argomentare…

Di fronte alla crescente carestia e a una crisi non soltanto economica, Yaakòv si rivolge ai suoi figli con questa sollecitazione: “lamma titràu…”, “perché state a guardarvi?…” (Bereshìt, 42; 1). Sono molti e differenti i commenti, pur se nulla affatto contraddittori, su questa espressione insolita che rappresenta la forma riflessiva del verbo “vedere”.
Ovadià Sforno, famoso rabbino italiano del 16°secolo, traduce l’espressione in questo modo: “perché ve ne restate a guardarvi l’un l’altro..?” . Nei momenti di crisi e di disperazione non ci si può permettere di stare a “rimirare se stessi”, ma è invece urgente rimboccarsi le maniche e affrontare la realtà con senso di responsabilità e spirito di iniziativa.
L’esegeta Ibn Ezrà riconduce invece questa espressione al concetto di litigiosità: “perché litigate?”. Quando si è in crisi si tende altresì a incolpare altri pur di non fare i conti con le proprie manchevolezze.
Rashì, nel suo mirabile commento, si concentra piuttosto sull’aspetto del “farsi vedere e dell’apparire” . Perché, anziché affrontare la crisi, fingete e vi preoccupate delle apparenze? Altro modo abbastanza diffuso per rimuovere situazioni ingombranti è quello di illudersi e ingannare il prossimo eludendo i problemi reali.
E non sono forse queste le stesse modalità con le quali affrontiamo la nostra crisi? Cosa sta diventando oggi il dibattito all’interno dell’ebraismo italiano che sembra più degno di una tifoseria da stadio che non di interlocutori disposti all’ascolto? Senza contare che oggi, amplificato a dismisura da un “like” e da un “mi piace” sulle pagine di Facebook, tutto appare sempre più sterile, strumentale e virtuale. La lievitazione mediatica è divenuta ormai un golem incontrollabile e anche noi, malati di visibilità, anziché affrontare la crisi con la necessaria maturità, passiamo il tempo a “guardarci”, a postare, per poi fare la conta dei consensi ricevuti. E si che proposte e iniziative di approfondimento di ogni tipo oggi non mancano, ma spesso si preferisce non vederle. La verità, ancora una volta, è che fare bella figura a buon mercato è comodo e conviene.
È più semplice specchiarsi su Facebook, postare un like, che mettersi in discussione in presa diretta, impegnandosi, studiando e soprattutto argomentare finalmente un “non mi piace”, e non più davanti a uno schermo!
Dovremmo piuttosto armarci di coraggio e di umiltà per affrontare la crisi, allineando il proprio comportamento e il proprio agire quotidiano su un’etica che si vorrebbe ebraica solo nel momento in cui scaturisce dal corpo vivo e vibrante del testo e dei suoi insegnamenti millenari. Un’etica per la quale riuscire ad argomentare e, magari, a convincere l’altro delle proprie ragioni e pensieri è una sfida così esaltante che, secondo la parabola talmudica, perfino “l’Eterno ha sorriso per essere stato ridotto in minoranza dai Suoi figli/discepoli…!” (Talmud Bavlì , Bavà Metzià, 59 b)



Roberto Della Rocca, rabbino

(3 gennaio 2017)