Periscopio – Il pugno di Bergoglio

lucreziPuò qualcuno, nel dire qualcosa, avere contemporaneamente ragione e torto? Per esempio, avere ragione perché dice la verità, e avere torto perché dire quella verità, in quel dato momento, di fronte a determinate persone, è decisamente inopportuno? Certo che è possibile, l’arte della diplomazia è una delle prime cose che i genitori devono insegnare ai figli, solo un bambino molto piccolo può permettersi il lusso di essere sempre sincero.
È quello che ho pensato a proposito delle famose parola di papa Bergoglio: “Se qualcuno offende mia madre, gli spetta un pugno”. Come dargli torto? Ognuno di noi ha delle cose, dei valori, delle persone la cui immagine custodisce con particolare gelosia, e ognuno capisce che determinate offese vanno bel al di là di ogni forma di umano confronto dialettico, in quanto hanno l’unico scopo di ‘colpire nelle parti basse’, di sputare sul piccolo altare privato che ciascuno porta dentro, in segno di puro e assoluto disprezzo. Un pugno, in quei casi, ci sta bene, è una risposta doverosa. Che altro si potrebbe fare?
Quali sono questi valori intoccabili, gli unici che giustificano questa risposta violenta? Solo due, probabilmente: la mamma, appunto, e poi, per chi ci crede, i simboli religiosi, che per molte persone hanno, a quanto pare, un valore molto superiore a quello della mamma. Ed è proprio questo il caso a cui faceva riferimento il papa, che ha affermato, a spiegazione della frase sul pugno, che nessuno deve offendere le religioni degli altri, con chiaro collegamento al caso Charlie Hebdo. Anche su questo, il pontefice ha indubbiamente ragione, e non esito a dire che ritengo che molte delle vignette pubblicate dal giornale francese siano andate ben al di là dei confini della legittima satira, per sconfinare nel terreno del mero insulto gratuito, cinico e volgare. Personalmente, penso che la libertà di espressione sia sacra, ma penso anche che, in una società articolata e complessa, nessuna libertà possa essere assoluta e sconfinata. Il rispetto della persona umana e della sua dignità ha perlomeno altrettanto valore, e la libertà di espressione non lo dovrebbe irridere e stracciare. Tanto più quando – come per molte delle vignette incriminate – l’offesa è svincolata da qualsiasi pretesto di invenzione artistica e culturale, e pare assolutamente gratuita, autoreferenziale: offendere per offendere, umiliare per umiliare, o per studiare le differenti reazioni delle vittime. Come a volere sventolare un drappo rosso davanti a tanti tori, e stare a vedere che succede: il toro ebreo, abituato, da sempre, a prenderle, si terrà silenzioso l’ennesimo calcio; il toro cristiano, passata ormai l’epoca delle crociate, non potrà fare altro che strillare a vuoto, facendo allegramente sghignazzare i toreri per la sua impotenza, mentre dal suscettibile toro musulmano tutti attenderanno con trepidazione l’eventuale reazione, la cui attesa non farà che alzare la ‘suspence’.
Il papa, ripeto, ha ragione, e aggiungo che trovo sbagliato far coincidere la condanna della bestiale ferocia terroristica con la santificazione di un certo tipo di pseudo-satira, elevata a simbolo di libertà e democrazia. Le milioni di copie di Charlie Hebdo distribuite nel mondo non mi sembrano il migliore presupposto per un proficuo confronto interculturale.
Ma il papa ha anche torto, per due semplici motivi.
Il primo motivo è che, se è vero che il sentimento religioso di ognuno andrebbe sempre rispettato, e che, su questo piano, tutte le religioni sono, o dovrebbero essere uguali, e ugualmente meritevoli di tutela, va anche detto che le violente reazioni degli offesi mi sembrano, molto spesso, abbastanza indipendenti dai presunti episodi scatenanti, che appaiono più che altro dei meri pretesti. Non si spiegherebbe, altrimenti, come mai, negli stessi ambienti dove monta la protesta per le vignette anti-islamiche, dilaghino le più truci e macabre vignette antisemite, contro le quali nessuno, ma proprio nessuno, ovviamente, ha mai avuto niente da ridire. Come mai, inoltre, ci si offende così facilmente per una battuta sul Profeta, e nessuno si offende mai, invece, quando i versi del Corano vengono fatti scorrere in sovraimpressione sui filmanti delle decapitazioni? Associare il nome della propria ‘mamma’ a crimini aberranti non è offensivo? E che dire delle recenti immagini provenienti dal Niger e dall’Algeria, con centinaia di bambini piccolissimi, che probabilmente non sanno ancora leggere, né capiscono cosa sia una vignetta satirica, intenti a urlare come ossessi e a lanciare pietre e molotov, mentre intorno bruciano le chiese e vengono ammazzati i poliziotti? Quei bambini difendono la loro ‘mamma’, o sono cinicamente manipolati da qualcuno?
Il secondo motivo è che la battuta del papa, nel momento in cui spietati assassini ammazzano a sangue freddo degli innocenti, con la scusa dell’ “offesa alla mamma”, appare decisamente temeraria, in quanto può essere facilmente interpretata, al di là delle intenzioni, come una forma di giustificazione. Se l’uomo più pacifico del mondo si ritiene autorizzato a dare un pugno, non possiamo farlo anche noi, a modo nostro?

Francesco Lucrezi, storico

(21 gennaio 2015)