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20 novembre 2014 - 27 Cheshvan 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
In merito alla vendita della primogenitura, per un certo verso si potrebbe quasi stare dalla parte di ‘Esàw: era stanco, particolarmente affamato, quasi si sentiva male dalla fame; nulla di strano, quindi, che pur di riprendersi fosse disposto a cedere la primogenitura. Tutto sommato, la vita umana ha la precedenza su ogni aspetto. D’altro canto, però, la Torà testimonia che ‘Esàw “mangiò, bevve, si alzò e se ne andò, ed ‘Esàw disprezzò la primogenitura”.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Sono arrivati a bordo della loro Skoda Octavia, 1900 cc. diesel, probabilmente di seconda mano, i terroristi palestinesi di Har Nof. Uno dei due lavorava in un negozio del quartiere. Presumibilmente parlava un po' l'ebraico e magari il giorno prima qualche avventore gli aveva detto sbadatamente shalom o chiesto l'ubicazione di un prodotto su uno scaffale. L'attentatore palestinese che lo scorso mese ha gravemente ferito l'attivista Yehuda Glick, lavorava al ristorante del Centro Begin, un moderno istituto culturale serio e orientato a destra, dove lo stesso Glick aveva appena partecipato a una riunione. Evidentemente anche costui doveva parlare un ebraico per lo meno discreto e si muoveva agevolmente tra la caffetteria e la sala internet spesso molto affollate dell'elegante edificio.
 
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Da Torino a Napoli,
pregiudizio in mostra
Parla di Comunità divisa Vera Schiavazzi, oggi su Repubblica, nel raccontare la posizione degli ebrei torinesi sulla mostra ‘Lungo viaggio dei rifugiati palestinesi’ ospitata al locale Museo della Resistenza. “Spaccata al suo interno tra quanti chiedono di minacciare perfino la propria uscita dagli enti aderenti al Museo della Resistenza e quanti invece vorrebbero, pur tra le proteste, lasciare che tutto vada avanti senza troppi impedimenti. È lo stato in cui si trova la Comunità ebraica torinese – scrive Schiavazzi – dopo una discussione durata ormai quasi una settimana, da quando cioè la mostra sul ‘Lungo viaggio dei rifugiati palestinesi’ si è aperta al Museo e l’intera Comunità, a cominciare dal suo presidente, ha scoperto che l’esposizione stessa era piuttosto discutibile, specie in quella sede”.
Per un quadro approfondito sulla situazione la giornalista di Repubblica rimanda anche ai media UCEI. “Su Moked, il portale di informazione delle Comunità ebraiche italiane – sottolinea – si riportano le scuse e gli argomenti già usati anche dal direttore del Museo della Resistenza Guido Vaglio secondo il quale la mostra è stata accolta anche perché ‘esclusivamente celebrativa delle attività dell’Unrwa e non del conflitto tra Israele e Palestina’. Un’affermazione inoppugnabile formalmente, ma che sembra squagliarsi non appena si vede una parte delle immagini: il muro tra Israele e Cisgiordania proiettato nelle capitali occidentali, con le scritte di accompagnamento, le ‘abitazioni distrutte’ dai tanks israeliani, e così via”.

Situazioni di tensione si registrano anche a Napoli per l’inaugurazione della mostra (sostenuta dal Comune di Portici) ‘Gaza tra assedio e speranza’ a cura dell’attivista propal Rosa Schiano, che da mesi riversa sui social network parole e immagini di odio verso Israele e verso il mondo ebraico. “Gloria ai martiri, la vittoria sarà inevitabilmente nostra”, il post condiviso dalla Schiano sulla propria bacheca poche ore dopo l’attentato alla sinagoga di Gerusalemme. Dell’accaduto, si legge sul Mattino, “è stata informata l’ambasciata d’Israele a Roma mentre in mattinata agenti della Digos si sono recati a Portici nella sede della mostra per compiere accertamenti sulla vicenda”.
Stasera, riferisce ancora il Mattino, la Comunità ebraica si riunirà nella sinagoga di via Cappella Vecchia per discutere del caso e valutare tutte le iniziative da adottare, come conferma il presidente Pierluigi Campagnano.
Delirante la presa di posizione della Schiano, immortalata in una foto del profilo accanto a un gruppo armato: “Trovo assolutamente scorretto strumentalizzare un post non scritto da me e che non ho neppure commentato. Utilizzo la mia pagina Facebook principalmente a fine informativo: con quel post, condiviso da una pagina inglese, ho voluto esclusivamente, e sottolineo, esclusivamente, a fine informativo, far comprendere al pubblico italiano il modo in cui molti palestinesi vivono certi avvenimenti, non condivido il gesto estremo dei due attentatori”.
Un commento arriva anche dall’ex rabbino capo di Napoli Scialom Bahbout. “Quello che è successo a Portici – dice – con le dichiarazioni incredibili dell’organizzatrice della mostra fotografica sull’attentato alla sinagoga, mi sembra molto grave. Dispiace che i livelli istituzionali aprano spazi a tali estemazioni, che mancano dell’equilibrio e della saggezza richiesta a chi svolge una funzione pubblica. Purtroppo, in questo campo, abbiamo un esempio non edificante anche nel sindaco De Magistris che, smarrendo a volte il senso della sua funzione, parla solo a una parte, dimenticando tutti gli altri”.

“Abu Mazen semina odio ed è un pericolo anche per l’Europa” denuncia intanto, in una lunga intervista al Messaggero, l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon. “Non può incitare contro Israele – attacca – e poi farci le condoglianze per gli attacchi, né chiamare martire chi investe i civili per strada. Temo che per imitare e competere con Hamas voglia trasformare la disputa politica in una disputa ideologico-religiosa. Questo è molto pericoloso”. Alla domanda se l’Isis stia facendo proseliti tra i palestinesi Gilon risponde: “I palestinesi sono sunniti e a mano a mano che vedono i successi dell’Isis possono simpatizzare di più per quell’idea, considerandoli rappresentativi. Anche per questo Abu Mazen deve evitare di gettare benzina sul fuoco”. Riguardo al crescente antisemitismo in Europa l’ambasciatore sottolinea: “L’odio verso Israele lega l’estrema destra e l’estrema sinistra. Le critiche sono legittime, ma che altro c’è dietro certe iniziative come il boicottaggio dei prodotti israeliani? Bene ha fatto Matteo Renzi a dire all’Onu che l’esistenza di Israele non è un’opzione, è un dovere”.
 
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  davar
israele
Al lavoro per riportare la calma
A Gerusalemme si rafforza la sorveglianza di fronte agli asili, checkpoint sono stati installati dalla polizia nelle aree limitrofe alla zona Est. Sono misure che vogliono dare risposta ai cittadini, sempre più insicuri e con negli occhi ancora le terribili immagini dell'attentato di martedì scorso alla sinagoga di Har Nof. Si chiedono risposte di fronte al ritorno della paura degli attentati e il primo ministro Benjamin Netanyahu nelle scorse ore è rimasto a stretto contattato con i vertici della polizia e dell'esercito per valutare come muoversi. Questi ultimi sono d'accordo su di una cosa: evitare il dispiegamento di soldati nella zona di Gerusalemme Est. Il rischio, fanno sapere dal Tzahal e dalla polizia, è che la situazione si aggravi a causa di un uso della forza eccessivo. Meglio utilizzare le unità della polizia di frontiera, tesi sposata anche dal ministro della Difesa Moshe Yaalon. Intanto ha fatto discutere e ha ricevuto condanne bipartisan, la decisione del sindaco di Ashkelon Itamar Shimoni di vietare agli operai arabi di lavorare nella costruzione di tre asili della città durante l'orario scolastico. “Non c'è posto per la discriminazione degli arabi israeliani – il duro intervento di Netanyahu rispetto all'accaduto – Non dobbiamo generalizzare rispetto a un'intera popolazione a causa di una piccola minoranza violenza e belligerante. La grande maggioranza dei cittadini arabi rispetta la legge, e contro chi la viola, noi agiamo con determinazione e fermezza”.
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qui napolI - PROPAGANDA SENZA VERITà
La mostra della vergogna
“Non si sta mai tranquilli. Se questi sono gli amministratori che hanno in gestione la cosa pubblica viene da porsi la domanda: che genere di amministratori sono? Come definirli?”.
È il laconico commento del presidente della Comunità ebraica di Napoli Pierluigi Campagnano in vista della riunione del Consiglio comunitario che questa sera deciderà quali iniziative adottare in risposta alla mostra ‘Gaza tra assedio e speranza’ organizzata sotto l’egida del Comune di Portici (assessorato alla cultura) dall’attivista propal Rosa Schiano, che da mesi riversa sui social network parole e immagini di odio verso Israele e tutto il mondo ebraico e che, a poche ore dall’orribile attentato alla sinagoga di Gerusalemme, ha voluto condividere un post in cui si legge ‘Gloria ai martiri, la vittoria sarà inevitabilmente nostra’”. Post che, una volta arrivato all’attenzione delle forze di sicurezza, ha portato a un’immediata ispezione dei locali della mostra da parte da parte della Digos. Contemporaneamente un’informativa è stata diramata all’ambasciata israeliana a Roma.

(Nell’immagine Rosa Schiano accanto a guerriglieri di Hamas in una foto pubblicata sul proprio profilo Facebook)
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qui torino - la mostra dell'unrwa
La Comunità: "Un chiarimento

si rende necessario"

Sospensione immediata della mostra oppure, se questo fosse contrattualmente impossibile, presa ufficiale di distanza dal suo contenuto. Perché in caso contrario la Comunità si vedrebbe costretta “ad uscire dalla lunga lista di soci aderenti al museo”.
È quanto scrive il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre in una lettera inviata al presidente del Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e delle Libertà Pietro Marcenaro e al suo direttore Guido Vaglio.
La mostra cui si allude è l’esposizione realizzata dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, recentemente accolta nelle sale del museo, in cui si espongono le immagini falsificate della barriera protettiva costruita da Israele per difendere la propria popolazione civile dal terrorismo giustapposte ad arte ai monumenti storici delle capitali europee. Un accostamento già denunciato con forza dalla Comunità negli scorsi giorni.
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COMICS & JEWS - BILBOLBUL 2014
Editoria senza editori?

Pubblicare fumetti oggi 
Nato a Bologna nel 2001 come iniziativa culturale dedicata al fumetto d’autore che durante tutto l’anno presenta sia opere di grandi artisti che di giovani talenti, BilBOlBul nel 2007 è diventato il festival internazionale di fumetto che conosciamo oggi. Anzi, che conoscevamo fino all’anno scorso edizione perché in questi giorni, per l’ottava edizione, il festival curato dall’associazione Hamelin non ha cambiato solo data, portandosi dalla primavera all’autunno, ma mostra gli effetti di una riflessione profonda sulle mutazioni in atto nel mondo editoriale del fumetto. Argomento di cui si è occupato anche il numero di novembre di Pagine Ebraiche, che dedica ogni anno il dossier Comics & Jews al rapporto fra fumetto e cultura ebraica, già presentato e distribuito a Lucca comics e che in queste ore fa capolino nei luoghi del festival bolognese.
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Qui Roma - il ricordo di max ascoli 
La firma che conquistò Kennedy
"La ringrazio per il bellissimo editoriale. Firmato: John Kennedy”. Questa la lettera che il presidente degli Stati Uniti indirizzava a Max Ascoli. Ascoli, giornalista e professore di Diritto, nasce a Ferrara da una famiglia ebraica nel 1898 e si trasferisce nel 1931 in America. Eclettico intellettuale fonde e dirige la rivista The Reporter curando numerosi articoli sulla fondazione dello Stato ebraico e chiamando a collaborare firme prestigiose. Per ricordare la sua figura emblematica, l’Archivio storico del Senato ha organizzato un convegno di due giorni (20-21 novembre) “Stati Uniti e culture politiche italiane nel ’900 – Max Ascoli: un caso paradigmatico”. Introduce il presidente del Senato Pietro Grasso: “Ascoli è stato un grande personaggio, ponte tra la politica italiana e statunitense. Grazie a Sergio Zavoli, presidente della Biblioteca e dell’Archivio del Senato, i documenti a lui relativi sono stati di digitalizzati e tra poche ore faranno parte dell’archivio online. La vita dell’intellettuale ferrarese si è incrociata con alcuni degli italiani più influenti del secolo scorso; da Benedetto Croce a Alessandro Levi, fino a Salvemini, Gobetti e Carlo Levi. La sua rivista The Reporter ebbe un grande seguito negli Stati Uniti tanto da raggiungere la tiratura di 200.000 copie”.
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italia ebraca
Solidarietà e vicinanza a Israele
“Non a torto si è parlato di pogrom, qualcuno ha ricordato la Shoah: le immagini terribili dei tallit macchiati di sangue ci riportano a un passato che pensavamo fosse superato”, affermava ieri sera il rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib. Di fronte a lui, la Comunità ebraica milanese, riunitasi nel Bet HaKnesset di via Guastalla – raccogliendo l'invito del rav e del presidente della Comunità Walker Meghnagi - per dimostrare la propria solidarietà a Israele, per condividere insieme un momento di preghiera e raccoglimento dopo il brutale attacco terroristico di martedì in una sinagoga di Gerusalemme. E iniziative simili hanno avuto luogo nelle scorse ore nelle diverse Comunità ebraiche italiane, da Torino a Roma, da Genova a Trieste, tutte unite nel dolore per le cinque vittime del feroce attentato terroristico compiuto da due palestinesi a colpi di asce, coltelli e pistole. E nel compiere la strage, i due terroristi hanno invocato il nome di D-o, ricorda rav Arbib, “una delle più gravi bestemmie che esistono”.
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j-CIAk
La guerra che non è mai finita
Quanti film sulla Seconda Guerra mondiale avete visto? Ho provato a buttar giù un elenco di pellicole a tema, ma dopo un quarto d’ora ho dato forfait. Declinata in varianti infinite, l’atrocità di quel periodo da oltre settant’anni nutre di sé il grande schermo e il nostro immaginario. E l’interesse non accenna a calare, come dimostrano le uscite ravvicinate di “Diplomacy – Una notte per salvare Parigi” di Volker Schlöndorff, gran bel film, nei cinema italiani da questo fine settimana; “Fury” con Brad Pitt (negli States uno dei lavori più visti in queste settimane, in Italia a fine gennaio) e “Unbroken” di Angelina Jolie, appena presentato a Sydney.

Daniela Gross
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qui roma - la testimonianza di alberto israel  "Non vi ho dimenticati"
“Da diversi anni cerco di scegliere le parole per incorniciare la mia tragedia e sono uscito dal silenzio cessando di essere spettatore impotente di fronte all’orrore. Mi riapproprio della mia storia. Dolorosa, ma pur sempre la mia”.
Alberto Israel, ebreo rodiota, racconta così il suo impegno di memoria. Un impegno che prende la strada della testimonianza nel 1995, 50esimo anniversario della liberazione di Auschwitz, seguendo sentieri complessi e tormentati.
Ad ascoltare la sua voce, ad accogliere l’uscita della sua biografia ‘Non vi ho dimenticati’ (ed. Anpi Belgio), il calore delle tantissime persone che si sono date appuntamento alla Casa della Memoria e della Storia per un evento, ricco di emozioni, che ha visto la collaborazione di Fondazione Museo della Shoah di Roma, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Centro di Cultura della Comunità ebraica romana e Medicina e Shoah, il corso scientifico promosso dalla fondazione all’Università Sapienza.
“Aprire uno spaccato sulla deportazione degli ebrei di Rodi, vicenda meno nota rispetto a quella di altre comunità italiane negli anni bui”. Questo, spiega il consigliere UCEI Roberto Coen (che modera la serata), l’intento dell’iniziativa e del libro. Protagonisti anche il direttore scientifico del Museo della Shoah Marcello Pezzetti, il Testimone Sami Modiano; Fabio Gaj e Silvia Marinozzi, animatori del corso Medicina e Shoah.
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  pilpul
Setirot - A cosa serve l'illusione
"Le illusioni non esistono per essere realizzate, ma per accelerare la realizzazione di ciò che effettivamente è realizzabile". Una riflessione importante a cui ci chiama Ágnes Heller, la filosofa ungherese che – racconta oggi in “Solo se sono libera”, Castelvecchi editore – come tutti i bambini ebrei, durante l'occupazione tedesca venne condannata a morte.

Stefano Jesurum, giornalista

Time out - Tornate nella gioia
Ero questa mattina con i sottosegretari Sandro Gozi e Benedetto Della Vedova alla sinagoga di Kehillat Benè Torah dove l'altro giorno sono state uccise cinque persone dai terroristi palestinesi. Nello stesso luogo, visto esclusivamente da quelle immagini mostruose, del sangue non c'era più traccia. All'interno invece c'erano già alcuni studenti che hanno immediatamente ripreso a studiare. Con la faccia sconvolta e gli occhi pieni di lacrime non hanno smesso di rispettare il loro compito. Come facessero mi sono chiesto, in fondo un periodo di pausa sarebbe stato più che salutare e necessario per riprendersi dal trauma.

Daniel Funaro
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