L’Ungheria e i conti con la storia

Situata nel cuore dell’Europa centrale, a Budapest, la Central European University (Ceu), fondata nel 1991, ospita più di 1400 studenti provenienti da oltre 100 paesi e 370 docenti che in lingua inglese offrono master e programmi di dottorato in scienze sociali, scienze umane, storia, diritto, management e politiche pubbliche. Presso questa prestigiosa Università, situata nel centro città di Budapest, ho svolto il mio stage lo scorso novembre, dopo aver concluso le lezioni del Master in Cultura Ebraica e Comunicazione presso il centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a Roma. Grazie alla professoressa Myriam Silvera ho conosciuto il professor Wilke Carsten, direttore del Dipartimento di Storia presso la CEU e responsabile del programma di Studi Giudaici dal Medioevo all’età moderna, il quale ha indirizzato il mio stage sotto la guida del professore Andràs Kovàcs, direttore del Dipartimento di Storia e responsabile del programma di Studi Giudaici nell’età contemporanea e particolarmente in Ungheria. Il professor Andràs Kovàcs ha pubblicato più di 90 lavori scientifici tra cui l’ultimo “The Holocaust in Hungary Seventy Years later” (2016).
Il mio lavoro di ricerca, lettura e studio, approfondimento e scelta di testi riguardanti la Shoah in Ungheria e, in particolare, la Comunità ebraica di Budapest nell’anno 1944, si è svolto all’interno della biblioteca dell’Università dove sono riuscito a trovare, consultare e fotocopiare pagine di testi interessanti sull’argomento che non avrei trovato in altre sedi se non a Budapest. Il primo giorno dopo aver parlato con i due professori e stabilito il programma, ho avuto una tessera “Library External Member” con la quale avevo accesso ai cinque piani della biblioteca aperta tutti i giorni con orario prolungato.
Su suggerimento del professor Kovàcs, in biblioteca ho avuto anche la possibilità di accedere alla “Shoah Visual Archive accessible online in the CEU Library” dove erano presenti migliaia di testimonianze dei sopravvissuti. Nello stage era prevista anche la visita al quartiere ebraico con le meravigliose sinagoghe (in una di esse con la comunità ebraica abbiamo accolto venerdì sera lo Shabbat), il museo ebraico, i monumenti commemorativi, l’Holocaust Memorial Center e sulla riva del Danubio il toccante monumento alla Shoah in cui 60 paia di scarpe ricordano ciò che avvenne nell’inverno tra il 1944 e il 1945. Il Male in Ungheria aveva il nome delle Croci Frecciate, la milizia che collaborò con i nazisti nel processo di deportazione, massacro e assassinio di migliaia di ebrei ungheresi proprio in quel luogo.
I “potenti di Budapest” decisero di assassinare le proprie vittime nel cuore della città, trascinati sulle sponde di Pest, con lo sguardo verso il fiume, legati a gruppi di tre. Solo chi capitava al centro era predestinato a una morte immediata per mano di una pallottola. Scaraventati nell’acqua gelida del Danubio, gli altri erano trascinati a fondo, nella corrente, dal peso inerme del cadavere. Nessuna pietà per donne, anziani, tanto meno bambini. Le scarpe sono tornate lungo il Danubio nel 2005 per opera dello scultore Pauer Gyula affinché nessuno potesse dimenticare. Proprio questo monumento ha suscitato molti anni fa il mio interesse per la Shoah in Ungheria, non avrei immaginato a distanza di anni di poter approfondire quello che era rimasto solo un “desiderio”. Di questo devo ringraziare di cuore la professoressa Myriam Silvera e il Master in Cultura Ebraica che mi hanno dato la possibilità di entrare in “questo mondo” e realizzare questo mio progetto. Un grazie di cuore ai professori Wilke Carsten e Andràs Kovàcs per la loro gentilezza e disponibilità. Quando mi hanno salutato hanno detto: “ricorda che le porte della Central European University e di Budapest sono aperte, quando vorrai tornare per continuare il tuo lavoro di ricerca troverai qui piena disponibilità e aiuto”.
Questo stage è stato pensato anche in vista del mio lavoro finale per il Master dal titolo “La Comunità ebraica di Budapest dal marzo 1944 alla primavera 1945 e il sostegno/aiuto del Sionismo”, un progetto che la professoressa Simonetta Della Seta ha accettato di seguire.
Dal 1980 nuove questioni emergono sugli studi della Shoah in Ungheria in quanto “capitolo unico” nella storia singolare della Soluzione finale della “questione ebraica”: come fu possibile in pochi mesi, dal marzo 1944, distruggere quella che era stata una delle comunità ebraiche più numerose d’Europa con più di 800mila ebrei? Chi fu responsabile di questo massacro così cruento? Quanto l’Ungheria ebbe parte in tutto questo? Fu così inevitabile una tale tragedia? A queste domande cercano di rispondere gli studi e i lavori pubblicati dopo il 1980 e a queste domande cercherà di rispondere anche il mio lavoro.
Concludo ritornando al monumento delle “Scarpe”: mentre mi trovavo davanti a quelle scarpe e al Danubio che scorreva, mi è tornata alla mente una frase delle Tesi “Sul concetto di storia” di Walter Benjamin scritte quattro anni prima che tutto questo accadesse: “Non sfiora forse anche noi un soffio dell’aria che spirava attorno a quelli prima di noi? Non c’è, nelle voci cui prestiamo ascolto, un’eco di voci ora mute? (…) Se è così, allora esiste un appuntamento misterioso tra le generazioni che sono state e la nostra. Allora noi siamo stati attesi sulla terra. Allora a noi, come ad ogni generazione che fu prima di noi, è stata consegnata una ‘debole’ forza messianica, a cui il passato ha diritto” (Tesi II). Penso che tutti abbiamo il dovere di ricordare, non dimenticare e trasmettere alle generazioni future quello che accadde in Ungheria e nel resto dell’Europa, affinché quelle “voci” non restino mute.

Luca Bandiera, Master Ucei in Cultura ebraica e Comunicazione

(10 gennaio 2017)