
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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L'Europa
ha dimezzato la propria popolazione ebraica dal 1960 ad oggi: gli ebrei
lasciano l’Europa”. Questa affermazione, pur nella sua drammatica
verità, contiene elementi storicamente poco limpidi che andrebbero
analizzati per non rischiare di fuggire le nostre responsabilità come
singoli, come comunità e come popolo. Prendiamo, per esempio, la
Comunità ebraica di Napoli alla quale ancora sono iscritto e usiamola
come campione, osservando il suo sviluppo demografico dal 1960 ad oggi.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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A
margine delle parole ambigue (poi rettificate goffamente) pronunciate
dal presidente del Consiglio Rappresentativo degli ebrei di Francia
(CRIF) che parevano sdoganare il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, il Jewish Chronicle
ci informa che nelle elezioni del 2017 al momento si prevede che almeno
il 14% degli ebrei francesi voterà proprio quel partito. Non ho motivi
per dubitarne, come non dubito che una certa percentuale di ebrei in
Italia non avrà remore a votare per la Lega di Matteo Salvini che fa
dell’anti-islamismo la medesima bandiera di lotta politica utilizzata
dalla Le Pen. Naturalmente tutto ciò deve interrogarci.
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Riconoscimento Palestina
la Camera verso il voto
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È
previsto per oggi a Roma il voto parlamentare sulla mozione che
vorrebbe impegnare il governo italiano a riconoscere lo Stato
palestinese. In merito il Partito Democratico si era diviso su
posizioni diverse, ma la mediazione del capogruppo Roberto Speranza
assieme al responsabile Esteri pd Enzo Amendola, dovrebbe “scongiurare
ulteriori divisioni”, scrive Repubblica. “È un testo che spinge sulla
riapertura del negoziato e sull’idea di due popoli due Stati”, spiegano
i redattori al quotidiano. “Di passo prematuro che non farebbe che
allontanare la pace”, aveva parlato l’ambasciata di Israele a Roma.
Ncd, come già Forza Italia, non sembra appoggerà la mozione. Fabrizio
Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, sul
Corriere della Sera afferma che “il riconoscimento deve essere un
processo, non può nascere dal pronunciamento di due o tre Parlamenti.
L’Italia, avendo buoni rapporti con entrambi, può svolgere un ruolo di
mediazione, a patto di non fare scelte unilaterali”.
Le divergenze tra Israele e Usa. Su La Stampa, Maurizio Molinari
analizza i rapporti tra Washington e Gerusalemme, “mai così lontane”.
Ultimo tassello di questa tensione nei rapporti tra i governi, il
discorso che il primo ministro Benjamin Netanyahu terrà al Congresso il
prossimo 3 marzo sulla questione iraniana, a cui il presidente Usa
Barack Obama si è opposto e che per Molinari indica “una divergente
visione strategica dei rapporti con l’Iran e dunque sul futuro assetto
dell’intero Medio Oriente”. Sempre su La Stampa, un quadro dei
contrasti diplomatici tra Israele e Usa delle ultime settimane, con le
relazioni tra i due paesi “ai minimi storici”.
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indipendenza, ma anche sicurezza
Palestina, le condizioni italiane
Con
una larga maggioranza espressasi a favore di due diverse mozioni – una
presentata dal Partito democratico, l'altra dal Nuovo Centrodestra –
l'aula della Camera ha dato il proprio via libera al riconoscimento
dello Stato palestinese da parte del governo. Un'iniziativa,
dall'esclusivo valore simbolico, su cui si è verificata da giorni una
spaccatura all'interno delle forze dell'esecutivo tra chi ha preso una
posizione determinata (mozione Pd) e chi ha invece subordinato il
proprio consenso a una intesa politica tra Al Fatah e Hamas (mozione
Ncd). Decisivo l'intervento del ministro degli Interni Angelino Alfano,
leader di Ncd, che ha fatto sì che l'aula riconoscesse la centralità
del negoziato come presupposto imprescindibile per un futuro di pace
nella regione. Altre opzioni rischiavano di rivelarsi non solo inutili
e inopportune ma anche controproducenti rafforzando ad esempio chi,
come Hamas, si prefigge di imporre un regime di terrore e oscurantismo. Si
conferma quindi la linea indicata dal presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna che, in occasione del voto
favorevole dell'Italia al riconoscimento della Palestina come Stato
osservatore ai lavori delle Nazioni Unite, ebbe a ricordare come solo
trattative dirette tra lo Stato di Israele e l'Autorità nazionale
palestinese “possano far compiere passi decisivi al processo di pace,
che invece sarebbe indebolito da iniziative unilaterali e non
preventivamente concordate sia presso le Nazioni Unite sia presso altri
organismi internazionali”. Soddisfazione per il rilievo che è
stato dato all'ambito negoziale è epressa dall'ambasciata d'Israele a
Roma. “Tutti i governi d'Israele, a partire dagli accordi di Oslo,
hanno accettato e fatto propria l'idea di due Stati per due popoli.
Dopo le elezioni e la formazione di un nuovo governo in Israele a marzo
– si legge in una nota – è necessario che i palestinesi decidano di
tornare al tavolo delle trattative senza precondizioni, per portare
avanti la pace e la sicurezza fra i due popoli".
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un giornale al centro del dibattito
Israele, la free press non si tocca
Bocciato
il primo tentativo di bloccare la diffusione del quotidiano Israel
Hayom durante le elezioni, l'avvocato Shachar Ben Meir ci riprova e si
appella all'Alta Corte d'Israele. Ben Meir aveva infatti chiesto alla
Commissione centrale per le elezioni di sospendere il giornale
freepress in quanto, a suo dire, costituiva palese propaganda a favore
del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, candidato premier per
il partito Likud alle prossime elezioni (previste per il 17 marzo). La
Commissione, presieduta dal giudice Salim Joubran, ha però risposto
picche, spiegando come non ci siano i presupposti per un provvedimento
così forte come la censura richiesta da Ben Meir. Mancavano infatti le
prove di una connessione particolarmente consistente tra Israel Hayom e
Netanyahu. Il giornale - di proprietà del magnate americano Sheldon
Adelson, amico nonché sostenitore di Netanyahu – non ha mai negato di
essere schierato a destra, ha spiegato Joubran, ma questo non è
sufficiente a definirlo un depliant di propaganda elettorale, non sulla
base del suo modo di coprire le notizie.
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INFORMAZIONE - PAGINE EBRAICHE DI MARZO
L'ebraismo, dall'albero alla terra
L’ambiente
che ci circonda, i frutti della terra, i progetti per Expo 2015, le
piante dai nomi evocativi: il numero di Pagine Ebraiche di marzo ha
decisamente il pollice verde. Il dossier del mese intitolato
“Dall’albero alla terra” è dedicato appunto al rapporto osmotico tra
l’ebraismo e la vegetazione nelle più varie sfumature:
dall’approfondimento legato alle festività del botanico Roberto Jona
che affronta sapientemente riti e simbologie, ai frutti nel Talmud e
nei midrashim analizzati dal rabbino e biologo Gianfranco Di Segni.
Viene poi raccontata la vicenda del suggestivo roseto comunale di Roma
che dal 1645 ad oggi continua ad essere un antico cimitero ebraico,
mentre Sara Kaminski ci svela la storia del rebbe Nachman e il principe
tacchino. Quando si parla di piccoli miracoli della natura non si può
non citare Israele che ha fatto del suo deserto un’oasi lussureggiante
attraverso associazioni ambientaliste come il Keren Kayemet le Israel e
Beautiful Israel. Israele ha anche il primato di essere il paese
maggiormente impegnato nella ricerca sui benefici della cannabis per
scopi terapeutici (una riflessione interessante se si pensa come
l’argomento sia al centro del dibattito dopo l’annuncio che la Orthodox
Union kosher certification agency di New York sta valutando di apporre
il marchio casher sulla marijuana usata per fini curativi). Chi invece
volesse capire perché alcune piante hanno nomi come “Wandering jew”,
ebreo errante, o “Orecchio di Giuda”, avrà pane per i propri denti. A
proposito di frutta, cibo e nutrimento del pianeta a guidarci tra le
novità che porterà l’Expo a Milano a partire dal 1 maggio è Ruggero
Gabbai, presidente della commissione Consigliare dell’esposizione al
quale sono dedicate le pagine di economia.
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Pericolo percepito |
Che
cosa avrebbero risposto gli ebrei al tempo del re Achashverosh se
qualcuno avesse chiesto loro se si sentivano in pericolo? Facile
immaginare che avrebbero avuto opinioni molto variegate, e con validi
motivi: in apparenza erano integrati bene; uno di loro “sedeva alla
porta del re” e sua cugina era diventata addirittura regina (ma la
scelta di nascondere la propria identità ebraica è già un brutto
sintomo). Poi, nel giro di pochissimi giorni, tutto precipita e il
popolo ebraico pare destinato a scomparire. Passano altri pochissimi
giorni e la situazione si capovolge ancora: il prestigio e l’influenza
degli ebrei sono di nuovo alle stelle. Indubbiamente c’era di che avere
le idee un po’ confuse.
Anna Segre, insegnante
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Esilio e verità |
Al
di là di comprensibili preoccupazioni e allarmismi, e in riferimento
alle ultime considerazioni demografiche, è improbabile che l'ebraismo
europeo sia destinato in un futuro prossimo ad estinguersi totalmente.
Indubbio di questo passo, che esso finirà per assottigliarsi, per
ridurre i suoi numeri e i suoi servizi comunitari e perdere così la sua
vivacità, ma del resto, il tutto è purtroppo parte di una più
gigantesca perdita che risale con alti e bassi, sino all'inquisizione e
poi soprattutto ai pogrom, alla Shoah e al secondo dopoguerra. Come
qualcuno ha sottolineato, l'ebraismo e quindi 'Am Israel, è
poeticamente come il roveto visto da Mosé al Chorev, che arde ma non si
consuma mai (Shemot 3:2-4), che nonostante le innumerevoli persecuzioni
è ancora in vita e non cessa di dare i suoi frutti e il suo contributo
al resto dell'umanità.
Francesco Moises Bassano, studente
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