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9 gennaio 2015 - 18 Tevet 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Qualcuno si è sconvolto perché su queste pagine Yosef figlio di Yaakov e' stato definito "ibrido". Yosef è una figura di straordinaria modernità. È profondamente e moralmente ebreo, eppure è viceré d'Egitto, avendone, per necessità prima e per capacità poi, assorbito la lingua e la cultura. È straordinariamente moderno perché non cede nulla del proprio ebraismo in nome della cultura egiziana eppure sa essere un leale figlio d'Egitto. È ibrido nel linguaggio, ma non nel cibo e nella moralità. È il primo vero ebreo in Diaspora.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Si sa, la satira e l’ironia sono brutte bestie, a volte indigeste ma necessarie. Lo sapevano i maestri del Talmud ad esempio nel famoso episodio del forno di ‘Aknay: «Che fece Dio in quel momento?»; ed Elia in risposta disse: «Sorrise e disse: “i miei figli mi hanno vinto, i miei figli mi hanno vinto” » (TB, Bava Mezia 59b). E lo sapevano i maestri Chassidìm con le loro innumerevoli storie e i witz spesso autoironici e feroci. Questa vena tutta ebraica è passata ad arricchire la società israeliana dove sul web e in TV la satira è spesso durissima e impietosa. La diaspora al contrario fa più fatica dopo la Shoah a riscoprire il valore fondamentale di questa pratica. È comprensibile, ma si è dovuto attendere il 1998 e lo straordinario film “Train de Vie” per accettare a denti stretti la rinascita di questa pratica culturale. Le povere vittime della redazione del “Charlie Hebdo” (a cui va tutta la mia reverenza, con particolare riguardo al grande Wolynski, che ha fatto parte della mia formazione culturale) sono state nel recente passato oggetto delle critiche del mondo ebraico per l’esercizio della satira su Israele e sugli ebrei. Lo ricordava su queste pagine l’ottima Daniela Gross nel 2008, e anche nel 2012 e 2013 la rivista fu oggetto di critiche durissime per il modo in cui trattava la vicenda di Gaza e in generale Israele.
Io credo che – anche per rispetto di queste vittime, che sono cadute in difesa di un valore universale di libertà - l’ebraismo diasporico dovrebbe aver cura di riappropriarsi di satira e ironia come di due doti profondamente ebraiche, che aiutano a vivere meglio e a osservare con sguardo disincantato la realtà.
 
Un milione di Charlie
Prosegue senza sosta la caccia ai terroristi islamici responsabili dell’attacco a Charlie Hebdo mentre emergono nuove informazioni sul loro profilo criminale. Violentemente antisemiti, si legge, i fratelli Kouachi erano già stati oggetto di stretta sorveglianza in passato ma nessun elemento incriminante era emerso sul loro conto. Le ricerche si concentrano adesso nelle campagne della Piccardia, finora senza esito. “Avvistati e braccati da 88mila agenti. Ma i due fratelli fuggono ancora”, titola il Corriere della sera.

Un milione di Charlie Hebdo. Il settimanale satirico tornerà in edicola già mercoledì prossimo, con una tiratura straordinaria di un milione di copie e con il supporto del governo (che ha erogato uno stanziamento permanente) e dei principali gruppi editoriali (il Messaggero). Per domenica è prevista una giornata di mobilitazione nazionale che avrà nella grande marcia repubblicana il suo momento culminante. Nessun invito è stato rivolto agli estremisti del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, che si dichiara incerta sulla partecipazione e dichiara: “Voglio offrire ai francesi un referendum sulla pena di morte”. In segno di lutto lo scrittore Michel Houellebecq ha intanto deciso di sospendere la distribuzione del suo romanzo “Sottomissione” (Repubblica, tra gli altri).

Roma, Torino: i giornalisti UCEI in piazza. La solidarietà anche nelle piazze di casa nostra con le manifestazioni organizzate dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana a Roma e Torino. Davanti all’ambasciata di Francia sono in molti a raccogliersi attorno al segretario della Federazione Franco Siddi e al corpo diplomatico di Piazza Farnese. Tra gli altri i giornalisti dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, come riportano Corriere della sera e Repubblica. Libero sottolinea invece l’assenza dei dirigenti dell’Unione delle Comunità Islamiche (Ucoii). Sull’Osservatore Romano l’appello del presidente UCEI Renzo Gattegna: “Chi propugna violenza e distruzione e attacca la libertà di stampa e di espressione deve trovare una risposta ferma e inflessibile in difesa dei valori fondamentali che popoli e culture diverse condividono in una comune visione di pace, democrazia e prosperità”.
 
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  davar
 TERRORE A PARIGI - IL PRESIDENTE UCEI
"Attacco a libertà civili ed ebrei

Lo stesso identico disegno"
Il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:

“I sequestri di ostaggi in corso nella tipografia dove i terroristi si sono rifugiati e in un supermercato kosher di Parigi ci inorridiscono e lasciano con il fiato sospeso. Questi episodi sono l’ennesima dimostrazione che l’attacco perpetrato dal fondamentalismo islamico alle società civili e agli ebrei è la stessa cosa”.
TERRORE A PARIGI - l'epilogo e le scelte
Allons Enfants
Per uno strano segno del destino, l’ultimo atto dei vili terroristi islamici che hanno assaltato la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo si è svolto in uno scenario del tutto inatteso: uno stabilimento tipografico.
Come se l’animo ancestrale della carta stampata, il terreno dove la libera espressione delle idee, la libertà di critica, la democrazia, hanno posto le loro radici, avesse voluto riaffermare l’eterna regola secondo la quale senza stampa scritta e professionale e senza libertà di stampa non può esserci libertà per nessuno e non può esserci democrazia.
Lo sanno i milioni di francesi che continuando ad affollare le piazze intonano ad alta voce con orgoglio l’inno nazionale, il canto della rivoluzione delle libertà civili che è posto alla base della dignità europea e delle società in cui le minoranze hanno conquistato il diritto di affermare la propria identità.
Lo sanno i colleghi superstiti della redazione di Charlie Hebdo, che abbiamo visto con commozione questa mattina tornare al lavoro per assicurare la realizzazione del prossimo numero del giornale.
Dietro ai sentimenti che in queste ore hanno unito tutte le persone di buona volontà si profila intanto una distinzione netta fra chi vuole impegnarsi per combattere senza compromessi la minaccia del terrorismo e chi crede che un tanto sia ovviamente necessario, ma non sufficiente. L’unanimismo di facciata che oggi dichiara di opporsi alla bestialità di queste azioni mostruose consente di trovarsi a basso prezzo in larga compagnia: non serve essere eroi e nemmeno sentire di appartenere a un’idea, a un’identità o a una religione. Dovrebbe essere sufficiente sentirsi parte del genere umano.
Riaffermare con vigore e determinazione l’estrema necessità di tutelare la libertà di stampa e di opinione è, a quanto pare, un po’ più complicato, ma per molti di noi resta irrinunciabile. Lo sanno bene i colleghi israeliani che nella più luminosa democrazia del mondo lavorano ogni giorno sui giornali più liberi del mondo.
È un dibattito che mette a nudo la differenza che passa fra l'informazione professionale e la propaganda, fra la responsabilità dei giornalisti e il chiacchericcio fine a se stesso. E che attraversa evidentemente anche l’universo ebraico. È un bivio su cui si deciderà molta parte del nostro futuro. Ognuno, come mostra chiaramente il decano dei vignettisti francesi Plantu nel disegno che pubblicherà il quotidiano Le Monde nelle prossime ore, è ora chiamato a fare scelte chiare. A compiere atti concreti. Ad assumersene la responsabilità. A decidere se lasciar cadere o se impugnare con orgoglio la matita della libertà.
Allons Enfants.


gv
TERRORE A PARIGI - DA ROMA A TORINO
In piazza per la libertà
Per i valori fondamentali, per la democrazia, per la libertà di satira e di espressione. Centinaia di giornalisti raccolti ieri a Piazza Farnese, davanti all’ambasciata di Francia, per la fiaccolata organizzata dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana con il sostegno di numerose realtà editoriali, istituzionali e associative. Tra le prime adesioni quella della redazione giornalista dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, come riportato con evidenza da molte testate (tra cui Corriere della sera e Repubblica). “Il terrorismo è negazione della vita e non ha aggettivi, va combattuto senza aggettivi né giustificazionismi, né cercando di criminalizzare altri in ragione di categorie di appartenenza, per fede, politica o religiosa, per condizione sociale o etnica” afferma il segretario generale della Federazione Franco Siddi. E prosegue: “Le spietate esecuzioni contro i colleghi di Charlie Hebdo, contro uomini della sicurezza e lavoratori, ‘innocenti’ in una parola, sono un dolore enorme per tutte le persone del mondo che vivono e credono nella libertà. È un atto terroristico orrendo di fronte al quale leviamo la nostra indignazione, la nostra voce di libertà che accendiamo ancora di più”.
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TERRORE A PARIGI - il ritorno al lavoro
Mobilitazione e finanziamenti
per la rinascita di Charlie Hebdo
“Diamo il benvenuto ai nostri cugini. Accogliamo con delicatezza e attenzione il team decimato di Charlie Hebdo, che proseguirà la sua missione”. Sono le parole con cui il direttore di Libération, Laurent Joffrin, ha accolto oggi i redattori superstiti del giornale satirico parigino. “Siamo ancora sotto shock, ma la decisione di andare avanti è un omaggio a chi non c’è più. Charb avrebbe voluto così”, ha fatto sapere Richard Malka, avvocato di Charlie Hebdo. E Luce Lapin, storico segretario di redazione, rilancia: “Poco ma sicuro. Non hanno ucciso il giornale, diversamente da quello che credono”.
Parole estremamente significative che arrivano dopo la catena di solidarietà innescatasi in tutta la società francese per garantire un futuro alla testata, che tornerà regolarmente in edicola già dal prossimo mercoledì in otto pagine e con una tiratura straordinaria di un milione di copie. Un risultato che è frutto della combinazione di molti fattori e dell’impegno concreto di chi, a tutti i livelli, si è immediatamente attivato per andare oltre la retorica delle belle parole e del cordoglio disimpegnato.
“Abbiamo un compito, garantire un futuro a Charlie Hebdo” ha affermato il ministro della cultura Fleur Pellerin dando notizia del fondo permanente (un milione di euro) attivato dal governo di Parigi per far sì che il giornale possa non solo sopravvivere ma essere – nel tempo – un monito formidabile per tutti i nemici della libertà di espressione. 


(Nell'immagine i superstiti di Charlie Hebdo si abbracciano commossi prima di entrare nella sede di Libération)
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DIRE LA VERITà DI FRONTE AL TERRORE
"Cari vigliacchi, pubblicate

le vignette di Charlie..."
L’autorevole testata statunitense Jewish Journal pubblica oggi l’opinione del giudice federale, docente della Pepperdine University e attivista ebraico per la difesa dei diritti umani Bruce J. Einhorn. Eccone la versione italiana.
 
Dopo l’atto di terrore e di morte condotto da estremisti islamici contro il direttore e i redattori della rivista francese Charlie Hebdo a Parigi, un certo numero di mezzi di informazione - tra cui CNN, Fox Cable, l'Associated Press, MSNBC, ABC, il britannico Jewish Chronicle e il New York Times - hanno deciso di non mostrare o ripubblicare le immagini satiriche di Maometto e di altri musulmani che sembrano siano stati il pretesto dell’attentato. Molti dei responsabili di queste imprese hanno giustificato la loro scelta per la necessità di proteggere i propri dipendenti da eventuali ritorsioni da parte di estremisti. Ma c'è un altro modo per chiamare queste decisioni: cedimento.
Quando reporter, giornalisti ed editori lodano il coraggio di coloro che sono stati uccisi per aver disegnato e stampato le vignette pubblicate da Charlie Hebdo, ma allo stesso tempo si piegano al terrorismo che ha portato al massacro di Parigi, stanno proteggendo le loro scelte sacrificando l’adesione al principio di libertà di espressione, per il bene della propria sicurezza. Non hanno esitato - giustamente - a diffondere e stampare la recente ondata di vignette disegnate in omaggio a coloro che sono stati assassinati nella redazione di Charlie Hebdo, disegni che attestano in maniera commovente come le persone libere credano nel motto "la penna è più potente della spada".
Allo stesso tempo, però, coloro che hanno accettato il cedimento, i responsabili di alcuni dei maggiori media, hanno scelto di temere la spada più che di stare dalla parte della penna, lasciando nel buio le vignette satiriche pubblicate da Charlie Hebdo. Dire oggi che la satira dell'Islam che compare nelle vignette di Charlie Hebdo - che in realtà prende di mira anche tutte le altre religioni – possa sembrare offensiva ad alcune persone di fede, è un’osservazione francamente fuori luogo.
Quello che invece non è fuori luogo è il principio che il terrorismo e tutte le forme di intimidazione violenta della stampa libera non sono mai giustificati, indipendentemente dal contenuto di ciò che viene stampato o trasmesso dai media. Come molti sionisti ed ebrei, sono offeso quasi quotidianamente da quelle che considero notizie di parte, pubblicate su Israele. Ed esprimo il mio sdegno  la mia rabbia per scrivere editoriali, lettere ai direttore, post, messaggi e discorsi per protestare contro quello che credo siano cattivo giornalismo e commenti stupidi. Mi Se non basta mi prendo un’aspirina.
Quello che invece non faccio, quello che non farei mai, è usare o invocare la violenza come mezzo per fermare la libertà di espressione. In una democrazia costruita e difesa da uomini e donne coraggiosi che si impegnano per una libertà intatta non ci sono giustificazioni per un compromesso con chi vuole una limitazione della libertà e una censura della stampa.
Sentirsi offesi significa essere vivi. Ciò che conta è il modo in cui, una volta offesa, una persona reagisce. Per coloro che sono ben pagati per riferire e commentare sui media le notizie, la vigliaccheria non è un'opzione giustificabile. Una simile viltà disonora la memoria di coloro che sono stati assassinati a Parigi.
L’organizzazione antirazzista Anti Defamation League (ADL), in cui sono stato con orgoglio a lungo attivo, pubblica regolarmente una raccolta delle più vili vignette antisemite che compaiono nei media, soprattutto in Europa e in Medio Oriente. Queste vignette, che tendono a giustificare il terrorismo contro gli ebrei, contro Israele e i suoi sostenitori, sono per me dolorose, come lo sono per l’ADL, per molti altri ebrei, e per le persone oneste di tutte le fedi.
Tuttavia, l’ADL riproduce queste vignette nello sforzo di far comprendere al pubblico il male dell’antisemitismo e del fanatismo religioso. L’ADL comprende che la pubblicazione della verità, di fronte al terrore, per quanto dolorosa è il modo migliore per descrivere con cura coloro la cui intolleranza spesso porta alla violenza. La saggezza e il coraggio di ADL dovrebbero secondo me servire a far vergognare quei mezzi di comunicazione che hanno scelto di placare coloro che reagiscono alla libertà di espressione con rabbia omicida.
Alcuni media, come l'Huffington Post, il Washington Post e il Daily Beast, hanno ristampato le vignette satiriche più importanti di Charlie Hebdo. E meritano di essere elogiati per il loro coraggio.
Quanto a me, sono orgoglioso di aver scritto questo articolo e di vedere comparire la mia firma. Sono americano, sono ebreo, sono sionista, e sono un cittadino di Los Angeles.
A coloro che vorrebbero rispondere al mio articolo con la violenza, dico: “Fatevi avanti, bastardi”.

Bruce J. Einhorn


(versione italiana di Ada Treves)
QUI TORINO
Le prime pietre per la Memoria
Le prime Pietre dell’Inciampo di Torino saranno posate questo fine settimana, in ricordo di 27 deportati. Le Stolpersteine sono già pronte, e Gunter Demnig inizierà così a portare anche nel capoluogo piemontese i segni della sua opera, un monumento che, nelle intenzioni della Comunità ebraica di Torino ricorderà tutti i deportati, in un progetto che, a titolo indicativo, dovrebbe prevedere la posa di circa cinquanta Stolpersteine all’anno, per arrivare a completamento nell’arco di una quindicina d’anni.
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QUI VENEZIA
Il coraggio di Armin
Inaugurata alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia la mostra “Armin T. Wegner, un giusto per gli Armeni e per gli Ebrei”, che apre ufficialmente il programma veneziano degli eventi legati al Giorno della Memoria. Alla presenza di una sala gremita sono intervenuti Paolo Navarro Dina, giornalista e consigliere della Comunità ebraica di Venezia; Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, la foresta dei Giusti; Anna Maria Samuelli, curatrice della mostra. Tra i presenti anche Maurizio Messina, direttore della Biblioteca Nazionale Marciana; Sargis Ghazaryan, ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia; Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia a Milano; Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia.
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pilpul
Insegnare a ridere
Cosa penseranno gli studenti del futuro quando leggeranno sui libri di storia che nel 2015 a Parigi qualcuno è stato ucciso per aver difeso il diritto di ridere e far ridere? E cosa ne pensano gli studenti di oggi, educati a ridere di nascosto e abituati a considerare una risata autorizzata durante le lezioni come un’eccezione o un’anomalia? Come far capire loro che ridere può essere una cosa maledettamente seria? Non è affatto facile, e in effetti ho l’impressione che i miei allievi - come molti altri - non abbiano considerato con troppa attenzione chi è stato ucciso a Parigi e perché. Forse, come tutte le cose serie, anche il riso deve essere insegnato. O, se non altro, è importante insegnare quanto possa fare paura.

Anna Segre, insegnante
Ahmed Merabet
Non so nulla di Ahmed Merabet, salvo quel poco che ne scrivono i giornali. Eppure il fotogramma immortalato dalla ripresa sfuocata, che lo ritrae a un secondo dalla morte, è un megafono che urla nel mio orecchio da quando l'ho visto. Urla parole in francese, pronunciate quasi senza odio palpabile, da un uomo vestito in nero integrale che ha appena fatto una strage. Ahmed, in divisa da poliziotto di quartiere, è ferito, si è accasciato per terra, e l'uomo fra un attimo gli sparerà di nuovo, per ammazzarlo. Una esecuzione, l'unica che tutti abbiamo visto perchè ripresa in video, mentre la redazione di Charlie Hebdo era già un bagno di sangue che forse per fortuna nessuno ha potuto riprendere.

Daniela Fubini, Tel Aviv
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I linguaggi umani
“Ogni singola lingua umana è una finestra sull'essere, sulla creazione. […] Ogni lingua umana sfida la realtà in maniera propria e del tutto peculiare. […] Ogni lingua umana sfrutta e trasmette aspetti differenti, potenzialità diverse della contingenza umana. […] Da qui la vera perdita irreparabile, la riduzione delle possibilità dell'uomo quando una lingua muore. […] La sparizione delle lingue di cui oggi siamo testimoni è esattamente analoga alla distruzione della fauna e della flora, ma ha un carattere di maggiore irrevocabilità. Gli alberi si possono ripiantare, il DNA di una specie animale può essere parzialmente conservato e forse riattivato. Una lingua morta resta morta o sopravvive come una reliquia pedagogica nello zoo accademico. Ne consegue un drastico immiserimento dell'ecologia della psiche umana.“
Così lo scrittore George Steiner, in un saggio del 2008 “I libri che non ho scritto” - recensito anche su queste pagine – affronta la riduzione dei linguaggi umani.


Francesco Moises Bassano, studente
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Scrittura e persecuzione
In "Scrittura e persecuzione" Leo Strauss sosteneva che nella storia, la scrittura tra le righe di molti filosofi fosse un effetto della soppressione della libertà di parola verso il pensiero eterodosso e la ricerca della verità. Oggi i problemi sembrano altri: le parole, dette o scritte sui social network o sulla carta stampata, cadono in modo diretto e spesso provocatorio. Ma dopo gli eventi di Parigi, oltre a provare orrore, mi chiedo che effetto avrà questa violenza sulle nostre parole e il nostro pensiero.

Ilana Bahbout

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