David
Sciunnach,
rabbino
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…
che non entri nel santuario in qualsiasi momento …” (Vaikrà 16, 2). Il
grande cabalista italiano Rabbì Moshè David Valle, conosciuto con il
suo acronimo come Ramdù, dice nel suo commento a proposito di questo
verso: È questo un grande principio, non ci si può avvicinare alla
Santità se non quando ci si è preparati e resi puri. Questo perché vi è
un segreto che bisogna conoscere e cioè che vi sono momenti propizi,
‘Et ratzòn, e momenti negativi, ‘Et rà. Per questo la Torah è chiara e
ci dice: “… che non entri nel santuario in qualsiasi momento…” proprio
a sottolineare il fatto che non ci si può presentare quando lo si
desideri.
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David
Assael,
ricercatore
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La
morte di Rav Toaff z.l. priva l'ebraismo italiano ed europeo di una
figura eccezionale, per la vita avuta e per l'impegno politico profuso
in favore degli ebrei tutti. La sua perdita pone tutti noi, ancora una
volta, di fronte all'interrogativo di come conservare la memoria di
eventi non direttamente vissuti. Forse, un modo è dimostrare
solidarietà per coloro che fuggono da guerre ed epidemie e sbarcano,
dopo sofferenze che gli ebrei dovrebbero ben conoscere, sulle nostre
coste. Un modo, anche, per far cessare una propaganda politica cinica e
assordante, che non si ferma neanche di fronte alla morte e che usa
argomenti non molto distanti da chi si è rifiutato di accogliere la
nave St. Louis.
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Ue, guerra agli scafisti
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Dichiarare
guerra agli scafisti. È l'impegno di cui vuole farsi carico l'Unione
europea per fermare le continue stragi di profughi nel Mediterraneo e
interrompere la tratta organizzata dagli schiavisti del 21 secolo.
“Un'operazione di polizia internazionale condotta con mezzi militari,
con un obiettivo principale nel mirino: i barconi degli scafisti in
Libia, ma anche tutta la struttura di comando e controllo del traffico
di esseri umani che attraversa quel paese. Con un obiettivo parallelo e
non secondario: quello di essere pronti a colpire anche i miliziani
dell'Is, o comunque i jihadisti che in Libia hanno giurato fedeltà al
califfato di Al Baghdadi”, riporta Repubblica. “Interventi nei Paesi
d’origine, distruzione dei barconi, raddoppio di Triton, ricollocazione
d’emergenza condivisa tra tutti i Paesi, collaborazione con le Nazioni
Unite, sforzo comune alle frontiere meridionali della Libia”, è la
dichiarazione di intenti del Primo ministro italiano Matteo Renzi (La
Stampa). L'Unione europea, in attesa del Consiglio Ue di domani si dice
pronta a intervenire con azioni simili a quelle contro la pirateria (lo
afferma il Commissario europeo all’Immigrazione Avramopoulos,
intervistato da La Stampa) mentre Gian Antonio Stella (Corriere della
Sera) racconta cosa significa essere in balia degli scafisti,
riportando la tragedia dei quattro minorenni sopravvissuti all'ultima
strage avvenuta a largo delle coste di Lampedusa. Come fermarli?
L'interrogativo sul Corriere in merito alle azioni da compiere per
bloccare gli scafisti. Sulla questione La Stampa interroga anche il
segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin.
Germania, processo al contabile di Auschwitz. “Allora avevo
ventun'anni, vedevo in Hitler il salvatore della Patria, nelle SS mi
sentivo parte della casta scelta della vittoria. Poi non ebbi mai pace.
Ora capisco la mia piena colpevolezza morale. A voi sopravvissuti e
parenti delle vittime qui in aula chiedo solo perdono; se devo essere
punito, giudichi Lei, Vostro Onore”. Parole di Oskar Gröning, 93enne ex
contabile di Auschwitz - il cassiere della Shoah, come scrive
Repubblica - a processo in Germania e ritenuto complice “in almeno 300
mila omicidi, tanti furono gli ebrei ungheresi consegnati al Reich e
mandati in corsa alle 'docce' e poi ai forni”. Ed è lo stesso Gröning
ad ammetterlo (La Stampa). “Quello contro Oskar Gröning è il primo
processo, almeno da decenni, contro un criminale nazista che non abbia
mai impugnato un'arma per eseguire la Shoah bensì vi abbia partecipato
in altro modo. Per questo è importantissimo”, afferma Efraim Zuroff,
direttore del Centro Wiesenthal, intervistato da Repubblica, in merito
al procedimento contro l'ex Ss tedesco.
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25 aprile - GLI EBREI ITALIANI E LA RESISTENZA
Sette medaglie per la Libertà
 Su
603 medaglie d’oro al valore concesse dall’Italia repubblicana a uomini
che si erano distinti per la loro militanza di resistenti, sette furono
concesse a cittadini ebrei. Una percentuale veramente notevole. Ecco i
loro nomi: Eugenio Calò (nato a Pisa, moglie e figli catturati,
combattente in Val di Chiana, catturato e morto sotto torture); Eugenio
Colorni (nato a Milano, uno degli ideatori del Movimento Federalista
Europeo, morto in un attentato fascista a Roma); Eugenio Curiel (nato a
Trieste, direttore dell’Unità clandestina, uno dei fondatori del Fronte
della Gioventù, morì in un attentato fascista a Milano), Sergio Forti
(nato a Trieste, combattente nei pressi di Norcia, colto dai tedeschi,
salvò due compagni e si sacrificò al fuoco nemico), Mario Jacchia (nato
a Bologna, avvocato antifascista, comandante delle forze partigiane in
Emilia, catturato, fu torturato e finito dai tedeschi), Rita Rosani
(nata a Trieste, insegnante alla scuola ebraica, si unì ai partigiani
nella zona di Verona, morì combattendo), Ildebrando Vivanti (nato a
Brescia, si unì ai partigiani della Valle di Gesso, ferito in
combattimento, fu condannato a morte).
Dopo l’8 settembre del 1943, gli ebrei non avevano per sopravvivere che
pochissime strade da percorrere: il passaggio nella clandestinità, lo
sconfinamento in Svizzera, oltrepassare le linee del fuoco a Sud,
oppure, per uomini e donne validi privi di responsabilità famigliari,
aggregarsi ai partigiani. In queste condizioni, l’alta partecipazione
di giovani ebrei al movimento di Resistenza è più che comprensibile. Da
una prima indagine del CDEC, il Centro di documentazione ebraica
contemporanea, appare come l’apporto degli ebrei fu rilevante sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo, raggiungendo parecchie
centinaia di persone accertate (almeno 520 su 32-33.000 ebrei di
allora, cosa non da poco!), con numerosi nomi di sicura preminenza.
Liliana Picciotto, storica e Consigliere
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(nell'immagine la lapide posta dagli ebrei italiani
in memoria della medaglia d'oro Rita Rosani)
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25 aprile - l'impegno ebraico
Bologna festeggia con la Brigata
Il
contributo degli ebrei italiani alla Resistenza attraverso alcuni
esempi illustri, le iniziative della Brigata Ebraica nel capoluogo
emiliano e nella regione limitrofa. Questo l’arco tracciato dal
vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto
Jarach nell’intervento tenuto in occasione delle celebrazioni per il
70esimo anniversario della Liberazione di Bologna nel corso di una
cerimonia in cui, per la prima volta, è stato riconosciuto
ufficialmente dalle istituzioni l’impegno svolto dalla Brigata in città.
Giunti dall’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele, i
circa 5mila volontari ebrei inquadrati nelle fila del corpo
combattentistico si resero protagonisti di molte azioni decisive come
il primo sfondamento della Linea Gotica a fianco della divisione
Folgore e l’ingresso in varie località del Centro-Nord. Il 21 aprile
del ’45, Bologna fu liberata anche con il loro contributo. “Una pagina
di coraggio che ancora oggi pochi conoscono e che mai come quest’anno
andrebbe ricordata”, il pensiero del presidente della Comunità ebraica
bolognese Daniele De Paz.
Tra le figure più significative della Resistenza italiana Jarach ha
invece citato Primo Levi e Franco Cesana, il più giovane partigiano
caduto sotto il fuoco nemico, e ha rivolto un omaggio al rabbino
emerito di Roma Elio Toaff, da poco scomparso, per il suo impegno nella
lotta antifascista e la sua testimonianza diretta da Sant’Anna di
Stazzema, nelle valli in cui si consumò una delle più orrende
carneficine compiute dalle forze tedesche.
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qui roma - yom hazikaron
"Un giorno di lutto e di unità"
La
bandiera a mezz’asta. Nessun applauso e un rispettoso silenzio che cala
nel Palazzo della Cultura di Roma. Sono centinaia le persone che ieri
non hanno voluto mancare alla commemorazione di Yom Hazikaron, il
giorno nel quale tutta Israele si ferma e ricorda le vittime del
terrorismo, della guerra e i soldati caduti per la difesa del paese. Il
giorno del ricordo, Izkor, che precede quello dell’Indipendenza, Yom
Hazmaut. Stasera saranno infatti migliaia gli israeliani che, muniti di
bandiera, scenderanno nelle piazze per festeggiare il sessantasettesimo
compleanno dello Stato ebraico. Ad aver organizzato a Roma la
commemorazione dei soldati, l’Ambasciata d’Israele in Italia.
Davanti al numeroso pubblico e alle autorità, tra cui il presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e in
rappresentanza della Comunità ebraica romana il rabbino capo Riccardo Di Segni e
il presidente Riccardo Pacifici. A prendere la parola è stato
l’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon: “In questa giornata di
lutto tutta Israele è più unita che mai ed è con l’unità, achdut, e la
determinazione che dobbiamo difendere il nostro Stato dal pericolo del
terrorismo". Leggi
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il testimone della shoah festeggiato a milano
Nedo, novant'anni da uomo libero
Compie 90 anni il Testimone della Shoah Nedo Fiano.
Nato a Firenze, nel febbraio del ’44 la polizia fascista lo arresta in
via Cavour e lo fa imprigionare nel carcere cittadino. Viene poi
trasferito a Fossoli insieme ai suoi familiari e da lì, dopo un viaggio
terribile durate sette giorni, è portato ad Auschwitz Birkenau.
Riacquisterà la libertà a Buchenwald, dove i nazisti in ritirata lo
avevano trasferito.
Testimone instancabile, Fiano ha raccontato la sua esperienza
nell’autobiografia A 5405. Il coraggio di vivere e ha inoltre
collaborato con Roberto Benigni alla realizzazione del film La vita è
bella.
“Non smetterò mai di ringraziare la sorte di essere suo figlio, di
avere respirato la sua passione per la vita, dopo che lui aveva
respirato il fumo della morte. Grazie per sempre della tua lezione,
tantissimi auguri papà” il messaggio del figlio Emanuele, parlamentare
del Partito Democratico.
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qui roma
Sefarad, incontro di culture
Si
è detto soddisfatto, soprattutto della reazione positiva del pubblico,
Stefano Caviglia, giornalista e coordinatore del Festival Kosher
‘Sefarad a Roma’, in corso nella capitale fino a giovedì 30 aprile.
L’Azienda Romana Mercati, Azienda speciale della Camera di Commercio di
Roma, rinnova l’appuntamento con il festival di cultura ebraica,
incentrato in questa edizione sul mondo sefardita. Molti gli
appuntamenti spalmati su dieci giorni, tra cui convegni, concerti,
corsi di cucina, incontri, proiezioni di film e visite guidate,
spaziando dai temi legati alla cucina a quelli più generali relativi
alla storia e alla cultura. Questo pomeriggio in programma la
proiezione del film di Pasquale Scimeca “Giosuè l’ebreo”, presso
l’Auditorium dell’Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi,
“un’occasione per vedere un film d’autore attualmente fuori dalla
circolazione, che presenta una riflessione molto intensa e forte”,
sottolinea Caviglia. Leggi
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Ticketless
- Vite svitate |
"Svita”
di Luciano Cesare Bassani (Edizioni Nuages) è una delle prime
autobiografie di ebrei italiani nati negli anni Cinquanta. Gente, a
partire dal sottoscritto, la cui vita definire ‘svitata’ è dire poco.
Avere vent’anni nei Settanta è esperienza da non augurare ai figli. Ci
vuole coraggio a cimentarsi con la memoria di sé, fare i conti con la
svitatezza propria e altrui senza provare vergogna o mentire a se
stessi. Bassani ha avuto questo coraggio, ha scritto un libro onesto;
forse perché è un medico, ha scritto un libro si direbbe di
autocoscienza psicoanalitica, che si apprezza innanzitutto per il senso
dell’umorismo.
Alberto Cavaglion
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Rav Elio Toaff, un amico
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Non ci si sorprenda se ho appreso la scomparsa di Rav Elio Toaff come la perdita di un amico. In
questo caso si avverte il termine di una relazione che, malgrado la
differenza di età e di attività professionale, permette di sentire una
vicinanza, una analogia di comportamenti, una somiglianza di reazioni
alle domande e alle azioni del prossimo che possono esprimersi con un
solo giudizio: al suo posto non avrei potuto fare di meglio. Ricordo
di lui il sorriso, la tranquilla risata di uno che sa raccomandarti di
fare qualcosa, senza mai imporre, senza minacciarti punizioni o
condanne morali, ma semplicemente sapendo starti vicino.
Sapeva amare il prossimo, una qualità questa che appare banale ma che
deriva da una saggia comprensione e dal suggerimento amichevole di
riconoscere in ciascuno delle buone qualità – e nel riuscire a farle
emergere per rendere la vita più gradevole, più utile e piena di
significato.
יהא זכרונו ברוך
Amos Luzzatto
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Periscopio - Il Rav e il Dialogo |
In
questi giorni di lutto e commozione, in cui tutta l’Italia e tutto il
mondo ebraico si fermano in raccoglimento, per rendere omaggio alla
straordinaria figura di Elio Toaff, vorrei, tra i tanti, grandissimi
meriti del Maestro scomparso, sottolinearne uno di particolare
importanza, che certamente contribuirà a incidere il suo nome, in
caratteri indelebili, nel libro d’oro della storia: quello di avere
posto con forza e determinazione, al centro del controverso problema
del dialogo ebraico-cristiano, la questione del pieno riconoscimento,
da parte della Santa Sede, dello Stato d’Israele, e di averlo fatto
spendendo, per questo obiettivo, tutta la sua preziosa, altissima
autorità morale. E voglio farlo anche sulla base di un ricordo
personale.
Francesco Lucrezi, storico
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In ricordo del Maestro |
Uno
stato d’animo già compromesso in questi ultimi tempi, è stato scosso
ulteriormente dalla notizia improvvisa e inaspettata della morte di un
maestro che ha contraddistinto la mia formazione sotto molteplici
aspetti. Certo, aveva novantanove anni e le condizioni di salute erano
da qualche tempo altalenanti, ma l’idea della sua morte non mi sfiorava
minimamente. Per me era come se fosse stato avvolto da un’aura di
protezione che lo doveva portare a festeggiare il suo centenario di
vita. Ma questo era, forse, più un desiderio mio, nostro, degli altri
al di fuori di lui…
Non ho potuto assistere alla sepoltura, la logistica del funerale e il
complicato collegamento ferroviario tra Padova e Livorno non me l’hanno
permesso, ma almeno non mi hanno impedito di dargli il mio saluto ed
essere vicino a lui in quell’ora di celebrazione nell’atrio antistante
al Tempio di Livorno.
Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
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