
Elia Richetti,
rabbino
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A
proposito del pozzo nel quale i fratelli gettano Yosèf, la Torah ci
dice che “il pozzo era vuoto, non c’era acqua”. I Maestri notano che se
un pozzo è vuoto, è evidente che non ci sia acqua, e quindi la Torah
non avrebbe avuto necessità di sottolinearlo. Da qui insegnano che “non
c’era acqua, ma c‘erano serpenti e scorpioni”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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A
volte certi piccoli episodi che osserviamo non hanno nessuna rilevanza
reale e semplicemente distraggono l’attenzione dal corso principale
degli avvenimenti. A volte invece anche un’inezia può essere il sintomo
di qualcosa di più grosso che sta maturando. Quello che segue è un
piccolo esempio di che cosa sta succedendo o potrebbe avvenire in
America dopo l’elezione di Donald Trump. Da anni durante il mese di
dicembre, nei media americani e anche nei quotidiani scambi di
corrispondenza si è instaurata l’abitudine di salutare con
l’espressione “Auguri di fine anno” invece del tradizionale “Buon
Natale”. E questo per due motivi: il rapido aumento della
secolarizzazione e del multiculturalismo nella società americana; e
anche la frequente simultaneità della festa di Natale con quella di
Chanukkah.
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Strage di Berlino, polizia
a caccia del terrorista
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Caccia
all’uomo, in tutta la Germania e anche nei paesi vicini. Anis Amri,
tunisino, 24 anni, probabilmente ferito, sicuramente armato è
sospettato di essere il responsabile della strage di Berlino. L’invito
ai cittadini è di fare attenzione, scrive Repubblica. Il presunto
terrorista era stato quattro anni in carcere in Italia; ora su di lui è
stato spiccato un mandato di cattura europeo. Intanto dalle
ricostruzioni della polizia, risulta che il camionista polacco a cui
l’attentatore ha sottratto il tir poi lanciato sulla folla presente al
mercatino di Natale, fosse ancora vivo al momento dell’attacco e abbia
cercato di fermare il terrorista (Avvenire). Da Israele invece arriva
la conferma che una delle 12 vittime è l’israeliana Dalya Eliakim, in
vacanza con il marito a Berlino e investita dal camion lunedì scorso.
Il marito, Rami, è invece ancora ricoverato in ospedale in condizioni
serie.
Strage di Berlino, perché. “I tedeschi ora si chiedono “Perché?” come
gli ebrei durante il nazismo”, scrive sul Fatto Quotidiano Leonardo
Cohen, parlando della strage terroristica nella Capitale tedesca.
“Warum se lo chiesero gli ebrei dinanzi allo sprofondo dell’Olocausto,
e se lo chiese e ce lo chiese Primo Levi, nel suo squassante indagare
sull’annientamento dell’uomo, su I sommersi e i salvati, “perché io?”,
scrive il giornalista. “La Storia replica di nuovo il suo turpe
inventario: corpi senza identità, giovani generazione Erasmus
sacrificati in nome di un’ideologia malata e fanatica, vite spezzate
senza ragione: appunto, perché?”. Intanto manifestazioni in tutta la
Germania con la partecipazione dei rappresentai dei tre grandi
monoteismi sono stati organizzati per le prossime ore, scrivono
Avvenire e l’Osservatore Romano. Sul Fatto invece Furio Colombo
risponde a un lettore che si chiede perché la guerra in corso non venga
definita “di religione”: buttando Dio nella mischia, afferma Colombo,
“si disarmano i veri sentimenti religiosi e si dà vita a un odio contro
odio, motivato dal fatto che io non posso permettere che il mio nemico
sia peggiore di me. In questa gara a chi odia di più, ed è capace di
fare più male, l’invocazione di Dio è necessaria come lo è stata nei
secoli”.
Sequestro Moro e coinvolgimento palestinese. Dai cassetti segreti di
una storia infinita come il caso Moro, ora affiora una nuova vicenda
che conferma il rapporto privilegiato e oscuro intrecciato dallo Stato
italiano con i movimenti palestinesi, nella stagione in cui questi
praticavano attività terroristiche: nell’aprile 1978 – quindici giorni
prima che il prigioniero Aldo Moro venisse ucciso dalle Br – dunque nel
momento di massima crisi dello Stato repubblicano – i Servizi italiani
attivarono un canale riservatissimo con i palestinesi per sondare una
trattativa. Obiettivo: la liberazione del presidente democristiano (La
Stampa e il Corriere).
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La vittima israeliana dell'attacco di Berlino
Dalia Elyakim (1956-2016)
Si
chiamava Dalia Elyakim, aveva sessant’anni ed era a Berlino con il
marito Rami. Erano partiti da Herzelya, a nord di Tel Aviv, per una
vacanza invernale. La sera di lunedì i coniugi Elyakim erano
al mercatino natalizio di Breitscheidplatz, allestito nelle strade di
Charlottenburg, nel centro della Capitale tedesca. Entrambi sono stati
investiti dal terrorista piombato con un tir proprio su quel mercatino.
Nelle scorse ore Dalia, a lungo nella lista dei dispersi, è stata
riconosciuta come una delle 12 vittime della strage. Rami invece è uno
dei 48 feriti, ancora ricoverato in gravi condizioni in un ospedale
berlinese. I due figli della coppia erano arrivati ieri sera in città
per collaborare nelle ricerche della madre e per visitare il padre.
Cordoglio per la morte di Dalia è stato espresso in queste ore alla
famiglia dal Presidente d’Israele Reuven Rivlin. “Da qui porgo le mie
condoglianze alla famiglia, che ora si trova al fianco di Rami,
seriamente ferito nell’attacco e per cui preghiamo”, ha dichiarato
Rivlin. “Rimarremo uniti e determinati di fronte a questo terrore
omicida che colpisce ovunque nel mondo. – ha ribadito il Presidente –
Combatteremo senza tregua contro l’estremismo e contro l’odio”.
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Setirot
- Evviva le feste |
In
periodi di differenti festività, soprattutto se – come a volte capita –
sovrapposte, colpisce l’afflato alla fratellanza, alla pace e alla
solidarietà che arriva da parte di rappresentanti dei tre grandi
monoteismi. Rabbini, preti e imam si uniscono spesso in “cori” più che
condivisibili, in particolare di questi tempi. Poi uno va a guardare
che cosa scrivono sui social alcuni di coloro che quei rabbini, quei
preti, quegli imam dovrebbero seguire (e dicono di farlo) ed ecco che
leggiamo frasi e ragionamenti del tutto diversi, carichi di diffidenza,
di paura, di rancore, di rabbia se non di odio. Evviva le feste e chag
Chanukkà sameach.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Berlino |
Non
ho mai amato le città cartolina e forse per questo mi sono innamorata
di Berlino la prima volta che ci ho messo piede. È una città viva, con
una straordinaria capacità di trasformarsi, di rinascere e di guardare
al futuro e voglio credere che in qualche modo riuscirà a riprendersi
dal colpo tremendo che ha appena ricevuto. Ancora una volta.
Berlino – Sinfonia di una grande città, recitava il titolo del film
documentario in bianco e nero del 1927 musicato da Edmund Meisel e
potremmo dire che la città è davvero una grande sinfonia, perché
risuona di generi musicali diversi in ogni suo angolo e perché nei
secoli ha ispirato centinaia di autori e artisti.
“There’s a place where you can air your brain… this city is so
beautiful and lets you be the best one that you are”, canta Max
Koffler, giovane musicista tedesco che dice di discendere dal
compositore barocco Domenico Mazzocchi. È una canzone pop di ultima
generazione, che abbonda di suoni elettronici ma mantiene la morbidezza
del classico genere melodico.
Maria Teresa Milano
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Regole rovesciate |
Dobbiamo
contare fino a 60, dice Calò a Kevin. E infatti le ultime cinque pagine
di Carne mia, di Roberto Alajmo (Sellerio) sono un conto alla rovescia
che precipita il finale in un testa coda letterale che aggancia le
prime cinque. È ‘una storia semplice’, narrata senza fretta, come un
treno a vapore che procede su binari dritti e – quando si ferma alla
stazione – lascia ammirati noi lettori-passeggeri.
Non servono infatti – anzi disturbano – gli effetti speciali, se un
romanzo ha nelle parole la forza di rappresentare l’abisso; ma ci vuole
una prosa incollata ai paesaggi, ai fatti, ai personaggi. Alajmo non ha
fretta: comincia dalla fine perché sa che ogni fine è nota, quando il
destino è un orto chiuso come lo è per chi nasce al Borgo Vecchio,
l’enclave all’interno della zona più prestigiosa di Palermo dove tutte
le regole sono sospese, se non rovesciate – e che non basta andare a
vivere in Spagna per farlo deragliare.
Valerio Fiandra
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Vernacolo
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Non
avendo purtroppo il dono dell’ubiquità, che in diversi casi comoderebbe
alquanto (come contemporaneamente allattare un bambino, misurare la
temperatura ad un altro, fornire il fazzoletto ad un terzo, rassicurare
il quarto che desiderava dormire invece di essere svegliato nel cuore
della notte, e magari, perché no, avere l’ambizione di dormire io
stessa?) alcuni giorni or sono ho avuto il piacere di prendere parte
alla cena annuale dell’ordine dei commercialisti, rinunciando però ad
una serata poetica dedicata ai vernacolari novecenteschi pistoiesi.
Sara Valentina Di Palma
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Solidarietà
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“Food
for thoughts, spunti per il pensiero per questi primi giorni di
inverno. Mi sembra appropriato questa settimana dedicare una
riflessione a questa parola: solidarietà. Il termine francese
solidarité – da cui l’utilizzo nelle lingue romanze e in quelle
anglosassoni pare derivare – è riferito nell’Encyclopédie del 1765 come
lo stato di un gruppo di debitori ciascuno dei quali si impegna verso
il creditore in solidum, rispetto all’interezza di un debito. La
solidarietà come una forma di impegno alla restituzione, quindi.
Sira Fatucci
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