
Elia Richetti,
rabbino
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Ha-Kadòsh
Barùkh Hu ammonisce che se il popolo ebraico si allontanerà dalla Torà
Egli nasconderà il Suo volto, ossia non terrà più un occhio di riguardo
su Israel: “We-Anokhì hastèr astìr panày”.
Dalla ripetizione del verbo, il Bà’al Shem Tov osservava che perfino
nei momenti nei quali il nascondimento è maggiore e più profondo
risalta l’”Anokhì”, l’Io, la presenza divina. Questa è una promessa di
Ha-Kadòsh Barùkh Hu: Egli sarà con noi anche nel nascondimento più
denso ed oscuro.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Nel
mio primo post apparso su questa pagina il 2.10.2009 scrivevo: “Alla
vigilia dell’anno ebraico 5769, Israele contava 7,3 milioni di abitanti
– meno di Svezia, Austria, Svizzera, Bulgaria, Serbia, più di
Danimarca, Slovacchia, Finlandia, Norvegia, Irlanda, Croazia. Un paese
europeo, non fra i maggiori, ma nemmeno tanto piccolo”. Otto anni dopo,
all’inizio dell’anno 5777, Israele ha 8,5 milioni di abitanti, ha
superato la Serbia (che ha perduto il Kosovo), la Bulgaria, la
Svizzera, si è appaiata all’Austria, e in Europa vede ora davanti a sé
la Bielorussia (9,5 milioni, ma in veloce diminuzione), la Svezia (9,8,
in crescita), l’Ungheria (9,9, in forte calo), il Portogallo (10,4, in
calo), la Repubblica Ceca (10,5, in calo), la Grecia (10,9, in calo)…
Fra una decina d’anni, Israele potrebbe contare una delle 15 maggiori
popolazioni su oltre 50 paesi europei (ammesso che lo Stato ebraico
voglia ritenersi parte dell’Europa o comunque un suo affine). Questo è
per dire come la demografia sia una forza che cambia radicalmente i
rapporti numerici fra le nazioni, e sebbene in misura minore anche i
loro rapporti di forza. Ma è anche per dire che Israele non può più
cullarsi nell’illusione di essere un piccolo stato giovane e bisognoso
di aiuti dall’esterno. È giunto il momento di affermare più
esplicitamente la propria autonomia e l’auto-gestione del paese, di
assumersi tutta la responsabilità delle cruciali decisioni politiche ed
economiche che non possoino essere rimandate sine die, e di offrire
maggiore e più significativa assistenza alle comunità ebraiche
attraverso il mondo nella misura in cui queste la richiedano. Shanah
Tovah veHatimah Tovah.
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"Uniti contro l'odio"
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Cordiale
e costruttivo incontro, ieri a Palazzo Montecitorio, tra la presidente
della Camera Laura Boldrini e il presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Al centro dell’incontro la necessità
di rispondere alle molteplici forme di intolleranza, tra cui
l’antisemitismo, che segnano spesso il dibattito pubblico, in
particolare nei social media.
“La vostra comunità è parte integrante del Paese – ha detto Boldrini –
e va coinvolta nella discussione sui temi che sono centrali nella
discussione della società italiana”. Dopo aver ricordato la recente
approvazione della legge sul negazionismo, la presidente della Camera
ha sottolineato l’importanza della Commissione istituita nel maggio
scorso a Montecitorio sul razzismo, la xenofobia e l’odio e dedicata
alla memoria della deputata britannica Jo Cox: “Tutti – ha detto –
siamo chiamati ad essere parte attiva nel prevenire e contrastare
questi fenomeni”.
“Proprio mentre il Paese riflette sulla modifica della Costituzione –
ha detto la presidente Di Segni – dobbiamo tornare a ragionare su come
si possano difendere i valori che ne sono alla base: la dignità e il
rispetto degli esseri umani. Bisogna evitare che gli strumenti della
democrazia siano sfruttati dai suoi avversari per colpire i nostri
valori.”
Nel colloquio si è anche parlato delle iniziative in cantiere per il prossimo Giorno della Memoria.
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LA LEGIONE D'ONORE AL GRANDE STILISTA "Israele, un paese alla moda"
La Francia si inchina a Elbaz
"Eccomi,
vi invito a un evento nella settimana della moda parigina senza nemmeno
un vestito. Era difficile, ma non lo trovate originale?”. Con il suo
consueto sorriso, la sua sottile vena ironica, il suo sguardo sereno
dietro agli occhialoni neri, lo stilista israelo-marocchino Alber Elbaz
ha accolto il pubblico presente al conferimento della Légion d’honneur,
la massima onoreficenza della Repubblica francese, che lo ha premiato
per la sua carriera nella moda e il suo generale contributo alla
cultura del paese. A consegnare la medaglia è stata il ministro della
Cultura e della Comunicazione Audrey Azoulay, un gesto da lei
particolarmente sentito in quanto con Elbaz condivide l’origine ebraica
marocchina. Azoulay ha ricordato la lunga carriera dello stilista,
evocando gli studi e gli esordi a Tel Aviv, il periodo passato a New
York con Geoffrey Beene, il suo arrivo a Parigi con Guy Laroche e Yves
Saint Laurent, e poi i lunghi quattordici anni a Lanvin, di cui seppe
attuare un rilancio straordinario. Un rapporto conclusosi tristemente
un anno fa, a causa di alcuni dissapori con la proprietaria della
maison Shaw-Lan Wang. “Molte storie d’amore finiscono in tragedia, e
questa è la storia di Lanvin”, ha osservato Azoulay. “La Francia però
ti è fedele – ha aggiunto, rivolta a Elbaz – ti aspetta”. Leggi
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Jciak Shoah, la verità negata
"Offro
mille dollari a chi mi porta un solo documento che prova l’Olocausto”.
È l’offerta, sprezzante e oscena, che il negazionista David Irving
sputa in faccia alla storica Deborah Lipstadt in un’aula affollata di
studenti. È il 1994. Siamo in Georgia, all’Emory University di Atlanta,
uno degli atenei più vecchi e prestigiosi d’America, dove s’innesca la
scintilla di uno scontro che opporrà, davanti alla giustizia inglese,
le ragioni della storia ai deliri di chi nega la Shoah.
La battaglia legale, una delle più scottanti di questo squarcio di
secolo, raggiunge ora il grande pubblico grazie a Denial, diretto da
Mick Jackson, con Rachel Weisz nella parte di Deborah Lipstadt, Timothy
Spall in quella di David Irving e il sempre ottimo Tom Wilkinson nei
panni dell’avvocato Richard Rampart, a capo della difesa della storica.
Da poco nelle sale americane, il film sarà in Italia a metà novembre.
Daniela Gross Leggi
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Setirot
- Assuefazione
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Evviva,
evviva, il referendum contro i migranti in Ungheria è fallito. Alle
urne l’affluenza è stata del 43,42% e così il plebiscito cercato da
Viktor Orban contro l’Europa non è passato. Ma “evviva, evviva” che
cosa? Già semplicemente l’idea in sé del no ai migranti è ripugnante, e
comunque di quella metà di ungheresi che è andata a votare il 98% ha
detto che per gli odierni reietti della terra lì non ci deve essere
posto. Si dirà: nulla di nuovo, è così ogni giorno di più, dappertutto.
Ma a forza di “abituarsi” si rischia grosso. Si rischia, per esempio,
di non dare alcun peso alla denuncia fatta, pochi giorni prima del voto
proprio contro l’Ungheria, dal Comitato consultivo sulla convenzione
quadro per la protezione delle minoranze nazionali – un organismo del
Consiglio d’Europa. Secondo l’allarmante rapporto, i Rom ungheresi sono
vittime “di una discriminazione sistematica” in ogni settore della vita
del Paese: dagli alloggi all’accesso al lavoro, dai servizi sanitari
alla scuola dove aumenta vertiginosamente la segregazione degli alunni
di questa etnia. In aumento anche gli attacchi fisici e la propaganda
di odio. Non è abbastanza? Vogliamo davvero essere complici di tutto
questo?
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - La radio
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Ci
sono canzoni che durano un’estate, altre invece che per svariati motivi
accompagnano più generazioni. Quest’anno spegne quaranta candeline uno
dei brani più conosciuti di Eugenio Finardi: La radio, inclusa
nell’album Sugo del 1976 e ripresa dal cantautore nei decenni
successivi, con diversi arrangiamenti. È bella l’idea della versione in
stile gruppo vocale del 1990 anche se realizzata con suoni midi, ma è
assai più interessante l’originale, in stile country, in cui accanto a
Eugenio Finardi troviamo alcuni grandi personaggi del panorama italiano
di quegli anni: Ares Tavolazzi, Patrizio Fariselli, Paolo Tofani, Hugh
Bullen e Walter Calloni, che emergono grazie alla casa discografica
Cramps e ai concerti con gli Area; Lucio Fabbri, violinista,
arrangiatore, direttore d’orchestra e polistrumentista, una delle
figure chiave nella storia della musica leggera italiana.
Maria Teresa Milano
Leggi
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Time out - Ipocrisie galleggianti |
Ci
mancava solo la nave delle donne verso Gaza, modello Flottilla, a
ricordarci l’ipocrisia di certe posizioni politiche. Nel farlo si
finisce quasi per essere ripetitivi e noiosi, ma perché non parte per
la Siria? Quasi trecentomila morti in pochi anni non valgono abbastanza
quanto l’amicizia e la riconoscenza di Hamas e compagni? Evidentemente
no, ma noi lo sapevamo già.
Daniel Funaro
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Ridere dalle lacrime |
"Laughters
From Tears” (“Risate Dalle Lacrime”). Così si sarebbe dovuto intitolare
un Festival che avevo ideato con Annamaria Percavassi e Cristina Sain,
anni fa a Trieste: una serie di film e concerti, incontri e un convegno
internazionale dedicati alla grande tradizione letteraria, teatrale,
cinematografica e musicale del mondo Yiddish. Non se ne fece nulla,
come troppo spesso capita a Trieste. Ma quel titolo mi è tornato di
colpo in mente mentre chiudevo la copertina di È solo un cane (dicono), il libro scritto da Marina Morpurgo da oggi in libreria per le Edizioni Astoria.
Valerio Fiandra
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Shimon Peres
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Il
bello di un trasloco, se c’è un bello nel fare e disfare scatoloni, è
ritrovare ciò che giaceva dimenticato e tornando alla luce riporta con
sé un pezzetto del passato. Come la fotocopia di quel tema in classe di
seconda liceo, nel maggio del 1995, pochi mesi prima dell’assassinio di
Yitzhak Rabin z.l.
Sara Valentina Di Palma
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Diario di un soldato - Crescita
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Su
Facebook circola un filmato: decine di soldati sorridenti augurano al
popolo di Israele un anno dolce come il miele. Ognuno lo fa nella
propria lingua, con il proprio accento e il proprio vissuto.
Rava, uno dei Maestri più illuminati ed illuminanti della storia del
nostro popolo, soleva dire: “Havruta o mituta, l’amicizia o la morte”.
Ovvero, la solitudine è peggiore della morte, una vita senza amici è
una vita che non vale la pena di essere vissuta.
Che possa dunque essere per noi questo un anno di grandi amicizie, un
anno di solo amore. Un anno di pace e di armonia. Un anno di crescita.
Ce lo meritiamo.
David Zebuloni
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