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25 Novembre 2016 - 24 Cheshvan 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Leggendo la parashà di questa settimana, veniamo accompagnati dal dolore per la morte di Sarah alla decisione di Abramo di mandare Eliezer a cercare una moglie per Isacco.
Il dolore apre i versetti di questa porzione biblica settimanale, il dolore li caratterizza, li definisce con forza e con forza viene superato per la ricerca e la costruzione di una nuova famiglia, quella di Isacco, il futuro. Il dolore per la morte di Sarah è profondo, drammatico eppure Abramo deve superarlo, sceglie di superarlo e di concentrarsi sul “dopo”. Perché esiste un “dopo”, per ogni dolore, per quanto terribile, per quanto lancinante, per quanto il dolore possa aver gelato ogni nostro pensiero, sentimento, azione.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
È fin troppo facile citare la poesia di Mordechai Gebirtig “Undzer shtetl brennt”, la nostra città brucia (1936). In Israele la eseguono in varie versioni, associando il ricordo dei pogrom con la Shoah. Ma il fuoco ha valore evocativo forte, e non è un mezzo neutro se si intende minacciare gli ebrei. Dai roghi del Talmud a quelli dei bruciati dall’Inquisizione, per passare alle sinagoghe incenerite in Moldavia o in Germania nella Kristallnacht o a Padova nel 1943, fino a giungere ai forni dei campi di sterminio, il fuoco ha un solo significato: provare a cancellare una civiltà. La storia insegna che, per quanto doloroso e difficile da combattere, il fuoco non serve, non è uno strumento utile politicamente e alla lunga sortisce l’effetto contrario. Se qualcuno, come sembra, ha voluto approfittare del vento caldo e della siccità per usare questa nuova arma come strumento di terrore, sappia che la strada non è quella giusta.
 
Francia, torna il terrore
Torna il terrore in Francia, dove nella notte un uomo armato è entrato in una casa di cura per religiosi uccidendo la custode e tenendo prigionieri per alcune ore gli ospiti dell’istituto. “Una vita da missionari in Africa – scrive l’Ansa – poi una sera 60 monaci e suore si trovano di fronte all’incontrollabile furia di un uomo armato, incappucciato. Generalità e movente ignoti, l’individuo, armato di un fucile a canne mozze e di un coltello ha prima legato e imbavagliato, poi ucciso con diverse coltellate la custode che gli aveva aperto la porta. In nottata, monaci in salvo, killer in fuga”.
“Ogni incendio doloso è un atto di terrorismo e così sarà considerato. Ci sono incendi per negligenza e altri appiccati. Questi ultimi stanno crescendo. Fronteggiamo un terrorismo dei piromani. Chi cerca di bruciare la terra di Israele sarà punito con la massima durezza”. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nelle ore in cui il paese affronta l’emergenza roghi che ha portato allo sfollamento di decine di migliaia di cittadini (in particolare ad Haifa).
“I fronti aperti – si legge su La Stampa – sono talmente numerosi che i pompieri non possono intervenire ovunque”. In manette alcuni giovani palestinesi, accusati di aver appiccato il fuoco. Significativa la solidarietà concreta portata da alcuni paesi tra cui l’Italia, che a sua volta fronteggia in queste ore una complessa situazione ambientale nel Nord del paese. Italia, Turchia, Cipro, Grecia, Croazia hanno inviato tredici mezzi aerei. Da Roma sono giunti due Canadair. Altri mezzi-antincendio sono in arrivo dalla Russia, promessi dal presidente Vladimir Putin in persona. Dichiara l’ambasciatore israeliano Ofer Sachs: “Desidero cogliere questa occasione per esprimere la mia profonda gratitudine alle autorità italiane per la preziosa collaborazione, in particolare il Ministero degli Interni, la Protezione Civile e l’Ufficio della Presidenza del Consiglio, che hanno profuso sforzi notevoli per venire in aiuto di Israele. Israele non dà per scontati tali sforzi, che sono un’ulteriore testimonianza della salda amicizia che lega Israele e l’Italia”.
 
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  davar
Forte mobilitazione anche in italia
Israele lotta contro gli incendi

"I responsabili dei terroristi"
IContinua in Israele la lotta contro gli incendi che da quattro giorni divampano in diverse zone del Paese. A Haifa, una delle aree più colpite, la maggior parte dei circa 70mila abitanti evacuati sono stati fatti rientrare nelle rispettive case e la situazione appare sotto controllo. Secondo i vigili del fuoco almeno 700 case sarebbero state gravemente danneggiate e intanto l’impegno a controllare le fiamme, sviluppatesi anche a causa del forte vento e dell’assenza di pioggia, prosegue in altre aree d’Israele, tra cui la zona di Gerusalemme. Le autorità – tra cui il ministro degli Interni Gilad Erdan – hanno fatto sapere che circa la metà degli incendi è di natura dolosa e il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha definito i responsabili “terroristi”. “Ogni incendio deliberatamente causato è terrorismo e noi lo tratteremo come tale”, ha sottolineato Netanyahu, aggiungendo che “tutti coloro che tentano di bruciare lo Stato di Israele saranno puniti duramente”. Almeno dodici persone sono state arrestate perché ritenute legate a quello che alcuni media definiscono “l’intifada di fuoco”. Le indagini stanno andando avanti per capire chi sono i responsabili: la polizia parla di “movente nazionalistico” mentre Erdan ha sottolineato che al momento le forze sono soprattutto concentrate a spegnere gli incendi che hanno coinvolto la zona di Haifa e il Golan e il centro del Paese.
Tanti i paesi che hanno offerto il loro aiuto a Gerusalemme per fronteggiare la difficile situazione. Tra questi l’Italia, con l’invio di una squadra della protezione civile e dei vigili del fuoco.“Desidero cogliere questa occasione per esprimere la mia profonda gratitudine alle autorità italiane per la preziosa collaborazione, in particolare il Ministero degli Interni, la Protezione Civile e l’Ufficio della Presidenza del Consiglio, che hanno profuso sforzi notevoli per venire in aiuto di Israele. – ha dichiarato l’ambasciatore israeliano in Italia Ofer Sachs – Israele non dà per scontati tali sforzi, che sono un’ulteriore testimonianza della salda amicizia che lega Israele e l’Italia”.
Tante anche le organizzazioni che si stanno mobilitando in queste ore per sostenere le popolazioni e le zone colpite, tra cui il Keren Kayemet LeIsrael, il Keren Hayesod e il Maghed David Adom. I rami italiani delle due organizzazioni hanno lanciato un appello per una raccolta fondi per far fronte all’emergenza.

Daniel Reichel

melamed - la nostra segnalazione 
Quel ricco e avaro Giosuè

Sembra il 1938, è il 2016
Ci sono due fratelli. Il più piccolo è povero, praticamente un indigente. Il maggiore invece è molto ricco. E oltre ad essere ricco è terribilmente avaro e mal disposto ad aiutare il fratello. In testa porta la kippah, il copricapo ebraico. Di nome fa Giosuè. Il fratello povero invece porta l'italico nome di Biagio.
Sembra l'incipit di una favola per bambini nell'Italia dei tempi più bui, nell'Italia in cui si cavalcava l'onda del pregiudizio e senza opposizioni si approvavano le leggi razziste che nel 1938 esclusero gli ebrei dalla scuola, dal lavoro, dalla società e fecero da preludio al genocidio.
E invece siamo nel 2016. Lo denuncia un servizio firmato da Ada Treves che appare stamane nel notiziario settimanale Sheva Melamed dedicato ai temi della Scuola e dell'educazione e realizzato dalla redazione giornalistica dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Si tratta di un libro per l'infanzia fresco di stampa pubblicato da Gaia Edizioni, con titolo "Mio" e sottotitolo "Il mio viaggio nel mondo delle parole". Un progetto che, scrive la casa editrice nella presentazione, "offre un percorso di apprendimento e di crescita, stimolante e graduale, capace di coinvolgere ciascun alunno e di rispondere ai suoi bisogni educativi, rispettandone tempi e ritmi".


Adam Smulevich

intitolato il dipartimento di matematica
Tullio Levi Civita, Padova

si inchina al grande studioso
Sala gremita, l’abbraccio di tutta una città, i messaggi di felicitazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del premier Matteo Renzi. Quella odierna è stata una giornata straordinaria per Padova e per la sua Università, il cui dipartimento di Matematica è stato intitolato al grande scienziato ebreo Tullio Levi Civita.
Nato a Padova nel 1873, morto a Roma nel 1941, Levi Civita fu uno dei più grandi studiosi del Novecento. Amico personale di Albert Einstein, che gli riconobbe il merito di alcune osservazioni sulla Teoria della Relatività che si rivelarono decisive per la sua definitiva formulazione. Ma anche vittima al pari di tanti suoi colleghi delle infami Leggi Razziste promulgate dal fascismo, che lo allontanarono dalla docenza e lo portarono nel giro di pochi anni, con la salute ormai compromessa, alla morte.
Apertasi con il saluto del rettore Rosario Rizzato, la giornata è proseguita con gli interventi del direttore del dipartimento di Matematica Marco Ferrante; del presidente della Comunità ebraica padovana Davide Romanin Jacur; del nipote dello scienziato, Tullio Ceccherini-Silberstein; del direttore della Padova University Press, Luca Illetterati. A seguire tre conferenze, una di carattere storico generale, una di Storia della Matematica, e una terza di impronta matematico-divulgativa. Presente alla cerimonia anche il rabbino capo Adolfo Locci. Ha osservato nel suo intervento il presidente Jacur: “Se la odierna cerimonia di intitolazione del Dipartimento di Matematica è un dovuto riconoscimento assolutamente personale agli studi elevatissimi del Professor Levi Civita, altri eventi sono stati sicuramente voluti con carattere risarcitorio. Ma, specialmente in quest’ambito di eccellenza, dobbiamo continuare con convinzione a ricordare quel motto di ‘Patavina Libertas’ ed augurarci che mai più ci si vorrà piegare ai conformismi di un antisemitismo, purtroppo sempre latente e pronto a ripresentarsi, e che già oggi purtroppo si ripresenta, magari con temi diversi, anche nelle Università Europee o nelle organizzazioni che dovrebbero promuovere la Cultura”.


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due giorni di incontri nella capitale 
Italia-Israele, le associazioni

riunite in Congresso a Roma
“Il mondo dell’associazionismo è in crisi, nel nostro come in molti altri settori. Vogliamo superarlo con un’azione incisiva e diversificata, allacciando rapporti sempre più stretti sul territorio con istituzioni, enti e cultura. E inoltre lavorando intensamente sulla comunicazione, con i giovani e per i giovani, favorendo l’incontro tra i due paesi in molteplici modi. Anche coinvolgendo il mondo dello sport, un volano formidabile. Il nostro in sintesi sarà un Congresso di ri-fondazione”. Così Maurizio Borra, presidente delle Federazione Associazioni Italia-Israele presenta il Congresso in programma nel fine settimana a Roma.


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qui roma - l'incontro
Grandi rabbini del Novecento,

l'esempio dei Maestri milanesi
Alessandro Da Fano. Gustavo Bonaventura Castelbolognesi. Ermanno Friedenthal. Tre grandi figure rabbiniche che hanno operato a Milano, lasciando un segno in tutta la Comunità. Il primo, rabbino capo per 43 anni (dal 1892 al 1935). Il secondo, rabbino capo negli anni più bui (dal 1935 al 1943). Il terzo, rabbino capo dalla Liberazione fino al 1970.
Saranno loro i protagonisti del nuovo appuntamento del ciclo di incontri “Rabbini del Novecento” curato da Raffaella Di Castro e rav Gianfranco Di Segni.
L’iniziativa si svolgerà domenica prossima al Centro Bibliografico UCEI, a partire dalle 17.45. Dopo i saluti del rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib e del suo omologo romano rav Riccardo Di Segni, prenderanno la parola Gisele Levy, Daniele Nissim, rav Elia Richetti e rav David Sciunnach, moderati da rav Gianfranco Di Segni.


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qui ferrara - spotlight 
'Giardino dei Finzi Contini,

ecco come diventai Giorgio'
Come riconosce lui stesso, la sua vita, quella che presto assumerà le vesti di un libro autobiografico, per molti aspetti supera la finzione dei tanti film che ha interpretato, dei testi che ha portato in scena a teatro, delle storie in cui si è calato. E parte di quell’esistenza così ricca e vivace, Lino Capolicchio la racconta a “Pagine Ebraiche”, che ha incontrato l’attore a Ferrara, a Casa dell’Ariosto, dove era impegnato nella lettura di un brano de “Il Giardino dei Finzi-Contini” e di due poesie di Bassani – “Le leggi razziali” e “Rolls Royce” –, per un’iniziativa promossa dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS e dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, nella cornice delle celebrazioni per il centenario della nascita dello scrittore.

(Lino Capolicchio con Dominique Sanda sul set de Il Giardino dei Finzi Contini e con il direttore del Meis Simonetta Della Seta e la professoressa Anna Quarsi dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara)

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QUI MILANO - L'INCONTRO
Da Trump alla Russia di Putin,

i libri e i film per comprendere
Libri e film per raccontare la Russia di Putin e gli Stati Uniti che hanno portato all’elezione di Trump. Un doppio filone al centro dell’incontro di ieri sera a Milano in cui si sono confrontati Barbara Ronchetti, docente di Letteratura russa alla Sapienza, e Daniele Fiorentino, docente di Storia degli Stati Uniti all’Università Roma Tre. Ospiti di una gremita sala dello Spazio Myriam Volterra, Ronchetti e Fiorentino hanno ringraziato Giorgio Secchi e Gloria Arbib (segretario generale dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) per aver organizzato l’incontro. Nato, ha spiegato Secchi, un po’ per caso ma profondamente attuale. Putin e Trump sono infatti i volti delle potenze mondiali che nei prossimi anni segneranno gli equilibri internazionali.


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SERGIO DELLA PERGOLA alla presidenza 
Ebrei italiani in Israele,

eletto il nuovo Consiglio
La Hevrat Yehudè Italia, la comunità ebraica italiana in Israele, nell’assemblea generale di giovedí 24 novembre ha eletto il suo nuovo Consiglio con un mandato di due anni: Sergio Della Pergola, Presidente; Umberto Pace, Vicepresidente e Affari Comunitari; Michael Sierra, Attività Giovani; Viviana Di Segni, Tesoreria; Samuele Rocca, Cultura; Rav Hillel Sermoneta, Parnas del Tempio; David Cassuto, Commissione Edilizia. Al collegio dei Probiviri sono stato eletti Angelo Piattelli, Ruhama Bonfil Piperno e Vito Anav.

pilpul
Davide e Golia
Giustamente molti hanno rilevato che La verità negata di Mick Jackson è solo in parte un film sulla Shoah (per quanto una decina di minuti ad Auschwitz e altri 10-15 minuti di discussioni in tribunale sulle camere a gas siano già per gli spettatori un bel pugno nello stomaco). Si parla, certo, di negazionismo (il film, ricordiamo, è la storia del processo per diffamazione che David Irving intentò contro Deborah Lipstadt che in un suo saggio lo aveva definito negazionista e antisemita), ma anche più in generale di verità e menzogna, del confine tra libera ricerca storica e falsificazione dei fatti, del ruolo dei sopravvissuti e della loro testimonianza, dell’utilità e dei limiti di una verità storica stabilita in tribunale.
C’è però un altro tema che ricorre con insistenza e su cui le recensioni che ho letto scelgono di non soffermarsi: nel film David Irving presenta più volte sé stesso come Davide che combatte contro Golia. E in effetti i fatti sembrano dargli ragione: mentre lui, autodidatta e isolato nella comunità degli storici, sceglie di difendersi da solo, la Lipstadt, con il sostegno economico delle comunità ebraiche americane (motivo che fa capolino con una certa insistenza, a tal punto che mi sono domandata quale impatto potrebbe avere su uno spettatore che covasse pregiudizi antisemiti), può permettersi una squadra di avvocati e consulenti di altissimo livello. A pensarci bene questa è una novità piuttosto rilevante nella tradizione dei film giudiziari: nella storia del cinema ci sono stati proposti centinaia di avvocati (o personaggi che si difendono da sé) isolati, inesperti, privi dei mezzi necessari per condurre indagini adeguate, senza conoscenze o contatti – spesso tutte queste cose insieme – in lotta contro avversari ricchi e potenti affiancati da avvocati astuti ed esperti. Sfide che terminano quasi sempre con la vittoria di “Davide”. Questa volta, invece, il film rovescia lo schema perché non assume il punto di vista di “Davide” ma quello di “Golia”, e una volta tanto ci mostra una squadra di avvocati costosi ed esperti che si mette dalla parte di una causa giusta.
Non è detto che chi è più ricco e influente abbia sempre ragione, ma non ha necessariamente ragione neppure chi è isolato e privo di mezzi: una lezione non scontata nel mondo di oggi, in cui essere uno contro tutti viene troppo spesso presentato come una virtù.


Anna Segre, insegnante

Cosa è cambiato
Di questi tempi, se ipoteticamente in Europa si dovessero verificare nuovamente persecuzioni contro la popolazione ebraica, non ho idea di chi scenderebbe in piazza per ostacolarle. Come del resto non sono neppure molti coloro che protestano ed alzano la voce contro eventuali gesti di intolleranza o violenza contro rom, omosessuali, musulmani o migranti. Eppure nella storia del Novecento, anzi nel periodo più buio, ci sono due eventi particolarmente significativi che hanno testimoniato il sostegno da parte della società civile nei confronti degli ebrei, sebbene spesso dimenticati dai più. Una è la battaglia di Cable Street avvenuta nell’East End di Londra nel 1936 – all’epoca abitata da un gran numero di ebrei e cuore della working class della capitale – nella quale un folto numero di lavoratori ed antifascisti impedì con tanto di barricate lo svolgimento di un corteo organizzato dalla British Union of Fascists di Oswald Mosley. L’altro è il Februaristaking, avvenuto nei Paesi Bassi il 25-26 Febbraio del 1941, quando soprattutto il Partito Comunista Nederlandese invitò, attraverso dei volantini, allo sciopero generale di tutto il paese per protestare contro le misure antiebraiche applicate dagli occupanti nazisti. Aderirono per primi i tranvieri, e poi a seguire altri lavoratori, studenti ed impiegati in tutto il paese. Sebbene la protesta fu sedata, a questa ne seguirono altre, e oggi davanti alla Sinagoga Portoghese di Amsterdam una statua dal titolo De Dokwerker, “il portuale”, ricorda la ribellione. Simbolo di un’Europa che non è stata in silenzio di fronte alla tirannia e al fascismo.

Francesco Moises Bassano

Testimoni del futuro
“Testimoni del futuro” è quello che dovremmo aspirare ad essere sopratutto nei momenti difficili. Vivere oltre il presente, con la consapevolezza che qualcosa sfugge o arriverà. È così che in fondo gli ebrei se la sono cavata al di là della (loro) storia.

Ilana Bahbout


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