De Filippo. Il mondo della
cultura, della politica, il mondo del teatro celebreranno in vario e
differente modo questa assenza. A me viene in mente un passaggio
dell’opera “Napoli Milionaria” quando il reduce dai campi di lavoro in
Germania, Gennaro Jovine, racconta alla sua famiglia le peripezie
dell’arresto, della fuga, del ritorno a casa, passando e scappando
attraverso un paese, l’Italia degli anni tra il 1943 ed il 1945,
lacerato, distrutto, umiliato dalla guerra, dal l’occupazione
nazifascista, dalla fame, dalla morte.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Minima
comunitaria. Cronache da una piccola comunità ebraica, che meritano
qualche riflessione. Si svolge a Padova l’annuale assemblea degli
iscritti: presenti 30 persone su un totale di 186 iscritti. La
dimensione demografica è quella di un modesto circolo del tennis di
provincia, da considerare con la dovuta cautela perché in realtà una
buona cinquantina fra gli iscritti non vive a Padova, e quindi è
virtualmente estranea alla vita di comunità. Il trend di iscritti è in
modesta crescita rispetto all’anno precedente, controtendenza assoluta
rispetto alle altre comunità ebraiche. La comunità – intesa come gruppo
di famiglie eredi di una presenza secolare – si è fortemente
trasformata negli ultimi decenni: nuovi arrivi, molte partenze, grande
ricambio generazionale. I miei nonni, per dire, non la riconoscerebbero
più: non è più la loro comunità.
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Israele, resta la tensione
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La
tensione a Gerusalemme resta alta: da oggi riapre il Monte del Tempio
con delle restrizioni in termini di età, chiuso dopo l’attentato nel
quale è stato ferito gravemente il rabbino ed attivista Yehuda Glick. A
ricostruire la situazione, tra gli altri, Maurizio Molinari che sulla
Stampa racconta: “Guerriglia palestinese nelle strade di Jabel Mukaber,
scontri fra soldati e ultranazionalisti ebrei al Muro Occidentale,
palloni aerostatici sopra i quartieri arabi e il tamtam sulla ‘terza
Intifada’ davanti alla Via Dolorosa: a Gerusalemme l’atmosfera è
rovente attorno alla Spianata delle Moschee”. Glick, spiega Molinari, è
il leader di uno dei gruppi ebraici che “vogliono costruire il ‘terzo
Tempio’ sulla Spianata dove sorgono la Cupola della Roccia e la moschea
di Al Aqsa. Si batte per difendere ‘il diritto degli ebrei di pregare’
sul luogo del Tempio di Salomone e accusa il governo Netanyahu di
accettare il controllo di Hamas sulla Spianata”. L’attentatore –
continua – si è avvicinato a lui, gli ha chiesto se si chiamasse Glick
e poi gli ha sparato. Dopo uno scontro a fuoco con la polizia
israeliana è stato ucciso. Conseguente, la decisione di chiudere ieri
il Monte del Tempio per evitare ulteriori disordini. Quello che accade
in risposta dunque, è una nuova battaglia per i luoghi sacri: “Sulla
Via Dolorosa un gruppo di militanti palestinesi grida ‘Allah-u Akbar’
quasi in faccia ai militari israeliani. ‘Preghiamo qui perché non
possiamo andare ad Al Aqsa, se vogliono la terza Intifada la avranno –
dice Hussen, 50 anni, di Silwan – perché dall’inizio dell’occupazione
nel 1967 nessuno aveva osato tanto’. (…) Tensione c’è anche al Muro del
Pianto, dove un folto gruppo di ultranazionalisti ebrei tenta di
sfondare i cordoni della polizia e raggiungere la Spianata: ‘È il Monte
del Tempio, ce lo hanno rubato’ cantano. Il corpo a corpo si conclude
con alcuni arresti. Ma resta la sensazione che gli opposti estremi si
preparino alla battaglia per Gerusalemme”. Ancora sulla Stampa la
scrittrice israeliana Lizzie Doron, che ha vissuto a lungo nel
quartiere Silwan di Gerusalemme, ha dichiarato: “A Gerusalemme Est si
vive in un limbo. Gli abitanti arabi sono una via di mezzo fra i
palestinesi e gli israeliani. Hanno le carte di identità israeliane ma
non possono avere il passaporto (…) Il problema, e la rabbia, nasce
dalla situazione di incertezza che permea ogni attimo della vita degli
abitanti di Silwan “. La parola Intifada ritorna nell’articolo di
Davide Frattini sul Corriere della Sera: “Era da quattordici anni che
l’ingresso del Monte del Tempio non restava sempre chiuso. Da quando
Gerusalemme era stata travolta dalla rabbia della stessa intifada che
adesso sembra riemergere. La Spianata delle Moschee è stata dichiarata
dagli israeliani per un giorno zona proibita perché non diventasse zona
di guerra”. Nahm Barnea su Yedioth Ahronoth scrive a proposito di
Glick: “Mi ha sempre detto ‘lavoro per la pace’ e io gli rispondevo che
giocava con il fuoco, le sue azioni avrebbero portato Israele alla
guerra con il mondo musulmano, credevo ci mettesse in pericolo, ha
messo in pericolo se stesso. Adesso è fondamentale calmare la
situazione, non aggiungere benzina al fuoco che potrebbe trasformare
questo conflitto da nazionalista a religioso”.
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MELamed - cresce la collana "la mia torah"
Shemot svelato ai più giovani
Anche
per i più giovani lettori lo studio e la lettura biblica tornano cosa
viva, attraverso approfondimenti e percorsi che traggono origine
dall’inesauribile patrimonio ebraico del Midrash, ma anche giochi ed
esercizi. È ora finalmente disponibile il secondo volume della collana
La mia Torah, dedicata al Libro di Shemot curata dalle insegnanti
romane Anna Coen e Mirna Dell’Ariccia e realizzata con il contributo
del dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane. La pubblicazione, che era stata annunciata già in
primavera nel dossier speciale di Pagine Ebraiche “Leggere per
crescere” e presentato in anteprima dalla redazione e dal Dec alla
Bologna Children’s Book Fair nell’incontro intitolato “L’editoria per
l’infanzia e la conoscenza della Bibbia secondo la tradizione ebraica –
La lettura infinita” aveva suscitato l’attenzione e l’apprezzamento di
docenti, pedagogisti ed editori internazionali. Ora il libro, grazie al
supporto di distribuzione della casa editrice romana Sovera, è
disponibile nelle migliori librerie, ma anche, al prezzo scontato di
13,60 euro, nelle librerie online di Amazon e ibs dove il lettore può
procedere immediatamente all’ordinazione con consegna a domicilio.
(Nelle
immagini la copertina di Shemot e, nella foto di Pagine Ebraiche più in
basso, le due autrici della collana, Anna Coen e Mirna Dell’Ariccia,
ritratte nella redazione giornalistica UCEI mentre mostrano il volume
dedicato a Bereshit.)
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QUI TORINO
Tradurre Primo Levi
“In
un’altra lingua”, questo il titolo della sesta edizione della Lezione
Primo Levi, appuntamento annuale promosso dal Centro Internazionale di
Studi Primo Levi che ha l’obiettivo di alimentare il dibattito sul noto
autore e di portare alla luce nuove sfumature del suo pensiero.
Quest’anno la protagonista è la lingua, o meglio i rapporti tra le
varie lingue e quindi il complesso ruolo del traduttore. Le riflessioni
su questa tematica nascono dal progetto di pubblicare una versione
tradotta in inglese dell’intera opera di Levi. A presentare
l’iniziativa sono Ann Goldstein, traduttrice e editor al New Yorker e
Domenico Scarpa, linguista e consulente letterario del Centro. Il tema
della lingua è centrale in tutte le opere di Levi, al punto da
sostenere che in ogni suo libro sia possibile ritrovare un linguaggio
differente. “Levi – spiega Ernesto Ferrero, presidente del Centro – può
essere definito come un grande produrre di sistemi comunicativi
interconnessi”. Per questo tradurre i suoi scritti richiede uno sforzo
tutt’altro che minimo. Ann Goldstein sostiene che per compiere una
buona traduzione sia necessario trovare il giusto bilanciamento tra una
traduzione letterale e i meccanismi che soggiacciono a ciascuna lingua,
ma soprattutto sottolinea la necessità di tener presente la distanza
culturale a cui è soggetto un lettore in questo caso non italiano. Il
linguaggio è lo strumento con cui l’uomo forma pensieri, sentimenti, ma
è anche portavoce di memorie collettive.
Alice Fubini
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iSRAELE
Venerdì di tensione
A
Gerusalemme la tensione corre sul filo dopo i disordini dei giorni
scorsi: mercoledì sera Yeuhda Glick, rabbino e attivista di destra è
stato ferito mentre usciva dal Begin Center da un terrorista
palestinese di 32 anni, Mu’taz Hijazi, che è morto poco dopo in uno
scontro con la polizia. In risposta giovedì Israele ha deciso di
chiudere, per la prima volta dopo quattordici anni, la Spianata delle
Moschee per questioni di sicurezza. Una mossa pericolosa che ha
scatenato l’ira dell’autorità palestinese e dei gruppi estremisti: se
Abu Mazen ha reagito dicendo che un’azione del genere poteva generare
solo una dichiarazione di guerra, Hamas ha invitato alla mobilitazione,
Fatah ha invocato un Day of rage, una giornata di rabbia e la Jihad
islamica ha chiesto di continuare la resistenza incitando a una nuova
guerra di religione. Micky Rosenfeld, il portavoce della polizia
israeliana ha spiegato: “La decisione della chiusura temporanea del
sito è stata presa solo per evitare disordini ed incidenti. Oggi la
Spianata delle Moschee sarà riaperta”. Aperta, ma con delle restrizioni
di età: potranno accedere solo gli uomini sopra i 50 anni, per le donne
invece nessun limite. Gerusalemme si prepara oggi a contrastare i
possibili attacchi: più di 3000 poliziotti sono dispiegati in tutta la
città pronti ad intervenire in un venerdì da codice rosso. Nella notte
un palestinese è stato arrestato a Sawahra perché teneva in casa due
Kalashnikov e delle munizioni. Alle cinque della mattina un autobus è
stato danneggiato dal lancio di sassi, due ragazzi di 22 anni sono
stati inoltre arrestati mentre si preparavano a lanciare delle pietre.
Bloccati altri due palestinesi che cercavano di entrare in Israele da
Gaza.
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In un'altra lingua |
Come
sempre estremamente interessante e stimolante la lezione del Centro
Internazionale Primo Levi, centrata quest’anno (il sesto) sul tema
della traduzione, con il titolo “In un’altra lingua”. Lezione doppia,
questa volta, con due interventi di prestigio: prima di tutto Ann
Goldstein ha illustrato il proprio metodo di lavoro nella traduzione
dell’opera di Levi, i problemi e le soluzioni; a titolo di esempio ha
poi mostrato le successive stesure in inglese di alcuni passi
all’inizio della Tregua, spiegando i cambiamenti dall’una all’altra e
le scelte lessicali e sintattiche adottate. È curioso notare come in
alcuni casi la soluzione più adatta a rendere efficacemente il ritmo e
la pregnanza del testo originale richiedesse un mutamento della
sintassi (mi sono domandata se l’importanza sacrale che gli insegnanti
di latino e greco attribuiscono alla sintassi nella correzione delle
versioni non sia quanto meno da ripensare). Inevitabile, poi (almeno
per noi ebrei torinesi), chiedersi come viene reso in inglese il
giudaico-piemontese di Argon (primo racconto del Sistema periodico):
chissà cosa ne sarà stato, per esempio, della “abrakhà a côi gôjìm c’a
l’an fàit i lòsi” (la benedizione del Nôno Leônìn, bisnonno di Levi, a
chi aveva lastricato il vicolo davanti alla sua casa a Casale
Monferrato), che mi era tornata in mente giusto poco prima di entrare
alla lezione, mentre attraversavo maldestramente i pochi metri di
acciottolato necessari per andare a pagare il parcheggio.
Anna Segre, insegnante
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Diversità |
Il
racconto del Diluvio Universale è presente in numerose culture, con
valore archetipo e mitologico, dall’estremo oriente, alle cosmologie
amerinde e del pacifico. Come scrive Giambattista Vico nella Scienza
Nuova, probabilmente “Idee uniformi nate appo intieri popoli tra
essoloro non conosciuti debbon avere un motivo comune di vero”. Ma
oltre al rapporto del diluvio con la storia umana, sorprende la
modernità dell’episodio: il fine della costruzione dell’arca è
verosimilmente la conservazione delle numerose specie animali (e
vegetali), un appello alla preservazione delle diversità del nostro
ecosistema, attualmente sempre più minacciate dal saccheggio e dalla
distruzione degli ambienti. Come si vedrà poi, all’interno della stessa
parashà, con la Torre di Babele e la dispersione delle genti, dove viene
contrastata così anche l’omologazione linguistica e culturale
dell’uomo. Oggi diverse istanze tendono a percepire negativamente la
parola “diversità” per l’uomo, soprattutto per ciò che concerne la
cultura, il pensiero, o anche il genere, come se parlare
linguisticamente di differenze comporti inequivocabilmente un’accezione
penalizzante o normativa. Quando invece l’alterità di un individuo o di
un gruppo, dovrebbe essere concepita non come una diseguaglianza, ma
come una ricchezza e un valore da salvaguardare nei molteplici contesti.
Francesco Moises Bassano, studente
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Vigilanza o conformismo |
“In
ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo
che è in procinto di sopraffarla” scriveva Walter Benjamin. Non
dovremmo mai smettere di vigilare. E di chiederci che direzione dare
alla nostra storia, a quello che riceviamo, conosciamo, viviamo.
Ilana Bahbout
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