Elia Richetti,
rabbino
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Al
popolo nel deserto D.o ordina di accamparsi “ognuno presso la sua
bandiera con i segni del casato paterno”. Il Kethav Sofer nota in
queste parole una certa ridondanza: le bandiere avevano i simboli della
tribù, ossia del casato paterno, e quindi non ci sarebbe stato bisogno
di sottolinearlo. Da qui il Kethav Sofer ricava un insegnamento
aggiuntivo: ognuno deve sforzarsi di seguire la linea indicata dai suoi
predecessori, il “segno del casato paterno”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Il
vivace quartiere di bar, ristoranti, locali alla moda è affollatissimo
ed è stato rinnovato di recente. Comprende le vecchie case restaurate
del villaggio dei Templari di Sarona, e si trova sul marciapiede di
fronte al ministero della difesa e al quartier generale dell'esercito,
in teoria il luogo più difeso di tutto il paese. I due giovani
avventori sono cugini, provengono dal villaggio di Yatta a sud di
Hebron, hanno giacchetta nera e cravatta e portano delle borse,
sembrano due avvocati. Dalle borse estraggono due mitra Karl Gustav,
made in Hebron, sparano, uccidono quattro persone e ne feriscono sei
gravemente, prima di essere inseguiti. Uno viene catturato, l'altro
ferito, arrestato e subito portato all'ospedale Ichilov (lo stesso in
cui morì Yitzhak Rabin dopo l'attentato). I medici lo operano per
cercare di salvargli la vita. È appena iniziato il Ramadan, e gli
analisti avevano già spiegato il giorno prima che durante questo mese
aumentano gli atti di terrorismo, c'è più fervore religioso, maggiore
incitamento da parte dei predicatori. Una reazione pavloviana. Siamo in
Medio Oriente, a Tel Aviv.
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Il negazionismo è reato
anche in Italia
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La
Camera dei deputati ha approvato ieri sera in via definitiva, a
larghissima maggioranza, il disegno di legge sul negazionismo. La
stampa nazionale (tra gli altri, il Corriere, La Stampa, il Giornale)
riporta la notizia, richiamando le parole del presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, presente al dibattito
e alla votazione in aula, che ha sottolineato come con l’approvazione
della legge “si è compiuto l’ultimo atto di uno straordinario impegno
civico e culturale che ha visto protagoniste le massime istituzioni del
nostro paese”. “Con il via libera al dispositivo che introduce una
aggravante di pena per chiunque si renda responsabile di propaganda
all’odio e di negazionismo della Shoah, – ha sottolineato il presidente
Gattegna – l’Italia scrive una pagina storica della sua recente vicenda
parlamentare e dota il legislatore di un nuovo fondamentale strumento
nella lotta ai professionisti della menzogna tutelando al tempo stesso,
con chiarezza, principi irrinunciabili quali la libertà di opinione e
di ricerca”. “Il ringraziamento – conclude Gattegna – va in particolare
a tutti quei parlamentari che con inesauribile passione e impegno hanno
fatto sì che questo risultato potesse essere raggiunto nei modi e nei
tempi più adeguati”. La norma introduce la reclusione da 2 a 6 anni,
nei casi in cui la propaganda, l’istigazione e l’incitamento alla
discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali
o religiosi si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah
o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini
di guerra” come vengono definiti dallo Statuto della Corte penale
internazionale (Secolo XIX).
Attentato nel cuore di Tel Aviv. Quattro persone sono rimaste uccise e
almeno una decina ferite, di cui quattro in modo grave, nell’attentato
terroristico che ieri ha scosso Tel Aviv. Due terroristi palestinesi,
poi catturati e ora in custodia della polizia, hanno aperto il fuoco
sulla folla nel mercato Sarona, nel pieno centro della città, colpendo
diversi passanti. “Eravamo seduti ai tavolini fuori – ha raccontato un
giovane testimone – Abbiamo sentito la prima raffica Tutti si sono
messi a correre. Hanno continuato a sparare per almeno un minuto. Era
il panico totale. Poi ci hanno detto di entrare dentro, di metterci al
riparo. Abbiamo aspettato che mettessero in sicurezza la strada, poi
siamo usciti” (La Stampa). Le autorità israeliane hanno dichiarato che
i due terroristi provengono da una cittadina nei pressi di Hebron, in
Cisgiordania. I due, riporta Paolo Salom sul Corriere, erano cugini.
Non è invece stata confermata la notizia, riportata dai quotidiani
italiani (Repubblica, tra gli altri), che i due si fossero travestiti
da ebrei ultraortodossi per passare inosservati. In queste ore il
gruppo terroristico di Hamas ha dichiarato che i due attentatori
palestinesi sono suoi affiliati.
“L’attentato compiuto ieri sera da terroristi palestinesi a Tel Aviv
non può e non deve passare nel silenzio di un’opinione pubblica troppo
spesso distratta. – ha dichiarato in queste ore il presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna –
Rappresenta infatti un nuovo terribile attacco alla democrazia, alla
libertà, alla sicurezza, alla voglia di futuro. Valori che Israele
condivide con l’Italia e con tutto il mondo progredito e che continuano
ad essere minacciati da chi alla cultura della vita contrappone una
ideologia di violenza e di morte. Non ci possono essere mezze misure e
mezze parole nella condanna di un’azione che sconvolge per la ferocia.
Nessuno taccia”.
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dopo l'attentato a tel aviv
"Il terrorismo non ci fermerà"
“Ero
seduto al ristorante e loro si comportavano come normali clienti.
Avevano delle buste con sé e avevano ordinato da mangiare.
All'improvviso hanno tirato fuori le armi e hanno iniziato a sparare.
Non hanno urlato nulla. Hanno semplicemente estratto le armi e aperto
il fuoco”. È il racconto di uno dei manager di Max Brenner, popolare
ristorante del Sarona Market di Tel Aviv, che, parlando con i media
israeliani, ha ricostruito i primi attimi dell'attentato terroristico
che ieri sera ha colpito il cuore della città: alle 21.30 ora locale
due terroristi palestinesi, vestiti in giacca e cravatta, hanno
iniziato a sparare sulla folla, uccidendo quattro persone e ferendone
altre sedici. Ido Ben Ari, Michael Feige, Ilana Nave e Mila Mishayev i
nomi delle vittime mentre tra i feriti, sei sono ricoverati
all'ospedale Ichilov, in serie condizioni. Nello stesso ospedale è
ricoverato anche uno dei due attentatori – l'altro è stato ucciso -,
colpito mentre cercava di scappare. Le autorità hanno escluso che i due
terroristi avessero dei complici. I due erano cugini e provenivano
entrambi da Yatta, città nei pressi di Hebron, in Cisgiordania. Sul
luogo sono intervenute le forze di sicurezza israeliane, che stanno
indagando per capire le dinamiche attraverso cui i due sono riusciti ad
infiltrarsi in Israele. Intanto è stata decisa la sospensione di 83mila
permessi rilasciati ai palestinesi per entrare in Israele durante il
Ramadan, iniziato nei giorni scorsi.
“Troveremo chiunque ha collaborato a questo attacco – ha dichiarato il
Premier Benjamin Netanyahu, arrivando sul luogo dell'attentato – e
agiremo in modo fermo e intelligente per combattere il terrorismo”. Leggi
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le vittime dell'attentato a tel aviv
Ido, Ilana, Michael e Mila
le vite spezzate dal terrore
Sono
quattro le vite spezzate nell'attentato terroristico di ieri sera al
Sarona Market di Tel Aviv. Tutti cittadini israeliani: Ido Ben Ari, 42
anni, di Ramat Gan; Ilana Neve, 39 anni, di Tel Aviv; Michael Feige, 58
anni, di Midreshet Ben-Gurion; e Mila Mishayev, 32 anni, di Ashkelon.
Nell'attentato sono rimaste ferite altre sedici persone, di cui tre di
condizioni critiche.
Ben Ari si trovava a cena con la moglie e i due figli in un ristorante
del centro commerciale di Sarona, all'interno del quale vi è il più
grande mercato agroalimentare coperto in Israele, con più di novanta
negozi. Sua moglie è rimasta ferita nella sparatoria ed è stata
ricoverata all'Ichilov Medical Center, dove dopo aver subito un
intervento chirurgico è stata dichiarata in condizioni di pericolo
moderato.
La
più giovane delle vittime è la trentaduenne Mila Mishayev. Mila avrebbe
dovuto sposarsi a breve. Al momento dell'attentato stava aspettando
proprio il suo fidanzato all'interno del ristorante. Leggi
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iL negazionismo è reato - GATTEGNA
"Giornata storica per il paese"
"L'ultimo
atto di uno straordinario impegno civico e culturale che ha visto
protagoniste le massime istituzioni del nostro paese". Così il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
ha commentato il via libera definitivo al disegno di legge che
introduce il reato di negazionismo votato ieri alla Camera dei
deputati. Dopo aver presenziato ai lavori dell'aula e alla votazione,
il presidente UCEI ha inoltre affermato: "L'Italia scrive una pagina
storica della sua recente vicenda parlamentare e dota il legislatore di
un nuovo fondamentale strumento nella lotta ai professionisti della
menzogna tutelando al tempo stesso, con chiarezza, principi
irrinunciabili quali la libertà di opinione e di ricerca". Il
ringraziamento, le sue parole, "va in particolare a tutti quei
parlamentari che con inesauribile passione e impegno hanno fatto sì che
questo risultato potesse essere raggiunto nei modi e nei tempi più
adeguati".
Larga la maggioranza che ha approvato ieri il ddl, giunto in aula in
terza lettura: 237 i favorevoli, 5 i contrari, 102 gli astenuti.
Configurato come aggravante alla legge Mancino, il ddl dispone
l'applicazione della pena "da due a sei anni se la propaganda, ovvero
l'istigazione e l'incitamento commessi in modo che derivi concreto
pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione
della Shoah, o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e
dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello
Statuto della Corte penale internazionale".
In un messaggio di felicitazioni diffuso nelle scorse ore il presidente
UCEI si rivolge a quanti si sono "generosamente impegnati" per ottenere
"questo significativo risultato". Ad essere citati in particolare i
senatori Silvana Amati e Lucio Malan (primi firmatari del disegno di
legge) e i deputati Emanuele Fiano e Walter Verini.
Gattegna inoltre aggiunge: "Fra coloro che hanno più intensamente
lavorato per raggiungere questo importante obiettivo si sono distinti,
per costanza ed efficacia della loro azione: Roberto De Vita, Donatella
Di Cesare, Joseph Di Porto, Valerio Di Porto, Ruth Dureghello, Victor
Magiar, Riccardo Pacifici e Giorgio Sacerdoti. Nei loro confronti
voglio esprimere la più profonda gratitudine di tutte le comunità
ebraiche italiane e mia personale". Leggi
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IL NEGAZIONISMO È reato - SACERDOTI
"Testo opportuno e bilanciato"
"Una
norma doverosa, che era attesa da tempo dopo un lungo tergiversare tra
i due rami del Parlamento. Il testo che è stato prodotto è opportuno e
bilanciato”.
Così il Consigliere UCEI Giorgio Sacerdoti, giurista e tra i
protagonisti del lavoro di approfondimento e sensibilizzazione che ha
portato a recepire il disegno di legge.
In particolare Sacerdoti ha messo al servizio conoscenze giuridiche e
un’intensa opera di mediazione condotta, in piena sintonia con la
presidenza dell’Unione, con parlamentari e alti rappresentanti
istituzionali. Tra gli altri il presidente del Senato Pietro Grasso,
incontrato a Milano pochi giorni prima che, in maggio, il ddl fosse
approvato dall’aula di Palazzo Madama nella versione discussa ieri alla
Camera. “La legge sul negazionismo tutela la nostra società” ha inoltre
spiegato in un articolato editoriale pubblicato nelle scorse settimane
dal Corriere della sera.
“Con anni di ritardo, dopo palleggiamenti vari di testi non coincidenti
tra Senato e Camera – rifletteva allora – è stato messo a punto un
testo che, se non il migliore del mondo, finalmente allinea il nostro
diritto a quello degli altri Paesi europei, inserendo un’aggravante
specifica nella esistente legge contro il razzismo del 1975, poi
completata nel 1993. Si tratta dunque di una norma contro una forma
particolarmente subdola di espressione e incitamento al razzismo, non
di un nuovo reato tale da limitare la libertà di opinione e il
dibattito storico”.
“Tutti gli interlocutori con cui mi sono confrontato hanno colto
l’importanza di questa sfida, condividendo con l’Unione l’urgenza di un
voto definitivo” conclude Sacerdoti. Leggi
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ucei - verso le elezioni
Milano, la parola ai candidati
Entra
nel vivo la competizione per il prossimo Consiglio dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, che sarà eletto in occasione del voto
convocato per domenica 19 giugno.
Numerose le pagine di approfondimento sul numero di giugno di Pagine Ebraiche in distribuzione.
Tre le formazioni in
lizza a Milano, dove saranno eletti 10 dei 52 Consiglieri del nuovo
esecutivo. In ordine di presentazione di lista Comunità aperta,
Wellcommunity per Israele, e Milano X l’Unione – L’Unione X Milano.
“Chiediamo ascolto dai rabbini”
"Apertura
a tutti gli ebrei, al dialogo e al rispetto di tutte le opinioni, alla
convivenza in ‘mamma comunità senza l’imposizione di un pensiero unico,
alla società in cui viviamo condividendo i valori della nostra
cultura”. Cobi Benatoff, leader della lista Comunità aperta, descrive
la battaglia che intende portare avanti in Consiglio. Una battaglia,
sottolinea, “che è vitale per il futuro dell’ebraismo italiano”. “I
figli di padre ebreo, riconosciuti come Semi di Israele o Zera Israel,
che frequentano la scuola ebraica, dovrebbero fare il Bar o Bat Mitzva
insieme ai loro compagni. Il processo di conversione deve essere chiaro
e trasparente sulla durata, sugli adempimenti e sui costi e sopratutto
– dice Benatoff – su come si evitano traumi inutili su bambini così
vulnerabili a paure e sofferenze”.
“Ridefiniamo i criteri distributivi”
Come lista diamo un giudizio complessivamente positivo dell’operato dell’Unione in questi quattro anni.
“Ma allo stesso tempo, crediamo che l’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane non dia attualmente una rappresentazione corretta delle varie
anime dell’ebraismo italiano.
“Crediamo che gli organi di autogoverno non stiano funzionando in modo
ottimale. Crediamo che la redistribuzione alle Comunità ebraiche del
gettito proveniente dall’Otto per mille non sia realmente efficiente.
Questi sono i motivi per votarci il 19 giugno”. Così si esprime
Raffaele Besso, copresidente assieme a Milo Hasbani della Comunità
ebraica di Milano e capolista della formazione Wellcommunity per
Israele.
Secondo Besso, i tre aggettivi che definiscono la lista al meglio sono “equilibrata”, “propositiva” ed “etica”.
“Rendiamo più autonomi i giovani”
Serve
una partecipazione significativa al voto, così che possano essere
espresse al meglio le idee degli ebrei in Italia. Il voto è essenziale
per tutti gli iscritti: per chi ha a cuore il futuro ebraico delle
nostre Comunità ma anche per chi si sente estraneo, lontano o respinto
da esse. È un dovere, ma soprattutto un diritto: è l’opportunità di
esprimere le proprie opinioni su programmi precisi e diversi. Leggeteli
e confrontateli”. È l’invito che lancia Milo Hasbani, copresidente
della Comunità ebraica di Milano e capolista del gruppo Milano X
l’Unione – L’Unione X Milano.
“Le nostre idee sono dedicate in particolare a tre settori: giovani,
scuola e sicurezza” spiega Hasbani. “Sui giovani, l’idea è di
coinvolgerli maggiormente nel Consiglio UCEI e contemporaneamente di
renderli maggiormente autonomi con un rilevante sostegno economico”. Leggi
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jciak
Il summit dello shampoo
Prendete
un pugno di donne e un salone di bellezza. Mettete a fuoco l’obiettivo
e state tranquilli, saranno risate, lacrime ed emozioni a non finire.
La formula non è nuova. Pensate a Caramel (2007), per esempio,
delizioso debutto della libanese Nadine Labaki, che in una Beirut
devastata dalla guerra intreccia le storie di cinque donne attorno al
rito mediorientale della depilazione con acqua, limone e zucchero.
Questa volta a provarci, virando però sul documentario, è l’israeliana Iris Zaki che in Women in Sink
racconta il rapporto tra israeliani e palestinesi nelle parole delle
donne, ebree e arabe, che a Haifa si fanno i capelli da Fifì, la cui
titolare è una vispa signora arabo cristiana. Il documentario, già
premiato in numerosi festival tra cui Visions du Reel e Karlovy Vary, è
stato da poco inserito dal New York Times fra i suoi prestigiosi
Op-Docs rendendolo quindi visibile on line.
Daniela Gross
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Setirot - Però |
Fateci
caso: quante volte avete sentito dire, in particolare in questi giorni
carichi di tensione politico-elettorale, “non ho nulla contro gli
ebrei, anzi ho molti amici ebrei…”, dove quella sospensione nel tono
della voce la dice lunga; “lo Stato d’Israele ha tutti i diritti di
esistere, ma…”; “non tutti i musulmani sono terroristi, però…”; “i
migranti?, certo che non si può lasciarli morire in mare, tuttavia…”;
“gli omosessuali?, i rom?, guai a chi istiga all’odio nei loro
confronti, nondimeno…”.
A me capita di sentirlo ripetere spesso. E ogni volta mi viene in mente
quanto ci ha insegnato il Maestro con cui studio. Lui si riferisce alla
missione degli esploratori in Eretz Israel, o meglio alla loro colpa,
ovvero l’aver aggiunto alla fine della relazione assolutamente positiva
un però.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Shoshana Damari |
È
in piena attività la 55esima edizione dell’Israel Music Festival che si
tiene a Gerusalemme e dintorni. Il programma è molto interessante e
spazia tra i generi e le epoche. Si è aperto il 24 maggio con un
omaggio a Shoshana Damari, icona della musica israeliana, la voce che
allietava le truppe negli anni ’40 e che faceva sentire a casa gli
yemeniti giunti in massa in Eretz Israel con l’operazione Tappeto
Volante. A ricordare quella donna affascinante dal marcato accento
sefardita, una donna tenace che a 81 anni, nel 2005, ha collaborato con
il giovane Idan Raichel, sono saliti sul palco diversi artisti,
espressioni attuali dell’ambiente sonoro mizrachi tra cui Miri Mesika,
cresciuta alla Rimon School di Tel Aviv, Shai Zabari e Ravid Kahalani,
il re del yemenite blues.
Maria Teresa Milano
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Time Out - Il nostro formaggio
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Spiega
in una derasha rav Sternbuch che la ragione per cui mangiamo cibi a
base di latte durante la festa di Shavuot è dovuta al fatto che il
popolo ebraico, a differenza di altri popoli, meritò di ricevere la
Torah. Da dove lo comprendiamo? Da queste parole che troviamo nella
parashah di Bemidbar: “lemishpechotam al bet avoam”. Cioè, secondo gli
usi della propria famiglia e della casa dei padri.
Daniel Funaro
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Letture omeopatiche
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Le
elezioni mi fanno male. Non è una maledizione divina: è da qualche anno
che ho questa malattia ciclica, una specie di allergia da pollini, che
torna a manifestarsi ogni volta che i cittadini italiani come me
vengono chiamati alle urne. Cioè sempre, da quando chi fa politica e
chi ne scrive hanno capito che vincere o perdere alle elezioni è
comunque meglio (per loro) che governare o educare. Ma cosa c’entra
questa (solo mia?) condizione con i libri, con la letteratura e gli
dei? Aspettate poche righe e avrete la medicina che – come sempre – è
più una questione di esercizio che di principio attivo.
Valerio Fiandra
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Sogno |
La
notte, complice il caldo, sogno. (Sì lo so che per la gran parte del
popolo italiano sembra autunno più che primavera incipiente, ma vuoi i
chili di troppo, vuoi l’impaccio corporeo, mi sento libera di sostenere
che è già molto, troppo caldo). Sono sogni pesanti e gravi, caotici e
confusi, di lotta e resistenza, in cui però sia pur con grande sforzo
alla fine il bene trionfa, o quantomeno riesce a fermare il male.
Questi sogni, soprattutto se si insinuano nel sonno dell’albeggio,
restano al mio risveglio impigliati nelle ciglia e lasciano a pensare.
Interpretarli razionalizzandoli? Ho più banalmente mangiato troppo la
sera prima, o troppo a ridosso del pasto mi sono coricata? Chissà.
Sara Valentina Di Palma
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