JCiak – Il summit dello shampoo

Schermata 2016-06-09 alle 12.08.01Prendete un pugno di donne e un salone di bellezza. Mettete a fuoco l’obiettivo e state tranquilli, saranno risate, lacrime ed emozioni a non finire. La formula non è nuova. Pensate a Caramel (2007), per esempio, delizioso debutto della libanese Nadine Labaki, che in una Beirut devastata dalla guerra intreccia le storie di cinque donne attorno al rito mediorientale della depilazione con acqua, limone e zucchero.
Questa volta a provarci, virando però sul documentario, è l’israeliana Iris Zaki che in Women in Sink
racconta il rapporto tra israeliani e palestinesi nelle parole delle donne, ebree e arabe, che a Haifa si fanno i capelli da Fifì, la cui titolare è una vispa signora arabo cristiana. Il documentario, già premiato in numerosi festival tra cui Visions du Reel e Karlovy Vary, è stato da poco inserito dal New York Times fra i suoi prestigiosi Op-Docs rendendolo quindi visibile on line.
“La mia città natale, Haifa, è molto orgogliosa del suo retaggio di pacifica coesistenza fra ebrei e arabi”, spiega Iris Zaki, filmaker 37enne che vive a Londra. “Credo però vi siano più divisioni di quel che sembra. Per esempio, in quanto ebrea non ricordo di aver mai chiacchierato, crescendo, con i miei vicini arabi. Sapevo però che vi sono spazi, in questa città, dove i due gruppi si incontrano nei semplici rituali della vita quotidiana. Ho deciso dunque di provare a trovarli”.
La scelta cade ben presto su Fifì, salone amato sia dalle donne ebree sia da quelle arabe. Dal parrucchiere chiacchiere e confidenze scorrono facili, soprattutto se il tuo interlocutore ti lava i capelli, li spalma di creme o ti massaggia la testa. Per accedere a questa sfera d’intimità, la regista si mette in gioco in prima persona e inizia a lavorare come shampista.
Tra un incerto e l’altro – l’acqua troppo fredda o il massaggio troppo blando – il dialogo fiorisce e le donne raccontano: come sono cresciute con la paura dell’altro (ebreo o arabo, a seconda dei casi), come hanno pagato un prezzo spesso altissimo per il conflitto. Discutono di razzismo e di religione, di accettazione e rispetto. E sono tutte lì, insieme. Conclude Nawal, la titolare, “Questo è ciò che si chiama convivenza, Questa è la vita vera: se le donne governassero la politica, vivremmo in pace”.
Iris Zaki utilizza nel salone di parrucchiere il medesimo approccio usato nel suo primo lavoro, My Kosher Shifts (2011), girato in un piccolo hotel ortodosso a Golders Grenn a Londra, dove lavorava come receptionist. Ma la spinta drammatica dell’attualità imprime a questa seconda prova un sapore diverso. Nonostante tutto le donne di Women in Sink continuano a sperare, perché non è possibile fare altrimenti.

Il documentario è visibile, in una versione abbreviata di sette minuti, sul sito del New York Times:

Daniela Gross

(9 giugno 2016)