L’Europa, casa degli ebrei

rassegna“Gli ebrei hanno il loro posto in Europa e in particolare in Francia”. “Desideriamo che vivono in Germania continuino a viverci e bene”. “L’Europa è la casa degli ebrei e di tutte le persone libere”. Si rivolgono al mondo ebraico i capi di stato e di governo Francois Hollande (Francia), Angela Merkel (Germania) e Matteo Renzi (Italia) per cercare di rassicurarne gli animi dopo l’attentato di Copenaghen (Avvenire, Il Giornale, La Stampa). E rispondono indirettamente al primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu dopo il suo invito agli ebrei europei a fare l’aliyah. Un appello definito comprensibile da molti rappresentanti dell’ebraismo europeo che ribadiscono però, come racconta la Gazzetta del Mezzogiorno, che l’Europa è il proprio posto. Il quotidiano riporta le parole di Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che sottolinea come “restare o emigrare deve essere in ogni caso una libera scelta”. “Un esodo degli ebrei europei non è la soluzione al grave pericolo del terrorismo islamico”, dichiara Charlotte Knobloch, rappresentante della Comunità ebraica bavarese. “Noi comprendiamo che ci si preoccupa per il nostro bene e siamo molto grati, ma siamo danesi e restiamo in Danimarca”, la risposta del portavoce della Kehillah danese Jeppe Juhl all’invito di Netanyahu.

Non c’è Europa senza ebrei. Molto critica la storica Anna Foa (Avvenire) rispetto all’invito di Netanyahu agli ebrei a fare “un’aliyah di massa dall’Europa”. “C’è da sperare che sia considerato solo come un gesto propagandistico elettorale dell’attuale premier israeliano, e nulla di più – afferma Foa rispetto alle parole di Netanyahu – Perché, se così non fosse, sarebbe null’altro che un invito a sparire rivolto alla Diaspora europea”. Quest’ultima, afferma la storica, è unita a Israele da un legame profondo e inscindibile ma gli ebrei del Vecchio Continente “non credo – scrive la Foa – sceglieranno davvero di porre fine a secoli di vita in Europa per paura di attentati, che rifiuteranno di combattere contro il terrorismo che ci minaccia tutti a fianco dei non ebrei”. Posizione simile e provocatoria nei confronti di Netanyahu, quella di Michele Serra nella sua Amaca (Repubblica): “Qualcuno spieghi a Bibi che gli ebrei francesi e gli ebrei danesi sono francesi ebrei e danesi ebrei: e non è la stessa cosa. Il patto sociale, nelle democrazie moderne, non è tra correligionari, è tra concittadini”.

I jihadisti colpiscono gli ebrei per colpire l’Europa. Perché gli estremisti islamici colpiscono gli ebrei, si chiede su Repubblica Gilles Kepel. “Perché gli ebrei sono il bersaglio ideale della loro strategia – scrive il politologo francese – che consiste nello scatenare una guerra civile interconfessionale in Europa Per portare dalla loro parte gli ‘indecisi’, i musulmani di Francia o d’Inghilterra riottosi all’integrazione occidentale, ma non ancora votati alla causa jihadista, il modo più facile e meno costoso è quello ammazzare un ebreo, capro espiatorio per eccellenza”.

Copenaghen dopo l’attentato. Sul Corriere della Sera le reazioni dell’ebraismo danese dopo l’attacco antisemita di sabato sera per mano di Omar Hussein, figlio di padre danese e madre libanese, piccolo criminale, emarginato ed accecato dall’odio anti-israeliano, come raccontano Corriere e Repubblica. “Avevamo chiesto aiuto più volte – racconta Barak Tzfanya, esponente della Comunità di Copenhagen, che aveva contattato diverse volte le autorità per chiedere maggiori misure di sicurezza per i luoghi ebraici – Ci hanno detto di stare tranquilli”. “Siamo terribilmente scossi, questo sì, ma non possiamo passare le nostre giornate a essere spaventati da tutto, perché noi viviamo in pace e la paura non va d’accordo con la pace”, afferma Bent Melchior, classe 1929, ex rabbino capo della Danimarca. Il Secolo XIX raccoglie invece le sensazioni dell’ebraismo romano a fronte degli ultimi attacchi antisemiti in Europa. “Chi decide di andare a Tel Aviv – afferma il presidente della Comunità ebraica della Capitale Riccardo Pacifici – lo fa non per motivi di sicurezza ma per le opportunità che Israele offre nell’imprenditorialità e nella ricerca”.

Intervenire in Libia, combattere Isis. Nessun intervento bellico in Libia senza il sì dell’Onu. È la posizione del premier italiano Matteo Renzi, riportata dal Corriere, che esclude la possibilità che il nostro Paese si muova autonomamente sul fronte libico, dove stanno avanzando le forze jihadiste. E come guida del fronte contro l’estremismo islamico manovrato dal Califfato si candida il presidente egiziano Al Sisi, scrive Maurizio Molinari su La Stampa, preoccupato del rafforzarsi del movimento jihadista.

Francia, l’attacco al cimitero ebraico. “Non basta attaccare i vivi, ora se la prendono anche con i morti”, l’amarezza espressa dal gran rabbino di Strasburgo, René Gutman, dopo l’attacco al cimitero ebraico di Sarre-Union, dove 250 tombe sono state profanate domenica scorsa. Il rav aveva chiesto misure di sicurezza più stringenti alle autorità francesi. “Una richiesta presa sul serio dalle autorità che non vogliono sottovalutare gli attacchi antisemiti in Francia – scrive Repubblica – seppure ieri si sia scoperto che la profanazione potrebbe essere un semplice atto di vandalismo compiuto da ragazzini ignari delle conseguenze. Cinque ragazzi sono stati fermati: uno di loro si é presentato alla polizia, confessando e indicando i nomi dei suoi complici”. 

Daniel Reichel

(17 febbraio 2015)