Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Di
fronte alla crescente carestia e a una crisi non soltanto economica,
Yaakòv si rivolge ai suoi figli con questa sollecitazione: “lamma
titràu…”, “perché state a guardarvi?…” (Bereshìt, 42; 1). Sono molti e
differenti i commenti, pur se nulla affatto contraddittori, su questa
espressione insolita che rappresenta la forma riflessiva del verbo
“vedere”.
Ovadià Sforno, famoso rabbino italiano del 16°secolo, traduce
l’espressione in questo modo: “perché ve ne restate a guardarvi l’un
l’altro..?” . Nei momenti di crisi e di disperazione non ci si può
permettere di stare a “rimirare se stessi”, ma è invece urgente
rimboccarsi le maniche e affrontare la realtà con senso di
responsabilità e spirito di iniziativa.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Nella
ricerca di un po’ di serenità vacanziera mi ero ripromesso di dedicare
la mia nota di oggi, per un’ennesima volta, a un articolo
pericolosamente deviante sul Mercante di Venezia, uscito su Repubblica
del 31 dicembre scorso a firma di Alberto Manguel, un noto scrittore
argentino, già ambasciatore in Israele e amico-lettore di Borges.
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Paolo Di Canio: “Pentito.
I tatuaggi un errore"
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A
distanza di diversi mesi, l’ex calciatore e commentatore Paolo Di Canio
torna a parlare del suo passato fascista. In un’intervista al Corriere
della Sera, Di Canio definisce il saluto romano e i tatuaggi fascisti
che porta sul corpo come “il simbolo di ciò che sono stato, compresi
gli errori”. Parole che arrivano a distanza di alcuni mesi dal
messaggio di scuse inviato dallo stesso Di Canio alla presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, in cui
l’ex calciatore della Lazio condannava le leggi razziste emanate da
Mussolini e l’antisemitismo in generale. Un presa di posizione,
quest’ultima, arrivata dopo la pubblicazione di un articolo sul Portale
dell’ebraismo italiano, in cui veniva denunciata la sua partecipazione
come opinionista a un programma di approfondimento dedicato al calcio
inglese su Sky Sport e dopo che sui social era circolata una sua foto
con tanto di vistoso tatuaggio Dux esibito sul braccio destro.
“Opinioni a fior di pelle” titolava allora l’articolo di moked.it,
aprendo il caso nel mondo dell’informazione. U
Istanbul, il volto del terrorista. È ancora in fuga il terrorista
dell’Isis che nella notte di capodanno ha compiuto una strage al Reina,
famoso locale di Istanbul. Secondo le ricostruzioni, il responsabile
dell’attacco, di cui sono rimaste vittima 39 persone, è un giovane
originario dello Xinjiang, regione cinese abitata dalla minoranza
musulmana turcofona degli uiguri. Il massacro, sottolinea La Stampa, è
stato rivendicato dall’Isis che, in un comunicato diffuso per la prima
volta in turco oltre che in arabo, afferma: “Un eroico soldato del
Califfo ha attaccato uno dei più famosi locali di Istanbul dove i
cristiani celebravano le loro feste da apostati (…) ospiti della
Turchia, serva della croce”.
Veneto, il centro di accoglienza in rivolta. Nella notte tra lunedì e
martedì i carabinieri e la polizia sono intervenuti nel centro di prima
accoglienza di Conetta, una frazione del comune di Cona, in provincia
di Venezia, per fermare una rivolta che era cominciata diverse ore
prima.
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l'ex calciatore chiede scusa a tutta l'italia
Dopo l'accusa di Pagine Ebraiche Di Canio rinnega il razzismo
Dalla
denuncia pubblicata da Pagine Ebraiche e dal Portale dell’ebraismo
italiano alle scuse e alla condanna delle leggi razziste prodotte dal
fascismo, fino all’ammissione che i tatuaggi fascisti e il saluto
romano fatto nel corso di una partita sono “errori” e “simbolo di ciò
che sono stato”. Il percorso pubblico condotto dal noto ex calciatore
della Lazio Paolo Di Canio lo scorso novembre ha visto un cambiamento
di rotta e che in queste ore ha avuto una nuova conferma.
A innescare in ogni caso questo cambio, l’articolo “Opinioni a fior di
pelle” pubblicato da moked.it, in cui la redazione dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane denunciava la partecipazione di Di Canio
come opinionista a un programma di approfondimento dedicato al calcio
inglese su Sky Sport e dopo che sui social era circolata una sua foto
con tanto di vistoso tatuaggio Dux esibito sul braccio destro. La prima
a decidere per un nuovo corso era stata l’emittente televisiva Sky,
sospendendo il contratto di Di Canio: “abbiamo fatto un errore. Ci
scusiamo con tutti quelli di cui abbiamo urtato la sensibilità”, aveva
sottolineato allora Jacques Raynaud, vicepresidente esecutivo Sky Sport
& Sky Media.
Dopo un’iniziale silenzio, Di Canio invece aveva poi indirizzato alla
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni
un messaggio pubblicato in anteprima dal Portale dell’ebraismo
italiano, e ripreso dai maggiori giornali nazionali, cui spiegava il
suo punto di vista e condannava l’antisemitismo e le leggi razziste del
1938 volute da Mussolini. “Sento di dover tornare su un argomento che
pensavo di avere già chiarito in passato: non ho e non voglio avere
niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie,
violente. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da
Mussolini siano state una terribile infamia per la storia del nostro
Paese. Un’infamia che causò un’immane tragedia per migliaia di ebrei in
Italia. Questa è la mia posizione convinta e determinata” scriveva l’ex
calciatore. E oggi, in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della
Sera, Di Canio spiega perché aveva scelto di indirizzare alla
presidente UCEI quella lettera: “Sono a casa. Pensieri cupi, tristezza.
Mia moglie mi dice che Ludovica, la nostra primogenita che studia a
Londra, fa finta di niente perché mi vuole bene, ma soffre come una
bestia. Mi chiedo cosa posso fare, a chi posso spiegare una volta per
tutte il mio pensiero. – le parole dell’ex giocatore – La comunità
ebraica è stata la più toccata da quella involontaria apparizione. Sono
persone davanti alle quali posso solo chinare il capo. Ho preso carta e
penna”. Leggi
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il successo della rubrica di marco belpoliti
I "Levi Papers" arrivano in radio:
dal Portale moked alla Rai
Arriva su Pagina 3,
il programma di approfondimento culturale del terzo canale radio della
Rai in onda ogni mattina alle nove, il lavoro della redazione
giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. È in
particolare alla newsletter quotidiana Pagine Ebraiche 24 che il 2
gennaio si riferisce Edoardo Camurri, il giornalista e filosofo che
conduce la trasmissione, quando porta all’attenzione degli ascoltatori
i “Levi Papers”, la rubrica settimanale che Marco Belpoliti dedica da
diverse settimane su l’Unione informa al confronto fra la prima
edizione di Se questo è un uomo,
pubblicata da Da Silva nel 1947, e l’edizione del 1958. Così Camurri:
“Vi segnalo sul sito di moked.it, il portale dell’ebraismo italiano, un
lavoro appassionato e intelligente, dedicato alla filologia e al
controllo preciso delle fonti che sta facendo Marco Belpoliti, curatore
e uno dei più grandi esperti dell’opera di Primo Levi. Sono usciti tra
l’altro da pochissimo per Einaudi due volumi della nuova edizione delle
Opere complete,
indispensabili. Su moked.it escono regolarmente puntate di quelli che
vengono chiamati ‘Levi Papers’ e cioè il confronto tra la prima
edizione di Se questo è un uomo
del ’47 di Da Silva e quella uscita nel ’58 per Einaudi, di tutti i
cambiamenti fatti dallo stesso Levi sul testo, con tutto quello che
questo significa nel lavoro dello scrittore. Belpoliti fotografa le
pagine dattiloscritte del libro con tutte le aggiunte, i foglietti, gli
scotch, le pieghe dentro il testo, che vengono poi documentate di volta
in volta”. E Camurri aggiunge la lettura di un lungo stralcio
dell’ultimo Levi Paper, pubblicato il primo gennaio 2017, anzi –
aggiunge – “pubblicato secondo il calendario ebraico nel 5777”. Leggi
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Pagine Ebraiche - Dossier Golem
Quando un’ombra prende corpo
Il
Golem è una parola, quel vocabolo ebraico che infonde la forza, vita e
l’energia. E il Golem è un mito, un’idea, un’ombra. Così il gigante ci
è stato raccontato e così è entrato nell’immaginario ebraico di
generazione in generazione. Eppure un gigante, una forza incontrollata,
un mostro, magari un supereroe, rivendica un corpo, non può fare a meno
della sua fisicità. Nulla da stupirsi, quindi, se il primo grande
cinema ha pensato presto al Golem per dispiegare fra le sue incredibili
potenzialità quella più affascinante: dare un corpo alle leggende.
Affascinato dalle culture esotiche e dal buddismo, dal mondo del mito e
in particolare dal mito ebraico, l’attore e regista tedesco Paul
Wegener, uno dei maggiori protagonisti del cinema dell’espressionismo,
si lasciò trascinare dal romanzo di Gustav Meyrink che riporta
abilmente la figura dell’automa nel quadro dei misteri e delle
fascinazioni praghesi, e comprese per primo come dare corpo
all’immagine del Golem fosse per il cinema di allora un’impresa da non
mancare. Dalla sua prima prova come regista, Lo studente di Praga,
realizzato nel 1913, Wegener si era affermato come un realizzatore
sulfureo e capace di tenere il pubblico del muto con il fiato sospeso.
Maestro delle semplici ma potenti tecnologie che allora si andavano
sperimentando, soprattutto della sovrimpressione e dello sdoppiamento
dell’immagine che consentiva di giocare sul concetto base della magia,
del doppio, dell’apparizione, della scomparsa e della ricomparsa,
Wegener sapeva circondarsi dei migliori tecnici disponibili, ma
soprattutto di scenografi e costumisti che rappresentavano il meglio
delle idee creative dell’espressionismo destinate condizionare
profondamente l’arte del Ventesimo secolo. Leggi
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Contraddizioni a sinistra
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Quella
che oggi si fa chiamare "sinistra" mi sembra sia afflitta da una strana
e ormai diffusa malattia: l'autolesionismo. In Italia uno degli ultimi
politici di lungo corso, Massimo D'Alema, l'unica missione in cui è
riuscito con successo è stato far cadere dall'interno i governi di
sinistra. In America il presidente Obama a fine mandato ne ha combinata
una dietro l'altra: ha contribuito a far perdere le elezioni alla sua
candidata Hillary Clinton e ha attaccato politicamente la Russia di
Putin riguardo le interferenze russe durante le elezioni. Putin si è
riccamente beffato di Obama e questo ha provocato un'attesa e una
speranza in Trump che nemmeno "The Donald" sperava di avere.
Gianluca Pontecorvo,
Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Troppo o troppo poco
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C'è
chi afferma che il termine "guerra" sia abusato e inflazionato,
inducendo nelle persone un sentimento conflittuale e distruttivo. C'è
chi sostiene il contrario: un establishment bellicista e corrotto
occulterebbe la realtà - ciò che il papa definisce la terza guerra
mondiale a pezzi -, impedendo di chiamare le cose con il loro nome,
preferendo per esempio l'impiego della parola "terrorismo". Ne parliamo
troppo, o troppo poco?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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