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17 febbraio 2015 - 28 Shevat 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Si impiegano due anni circa per imparare a parlare, ma quasi sempre non è sufficiente una vita per imparare a tacere.
Dario
Calimani,
anglista
Forse dovremmo prendere in seria considerazione la partenza, ascoltando l'invito di Netanyahu. La diaspora sta diventando pericolosa, e forse ha esaurito il suo corso e il suo senso. Tutti ci garantiscono, oltre al riconoscimento dei diritti da tempo acquisiti, anche la sicurezza e la loro solidarietà. Salvo qualcuno, che ci ricorda che però Israele... e che però quelli di noi che ne sostengono le ragioni... Ma sicurezza e solidarietà sono garantite, almeno per i due o tre giorni successivi gli spari e le morti.
 
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L'Europa, casa degli ebrei
“Gli ebrei hanno il loro posto in Europa e in particolare in Francia”. “Desideriamo che vivono in Germania continuino a viverci e bene”. “L’Europa è la casa degli ebrei e di tutte le persone libere”. Si rivolgono al mondo ebraico i capi di stato e di governo Francois Hollande (Francia), Angela Merkel (Germania) e Matteo Renzi (Italia) per cercare di rassicurarne gli animi dopo l’attentato di Copenaghen (Avvenire, Il Giornale, La Stampa). E rispondono indirettamente al primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu dopo il suo invito agli ebrei europei a fare l’aliyah. Un appello definito comprensibile da molti rappresentanti dell’ebraismo europeo che ribadiscono però, come racconta la Gazzetta del Mezzogiorno, che l’Europa è il proprio posto. Il quotidiano riporta le parole di Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che sottolinea come “restare o emigrare deve essere in ogni caso una libera scelta”. “Un esodo degli ebrei europei non è la soluzione al grave pericolo del terrorismo islamico”, dichiara Charlotte Knobloch, rappresentante della Comunità ebraica bavarese. “Noi comprendiamo che ci si preoccupa per il nostro bene e siamo molto grati, ma siamo danesi e restiamo in Danimarca”, la risposta del portavoce della Kehillah danese Jeppe Juhl all’invito di Netanyahu.
 
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  davar
L'ITALIA EBRAICA SI INCONTRA 
"Noi, più forti dell'odio"
“In queste ore tremende in cui a Copenaghen l’ennesimo attacco ad una Comunità di nostri fratelli ha portato la sua scia di lutto, noi vogliamo continuare a difendere la nostra vita ebraica e i nostri valori”. Si annunciava così la serata di commemorazione e confronto organizzata ieri dalla Comunità ebraica fiorentina al termine della preghiera di Arvit. Ad intervenire, tra gli altri, la presidente Sara Cividalli (nell’immagine), il rabbino capo Joseph Levi e l’assessore alle pari opportunità del Comune Sara Funaro. “La vita, anche se provata dalle perdite più tristi deve riprendere in tutta la sua forza e la sua gioia. Questo non lo dobbiamo mai dimenticare”, ha affermato Cividalli nel suo intervento. Tra le molte iniziative in programma in queste ore una preghiera pubblica in memoria di Dan Uzan, il sorvegliante ucciso sabato notte all’esterno della sinagoga, che si svolgerà oggi – dalle 19.15 in poi – al Tempio di via Guastalla a Milano.

Un mese fa a Parigi, l’altra sera a Copenaghen, la scorsa notte l’ennesima profanazione alle tombe di un cimitero ebraico del sud della Francia, attacchi che ci lasciano smarriti e doloranti con la loro scia di lutto.
Il cuore si fa piccolo, la mente si interroga.
Questi atti ci lasciano confusi, attoniti. Come ebrei siamo in lutto per dei fratelli uccisi per il solo fatto di essere ebrei, di nuovo ci chiediamo: “Perché? è questa una buona ragione, lo è mai stata?”.
Come cittadini siamo attoniti perché inscindibile è l’odio antisemita, l’odio per chi è considerato diverso, dall’odio per la libertà, la libertà civile, la libertà di cultura, la libertà dei bambini, la libertà d’istruzione, la libertà della donna.
Noi vogliamo continuare a difendere la nostra vita ebraica e i nostri valori, vogliamo continuare a farlo qui, in Italia, in Europa, non vogliamo scappare. Come ha scritto il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna al presidente della Comunità ebraica di Copenhagen: “Noi, gli ebrei d’Europa, non ci arrenderemo. E soprattutto continueremo a vivere le nostre vite e a difendere con forza i valori fondamentali che accomunano i popoli dell’Europa democratica nata sulle ceneri dei più gravi crimini mai compiuti dall’uomo contro l’uomo e fondata sugli ideali di chi lottò per la libertà e contro odio e tirannie. Questa è la nostra forza. Questa sarà la ragione della loro sconfitta”.
Questo noi vogliamo continuare a fare, vivere la nostra vita di ebrei, seguire le nostre tradizioni, essere orgogliosi, come ognuno dovrebbe essere, della nostra peculiarità e diversità e vogliamo farlo nell’Italia e nell’Europa che abbiamo contribuito a costruire.
A Firenze viviamo in un crogiolo dove convivono, per tradizione storica, tradizioni e culture diverse qui ognuno di noi contribuisce con la sua diversità a comporre un grande mosaico variegato, bello e luminoso di cui ogni tessera è indispensabile, unica e bella. Questo deve continuare ad essere.
Ringraziamo le forze dell’ordine, che con la loro sollecitudine ci aiutano a proseguire nella nostra vita usuale. Ringraziamo le autorità cittadine, le cittadine e i cittadini di Firenze che sono in ogni senso nostri concittadini.
Siamo angosciati per la morte dei nostri fratelli. Abbiamo recitato il Kaddish: “Scenda dal cielo un’abbondante pace ed una vita felice su di noi…”. È la fine del Kaddish, la preghiera ebraica per i defunti. La vita, anche se provata dalle perdite più tristi deve riprendere in tutta la sua forza e la sua gioia. Questo non lo dobbiamo mai dimenticare.

Sara Cividalli, presidente Comunità ebraica di Firenze

Un giornalista israeliano nello stato islamico
Documentare l'orrore dell'Isis
Per questione di sicurezza l'israeliano Itai Anghel (nell'imagine con alcuni guerriglieri curdi in Siria) gira sempre solo, armato della sua piccola telecamera e poco più. È un giornalista e ha un obiettivo preciso; quello di vedere con i propri occhi ciò che accade nei luoghi più caldi della terra.
Non poteva allora che essere di ritorno dalla meta più pericolosa e chiacchierata al mondo: lo Stato Islamico, il territorio controllato dall'Isis dove ha realizzato quello che sui social viene definito "uno dei migliori documentari degli ultimi anni".
Oltre ad essere stato l'unico giornalista israeliano che ha seguito la rivoluzione egiziana di Piazza Tahrir (il cui documentario è stato considerato il migliore d'Israele nel 2011), Itai ha viaggiato per il Kosovo, l'Iraq, il Libano, la Bosnia e il Ruanda pronto a mostrare eccidi e disastri al mondo intero.
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qui milano 
Associazione figli della Shoah Liliana Segre alla guida
Sono stati rinnovati in questi giorni i vertici dell’Associazione Figli della Shoah di Milano, con l’elezione a presidente di Liliana Segre, sopravvissuta milanese al campo di sterminio di Auschwitz, da anni impegnata a trasmettere la Memoria alle nuove generazioni. “A seguito delle dimissioni di Marco Szulc, fondatore dell’Associazione, che hanno dato grande dispiacere a tutti noi, ho accettato questo titolo, di tipo più onorifico che operativo, per un anno”, ha dichiarato. Al suo fianco, come vicepresidente, Daniela Tedeschi, da sempre una delle anime dell’Associazione. L'ente si occupa di organizzare eventi legati al tema della Memoria con l’obiettivo di creare una sensibilità nella cittadinanza sull’importanza di mantenerla viva e consapevole e le iniziative sono sempre realizzate a stretto contatto con i Testimoni della Shoah.
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qui roma 
Gli eroi della Brigata Ebraica
Gli eroi della Brigata Ebraica raccontati attraverso un film-documentario, opera del regista Chuck Olin, che si presenta questo pomeriggio alle 17 alla Casa della Memoria e della Storia su iniziativa dell’Associazione Romana Amici d’Israele. “Nelle nostre mani”, questo il titolo dell’opera, descrive i fatti storici che videro protagonista la Brigata con filmati d’epoca e interviste ai combattenti.
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qui milano
L'insegnamento etico di Ester
Seguire i principi etici e non la realpolitik. Questo uno degli insegnamenti che secondo il filosofo francese Shmuel Wygoda si possono trarre dalla Meghillat Ester, uno dei testi più allusivi e misteriosi della tradizione ebraica in cui si racconta la storia di Ester, giovane donna ebrea che – divenuta moglie del re Assuero – salverà il suo popolo dall’annientamento voluto dal consigliere del re persiano, il perfido e violento Amman. E su questo racconto - cui lettura segna il momento fondamentale della festa di Purim - si è soffermato Wygoda nel corso della serata legata al ciclo di conferenze di Kesher a Milano. Al suo fianco, rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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demenza digitale
Pelù, l'Isis e il grande complotto 
"Io non ci credo che la Cia, il Mossad e i servizi segreti di tutto il mondo occidentale non sapessero nulla della nascita dell’ Isis. Io non ci credo che non sappiano come debellarlo in una settimana senza far scoppiare l’ennesima Terza guerra mondiale. Io non ci credo che non si sappia come interrompere i fiumi di miliardi di dollari che alimentano questa nuova Jihad. Io non ci credo ai governi occidentali”. Musicista sul viale del tramonto con velleità di politologo ed esperto di conflitti internazionali, Piero Pelù torna a colpire attraverso il proprio profilo Facebook.
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qui roma 
Domande scomode su Auschwitz
“C’è una cosa che mi chiedo ed è perché quando si parla di Seconda Guerra Mondiale, non si indaghi mai riguardo il comportamento dei ‘buoni’, gli alleati. Proprio per questo ritengo che il libro di Umberto Gentiloni sia molto importante”. A parlare è il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, tra gli ospiti della presentazione del libro “Bombardare Auschwitz” (ed. Mondadori) di Umberto Gentiloni Silveri organizzata al Pitigliani in collaborazione con il Centro di Cultura della Comunità ebraica di Roma. Con un titolo evocativo, l’opera dello storico pone di fronte una domanda scomoda: perché gli alleati, pur sapendo dell’esistenza del campo di sterminio nazista, non hanno tentato di distruggerlo? Perché hanno permesso che il massacro continuasse?
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pilpul
Dan Uzan

In memoria di Dan Uzan. Sapeva ciò che stava facendo, Dan. E ha continuato anche dopo gli attentati di Bruxelles, Parigi, Gerusalemme. Non ha esitato, non ha avuto paura. O forse quella sì, perché non provare paura è disumano. Era alto due metri e cinque, Dan Uzan, ed era stato un campione di basket. Uno sguardo bonario, innocuo, su un corpo imponente, come può accadere a chi la Natura ha dotato di un fisico eccezionale.
Un mio amico danese lo ricorda in porta, nella squadra di calcio dell’Hakoah; io lo immagino sul campo in un pomeriggio di fine estate, nel Nord. Le giornate sono ancora lunghe ma il clima vira verso il freddo. Ma che gliene importa, a Dan e ai suoi amici, se scende una leggera pioggerellina o se fa caldo? Siamo tutti sudati, continuiamo a giocare. Non lo conoscevo, Dan, 37 anni, attivissimo nella comunità ebraica di Copenhagen, a parte un periodo in Israele. Ma mi pare di conoscerlo negli occhi degli amici comuni, o nei ricordi di agosti europei
.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - La Shoah e Facebook
Cronache di Facebook di questi giorni. A proposito di negazionismo. Un amico piemontese, da anni impegnato sui temi dell’ebraismo, segnala all’amministrazione del social network una pagina intitolata “L’Olocausto ebraico è una menzogna”, chiedendone l'eliminazione. Risposta: “Questa pagina non è stata rimossa. Grazie per il tempo dedicato alla segnalazione di un contenuto che secondo te potrebbe non rispettare i nostri Standard della comunità.

Mario Avagliano
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L'Aliyah della paura
La reazione del primo ministro Netanyahu alla tragedia di Copenhagen (l'invito agli Ebrei Europei a fare l'Aliyah) ha destato scalpore e promosso discussioni senza fine: il rabbino di Copenaghen Yair Melchior all’indomani del terribile attacco ha affermato “Il terrorismo non è una ragione per trasferirsi in Israele”. Purtroppo temo che il Rav Melchior abbia torto. Già la prima volta, sotto il Faraone “che non aveva conosciuto Giuseppe” (Es.1:8), gli ebrei salirono verso la Terra Promessa perché in esilio erano maltrattati e perseguitati.

Roberto Jona
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Angeli
A Copenhagen era Dan Uzan, a Roma sono Giuseppe, Mario, Daniele, Lello. Sono i volontari della sicurezza. Figure con le quali i bambini ebrei purtroppo cominciano a prendere confidenza già dall'asilo. Hanno quell'aria burbera, ma il cuore grande. Sono considerati come parenti, degli zii acquisiti, sempre pronti a tenderti la mano. Ti comunicano sicurezza e sai che vegliano su di te con la loro inavvertibile presenza.

Claudia Sermoneta

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L'anno prossimo a Gerusalemme
Ogni anno di generazione in generazione concludiamo il Seder di Pesach con l'augurio "Leshana Abà Beyerushalaim" (L'anno prossimo a Gerusalemme). Temo che in molti se ne siano dimenticati, non ne capiscano il significato, o si proclamino sionisti senza capirne il senso.

Michele Steindler


Dopo Parigi e Copenhagen
Ho letto sul Pagine Ebraiche 24 le riflessioni dei giornalisti, ebrei e non, espresse dopo i fatti di Parigi e Copenhagen;. Valide senza dubbio, ma alle quali vorrei aggiungere una considerazione che in tutti manca  e alla quale, in un mio recente scritto, ho fatto riferimento, concludendo quell'articolo.

Alfredo Caro
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