David
Sciunnach,
rabbino
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“…
perché Io ho reso insensibile il suo cuore…” (Shemòt 10, 1). Il Grande
Rabbì Yehudà Lieb Alter di Gur, conosciuto per il suo commento come
Sèfàt ‘Emèt, ci dice a proposito di questo verso: Il Santo Benedetto
Egli Sia sembra onorarsi del fatto che Egli stesso dia forza al
malvagio faraone per agire contro Lui e contro il popolo d’Israele. È
questa una cosa incredibile, il fatto che venga concesso all’uomo di
utilizzare quelle forze che egli riceve dalla Provvidenza contro la
Provvidenza stessa. Una tolleranza del genere può esservi solo nel
Creatore, nessuna creatura umana ha la capacità di comprendere.
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David
Assael,
ricercatore
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Giusto
evidenziare i punti di conflitto e i rischi che si portano dietro. Ma,
mi pare corretto, se non altro per alimentare una flebile fiammella di
speranza, riportare anche i pochi, pochissimi episodi opposti. Una
delle vittime dell’Hypercasher (il supermercato nel quale è avvenuto di
uno degli attentati parigini), Yoav Hattab, era un ebreo di origini
tunisine. Così, sabato sera, a Tunisi, ebrei, musulmani e cristiani, si
sono riuniti per omaggiare il connazionale, ora sepolto a Gerusalemme.
Zion Cohen, 22 anni, dice: “Noi siamo come una famiglia. Vogliamo
dimostrare che la Tunisia è la terra di tutte le fedi e che i tunisini
sono tutti fratelli, siano essi musulmani, ebrei, cristiani o atei”.
Posizioni che smentiscono l’idea, ai miei occhi superficiale, dello
scontro di civiltà.
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Il luoghi della Memoria |
Quanto,
del corale sentimento di solidarietà emerso dopo gli attacchi di
Parigi, si sarebbe manifestato se l’eccidio avesse riguardato solo gli
ebrei? E quanto pregiudizio rimane vivo nella società italiana? Ruotano
attorno a questi interrogativi “le domande scomode sull’antisemitismo”
proposte oggi ai lettori del Corriere della sera da Riccardo Franco
Levi e Alberto Melloni in vista del Giorno della Memoria.
Scrivono gli estensori dell’articolo: “Come ha ricordato il ministro
Giannini parlando agli studenti italiani ad Auschwitz pochi giorni fa,
pur nel riconoscimento di quel luogo quale primo ed universale simbolo
dell’orrore della Shoah, altri sono i luoghi, altre sono le date che
parlano e devono parlare alle giovani generazioni della persecuzione
contro gli ebrei italiani: l’aula della Camera dei deputati dove il 14
dicembre del 1938 furono all’unanimità approvate le leggi antiebraiche;
il Ghetto di Roma dove avvenne il rastrellamento degli ebrei del 16
ottobre 1943; il Binario 21 della stazione Centrale di Milano da dove
partivano i vagoni per la deportazione; il campo di Fossoli, ultima
tappa prima di Auschwitz, la Risiera di San Sabba a Trieste, l’unico
campo di sterminio in terra italiana”.
Qui, non meno che ad Auschwitz – il loro appello – “è e sarà bene
portare gli studenti per far toccar loro con mano la realtà e la radice
profondamente italiane delle persecuzioni contro gli ebrei”.
Tel Aviv, attentato sul bus 40. Cresce di ora in ora il numero di
feriti, di cui alcuni in gravi condizioni, nella nuova azione
terroristica condotta ai danni della popolazione civile israeliana.
L’attentatore, un cittadino palestinese di Tulkarem, è salito sul bus
linea 40 e si è scagliato contro la folla brandendo un coltello.
Catturato dalla polizia, è stato immediatamente sottoposto a
interrogatorio. Lo riferisce la stampa online israeliana.
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QUI TORINO - La mostra "i mondi di primo levi"
Una strenua trasparenza
A
Torino il carro ferroviario adibito alle merci che risale all’inizio
del Novecento aspetta sotto la pioggia, in piazza Castello, davanti a
Palazzo Madama. È ancora coperto e verrà svelato ai visitatori solo
questa sera, quando la mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua
chiarezza” sarà inaugurata ufficialmente. Allestita nella Corte
Medievale su progetto dell’architetto Gianfranco Cavaglià e curata da
Fabio Levi e Peppino Ortoleva, la mostra offre al pubblico in una
organizzazione non cronologica documenti, oggetti, immagini, citazioni,
ricreando in tappe tematiche, quelli che sono i diversi mondi dello
scrittore torinese. Promossa dal Centro Studi Primo Levi in occasione
del settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, la mostra
resterà a Torino fino al 6 aprile, per poi iniziare il suo viaggio per
le numerose destinazioni già previste, sia in Italia che all’estero.
Passando da un mondo all’altro, da una fotografia inedita – e sono
tante le immagini mai viste di Primo Levi, che lo ritraggono in mille
situazioni anche familiari – a un testo, dalla ricostruzione del suo
tavolo di chimico alla farfalla di filo di rame che si offre per la
prima volta agli occhi del pubblico, risuona costantemente nelle
orecchie la voce dello scrittore, che giunge dai diversi schermi che
grazie alla perizia di Ars Media riproducano a ciclo continuo frammenti
di interviste, ragionamenti, racconti.
Primo Levi ha raccontato con “strenua chiarezza” la verità sul mondo
capovolto del Lager, percorrendo un itinerario lungo quarant’anni che
lo ha portato a indagare i recessi più dolorosi e insondabili del XX
secolo; ha saputo offrire ai lettori di tutto il mondo storie
straordinarie fra realtà e fantascienza, e ha intrecciato la sua
esperienza di chimico montatore di molecole con quella dello scrittore
che compone universi montando una sull’altra le parole. E ha mostrato
ai suoi lettori quanto il lavoro, anche nella società contemporanea,
possa costituire una risorsa decisiva per la felicità degli esseri
umani. Sono tante le sfaccettature di quella che era una persona schiva
e solo apparentemente semplice, raccontate con perizia e attenzione dai
curatori.
La conferenza stampa è stata aperta dal direttore di Palazzo Madama,
Enrica Pagella, che ha come prima cosa ringraziato il Centro studi, che
ha reso possibile una mostra che si è detta “orgogliosa di poter
ospitare” mentre Ernesto Ferrero, che del Centro internazionale di
studi Primo Levi è il presidente, ha voluto ricordare ai presenti
l’importanza e il valore degli scritti, quanto mai attuali, e
l’opportunità, offerta da questa mostra, di scoprire e riscoprire, e
soprattutto di rileggere Levi. Ha poi preso la parola il sindaco, Piero
Fassino, che ha voluto ringraziare il Centro studi ma anche tutte le
persone coinvolte in un lavoro che è stato corale, condiviso e
partecipe, “spinto da quel motore instancabile che è il direttore del
Centro studi, Fabio Levi”. Ha poi citato un brano da I sommersi e i
salvati, dal capitolo intitolato “Violenza inutile”, collegandosi
all’attualità e ricordando come la piazza su cui si affaccia Palazzo
Madama si sia riempita di migliaia di persone in seguito agli attentati
che a Parigi hanno decimato la redazione del settimanale satirico
Charlie Hebdo e ucciso quattro clienti, ebrei, di un supermercato
casher, intenti alle ultime spese prima del sabato.
Ha concluso la conferenza stampa Fabio Levi, che ha voluto portare
l’attenzione sui pannelli che chiudono il percorso della mostra.
L’ultimo, in particolare, riporta una citazione da Racconti e saggi:
“Prego il lettore di non andare in cerca di messaggi. È un termine che
detesto perché mi mette in crisi, perché mi pone indosso panni che non
sono i miei, che anzi appartengono a un tipo umano di cui diffido: il
profeta, il vate, il veggente. Tale non sono; sono un uomo normale di
buona memoria che è incappato in un vortice, che ne è uscito più per
fortuna che per virtù, e che da allora conserva una certa curiosità per
i vortici, grandi e piccoli, metaforici e materiali.”
Ada Treves twitter @atrevesmoked
Alla mostra il numero di febbraio di Pagine Ebraiche, in distribuzione
nei prossimi giorni, dedica ampio spazio. Anticipiamo qui alcuni
estratti dell’intervista a uno dei curatori, il professor Peppino
Ortoleva.
Una strenua chiarezza
“È una mostra concepita per raccontare i mondi di Primo Levi con quella
semplicità e quella chiarezza per cui, come ha scritto più volte lo
scrittore torinese, è doveroso lottare. Una mostra pensata per
viaggiare, per essere itinerante e per arrivare, con un linguaggio che
deve necessariamente essere diverso da quello della letteratura, ai
visitatori che muovendosi in un luogo fisico avranno delle esperienze
reali, e – auspicabilmente – arriveranno a provare delle emozioni.”
Così il professor Peppino Ortoleva, che di “I mondi di Primo Levi – Una
strenua chiarezza” è curatore insieme a Fabio Levi, direttore del
Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino racconta quali idee
hanno guidato il ragionamento che sottende a un montaggio attento,
delicato, tutto volto a rispettare “uno dei più grandi e celebri
testimoni di quella che lui non ha mai chiamato Shoah”.
Studioso di storia e teoria dei mezzi di comunicazione, Ortoleva tiene
a sottolineare come non si tratti di una mostra sulla vita di Primo
Levi, non su di lui come scrittore, né di una mostra su Auschwitz. “La
cosa davvero eccezionale, che abbiamo cercato di evidenziare in tutto
il percorso della mostra, è come abbia saputo evocare e costruire una
serie di mondi, ed è intorno a questi aspetti anche diversissimi tra
loro che abbiamo montato le diverse tappe. (…)
Tutto lo spazio è articolato in un percorso in cui si incontrano
illustrazioni inedite, videoistallazioni, oggetti d’epoca, sculture,
audiovisivi, pannelli esplicativi cui si aggiungono materiali che
offrono anche a studenti e insegnanti innumerevoli occasioni di
riflessione. sulla letteratura e sulla vita.
(…)
Elemento conclusivo di quello che si configura come un vero e proprio
viaggio nei mondi di Primo Levi, un video restituisce, solo dopo aver
visitato tutta la mostra, quell’elemento cronologico che i curatori
hanno accuratamente evitato di utilizzare sino all’ultimo schermo, dove
scorre una cronologia della vita e delle opere di Primo Levi. I titoli
di coda.
da Pagine Ebraiche, febbraio 2015
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qui torino
La musica di Primo Levi
Il
pubblico delle grandi occasioni ha riempito, mercoledì sera, la sala
del conservatorio di Torino per un concerto dal programma particolare,
parte della programmazione prevista per il giorno della Memoria ma
soprattutto anticipazione delle giornate che la città dedica a Primo
Levi a partire da oggi, con l’inaugurazione della mostra a lui
dedicata. Organizzato dal Centro internazionale di studi Primo Levi in
collaborazione con il Conservatorio Giuseppe Verdi, il programma ha
visto alternarsi in scena alcuni pianisti, due soprano, un tenore e
dodici sassofonisti, allievi dell’istituzione musicale, che hanno
eseguito quella musica che lo scrittore ha citato come importanti per
la sua vita in un’intervista radiofonica del 1982. Le parole di Levi,
cui ha dato voce Valter Malosti, l’attore che dirige la scuola del
Teatro Stabile di Torino, si sono così alternate alla musica, spesso
filo conduttore tra generazioni, come nel caso della canzone
tradizionale piemontese che gli cantava sua madre e di Offenbach,
memoria paterna. La musica dei balilla, con il ricordo del fastidio
della divisa “che tirava da tutte le parti” e le prime sgradite
imposizioni, è così stata seguita dal Das Horst-Wessel-Lied, inno del
partito nazista e il suono di una fisarmonica ha ricreato, insieme alle
parole di Levi, quei surreali momenti in cui i deportati venivano
accolti dalle note dell’orchestra di Auschwitz, con la tristemente nota
“Rosamunda”. La canzone che cantavano i soldati russi dopo la guerra,
mentre rientravano dal fronte, i Quadri di un’esposizione di
Mussorgskji hanno lasciato il posto a un sorprendente ensamble di 12
sassofoni che ha proposto alcuni inediti arrangiamenti. Grande è stato
il successo di una selezione di brani da Un americano a Parigi di
George Gershwin, memoria serena degli anni “in cui tutto sembrava aver
trovato il suo posto”, e di Colonel Boogey dal film “Il ponte sul fiume
Kwai”, ma ad emozionare il pubblico è stato soprattutto quell’Amado mio
(cantato da Rita Hayworth in “Gilda” di Charles Vidor) colonna sonora
del fidanzamento di Primo Levi con Lucia Morpurgo, che nel ‘47 sarebbe
diventata sua moglie.
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israele
Terrore a Tel Aviv, Netanyahu:
"Abu Mazen responsabile"
L’attacco
di Tel Aviv è la diretta conseguenza della velenosa campagna di
incitamento del presidente Abu Mazen contro gli ebrei e il loro Stato.
Lo stesso terrorismo cerca di colpirci a Parigi, Bruxelles e ovunque”.
Così il presidente israeliano Benjamin Netanyahu ha commentato la nuova
azione perpetrata nelle scorse ore dal terrorismo palestinese ai danni
della popolazione civile con l’assalto, da parte di un 23enne residente
a Tulkarem, in Cisgiordania, dei passeggeri di un bus urbano.
Armato di coltello, Hamza Matrouk si è scagliato contro la folla che
assiepava il mezzo, stipato di pendolari che si recavano al lavoro
nell’ora di punta del traffico mattutino. Numerosi i feriti, tra cui
almeno quattro sarebbero in gravi condizioni. La sua azione è stata
interrotta grazie all’intervento delle forze di polizia, che lo hanno
messo in condizione di non nuocere al termine di uno scontro a fuoco.
Arrestato e sottoposto immediatamente a interrogatorio, Matrouk ha
giustificato i suoi crimini come vendetta “alle operazioni militari
condotte da Israele a Gaza la scorsa estate”. Negli stessi minuti
parole di apprezzamento per l’attacco venivano espresse dalla
leadership del movimento terrorista di Hamas. “Una mattina di
Resistenza, una mattina per la nazione”, il commento del portavoce
Hawzi Barhoum. Izzat al-Rishq, parte del gruppo dirigente che è
ospitato in Qatar, ha definito l’attacco “eroico” e “coraggioso”.
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QUI ROMA - il Master in didattica della shoah
Insegnare la Memoria
Decimo
anno di attività per il Master Internazionale di II livello in
Didattica della Shoah presente nell’offerta formativa dell’Università
degli Studi di Roma Tre e diretto dal professore David Meghnagi. Un
traguardo celebrato oggi nella Sala Polifunzionale della Presidenza del
Consiglio che ha visto gli interventi di Anna Nardini, consigliere
della Presidenza del Consiglio; Massimo Panizza, Magnifico Rettore di
Roma Tre; Victor Magiar, consigliere dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane con delega alla Memoria; Rafael Erdreich, ministro
consigliere dell’Ambasciata d’Israele e le riflessioni di Giacomo
Marramao (Presidente della Scuola di Lettere, Filosofia, Lingue), del
presidente emerito della Camera dei Deputati Luciano Violante e del
professore di sociologia Roberto Cipriani.
“Quello
che vogliamo fare oggi – spiega Meghnagi – è confrontarci sul tema
della Memoria in maniera inedita e viva, proprio per questo ho voluto
che tra i partecipanti ci fossero i ragazzi dell’ultimo anno del liceo.
Trovandoci in una sede istituzionale vorrei anche lanciare un auspicio:
che il master diventi gratuito. Tengo davvero che insegnanti meritevoli
possano accedervi senza dover pagare la retta”. “Ho appena visitato
Auschwitz – introduce la Nardini – con i testimoni che hanno rievocato
i ricordi più vividi. Insieme al viaggio bisogna contestualizzare il
periodo storico ed attualizzarlo. Proprio la mancanza di consapevolezza
ci sta facendo vivere i momenti drammatici nati dal germe della
discriminazione e della paura del diverso”. Victor Magiar si appella
direttamente agli studenti in sala: “Siete voi la vera sfida. Quando
leggevo le parole di Primo Levi, la cui paura era quella di una nuova
Shoah, la credevo una esagerazione. Dalla guerra nella ex Jugoslavia in
poi mi sono dovuto tristemente ricredere. Una tragedia simile è
possibile. Proprio per questo è fondamentale che siate voi ragazzi ad
avere consapevolezza, senza banalizzare la Memoria. Dovete essere le
sentinelle del futuro”.
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Ticketless
- Traditori |
Dopo
i fatti di Parigi l’ultimo romanzo di Amos Oz (“Giuda”, Feltrinelli) va
ripensato. Manca in questi giorni drammatici una riflessione
sull’assenza del Traditore nella cultura islamica. Giuda, appunto,
l’eretico, il riformatore, il protestante, lo straniero, Elisha ben
Abuyah sono figure senza equivalenti nella cultura islamica. So di
inoltrarmi su un terreno delicato, che non è il mio. Ricordo, di avere
ascoltato nei seminari bolognesi di Pier C. Bori e poi letto negli
interventi di Mohammed Haddad su “Réformes. Comprendre et comparer les
religions”, che non mancarono spinte modernistiche all’interno del
mondo islamico, all’inizio del Novecento, ma sempre troppo flebili.
Quello che aiuterebbe gli islamici moderati a combattere il
fondamentalismo è il tradimento costruttivo, la dialettica
trasgressore-apostata, che ci ha rivelato Scholem per il misticismo
ebraico: colui che superando una soglia si colloca deliberatamente
dalla parte dei meno, si isola, prende le distanze. Un Abrabanel
palestinese, per restare nel quadro del romanzo di Oz.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Il pugno del papa |
Può
qualcuno, nel dire qualcosa, avere contemporaneamente ragione e torto?
Per esempio, avere ragione perché dice la verità, e avere torto perché
dire quella verità, in quel dato momento, di fronte a determinate
persone, è decisamente inopportuno? Certo che è possibile, l’arte della
diplomazia è una delle prime cose che i genitori devono insegnare ai
figli, solo un bambino molto piccolo può permettersi il lusso di essere
sempre sincero. È quello che ho pensato a proposito delle famose parola
di papa Bergoglio: “Se qualcuno offende mia madre, gli spetta un
pugno”. Come dargli torto? Ognuno di noi ha delle cose, dei valori,
delle persone la cui immagine custodisce con particolare gelosia, e
ognuno capisce che determinate offese vanno bel al di là di ogni forma
di umano confronto dialettico, in quanto hanno l’unico scopo di
‘colpire nelle parti basse’, di sputare sul piccolo altare privato che
ciascuno porta dentro, in segno di puro e assoluto disprezzo. Un pugno,
in quei casi, ci sta bene, è una risposta doverosa. Che altro si
potrebbe fare? Quali sono questi valori intoccabili, gli unici che
giustificano questa risposta violenta? Solo due, probabilmente: la
mamma, appunto, e poi, per chi ci crede, i simboli religiosi, che per
molte persone hanno, a quanto pare, un valore molto superiore a quello
della mamma. Ed è proprio questo il caso a cui faceva riferimento il
papa, che ha affermato, a spiegazione della frase sul pugno, che
nessuno deve offendere le religioni degli altri, con chiaro
collegamento al caso Charlie Hebdo.
Francesco Lucrezi, storico
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