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29 novembre 2016 -  28 Cheshvan 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Con una straordinaria immagine il Midràsh, ripreso da Rashì nel suo commento alla Torah (Bereshìt, 24; 6), ci racconta come nello stesso momento in cui Avrahàm si preoccupa di far sposare suo figlio Itzchàk, quest’ultimo si prodiga per far tornare Hagàr nella casa del suo vecchio padre ormai vedovo da tre anni.
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Ma chi gliel'ha fatto fare a Bob Dylan di vincere il Nobel? Certamente lui sarebbe stato meglio senza. Del resto, un Nobel non si rifiuta, e poi chissà che cosa gli avrebbero detto se lo avesse fatto. Arrogante! Cafone! Ma chi crede di essere? Le critiche che a Dylan stanno piovendo da ogni parte mostrano solo quanta ignoranza culturale ci sia sulla sua personalità e sul suo pensiero. Nell'assegnargli il premio, infatti, la Svenska Akademien avrebbe dovuto essere consapevole di chi stava premiando e non avrebbe dovuto aspettarsi che Dylan reagisse come un normale scrittorucolo alla ricerca di onorificenze e di fregi. È vero infatti che Dylan, da una vita, cura le proprie canzoni e i propri testi non meno della propria personalità.
 
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L'attacco al Campus Usa
“Sono stufo di vedere i musulmani sotto attacco e torturati”. Così sfogava la sua rabbia sui social Abdul Razak Ali Artan, il 18enne somalo che ieri ha attaccato il campus dell’Università Columbus, in Ohio. Il giovane assalitore ha usato la sua auto come arma, investendo diversi pedoni e ferendone undici. Poi è uscito dall’auto con un coltello da cucina in mano per aggredirne altri ma è stato fermato da un poliziotto, intervenuto sulla scena. L’agente ha aperto il fuoco uccidendo l’attentatore. Negli Stati Uniti, le autorità sono ancora caute, spiega il Corriere, nel definire l’attacco come terrorismo ma, sottolinea sempre il quotidiano, la pista sembra essere quella: poche ore prima dell’azione di Artan, l’Isis aveva diffuso un video in cui incitava nuovamente i musulmani a colpire l’Occidente con attacchi spontanei. Diventare quindi “lupi solitari”, utilizzando come armi coltelli e auto. Una modalità che Israele purtroppo ben conosce, spiega il Corriere, con il terrorismo palestinese che nel recente passato ha preso proprio questa forma di terrorismo fai-da-te (negli ultimi giorni, come hanno raccontato le cronache quotidiane, arrivando a diventare incendiario con roghi appiccati in tutta Israele).

Israele in fiamme, dov’è la voce di chi difende l’ambiente? In una lettera a La Stampa Alberto Sonnino, cofondatore di The Italian Council for a Beautiful Israel, associazione ambientalista israelo-italiana, denuncia il silenzio delle organizzazioni ambientaliste italiane di fronte agli incendi dolosi appiccati in Israele per mano palestinese. “Quello che ci stupisce – scrive Sonnino – è che le organizzazioni italiane che dovrebbero tutelare l’ambiente non abbiano alzato la propria voce di condanna, lasciandoci pensare che se è Israele a essere colpita, i valori e gli ideali ecologisti possono essere trascurati”. Nelle stesse ore in cui Israele combatteva le fiamme, sottolinea il Foglio, la Francia decideva di portare avanti l’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti in Cisgiordania. “C’è da rammaricarsi – ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Emmanuel Nahshon – che proprio la Francia adotti provvedimenti del genere che potrebbero essere interpretati come un sostegno agli elementi radicali e al movimento per il boicottaggio di Israele”
 
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  davar
il 30 novembre, il giorno del ricordo
Quell'esodo ebraico dimenticato
La lunga fuga dal mondo arabo

Mezzo secolo fa, tra le 850mila e il milione di persone furono costrette a lasciare i propri paesi - dalla Libia all'Iraq, dall'Egitto all'Iran – per trovare rifugio in Israele, Europa e America. Di fronte, l'emergere negli anni Quaranta di un nazionalismo arabo sempre più insofferente alla sua minoranza ebraica. La nascita dello Stato d'Israele, simbolo della speranza per gli ebrei, acutizzò la rabbia e la violenza del mondo arabo e islamico nei loro confronti: confische, violenze, veri e propri pogrom,
costrinsero migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case, lasciando in fretta e furia quanto costruito nel corso di generazioni. E domani in Israele - ma non solo -  si ricorderà il loro dramma, celebrando il Giorno nazionale dei rifugiati ebrei dai paesi arabi e dall'Iran, istituito con legge della Knesset nel 2014. Una data per ricordare una ferita aperta e per raccontare come, nonostante tutto, queste persone riuscirono a voltare pagina, a costruirsi un futuro in Israele, in Europa (tra cui l'Italia), in America. Vicende a cui Pagine Ebraiche ha voluto dedicare, sul numero di dicembre attualmente in distribuzione, un intero dossier.
Un modo per offrire un proprio contributo alla celebrazione del 30 novembre. Ma questa data, come si sottolinea nel dossier, ricorda anche una differenza di trattamento: il mancato riconoscimento da parte delle Nazioni Unite dello status di rifugiati a questo milione di persone, a differenza di quanto accadde con i palestinesi. “Siamo qui per garantire che il mondo riconosca finalmente le storie di questi rifugiati dimenticati”, dichiarava un anno fa alle Nazioni Unite l'ambasciatore israeliano Danny Danon, il cui padre arrivò in Israele come rifugiato dall'Egitto. Per il momento all'Onu nulla è cambiato, anzi è di questi giorni la notizia che l'Autorità nazionale palestinese ha presentato al Consiglio di Sicurezza una richiesta perché si adotti una risoluzione che condanni Israele sulla questione degli insediamenti. L'ennesima contro Israele. Molti paesi arabi hanno già detto di sostenere l'iniziativa palestinese, più o meno gli stessi che 69 anni fa non riconobbero una storica decisione dell'Onu: la ripartizione della Palestina mandataria in due Stati, che aprì la via alla nascita dello Stato d'Israele. Una data storica, quella del 29 novembre, che è legata anche alla scelta di Israele di istituire il giorno successivo la giornata dedicata ai rifugiati ebrei dai paesi arabi. “Non è un caso se questo giorno (di memoria) è segnato dopo il 29 novembre. I paesi arabi, che non hanno mai accettato la dichiarazione delle Nazioni Unite sulla creazione dello Stato ebraico, costrinsero gli ebrei che vivevano nei loro territori a lasciare le proprie case e i propri averi”. Ed è arrivato il momento, ha sottolineato il Primo ministro, che si riconosca a livello internazionale quel dramma.
Una vicenda che, ricorda l'assessore alla Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane David Meghnagi (direttore del Master in didattica della Shoah di Roma), ha un profondo riflesso sull'attualità. “Dopo la fuga degli ebrei dal mondo arabo è cominciata l’agonia di ciò che era rimasto della civiltà cristiana di Oriente. - sottolinea Meghnagi nella sua analisi che apre il dossier di Pagine Ebraiche - Sparite le differenze locali, le immagini negative dei “popoli vinti” e dominate dall’Islam hanno finito per essere proiettate su Israele. In un delirio, in cui le colpe della dominazione occidentale sui popoli islamici e quella dell’islam sulle rispettive minoranze ebraiche, si “riscattavano” a vicenda, Israele è finito per diventare il capro espiatorio di ogni male che affligge il mondo islamico e i rapporti di quest’ultimo con la civiltà europea e occidentale”.
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fondazione beni culturali ebraici in italia
Fbcei, i progetti del Consiglio Disegni confermato presidente
Obiettivi più ambiziosi, tante idee in cantiere e molto gioco di squadra, a fronte di risorse economiche sempre più scarse, che rendono necessario intensificare il fund raising.
È questo lo scenario del prossimo triennio delineato da Dario Disegni per la Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, il cui Consiglio lo ha confermato ieri per acclamazione nel ruolo di Presidente. La onlus costituita nel 1986 dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, riunitasi per rinnovare le cariche sociali, discutere e mettere ai voti il bilancio preventivo e il documento programmatico per il 2017 – entrambi approvati all’unanimità –, ha sottolineato come la gestione Disegni abbia segnato una svolta. A testimoniarlo, un lungo elenco di risultati eloquenti: una maggiore conoscenza e visibilità della Fondazione nel mondo ebraico italiano, anche per merito delle mostre promosse a Roma sulle artiste ebree del Novecento, a Torino su “Judaica Pedemontana” e a Firenze sui libri colpiti dalla furia dell’Arno mezzo secolo fa. E poi la costruzione di una rete con le istituzioni culturali ebraiche in Italia, dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis) ad altri musei ebraici, dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec) ad archivi e biblioteche. La creazione di un nuovo portale, la ripresa del progetto di catalogazione del patrimonio, lanciato alla fine degli anni Ottanta e rimasto incompiuto, i restauri, le attività di ricerca, i convegni e le pubblicazioni.

Daniela Modonesi
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demenza digitale - l'incontro alla camera
Boldrini: "Basta all'odio online,
mina i valori della nostra società"

“Non è vero ma ci credo - Vita morte e miracoli di una falsa notizia”: riecheggia una celebre battuta di Ennio Flaiano il titolo del convegno sulle “bufale”, le notizie false messe in giro ad arte, ma anche sulla violenza verbale e i comportamenti online scorretti, promosso dalla Presidente Laura Boldrini e che ha avuto luogo questa mattina alla Camera dei Deputati.
La Boldrini è stata più volte fatta oggetto di violente campagne diffamatorie online, con la circolazione di notizie completamente inventate sul suo conto, e vittima di centinaia di insulti sulla sua pagina Facebook. E ha fatto effetto la sua decisione, pochi giorni fa, di denunciare pubblicamente i peggiori epiteti che le sono stati rivolti, pubblicando tanto di nomi e cognomi degli insultatori, in un post su Facebook che riprendeva gli attacchi di cui era stata fatta oggetto.
Quello della violenza e delle bufale online è un tema molto importante anche per quanto riguarda il contrasto al pregiudizio antiebraico e al razzismo: gli ebrei subiscono continuamente campagne diffamatorie, e sono tantissimi i siti e le pagine Facebook in cui si pubblicano insulti antisemiti, tesi negazioniste, deliri nazisti, ad opera di antisemiti che vanno a ingrossare le file dell’esercito di odiatori di professione, che passano il proprio tempo online (dimostrando al contempo quasi sempre anche la loro ignoranza.
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qui roma 
Perché la Memoria si condivide 
Una serata in onore dei donatori di oggetti, foto e documenti con i quali è stata allestita la mostra sulla deportazione degli ebrei di Roma “16 ottobre 1943 – La razzia”, esposta alla Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah. Una mostra che era stata già esposta al Vittoriano nel 2013, e che è stata rielaborata per l’esposizione alla Casina, prima di un ciclo di tre percorsi espositivi previsti (gli altri due saranno, il 27 gennaio prossimo, Giorno della Memoria, quella sulla “Propaganda antiebraica nella Germania nazista e nell’Italia fascista”, mentre in maggio l’esposizione su “Sport, sportivi e giochi olimpici nell’Europa in guerra”).
Alla serata sono accorsi decine di donatori, accolti dal consulente scientifico della Fondazione Marcello Pezzetti, che ha dedicato loro una visita approfondita alla mostra.
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qui roma
Il Golem, fra mito e attualità
Inquietudine e risate, brutti sogni e ricordi familiari. È stata ricca di emozioni, oltre che di approfondimenti e spunti di riflessione, la presentazione di Il Golem tenutasi alla Casa della Memoria e della Storia di Roma. Il volume, curato per Marsilio da Laura Quercioli Mincer, oltre alla traduzione del dramma poetico di Leivik pubblicato a New York nel 1921 contiene un apparato introduttivo e bibliografico ricchissimo. Con i suoi otto quadri Il Golem è considerato una delle opere più notevoli della letteratura yiddish: messo in scena la prima volta dal teatro Habima, a Mosca nel 1925, ne è presto diventato uno dei testi più noti e ad aprire l’incontro è stata la lettura di alcuni brani fatta da Olek Mincer, l’attore polacco che ha studiato a Varsavia e lavorato al Teatro Statale Ebraico (yiddish) della stessa città, e che in Italia oltre a collaborare con registi e attori di fama internazionale, ha da pochissimo terminato una traduzione del Golem di Leivick in polacco.
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qui roma 
La resilienza si impara da piccoli
“Infanzia tra solitudine e resilienza”: questo il titolo dell’incontro che ha visto come protagonista la psicoterapeuta Silvia Vegetti Finzi, in un dialogo sulle problematiche, le difficoltà, le sofferenze ma anche le risorse dei bambini che subiscono dei traumi.
Il simposio, promosso e coordinato da Milena Santerini, deputato e docente all’Università Cattolica di Milano, si è tenuto ieri presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, e ha preso le mosse dall’ultimo libro della Vegetti Finzi, “Una bambina senza stella – Le risorse segrete dell’infanzia per affrontare la vita”, edito da Rizzoli.
Nel libro la nota psicoterapeuta, collaboratrice di diverse testate e trasmissioni televisive, che proprio alla psicologia infantile ha dedicato numerosi studi, ha raccontato la sua infanzia di bambina ebrea, nata nel 1938, l’anno delle leggi razziste promulgate dal fascismo.
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pilpul
Il compito della politica
La politica deve tutelare gli interessi deboli, perché quelli forti si tutelano da soli.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
 

Storie - Nazisti tossici
I gerarchi e i soldati nazisti erano drogati. Non è una novità assoluta, ma come ho scritto oggi su “Il Messaggero” un best seller mondiale, Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista, dello scrittore Norman Ohler, già tradotto in 18 lingue e appena uscito in Italia (Rizzoli pp. 383, euro 22), ricostruisce in modo documentato l’uso e l’abuso di metilanfetamine tra i soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale, in particolare il Pervitin, assunto anche dal generale Rommel e dallo stesso Adolf Hitler e da altri gerarchi nazisti.

Mario Avagliano
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