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21 gennaio 2016 - 11 Shevat 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
La Torà afferma che Ha-Qadòsh Barùkh Hu non ha guidato il popolo ebraico per la strada che attraversava il territorio occupato dai Filistei “perché era vicino”, come se in questo ci fosse qualcosa di negativo.
Lo Sefath Emet rileva che ciò che la Torà vuole farci capire è che D.o voleva che quando, in un imprecisato futuro, il popolo d’Israele avesse dovuto affrontare strade difficili e tortuose nella sua vita, avesse già maturato l’esperienza necessaria. Quindi le difficoltà non vanno viste come tali, ma come uno strumento che ci aiuta ad affrontare le vere sfide.
 
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
Massimo D’Alema in una lettera al Corriere della Sera (15.1.2016) in risposta all’ambasciatore di Israele Naor Gilon, rivendica il diritto di critica a Netanyahu senza che ciò implichi l’accusa di essere contro Israele. Il diritto è accordato, ne ha facoltà. L’affermazione che nessuno possa criticare la politica di Israele senza essere accusato di antisemitismo è falsa, anzi è faziosa, e lo dimostra ampiamente la recente grande ricerca sulle percezioni dell’antisemitismo fra gli ebrei europei sponsorizzata dall’Unione Europea e pubblicata dal Jewish Policy Research Institute di Londra. Gli ebrei europei sono disposti ad ascoltare critiche nei confronti del governo di Israele, a condizione che non degenerino nella diffamazione e nella demonizzazione dello stato. Sono invece insofferenti a forme di antisemitismo come la negazione della Shoah o le classiche accuse di strapotere economico e politico. Reiterare l’affermazione sulla non criticabilità di Israele, come fa ora D’Alema, è quindi una forma non solo di demagogia ma anche di vilipendio. Ma D’Alema non si ferma a Netanyahu e attacca altri obiettivi. Il primo è quando afferma che Israele ha invaso per tre volte il Libano “provocando la morte di decine di migliaia di vittime civili”. Questo dato è manifestamente falso, gonfiato e provocatorio. Certo ci sono state vittime in Libano, come in Israele causa i missili di Hezbollah, ma non certo decine di migliaia e per nulla comparabili quantitivamente con le odierne stragi di civili in Siria e in molti altri paesi arabi. D’Alema prosegue e scrive che “le forze israeliane si sono rese complici dell’orrendo massacro di ottocento fra donne e bambini palestinesi compiuto dai loro alleati falangisti nei campi profughi di Sabra e Chatila”. D’Alema si rituffa così nel feroce vortice di odio e di disinformazione del fatale anno 1982.
 
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Lotta al terrore, l'Italia intensifica l'impegno 
La ministra della Difesa Roberta Pinotti, ieri a Parigi per una riunione dei principali Paesi coalizzati contro l’Isis, ha evocato l’offerta da parte italiana di “nuovi supporti, anche in risposta a quello che la Francia ha richiesto”. Come ricostruisce il Corriere, l’Italia sembra quindi pronta a intensificare uno sforzo militare che per adesso la vede impegnata — solo in Iraq e non in Siria — “con Tornado in missione di ricognizione, addestratori e carabinieri, più 450 soldati che avranno il compito di proteggere i lavori alla diga di Mosul appaltati all’azienda italiana Trevi”.
Le parole del ministro arrivano a poche ore da una nuova terribile carneficina, opera in questo caso di quattro terroristi talebani che hanno colpito l’università Bacha Khan in Pakistan. Almeno ventuno gli studenti uccisi.

Ampio approfondimento del settimanale Famiglia Cristiana dedicato alla visita di Bergoglio in sinagoga. In rilievo, oltre alle parole dei protagonisti e ad alcune reazioni a caldo, anche i contenuti trattati sul numero di Pagine Ebraiche andato in stampa poche ore dopo la visita. Si legge sul settimanale: “La terza visita di un papa nella sinagoga di Roma conferma e consolida la nuova era dei rapporti fra ebrei e cristiani e diventa l’esempio di quella che rav Di Segni definisce ‘un percorso di conoscenza, di rispetto reciproco e di collaborazione'”.
 
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  davar
QUI MILANO - IL PREMIO DEI CITY ANGELS
I campioni della solidarietà
Generosità, solidarietà e legalità. Valori sostenuti dalle iniziative del Memoriale della Shoah – Binario 21 e dalla realtà ebraica milanese, in particolare dal movimento giovanile Hashomer Hatzair, che l’associazione City Angels ha voluto premiare oggi con il riconoscimento di “Campioni” per l’impegno civile dimostrato a favore dei profughi. A Palazzo Marino, alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia, si è infatti svolta la quindicesima edizione del premio “Il Campione”, tributato a coloro che si sono distinti per il lavoro fatto al servizio della comunità. E l’impegno profuso dal Memoriale lo scorso anno a favore dei migranti rientra a pieno titolo in questa dimensione. “Abbiamo ospitato circa 4500 persone, dando pasti caldi e un posto dove dormire – ha spiegato Roberto Jarach, vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah nonché dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – Questo premio è da condividere con l’indispensabile lavoro fatto dai volontari della Comunità di Sant’Egidio, con l’impegno di Beteavon (la cucina sociale del Merkos) a fornire i pasti, con l’aiuto della Comunità ebraica”. Quest’ultima era rappresentata in sala dai presidenti Raffaele Besso e Milo Hasbani e dai consiglieri Daniele Misrachi e Ilan Boni.
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ultimati i preparativi
Bologna, ecco il Memoriale
Due imponenti muri paralleli, fortemente evocativi, che dominano la nuova piazza realizzata tra via Carracci e il ponte di via Matteotti, uno degli snodi chiave di Bologna. Impossibile non vedere il monumento e interrogarsi sul suo significato. Ed è proprio questo l’obiettivo del Memoriale della Shoah che nelle scorse ore, come mostrano le immagini, è stato praticamente ultimato e sarà svelato ufficialmente alla cittadinanza il prossimo 27 gennaio. Un luogo che porti i bolognesi “a porsi domande sul senso della Memoria”, spiegava a Pagine Ebraiche Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica della città, promotrice del progetto assieme all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, il Comune, l’Ordine degli Architetti della città e le Ferrovie dello Stato. L’effetto claustrofobico del passaggio tra le due grandi pareti, al centro del progetto di cinque giovani architetti italiani – Onorato di Manno, Andrea Tanci, Gianluca Sist, Lorenzo Catena e Chiara Cucina – lascia volutamente un senso di angoscia in chi lo attraversa, spiegava ancora De Paz, inducendo a una riflessione sulle sofferenze del passato. L’inaugurazione del Memoriale sarà preceduta da una seduta solenne del Consiglio comunale di Bologna, prevista per il 25 gennaio, che vedrà gli interventi del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, del demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola e dell’architetto Adachiara Zevi, al fianco del presidente De Paz.
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PAGINE EBRAICHE SULLA STAMPA CATTOLICA
Nuove pagine per il dialogo
Dall'Osservatore Romano ad Avvenire, da Famiglia Cristiana alla Radio Vaticana.
L'ampio approfondimento sulla visita di Bergoglio alla sinagoga di Roma pubblicato da Pagine Ebraiche nel numero di febbraio andato in stampa a poche ore dal momento in cui il papa argentino ha varcato la soglia del Tempio Maggiore e prontamente rilanciato tra gli altri dal Corriere della sera, è raccontato e analizzato in questi giorni dai più importanti media cattolici.
Un nuovo significativo riconoscimento dell'incisività e del prestigio conquistati dalla redazione UCEI in questi anni di lavoro.
E una ulteriore conferma che il dialogo, anche tra realtà editoriali così differenti, lascia davvero il segno soltanto quando si ha la coerenza di raccontarsi per quello che si è, senza compromessi.

ISRAELE - UNA GRANDE STORIA DI UMANITà
"L'amicizia? Più forte dell'odio"
È palestinese, ed è un parente del ragazzo che ha ucciso sua moglie Dafna a coltellate, ma è anche un amico di famiglia. E così quando Natan Meir lo ha invitato a casa sua, gli ha espresso il suo più profondo cordoglio ricevendo in cambio un caloroso abbraccio. “Non sono arrabbiato con nessuno, noi non ci facciamo trasportare da questi sentimenti. Non malediciamo gli arabi. Mi siedo e parlo con i miei bambini e non sento una singola parola del genere. Non siamo persone che odiano. Dafna e io siamo stati cresciuti così”, racconta Meir.


(Nell'immagine Dafna e Natan Meir)
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QUI ROMA - VITTORIANO
Nove porte aperte su Israele
Nove porte da aprire per conoscere la vera Israele. Nove porte colorate oltre le quali si dischiudono straordinarie scoperte tecnologiche, innovazioni scientifiche e si può persino ballare sulle note mixate di un dj. Open a door to Israel- Discover/Experience/Connect, la nuova mostra patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri di Israele e dell’Ambasciata d’Israele in Italia, arriva al Complesso del Vittoriano di Roma, prima di sbarcare in Francia, negli Stati Uniti, in Cina, Polonia, Russia, Giappone, Argentina e Brasile. Un’installazione multimediale e interattiva celata dietro nove porte (a Roma fino all’11 febbraio), presentata stamane alla stampa e che verrà inaugurata stasera alla presenza del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiana Stefania Giannini e dal vice ministro degli Esteri israeliano Tzipi Hotovely.
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UCEI - DIPLOMA IN STUDI EBRAICI
Alla (ri)scoperta delle radici
Al via, nell’ambito del programma di studio offerto dal Diploma Universitario Triennale in Studi Ebraici dell’UCEI, il corso di Archeologia del Vicino Oriente, con il professor Samuele Rocca (nell'immagine). Trenta ore di insegnamento che gettano un attento sguardo alla Terra di Israele nell’Antico Oriente dall’età del bronzo all’ età del ferro, con particolare focus sullo sviluppo della civiltà cananea ed ebraica; la Terra di Israele all’epoca del Secondo Tempio; l’incontro con il mondo ellenistico e Roma; i periodi asmoneo ed erodiano e le rivolte contro Roma; la Terra di Israele sotto il dominio romano ed in epoca tardo antica, l’urbanesimo e le città greco-romane, lo sviluppo della sinagoga, l’avvento del cristianesimo e i suoi effetti. Questi i punti nodali del corso da lui stesso sottolineati e descritti. 


Lucilla Efrati
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QUI VERONA - SEGNALIBRO
La Shoah e l'infanzia rubata
Folta partecipazione di pubblico presso la Società Letteraria di Verona, la più antica e prestigiosa istituzione culturale cittadina, per la la presentazione del libro Storia di Carla: una bambina ebrea negli anni della persecuzione antisemita in Italia (ed. Giuntina). Roberto Lughezzani, partendo dai ricordi di Carla Viterbo Bassani, ha ricostruito la vicenda umana di una bambina veneziana (nata nel 1932) e della sua famiglia: il padre Ettore, la madre Vittorina Fano e il fratello Baldo. Nel 1938, quando vengono emanate le leggi razziste, Carla ha sei anni. La sua vita e quella dei suoi familiari subiscono un cambiamento repentino: lei e il fratello sono espulsi dalle scuole pubbliche, non possono più frequentare la piscina e la palestra, non possono fare il bagno sulla spiaggia del Lido, devono consegnare la radio. Il padre perde il suo lavoro al Genio Civile e la famiglia affronta grosse difficoltà economiche. Gli amici cattolici che frequentavano la loro casa fingono di non conoscerli se li incontrano per la strada. Si crea il vuoto intorno a loro.
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JCIAK 
Saul e la strada per l'Oscar
A fare da colonna sonora è la cacofonia grigia del campo. Le porte che sbattono, la selezione degli oggetti, il metallo delle pale nelle ceneri dei morti. In primo piano, un volto d’uomo. Frugato fin nelle più remote increspature per raccontare l’estremo girone di Auschwitz, quello dei Sonderkommando. Il figlio di Saul, il film di László Nemes già vincitore del Gran Prix speciale della Giuria a Cannes e del Golden Globe, una nomination all’Oscar, restringe il campo fino all’estremo per raccontare l’esile e disperata storia dell’ebreo ungherese Saul Auslander. Addetto a spogliare i corpi destinati al crematorio, l’uomo tenta disperatamente di dare una sepoltura al corpo del ragazzo che crede suo figlio. Per oltre due ore, lo seguiamo, in lunghi piani sequenza, fra gli orrori del campo.


Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - A pugni per la vita
Ventisei anni fa ebbi la fortuna di parlare a lungo, per un’intervista, con Salamò Aroch (zl), il boxeur ebreo di Salonicco deportato ad Auschwitz e costretto a battersi, e a vincere, per restare vivo. Arrivai a casa sua, periferia sud di Tel Aviv, e conobbi l’uomo che in Israele aveva deciso di chiamarsi Shlomo. Mi raccontò la propria storia, gli oltre duecento incontri combattuti sapendo che per chi perdeva si apriva la porta della camera a gas. Lo ascoltai sentendo risuonare nella testa le parole usate da Primo Levi per definire la “zona grigia” nel libro I sommersi e i salvati, quel qualcosa “dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi, che possiede una struttura interna incredibilmente complicata e alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare”.
Non giudicai, ascoltai. Esattamente come credo vada sospeso ogni giudizio su una vicenda simile raccontata da Dario Fo in Razza di zingaro, appena pubblicato da Chiarelettere.


Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Jazz a Praga
In queste settimane ho la fortuna di seguire un progetto che mi sta molto a cuore e mi ritrovo spesso a parlare della Praga del primo Novecento, una città cosmopolita, animata da quei fermenti culturali che trovano espressione nei diversi caffé letterari come il Louvre, il Zentral, l’Arco, l’Edison e il Continental, ma anche nelle decine di osterie caratteristiche e nei locali amanti delle avanguardie, come il Montmartre, inaugurato nel 1911, un vero e proprio simbolo del melting pot boemo. È il regno di Egon Erwin Kisch, che tra gli altri meriti ha quello di portare a Praga il tango.

Maria Teresa Milano
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Time out - Antisionismo
Molti commentatori hanno sottolineato come il discorso più incisivo durante la visita di papa Francesco alla sinagoga di Roma sia stato quella della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Un aspetto è stato ripreso in maniera particolare dai giornali, cioè quando è stato detto che l’antisionismo è la forma più moderna di antisemitismo. Per alcuni non è così, ma noi su questo dovremmo fare tutti una battaglia. L’antisionismo non è il diritto di critica alle politiche d’Israele, è la negazione del diritto degli ebrei ad avere uno Stato. Questo per noi è antisemitismo. Chi nega il diritto d’Israele a esistere cerca una giustificazione al terrorismo e questo è inaccettabile. Quindi basta remore e lo si dica chiaramente: gli antisionisti sono antisemiti.

Daniel Funaro
Zie e Lettori
Al mondo ci sono più zie che lettori, il libro di Peter Bichsel, fuori catalogo in Italia – ma se cercate troverete – mi torna spesso presente. Tutte le volte che ho l’impressione di essere uno che pretende di imporre il proprio univoco punto di vista – come fanno le Zie di Bichsel – il Lettore che è in me si ribella e riafferma il diritto, il dovere, la responsabilità di respingere l’attacco, e di pensare da sé. Le Zie però, ultimamente, oltre che sempre di più, sono piuttosto confuse, e i Lettori sempre meno, ma confusi anche di più. Ricordate quella decalcomania che appariva sui lunotti delle 128, o delle Fiesta: “Non seguitemi – Mi sono perso anche io”? Ho l’impressione che sia il titolo del programma che stiamo vedendo, e interpretando, quasi tutti, oggi.

Valerio Fiandra
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Tu B'Shvat
Rav Yohanan Ben Zakkai era solito dire: “Se hai in mano un giovane albero e qualcuno viene a dirti che è venuto il Messia, pianta prima l’albero, e poi vai ad accoglierlo” (Avot Rabbi Natan 31b). Ma come è nato l’amore di Israele per gli alberi? Si racconta che ai tempi dell’imperatore Adriano imach shemò, che sia cancellato il suo nome, gli ebrei si affezionarono sempre di più alla propria terra ormai in mano romana, e alla nascita di ogni bambino iniziarono a piantare un albero (un cedro per un maschio e un’acacia se arrivava una bambina; con il tempo, i rami degli alberi piantati per i bambini sarebbero serviti per costruire la huppà). Ricorda la Mishnà che quando i romani pensarono di riparare la carrozza in panne della figlia dell’imperatore usando il cedro dedicato ad un ragazzo, gli ebrei a difesa dell’albero si scagliarono contro la scorta imperiale dando inizio alla rivolta di Bar Kohbà (Taanith 5), terza e ultima rivolta ebraica (132-135 e.c.) contro l’occupazione romana dopo quella che portò alla distruzione del Tempio nel 70 e.c., e quella scoppiata sotto il dominio di Traiano in diverse città della diaspora (115-117 e.c.).

Sara Valentina Di Palma
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