Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Si impiegano due anni circa per imparare a parlare, ma quasi sempre non è sufficiente una vita per imparare a tacere.
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Dario
Calimani,
anglista
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Forse
dovremmo prendere in seria considerazione la partenza, ascoltando
l'invito di Netanyahu. La diaspora sta diventando pericolosa, e forse
ha esaurito il suo corso e il suo senso. Tutti ci garantiscono, oltre
al riconoscimento dei diritti da tempo acquisiti, anche la sicurezza e
la loro solidarietà. Salvo qualcuno, che ci ricorda che però Israele...
e che però quelli di noi che ne sostengono le ragioni... Ma sicurezza e
solidarietà sono garantite, almeno per i due o tre giorni successivi
gli spari e le morti.
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L'Europa, casa degli ebrei |
“Gli
ebrei hanno il loro posto in Europa e in particolare in Francia”.
“Desideriamo che vivono in Germania continuino a viverci e bene”.
“L’Europa è la casa degli ebrei e di tutte le persone libere”. Si
rivolgono al mondo ebraico i capi di stato e di governo Francois
Hollande (Francia), Angela Merkel (Germania) e Matteo Renzi (Italia)
per cercare di rassicurarne gli animi dopo l’attentato di Copenaghen
(Avvenire, Il Giornale, La Stampa). E rispondono indirettamente al
primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu dopo il suo invito agli
ebrei europei a fare l’aliyah. Un appello definito comprensibile da
molti rappresentanti dell’ebraismo europeo che ribadiscono però, come
racconta la Gazzetta del Mezzogiorno, che l’Europa è il proprio posto.
Il quotidiano riporta le parole di Renzo Gattegna, presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che sottolinea come
“restare o emigrare deve essere in ogni caso una libera scelta”. “Un
esodo degli ebrei europei non è la soluzione al grave pericolo del
terrorismo islamico”, dichiara Charlotte Knobloch, rappresentante della
Comunità ebraica bavarese. “Noi comprendiamo che ci si preoccupa per il
nostro bene e siamo molto grati, ma siamo danesi e restiamo in
Danimarca”, la risposta del portavoce della Kehillah danese Jeppe Juhl
all’invito di Netanyahu.
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L'ITALIA EBRAICA SI INCONTRA
"Noi, più forti dell'odio"
“In
queste ore tremende in cui a Copenaghen l’ennesimo attacco ad una
Comunità di nostri fratelli ha portato la sua scia di lutto, noi
vogliamo continuare a difendere la nostra vita ebraica e i nostri
valori”. Si annunciava così la serata di commemorazione e confronto
organizzata ieri dalla Comunità ebraica fiorentina al termine della
preghiera di Arvit. Ad intervenire, tra gli altri, la presidente Sara
Cividalli (nell’immagine), il rabbino capo Joseph Levi e l’assessore
alle pari opportunità del Comune Sara Funaro. “La vita, anche se
provata dalle perdite più tristi deve riprendere in tutta la sua forza
e la sua gioia. Questo non lo dobbiamo mai dimenticare”, ha affermato
Cividalli nel suo intervento. Tra le molte iniziative in programma in
queste ore una preghiera pubblica in memoria di Dan Uzan, il
sorvegliante ucciso sabato notte all’esterno della sinagoga, che si
svolgerà oggi – dalle 19.15 in poi – al Tempio di via Guastalla a
Milano.
Un
mese fa a Parigi, l’altra sera a Copenaghen, la scorsa notte l’ennesima
profanazione alle tombe di un cimitero ebraico del sud della Francia,
attacchi che ci lasciano smarriti e doloranti con la loro scia di
lutto.
Il cuore si fa piccolo, la mente si interroga.
Questi atti ci lasciano confusi, attoniti. Come ebrei siamo in lutto
per dei fratelli uccisi per il solo fatto di essere ebrei, di nuovo ci
chiediamo: “Perché? è questa una buona ragione, lo è mai stata?”.
Come cittadini siamo attoniti perché inscindibile è l’odio antisemita,
l’odio per chi è considerato diverso, dall’odio per la libertà, la
libertà civile, la libertà di cultura, la libertà dei bambini, la
libertà d’istruzione, la libertà della donna.
Noi vogliamo continuare a difendere la nostra vita ebraica e i nostri
valori, vogliamo continuare a farlo qui, in Italia, in Europa, non
vogliamo scappare. Come ha scritto il presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna al presidente della Comunità
ebraica di Copenhagen: “Noi, gli ebrei d’Europa, non ci arrenderemo. E
soprattutto continueremo a vivere le nostre vite e a difendere con
forza i valori fondamentali che accomunano i popoli dell’Europa
democratica nata sulle ceneri dei più gravi crimini mai compiuti
dall’uomo contro l’uomo e fondata sugli ideali di chi lottò per la
libertà e contro odio e tirannie. Questa è la nostra forza. Questa sarà
la ragione della loro sconfitta”.
Questo noi vogliamo continuare a fare, vivere la nostra vita di ebrei,
seguire le nostre tradizioni, essere orgogliosi, come ognuno dovrebbe
essere, della nostra peculiarità e diversità e vogliamo farlo
nell’Italia e nell’Europa che abbiamo contribuito a costruire.
A Firenze viviamo in un crogiolo dove convivono, per tradizione
storica, tradizioni e culture diverse qui ognuno di noi contribuisce
con la sua diversità a comporre un grande mosaico variegato, bello e
luminoso di cui ogni tessera è indispensabile, unica e bella. Questo
deve continuare ad essere.
Ringraziamo le forze dell’ordine, che con la loro sollecitudine ci
aiutano a proseguire nella nostra vita usuale. Ringraziamo le autorità
cittadine, le cittadine e i cittadini di Firenze che sono in ogni senso
nostri concittadini.
Siamo angosciati per la morte dei nostri fratelli. Abbiamo recitato il
Kaddish: “Scenda dal cielo un’abbondante pace ed una vita felice su di
noi…”. È la fine del Kaddish, la preghiera ebraica per i defunti. La
vita, anche se provata dalle perdite più tristi deve riprendere in
tutta la sua forza e la sua gioia. Questo non lo dobbiamo mai
dimenticare.
Sara Cividalli, presidente Comunità ebraica di Firenze
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qui milano
Associazione figli della Shoah Liliana Segre alla guida
Sono
stati rinnovati in questi giorni i vertici dell’Associazione Figli
della Shoah di Milano, con l’elezione a presidente di Liliana Segre,
sopravvissuta milanese al campo di sterminio di Auschwitz, da anni
impegnata a trasmettere la Memoria alle nuove generazioni. “A seguito
delle dimissioni di Marco Szulc, fondatore dell’Associazione, che hanno
dato grande dispiacere a tutti noi, ho accettato questo titolo, di tipo
più onorifico che operativo, per un anno”, ha dichiarato. Al suo
fianco, come vicepresidente, Daniela Tedeschi, da sempre una delle
anime dell’Associazione. L'ente si occupa di organizzare eventi legati
al tema della Memoria con l’obiettivo di creare una sensibilità nella
cittadinanza sull’importanza di mantenerla viva e consapevole e le
iniziative sono sempre realizzate a stretto contatto con i Testimoni
della Shoah. Leggi
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Dan Uzan |
In
memoria di Dan Uzan. Sapeva ciò che stava facendo, Dan. E ha continuato
anche dopo gli attentati di Bruxelles, Parigi, Gerusalemme. Non ha
esitato, non ha avuto paura. O forse quella sì, perché non provare
paura è disumano. Era alto due metri e cinque, Dan Uzan, ed era stato
un campione di basket. Uno sguardo bonario, innocuo, su un corpo
imponente, come può accadere a chi la Natura ha dotato di un fisico
eccezionale.
Un mio amico danese lo ricorda in porta, nella squadra di calcio
dell’Hakoah; io lo immagino sul campo in un pomeriggio di fine estate,
nel Nord. Le giornate sono ancora lunghe ma il clima vira verso il
freddo. Ma che gliene importa, a Dan e ai suoi amici, se scende una
leggera pioggerellina o se fa caldo? Siamo tutti sudati, continuiamo a
giocare. Non lo conoscevo, Dan, 37 anni, attivissimo nella comunità
ebraica di Copenhagen, a parte un periodo in Israele. Ma mi pare di
conoscerlo negli occhi degli amici comuni, o nei ricordi di agosti
europei.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie
- La Shoah e Facebook |
Cronache
di Facebook di questi giorni. A proposito di negazionismo. Un amico
piemontese, da anni impegnato sui temi dell’ebraismo, segnala
all’amministrazione del social network una pagina intitolata
“L’Olocausto ebraico è una menzogna”, chiedendone l'eliminazione.
Risposta: “Questa pagina non è stata rimossa. Grazie per il tempo
dedicato alla segnalazione di un contenuto che secondo te potrebbe non
rispettare i nostri Standard della comunità.
Mario Avagliano
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L'Aliyah della paura |
La
reazione del primo ministro Netanyahu alla tragedia di Copenhagen
(l'invito agli Ebrei Europei a fare l'Aliyah) ha destato scalpore e
promosso discussioni senza fine: il rabbino di Copenaghen Yair Melchior
all’indomani del terribile attacco ha affermato “Il terrorismo non è
una ragione per trasferirsi in Israele”. Purtroppo temo che il Rav
Melchior abbia torto. Già la prima volta, sotto il Faraone “che non
aveva conosciuto Giuseppe” (Es.1:8), gli ebrei salirono verso la Terra
Promessa perché in esilio erano maltrattati e perseguitati.
Roberto Jona
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Angeli |
A
Copenhagen era Dan Uzan, a Roma sono Giuseppe, Mario, Daniele, Lello.
Sono i volontari della sicurezza. Figure con le quali i bambini ebrei
purtroppo cominciano a prendere confidenza già dall'asilo. Hanno
quell'aria burbera, ma il cuore grande. Sono considerati come parenti,
degli zii acquisiti, sempre pronti a tenderti la mano. Ti comunicano
sicurezza e sai che vegliano su di te con la loro inavvertibile
presenza.
Claudia Sermoneta
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L'anno prossimo a Gerusalemme |
Ogni
anno di generazione in generazione concludiamo il Seder di Pesach con
l'augurio "Leshana Abà Beyerushalaim" (L'anno prossimo a Gerusalemme).
Temo che in molti se ne siano dimenticati, non ne capiscano il
significato, o si proclamino sionisti senza capirne il senso.
Michele Steindler
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Dopo Parigi e Copenhagen |
Ho
letto sul Pagine Ebraiche 24 le riflessioni dei giornalisti, ebrei e
non, espresse dopo i fatti di Parigi e Copenhagen;. Valide senza
dubbio, ma alle quali vorrei aggiungere una considerazione che in tutti
manca e alla quale, in un mio recente scritto, ho fatto
riferimento, concludendo quell'articolo.
Alfredo Caro
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