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Elia Richetti,
rabbino
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Nella
parashà di Vayechi, il cui tono e i cui contenuti anticipano i libri
profetici, leggiamo un passo che, benché apparentemente simile ad
altri, contiene elementi di specificità che meritano particolare
attenzione. È il brano in cui Ya‘aqòv benedice i figli di Yosèf,
dicendo al loro padre: "Bekhà yevarèkh Israèl le’mòr: “Yesimekhà
E-LOKIM ke-Efràim wekhi-Menashè”, "A nome tuo Israele benedirà dicendo:
Ti faccia diventare D. come Efràim e come Menashè”. A tutt’oggi è
questa la formula con la quale solitamente i padri introducono la
benedizione ai loro figli.
Anche ad Avrahàm viene promesso che a nome suo “saranno benedette tutte
le famiglie della terra”. Ma qui non solo non è Yosèf il soggetto
diretto della benedizione (bensì i suoi figli), ma per la prima volta
compare l’espressione precisa che dovrà essere usata, con la specifica
dei nomi: "Ti faccia diventare D. come Efràim e come Menashè". Che cosa
hanno di tanto esemplare questi due giovanetti, dei quali la Torà non
narra nulla di preciso?
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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DCome
una vecchia auto, il mondo il 1° gennaio 2015 sembra più usato, più
stanco, più sgraffiato e arrugginito di quanto non fosse un anno fa.
Anche se le sintesi di quanto è avvenuto negli ultimi dodici mesi
possono essere banali, mi pare che quest'anno il genere umano si sia
allontanato dalla dignità e dal rispetto per il diritto di oguno di
esistere e di eprimersi secondo le proprie convinzioni. È aumentata
l'aggressione e la soppressione violenta dell'altro ed è diminuito lo
sdegno di fronte a tali fenomeni. In questo crescente degrado poche e
indolenti sono le voci di dirigenti influenti e decisi a cambiare il
corso delle cose. Il concetto della guerra di civiltà tanto aborrito
nei circoli accademici sembra invece rappresentare meglio di altri
l'evolversi della situazione geopolitica globale. In Europa i segni di
un allentamento dell'ideale di unione politica ed economica prevalgono
su quelli di una maggiore coesione e solidarietà. In Italia, assieme
alla difficile governabilità, sembrano aumentare i ritardi nello
sviluppo delle infrastrutture fondamentali rispetto a quelle degli
altri paesi maggiormente sviluppati. In Israele il diffondersi della
corruttela, il crescente settarismo nel sistema dei partiti politici, e
le carenze della classe dirigente rischiano di portare il paese a un
periodo prolungato di caos, mentre nessuna decisione viene presa di
fronte alle principali sfide esistenziali esterne e interne. Di fronte
a queste tendenze non certo incoraggianti, resta la speranza che tutte
le persone di buona volontà si mobilitino affinché il 2015 sia un anno
migliore del precedente.
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le buone notizie del corriere
Beteavon, la solidarietà è kosher
“L’altro
paese, quello delle buone notizie”. Si presenta così l’edizione
speciale del Corriere della sera datata primo gennaio 2015. Un’edizione
interamente dedicata ai fatti, alle storie, ai personaggi che sono in
grado di regalare un po’ di ottimismo per il nuovo anno. Tra le
esperienze che vengono riportata con maggior risalto l’istituzione di
Beteavon, la prima cucina kosher sociale d’Italia fondata a Milano dal
movimento Chabad-Lubavitch. “La cucina sociale kosher regala pasti a
domicilio”, titola a tutta pagina il Corriere. “Cuciniamo
quotidianamente per i nostri studenti. Ci siamo interrogati: perché
limitarci a loro? Perché non trasformare una piccola cucina comunitaria
in una grande cucina di tutti?” spiega il rabbino Igal Hazan
raccontando l’origine del progetto Beteavon, rivolto oggi a un numero
sempre più significativo di persone in difficoltà, permanente ma anche
transitoria. Una mano viene infatti tesa anche a chi attraversa
problematiche meno strutturali come la madre a letto per una gravidanza
a rischio, il giovane solo convalescente, la coppia di anziani che con
il freddo fatica a uscire per la spesa. “Le fragilità, in un momento di
crisi, sono tante. Ma Beteavon non pensa solo all’emergenza”, scrive
l’articolista.
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israele
Likud, Netanyahu resta in sella
Come
ampiamente previsto dagli addetti ai lavori, il primo ministro Benjamin
Netanyahu si conferma alla guida del Likud al termine delle primarie di
partito svoltesi nelle scorse ore in Israele. A Netanyahu sono andate
circa l’ottanta per cento delle preferenze contro il venti per cento
ottenuto dal suo sfidante Danny Danon, ex viceministro della Difesa.
I 96mila votanti accreditati si sono espressi anche per quanto concerne
la lista dei candidati al Parlamento nazionale. Al secondo posto in
graduatoria l’attuale speaker della Knesset Yuri Edelstein con, a
seguire, il ministro dell’Interno Gilad Erdan e quello del Turismo
Yisrael Katz.
Più indietro Miri Regev, il ministro dell’Energia Silvan Shalom, quello
della Difesa Moshe Ya’alon, Yariv Levin, Ze’ev Elkin e il ministro
degli Affari Strategici Yuval Steinitz.
A Netanyahu sono arrivati i complimenti di Danon, che non è riuscito a
entrare nella top ten (l’ultima volta era arrivato quinto).
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Setirot
- I personaggi scomodi |
Il
vento del populismo, del razzismo e dell’antisemitismo continua a
soffiare sulle nostre paure europee. Noi però – temo – ci fermiamo ai
singoli fatti, ai casi e ai personaggi, ai cattivi maestri, ai Salvini
e ai Grillo (soltanto per restare a casa nostra). Non diamo insomma
l’impressione di voler andare un po’ in profondità, di voler capire. Ce
la caviamo con proclami più o meno roboanti “contro” oppure con alti
lai di vittimismo. Rifletto su questo dopo avere notato che non cessa
il dibattito su Martin Heidegger e gli scritti antisemiti del filosofo.
Donatella Di Cesare seguita a sostenere la tesi di fondo del suo
«Heidegger e gli ebrei. I Quaderni neri» (Bollati Boringhieri), ovvero,
detto in estrema sintesi, che Heidegger era sì filo-nazista, razzista e
antisemita senza per ciò smettere di ricoprire un ruolo fondamentale
nella storia della filosofia e del pensiero europeo.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Memoria |
Il
digiuno del 10 di Tevet è stato scelto dal Rabbinato come l'occasione
per ricordare le vittime della Shoah di cui non di cui non si conosce
la data della morte e per cui non si può recitare il Kaddish. Una data
ebraica, differente della Giornata della Memoria, dove non ci sono
politici né giornalisti, non ci sono cerimonie a cui presenziare di
fronte alle autorità. Siamo solo noi, in digiuno dall'alba al tramonto,
a ricordare gli ebrei morti nei campi di sterminio. Un momento più
silenzio e di riflessione rispetto alla retorica della Giornata delle
Memoria che, però, sembra non appassionare.
Daniel Funaro
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