
Elia Richetti,
rabbino
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Il
problema principale della Parashà di questa settimana (Terumà) è
il ruolo che deve rivestire il Santuario. Può esistere per l’Ebraismo
una ‘casa di D.o’, un luogo nel quale Egli realmente risiede?
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Lo
scrittore Amos Oz ha pronunciato l’altro giorno una frase che qui
riporto a memoria e su cui vale la pena di riflettere. “Se cado per la
strada in un qualunque paese del mondo c’è il rischio che la gente mi
passi accanto senza reagire. Ma se cado per la strada in Israele,
immediatamente ci sarà qualcuno che mi aiuterà a rialzarmi. Per questo,
se devo cadere per la strada, preferisco cadere per la strada in
Israele. Anche se poi la persona che mi ha aiutato a rialzarmi,
riconoscendomi, mi farà lo sgambetto e mi farà cascare di nuovo. Perché
so che immediatamente dopo un’altra persona mi aiuterà a rialzarmi. E
per questo Israele è il paese in cui io amo vivere”.
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Palestina, salta la mozione |
Rinviata la mozione che doveva essere presentata oggi dal Partito Democratico sul riconoscimento dello Stato palestinese.
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BUENOS AIRES - LA MARCIA PER ALBERTO NISMAN
Argentini in piazza per la libertà
A
un mese esatto dalla oscura morte di Alberto Nisman circa 400 mila
persone hanno partecipato alla “marcia del silenzio” a Buenos Aires
sotto una pioggia intensa, a tratti violenta, per ricordare il giudice
che da anni si stava occupando delle indagini sul più grave attentato
avvenuto in Argentina il 18 luglio 1994 contro la sede dell’AMIA,
l’Associazione Mutualità Israelita Argentina, che fece 85 persone e
oltre 200 feriti. Manifestazioni analoghe si sono svolte in molte città
argentine, a conferma di quanto l’opinione pubblica segua con
preoccupazione le vicende relative alla morte di Nisman.
Il giudice era stato trovato morto nel suo appartamento il 18 gennaio
scorso. Il giorno successivo aveva in programma una udienza
parlamentare in cui avrebbe incriminato la presidente Cristina Kirchner
con l’accusa di avere stretto un accordo segreto con l’Iran per
proteggere i funzionari di Teheran considerati responsabili
dell’attentato.
Nemmeno un forte temporale scoppiato proprio all’inizio della
manifestazione è riuscito a smorzare la determinazione dei cittadini
che avevano accolto l’invito a partecipare alla ‘marcia del silenzio’
promossa da colleghi di Nisman. In una selva di ombrelli, la
maggioranza di persone addirittura senza alcun riparo, il corteo si è
mosso dal palazzo del Congresso fino a Plaza de Mayo, davanti alla Casa
Rosada, sede della presidenza argentina. Poco meno di un chilometro
percorso in circa tre ore, a passo lento per la difficoltà di muoversi
a causa della grande partecipazione.
Ad aprire la marcia i famigliari di Nisman: la ex moglie Sandra Arroyo
Salgado, anche lei giudice, con le figlie Lara e Kala, accompagnate
dalla nonna Sara Garfunkel, madre del giudice. Insieme a loro una
trentina di parenti stretti, a testimoniare l’unità della famiglia in
questa dolorosa circostanza.
La richiesta esplicita ai partecipanti era stata di non portare
bandiere di partito, ai politici di fare un passo indietro e di non
cercare di trarre vantaggi da questa manifestazione. La consegna è
stata rispettata. Dal corteo si sono levati soltanto alcuni cori,
“Argentina, Argentina”, “Giustizia” e “Nisman presente!”. Il silenzio è
stato rotto più volte da un battimani insistito, che metteva i brividi.
Alcuni hanno scelto di ricordare Nisman in modo personale, chi con un
foglietto scritto a mano e appeso alla cravatta “io sto in silenzio ma
la mia anima grida il dolore per la sua morte”, chi con una candela
tremolante protetta dalla pioggia e una scritta “oggi siamo tutti
Alberto Nismann”.
In Plaza de Mayo, su un palco improvvisato, uno dei colleghi del
giudice ha preso brevemente la parola:”In sintonia col sentimento dei
famigliari e nel rispetto della memoria di Alberto chiedo un minuto di
silenzio”.
Nella piazza invasa dalla folla, nella parte finale del corteo che non
riusciva ad avanzare, l’emozione era fortissima, resa ancora più
evidente dalla foga con cui tutti hanno intonato al termine del minuto
di silenzio l’inno nazionale.
Il governo e i sostenitori della Kirchner hanno vissuto con fastidio la
manifestazione in ricordo di Nismann, alcuni hanno addirittura parlato
di ‘golpe bianco’ in riferimento alla partecipazione di tutti i partiti
della opposizione e al sostegno della Chiesa. In realtà la gente che ha
sopportato tre ore di pioggia per essere presente a questa “marcia del
silenzio” non dava la sensazione di essere stata organizzata da
qualcuno, in buona parte era il cosiddetto ceto medio, che in parte in
passato ha votato per la Kirchner. Pochi invece i volti di quel popolo
peronista che rappresenta lo zoccolo duro dell’elettorato vicino al
governo.
La questione ora è capire come la Kirchner e il suo governo riusciranno
a gestire la vicenda Nisman. L’opinione pubblica ieri ha detto chiaro e
forte, in modo commosso e responsabile, di non credere al suicidio del
giudice. Il tema della giustizia e della legalità rischia di occupare
la scena politica e sociale in Argentina. La Kirchner è stata comunque
incriminata dal procuratore Gerardo Pollicita, subentrato dopo la morte
di Alberto Nisman nella indagine. Formalmente l’accusa è di aver
ostacolato la giustizia, impedendo le indagini sui funzionari iraniani
ritenuti coinvolti nella strage. L’imputazione riguarda anche il
ministro degli Esteri Héctor Timerman, il dirigente kirchnerista Luis
D’Elía e il deputato Andrés ‘Cuervo’ Larroque.
Giorgio Secchi
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qui roma Museo della Shoah,
Paserman si dimette
Lascia
l'incarico il presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma
Leone Paserman. L'annuncio in una lettera inviata oggi ai membri del
Collegio dei Fondatori del Museo in cui vengono annunciate le
motivazioni alla base della decisione.
Tra i motivi di disagio Paserman sottolinea in particolare il ritardo
nell'aggiudicazione definitiva della gara d'appalto per la costruzione
dell'edificio a Villa Torlonia, l'attuale impraticabilità della Casina
dei Vallati come sede della Fondazione e l'impossibilità di convocare
un cda a quasi un anno dall'ultima riunione (marzo 2014).
Paserman rileva quindi una non sufficiente attenzione delle istituzioni
e segnala alcune incomprensioni con il sindaco di Roma Ignazio Marino.
A settanta anni dalla Shoah, scrive, “dovrebbe essere evidente che se
davvero si vuole stimolare la riflessione dei giovani e la loro presa
di coscienza, per non consentire che il nostro passato diventi il loro
futuro, è indispensabile passare dalla memoria alla storia e non solo
ricordare quanto è avvenuto ma soprattutto studiarlo a fondo,
analizzandone le cause, i processi, le metodologie, i protagonisti in
modo strettamente scientifico e documentato”.
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qui torino I ranocchi di Levi sulla luna
Sarà
presentato questa sera alla Biblioteca Primo Levi “Ranocchi sulla luna
e altri animali”, il volume a cura di Ernesto Ferrero che la casa
editrice Einaudi ha pubblicato lo scorso novembre. I molti scritti che
Primo Levi ha dedicato agli animali sono stati raccolti in un volume in
cui “gli animali non rappresentano un divertimento accessorio, una
curiosità marginale, un otium saltuario. Sono parte integrante di un
abito mentale, di un approccio conoscitivo, una miniera di storie reali
e possibili”.
Uscito nell’ambito delle occasioni di approfondimento che accompagnano
la mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua chiarezza” , “Ranocchi
sulla luna e altri animali” per Ferrero mostra come Levi sia stato
anche “un naturalista, un etologo, un antropologo, persino un
linguista: un pontiere capace di saldare la tradizionale frattura tra
scienza e letteratura, che affligge la cultura italiana.”
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qui milano
Sé-gni, l'arte come dialogo
L'arte
come strumento di conoscenza, come arma contro le intolleranze, come
ponte tra due paesi che hanno un legame profondo, Italia e Israele. È
il concetto espresso ieri da Piergaetano Marchetti, presidente
dell'IIFCA – Fondazione Italia e Israele per la Cultura e le Arti nel
corso della presentazione della collezione d’arte [Sé-gni] curata da
Giorgia Calò ed esposta in anteprima fino al 26 di febbraio alla
Galleria Riccardo Crespi di Milano. Una collezione costruita grazie
alla collaborazione di trentasei artisti italiani e israeliani, noti al
pubblico internazionale, che hanno donato le proprie opere d'arte,
dando un importante contributo per sostenere l'impegno dell’IIFCA nella
promozione della conoscenza reciproca, attraverso la cultura, tra
Italia e Israele.
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dopo le polemiche alla mostra su primo levi
Il vagone resta, Rinaldi no
“Il
sovrintendente senza Memoria”, lo avevano chiamato i giornali. Ormai
noto a Torino come “Quello che ha chiamato ‘baraccone’ il treno della
mostra su Primo Levi”, il sovrintendente Luca Rinaldi era stato
smentito dal ministro stesso: Dario Franceschini lo riprese
pubblicamente, dichiarando che il tanto discusso vagone, che per il
sovrintendente “interferiva con l’asse prospettico” della piazza
sarebbe rimasto fino alla fine della mostra. Ed è probabile che a
lasciare Torino per primo sarà il sovrintendente. Il Ministero dei beni
e delle attività culturali dopo aver avviato un’indagine sull’accaduto
riservandosi di decidere un’eventuale sanzione disciplinare pare abbia
trovato una soluzione. Oggi – anticipa La Stampa – verrà ufficializzata
la sede del nuovo incarico di Rinaldi, che non sarà una di quelle
richieste (Torino o Milano), ma un’altra che probabilmente si troverà
ben lontana dal capoluogo piemontese, anche in conseguenza di quanto
accaduto.
Intanto che si decideva il futuro del sovrintendente la mostra ha
superato i diecimila visitatori in neppure un mese, e sta riscuotendo
un tale interesse che il Centro internazionale di studi Primo Levi che
ne è promotore ha dovuto avviare una raccolta fondi per
coprirne le spese di viaggio. Perché “I mondi di Primo Levi – Una
strenua chiarezza” possano essere conosciuti dal pubblico più ampio
possibile, anche nei luoghi che senza aiuto non potrebbero
permetterselo.
a.t.
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Setirot
- Il veleno dell'ignoranza |
Diamo
per buona la versione (parrebbe davvero la più probabile) secondo cui
la profanazione del cimitero ebraico di Sarre-Union in Alsazia sarebbe
opera di cinque ragazzotti tra i 15 e i 17 anni. Incensurati,
apolitici, si sarebbero resi conto che si trattava di tombe ebraiche
solo dopo averle vandalizzate e avere constatato l’eco mediatica
provocata.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Quali sionisti |
Possiamo
ancora definirci sionisti? Non è una domanda banale, ma è la necessaria
riflessione che dovremmo affrontare il prima possibile. Sembra infatti
che una parte consistente di coloro che un tempo si dichiaravano
sionisti abbiano smesso oggi di ragionare come tali. Come spiegare
altrimenti la decisione di alcuni di criticare la scelta d’Israele di
definirsi uno Stato ebraico o quella di attaccare il primo ministro
israeliano per aver invitato gli ebrei a tornare a casa?
Daniel Funaro
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