Roberto
Della Rocca,
rabbino
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La
Torà indica con la parola “discesa” il passaggio dei figli di Israele
dalla terra di Kenaan alla terra d’Egitto anche prima che questa
avvenga. Talvolta però il termine “scendere” viene sostituito dal
termine “giungere” proprio in concomitanza con gli eventi.
Mentre prima della discesa Yaaqov e la sua famiglia sono pienamente
consapevoli della discesa spirituale determinata dal passaggio in
Egitto, una volta presi dagli eventi “dimenticano” la valenza
discendente intrinseca nella discesa geografica.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Non
è facile sorvolare sulle valutazioni date da stampa e televisione
sull’attentato di Gerusalemme in cui un terrorista munito di camion ha
massacrato quattro giovanissime reclute israeliane. L’occasione ha
dimostrato come l’arte sottile della distinzione, impiegata a fini
demagogici, possa stravolgere lo spirito umanitario che certa amica
sinistra sbandiera a ogni piè sospinto, ma solo in casi convenienti.
Alle valutazioni riduttive del Consigliere comunale di Milano Sumaya
Abdel Khader, figlia di giordano-palestinesi, ha risposto un attento
post di Emanuele Fiano su Facebook. Ma a rispondere dovrebbe essere
forse, finalmente e una volta per tutte, il PD nazionale. Gli attentati
commessi per le strade di un paese, quando avvengono in Israele, sono
atti partigiani o sono terrorismo?
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Run for Mem, una corsa
tra Storia e Memoria
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Prima
anticipazione sul Corriere della Sera per un’iniziativa nuova legata
alla Memoria e che sta riscuotendo grande attenzione: la corsa non
competitiva “Run For Mem / Corsa per la Memoria verso il Futuro”
organizzata per il prossimo 22 gennaio dall’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei
ministri e in collaborazione con l’Associazione Maccabi Italia e la
Maratona di Roma. “Vogliamo consegnare un messaggio, soprattutto alle
nuove generazioni. Cioè che dopo una caduta, anche la più tragica e
dolorosa, occorre alzarsi e riprendere a correre valorizzando la vita.
– racconta la presidente dell’Unione Noemi Di Segni al giornalista del
Corriere della Sera Paolo Conti – E, insieme, un altro messaggio,
destinato a chi invece corre ogni giorno senza fermarsi: mai
tralasciare la Memoria, indispensabile strumento per affrontare il
futuro. Le iscrizioni sono aperte a tutti, stanno già arrivando molte e
significative adesioni: una grande iniziativa democratica, un
appuntamento immancabile per tutti i cittadini che hanno a cuore il
presente ma soprattutto il futuro”. Il quotidiano sottolinea come a
volere l’iniziativa sia stata proprio la presidente UCEI Di Segni,
ricordando come il progetto abbia riscosso adesioni sia in ambito
ebraico (tra cui vengono segnalate il World Jewish Congress, Ambasciata
d’Israele in Italia, la Comunità ebraica di Roma, Federazione
associazioni Italia-Israele, The Jewish Agency for Israel) sia delle
istituzioni sportive e civili come “il Coni, le Acli, la Comunità di
Sant’Egidio, la Polizia e i Carabinieri ma anche “la Coreis, la
Comunità religiosa islamica italiana, che sarà presente con una propria
delegazione”. Previste due corse, una sportiva da 10 chilometri e una
stracittadina di soli 3,5 chilometri. Il percorso, spiega il Corriere,
toccherà molti luoghi legati alla Memoria non solo ebraica. Si parte da
piazza 16 ottobre 1943, dunque la deportazione nazista degli ebrei
romani, via degli Zingari, in ricordo della persecuzione nazista dei
Sinti e dei Rom, via Tasso, carcere e luogo di tortura delle SS, Regina
Coeli, dove vennero radunati gli ebrei romani il 16 ottobre 1943.
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nell'anniversario dell'espulsione del 1493 Palermo, lo storico annuncio:
"Una sinagoga per la Sicilia"
“Un
evento storico e importante nei rapporti tra Chiesa ed Ebraismo. Una
svolta locale, ancor più significativa perché arriva da un Meridione
che già da tempo offre significative testimonianze di risveglio e di
rinascita”.
Queste le parole con cui la Presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Noemi Di Segni commenta la decisione dell’arcivescovo
di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, di concedere in comodato d’uso
gratuito un oratorio di proprietà ecclesiastica, l’Oratorio di S. Maria
del Sabato, che sorge nell’area un tempo occupata dell’antica zona
ebraica della “Guzzetta” e della “Meschita”. Spazio che, in breve
tempo, diventerà un luogo di culto e studio per gli ebrei siciliani.
L’annuncio sarà dato da Raffaele Mangano, vicario episcopale, nel corso
di un convegno dal titolo “Siciliani senza Sicilia. Ebrei di Sicilia in
terra d’altri” che si svolgerà giovedì prossimo, presso l’Aula Damiani
Almeyda dell’Archivio Storico Comunale, in occasione dell’anniversario
dell’espulsione definitiva degli ebrei dall’isola, avvenuta il 12
gennaio 1493.
Si tratta di un atto unilaterale, disposto dall’arcivescovado.
Comodatario dell’immobile sarà la Comunità ebraica di Napoli, che ne
affiderà l’amministrazione alla neonata sezione di Palermo (deliberata
nella giornata di ieri dal Consiglio della Comunità partenopea, che ha
anche deciso l’istituzione di una sezione a Sannicandro Garganico).
Un risultato possibile grazie al lavoro svolto dall’Istituto Siciliano
di Studi Ebraici guidato da Evelyne Aouate e alla collaborazione e alla
presenza ormai pluriennale in loco dell’associazione Shavei Israel.
“L’UCEI vede con favore la nascita di una sezione della Comunità
ebraica di Napoli a Palermo, dove è molto vivo il desiderio di
studiare, conoscere l’ebraismo e dove si avvertiva ormai da tempo la
necessità di un luogo di riunioni e di preghiera” sottolinea il
vicepresidente dell’Unione Giulio Disegni. Questa decisione
dell’arcivescovado, aggiunge Disegni, è quindi motivo di grande
apprezzamento. “Da adesso in poi ci sarà da lavorare per la miglior
riuscita di questa operazione. L’UCEI – afferma il vicepresidente –
coopererà con l’arcivescovado”.
“Stiamo cogliendo, in questo momento storico così difficile, passo dopo
passo, i frutti di un sincero cammino di dialogo e di cordiale
amicizia” osserva monsignor Lorefice. Leggi
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l'eredità del grande sociologo polacco Zygmunt Bauman (1925-2017)
“Bisogna
essere eclettici e curiosi del mondo. E inoltre non bisogna fissarsi su
un metodo sociologico, su una disciplina specifica”.
Questo per Wlodek Goldkorn, che molte volte l’ha intervistato per le
testate del gruppo L’Espresso, uno degli insegnamenti più importanti
che ci arrivano dalla vita, dalle opere e dalla testimonianza di
Zygmunt Bauman.
I
due si sono conosciuti quando Goldkorn aveva 16 anni e Bauman era “un
mito vivente, il nemico uno del regime”. La frequentazione è andata
avanti nel tempo, fino all'ultimo. Di poche settimane fa un incontro a
Firenze. Un’occasione conviviale, ma segnata da una riflessione a tutto
tondo sui temi della contemporaneità. “Se vuoi conoscere qualcosa del
mondo, leggi Gramsci” il suggerimento del grande sociologo polacco al
giornalista, suo connazionale, durante uno dei tanti colloqui di questi
anni.
La scomparsa di Bauman lascia un vuoto profondo, difficile da colmare.
Una posizione condivisa dagli opinionisti del portale dell’ebraismo
italiano www.moked.it.
“Stasera non potremo che iniziare con un suo ricordo. Perché, tra le
molti menti illustri che abbiamo perso nei lager, ha rischiato di
esserci anche lui” afferma Gadi Luzzatto Voghera, direttore della
Fondazione Cdec, che stasera sarà tra i protagonisti di un atteso
dialogo con il direttore del Museo di Auschwitz Piotr Cywinski al
Memoriale della Shoah di Milano. “Ho iniziato a riflettere sulla Shoah
proprio grazie a un suo testo, Modernità e Olocausto. Un testo decisivo
per la mia formazione, che mi ha permesso di comprendere queste vicenda
non più soltanto in termini storici, ma anche in una prospettiva
sociologica. Ci ha davvero aperto gli occhi, Bauman, aiutandoci a
capire come la macchina dello sterminio sia parte della modernità”.
“L’eredità
più significativa che ci arriva da Bauman è la percezione del mutamento
come dato strutturale delle società passate, presenti e future”
riflette Claudio Vercelli. Ma anche, aggiunge lo storico, la sua
capacità di mettere in tensione un parere progressista come quello che
ha sempre testimoniato con regimi “a parole progressisti, ma in realtà
totalitari”. Una figura quindi rilevante da un punto di vista
intellettuale, ma anche civile. Una figura che, afferma Vercelli, è
importante anche per il tema della complessità del mutamento, “delle
tante identità che possono convivere in un individuo”.
Afferma Anna Foa: “Con Bauman scompare un personaggio grandissimo, che
sarebbe limitativo associare esclusivamente alle sue teorie sulla
società liquida. È stato infatti un gigante sotto vari punti di vista,
a partire da quello etico. Ma anche da un punto di vista storico ha
prodotto studi molto significativi sulla Shoah e la sfida della della
Memoria”. Per la professoressa, Bauman fa parte di una categoria di
protagonisti del nostro tempo “difficilmente riproducibili, anche per
la loro capacità di cambiare il mondo e incidere sulla vita di così
tante persone”. Leggi
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QUI ROMA - MEMORIA Ernst, in guerra contro l'orrore
È
stato presentato alla stampa questa mattina, alla Casa del Cinema,
“Nebbia in agosto” del regista tedesco Kai Wessel, lungometraggio che
affronta il tema del criminale sterminio dei disabili fisici e psichici
perpetrato dai nazisti a partire dal 1939.
Basato sul romanzo omonimo di Robert Domes, a sua volta tratto da una
storia vera, il film racconta la vicenda del tredicenne Ernst Lossa,
interpretato dal giovane Ivo Pietzcker, rinchiuso in ospedale
psichiatrico perché considerato ribelle e “ineducabile”.
Qui, insieme ad altri reclusi, assisterà all’assassinio sistematico dei
pazienti, molti dei quali bambini, perpetrato sotto l’implacabile
direzione del dottor Veithausen (Sebastian Koch), fervente nazista che
applica alla lettera le direttive del cosiddetto “progetto eutanasia”. Leggi
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Ci vuole coraggio
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Ci
vuole coraggio. Sumaya Abdel Qader, consigliera comunale PD a Milano ed
esponente della comunità musulmana, che conobbi anni fa come una
persona ragionevole, ha fatto recentemente delle affermazioni
inaccettabili in televisione. Come si può sostenere che il 60% dei
musulmani residenti in Italia – risultati “antisemiti” secondo
un’indagine di pochi giorni fa – non abbiano compreso il quesito perché
non conoscono l’italiano? Oppure, il che è concettualmente ancora più
pericoloso, perché sarebbero antisionisti e non antisemiti?
Ci vuole coraggio, da parte dei musulmani italiani. Riconoscere il
problema è indispensabile per cominciare a risolverlo: isolare gli
elementi estremisti nella comunità, innanzitutto, quelli noti e quelli
che si stanno radicalizzando; e poi promuovere – come già avviene in
alcuni casi – iniziative serie per diffondere la coscienza civica e la
conoscenza della cultura italiana; rifuggire le scorciatoie e gli
alibi: come mai la provincia di Ravenna, dove si trova la seconda
moschea più grande del paese, è anche quella da cui è partito il numero
più alto di foreign fighter italiani? Quale base socio-culturale ha
fatto proliferare nel nostro paese 110 combattenti partiti alla volta
di Daesh?
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