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2 febbraio 2017 - 6 Shevat 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
I Maestri si domandano perché Ha-Kadosh Barukh Hu abbia fatto sì che il Faraone, anziché semplicemente concedere al popolo ebraico di uscire dall’Egitto, alla fine sia stato costretto a scacciarlo, quasi a mandarlo via con la forza.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
L’incidente diplomatico, ora felicemente concluso, fra il Messico e Israele solleva alcune interessanti questioni che riguardano i presenti ma anche futuri rapporti fra Stato d’Israele e Diaspora ebraica. Ricapitoliamo ciò che è avvenuto. Il Presidente Trump, con esplicito riferimento alla sua promessa in campagna elettorale e ora decisione operativa di costruire un muro sul confine fra Stati Uniti e Messico, in un suo tweet ha elogiato il muro che Israele ha costruito al confine con l’Egitto. Il primo ministro israeliano ha subito twittato: “Il Presidente Trump ha ragione” e ha a sua volta illustrato i vantaggi del muro israelo-egiziano. Il ministro degli Esteri del Messico ha interpretato la frase “Trump ha ragione” nel senso di un’approvazione della costruzione del muro americano-messicano, e ha reagito duramente parlando perfino di “aggressione” nei confronti del Messico da parte di Israele e chiedendo scuse formali. Il primo ministro di Israele ha risposto in televisione con la diplomatica frase “Chi mai si sognava di pensare al Messico?”, ma il governo messicano ha insistito nel pretendere scuse formali.
 
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Nuovi e vecchi traumi
IIn Israele, giornata di tensione in seguito allo smantellamento dell’insediamento di Amona. Il lento sgombero è stato seguito in diretta da tutte le principali televisioni e, scrive La Stampa, “ha fatto rivivere a Israele il trauma collettivo dell’evacuazione degli insediamenti nella Striscia di Gaza nel 2005”. Almeno tredici gli arresti tra i contestatori. La maggior parte dei dimoranti ha però scelto la via della resistenza passiva, “incatenandosi l’uno all’altro all’interno delle abitazioni, tra preghiere, canti e inviti ai poliziotti a disobbedire agli ordini”.
Lo sgombero arriva a più di due anni dalla decisione della Corte Suprema israeliana, che ha sancito l’illegittimità di Amona.

Undici rappresentanti islamici hanno sottoscritto ieri con il Viminale il “Patto nazionale per un Islam italiano”. Tutti. Compresi i più riluttanti come il presidente della Coreis Yahya Pallavicini, fino all’ultimo minuto restio, in quanto cittadino italiano, “a giustificarsi dagli errori dell’islam politico e dagli orrori del terrorismo” (La Stampa). Se onorato, l’impegno siglato ieri con il ministro Minniti, dovrebbe condurre in futuro a un’Intesa sul genere di quelle già stipulate con altre minoranze religiose (tra cui quella ebraica). “Dal punto di vista del governo – si legge – conta soprattutto fare un passo avanti sui dossier che scottano, l’islam, il terrorismo, l’immigrazione”.

“Una nuova indifferenza ai perseguitati può macchiare indelebilmente una grande democrazia”. È quanto scrive Pierluigi Battista sul Corriere, ricordando quando già in passato gli Stati Uniti d’America chiusero le porte. Tra gli altri vengono ricordati gli episodi della nave Saint Louis, con 900 profughi ebrei a bordo, che venne respinta nel 1939. O ancora, l’internamento di 100mila cittadini giapponesi dopo l’attacco a Pearl Harbor.

Secondo Il Foglio, gli ebrei francesi sarebbero presi politicamente fra due fuochi. “Tradizionalmente divisi fra gollisti e socialisti, quest’anno alle presidenziali vedranno lo scontro fra la destra del Front national, l’incognita Macron e la sinistra radicale”. Il candidato socialista all’Eliseo, Benoit Hamon, costituirebbe infatti un problema in ragione dei suoi “legami forti con la galassia musulmana”. Una sinistra, la sua, che viene definita islamofila e anti-israeliana.
 
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  davar
la presidente ucei al meeting di lampedusa
“Mediterraneo, pace possibile
solo con Israele in sicurezza”

"Ci sentiamo inderogabilmente e senza alcun minimo cedimento impegnati a difendere e a incoraggiare la più strenua difesa delle nostre democrazie e delle nostre identità, del valore della diversità e della libera espressione, dei diritti della donna, delle fanciulle e dei più deboli, del più rigoroso rispetto della sicurezza e della lotta implacabile alla minaccia terroristica. E aggiungo doverosamente: il riconoscimento dello Stato di Israele assieme al suo diritto alla sicurezza e l’avvio di un processo di pace reale e voluto con il popolo palestinese”.
Lo ha affermato la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, intervenendo questa mattina al primo meeting internazionale ‘Per un mare di pace e di lavoro’ organizzato dalla Uil a Lampedusa con la partecipazione di leader sindacali e religiosi. In sala anche la Presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello.
Tra i momenti che hanno segnato la mattina la firma dell’Accordo di Lampedusa, documento comune in cui all’Unione Europea e ai paesi membri si chiede di far confluire risorse da destinare alla realizzazione di progetti idonei a creare lavoro in quelle zone prostrate dall’indigenza, dalla povertà e dalla guerra. Tra i firmatari dell’accordo anche rappresentanti dei lavoratori israeliani e palestinesi.
“Questo mare che circonda ogni giorno le nostre vite è la celebrata culla delle più antiche civiltà. È lo spazio in cui il nostro incontro è destinato a rinnovarsi. È questo un mare che gli ebrei hanno solcato nei millenni a più riprese e talvolta contro il loro desiderio. Non il mare di racconti epici e leggendari, ma vera storia trasmessa di generazione in generazione. L’essere stranieri, immigranti, erranti è parte del nostro vissuto. Profondo, determinato e rispettoso – ha sottolineato Di Segni – è il senso della nostra testimonianza”.
“Quello odierno – ha poi aggiunto – è un incontro, un viaggio, commovente e condiviso con voi tutti. Per rendere questo mare mosso da vitalità e intensità dei comuni valori. Per poter divenire uno spazio di vita pace e lavoro, dobbiamo decidere la vera meta. Dobbiamo condividere le responsabilità ed il peso, partecipare e non solo guardare l’orizzonte.

(Nell’immagine la Presidente UCEI Noemi Di Segni e la Presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello insieme alla Sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini)
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l'accordo viminale - associazioni islamiche
"Un patto contro il radicalismo
ma dobbiamo metterlo in pratica"

“Un giorno importante, un passaggio utile per il presente e il  futuro del nostro Paese attraverso il dialogo interreligioso”. Così il ministro degli Interni Marco Minniti commentava ieri la firma del “Patto nazionale per un Islam italiano”, siglato da undici associazioni rappresentative del mondo islamico italiano. Un accordo diretto a tutelare la libertà di culto in Italia e il cui pre-requisito, ha dichiarato il ministro Minniti, è il ripudio “di qualsiasi forma di violenza e terrorismo”. "È un patto - ha spiegato Minniti - che allude in prospettiva ad un'intesa. L'hanno firmato associazioni che hanno storie e sensibilità differenti e che in altri momenti non avrebbero sottoscritto un documento comune. Tutti i firmatari si sono impegnati a rifiutare qualunque forma di guerra e di terrorismo”. “Sono molto felice di questa firma. È un accordo che riconosce il valore delle diverse anime interne al mondo islamico – spiega a Pagine Ebraiche Maryan Ismail, dell’Associazione madri e bimbi somali di Milano – Abbiamo lavorato tutti insieme, dalla Coreis all'imam di Roma, a tutte le comunità coinvolte, per raggiungere questo risultato. Si tratta di un primo passo per il riconoscimento di vari protocolli d'intesa specifici per ciascuna delle entità firmatarie come avviene all'interno del mondo cristiano in Italia”. Secondo il vicepresidente della Coreis (Comunità Religiosa Islamica), l'imam Yahya Pallavicini, tra i firmatari dell'accordo, “tutto dipenderà da come verrà messo in pratica. Capisco le esigenze del Viminale che con questo patto ha voluto che si arrivasse un segnale chiaro e coeso dell'impegno dell'Islam italiano contro il radicalismo. Anche se, per quanto riguarda la Coreis, facciamo già questo lavoro. Detto questo, c'è molto da costruire ora, la base  si fonda su un'intenzione condivisa, ma metodi, contenuti e strutture organizzative saranno fondamentali perché questo segnale politico importante si concretizzi”.
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l'onorificenza conferita dal capo dello stato
Emma Alatri, maestra di libertà
“Aiutando gli altri, si aiuta se stessi. Voi siete l’Italia vera, l’Italia da cui prendere esempio”.
È breve ma sentito l’intervento che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha voluto pronunciare questa mattina al Quirinale al termine della cerimonia di consegna delle onorificenze al merito della Repubblica a quaranta cittadini italiani, uomini e donne, distintisi per la profonda umanità che hanno saputo testimoniare nel loro lavoro o nel loro impegno quotidiano al servizio del prossimo. Tra i premiati Emma Alatri, 90 anni, storica insegnante della Comunità ebraica romana, la prima a ricevere dalle mani di Mattarella il prestigioso riconoscimento.
Parla a braccio, il Capo dello Stato. Ma dalle sue parole, prima della foto di rito con i quaranta premiati, traspaiono emozione e gratitudine. Ed è caldo l’invito a guardare alle vicende oggi celebrate nella casa di tutti gli italiani per costruire nuove opportunità di incontro, dialogo e conoscenza al servizio di tutti.
Missione che Emma Alatri ha saputo incarnare alla perfezione, dedicandosi per molti anni all’insegnamento e alla formazione di molte centinaia di giovani che ancora oggi guardano a lei come a un punto di riferimento imprescindibile.
Mazal tov, morà Emma!
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qui roma
Pentcho, una storia di salvezza
Cinquecento ebrei slovacchi che, in fuga dalla persecuzione nazista, cercano di raggiungere la Palestina mandataria (il futuro Stato di Israele). Da Bratislava, passando per il Danubio, fino al Mar Egeo. La speranza che si arena su un isolotto, dove il battello Pentcho termina la sua traversata. La speranza che si riaccende grazie all’intervento della Marina italiana, che trae in salvo i fuggiaschi e li destina prima a un campo di internamento a Rodi e quindi a Ferramonti in Calabria. Molti, grazie a questo intervento, riusciranno a salvarsi dalla Shoah.
“Il viaggio del Pentcho”, volume che narra questa vicenda con dovizia di dettagli e che già vi abbiamo presentato su queste pagine, si legge tutto d’un fiato. Una storia appassionante ricostruita da Enrico Tromba, Stefano Nicola Sinicropi e Antonio Sorrenti, ospiti ieri della Fondazione Museo della Shoah alla Casina dei Vallati nel corso di una serata segnata da molte emozioni. Presente in sala Elvira Frenkel, testimone oculare dei fatti. Mentre un altro superstite, Jacob Klein, ha raccontato quell’esperienza in un’intervista curata da Sorrenti.
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qui milano
Le origini dell'antisemitismo
Prosegue il ciclo di incontri sull'antisemitismo organizzato dal Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano in collaborazione  l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Casa della Cultura e dell’Istituto nazionale per la Storia del movimento di Liberazione in Italia. Questa sera infatti, nella sede di via Eupili del Cdec, avrà luogo il quarto appuntamento (ore 18.00) dedicato all'“Antisemitismo razzista, nazionalista ed economico”. Nello specifico, si parlerà dell’ideologia antisemita tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’30 del Novecento, con particolare rilievo sui temi economici ed il pensiero di economisti e politici antisemiti quali Werner Sombart, Gottfried Feder e Alfred Rosenberg. Relatori dell'incontro, Francesco Germinario e Gadi Luzzatto Voghera.
In un altro luogo della città, negli aeroporti di Milano e Malpensa, è stata prorogata fino al 5 febbraio la mostra “27 Gennaio: Memorie di una Storia fatta di storie”.
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qui roma
Verso la Maccabiade israeliana
Convocato il raduno nazionale

L'appuntamento è per luglio, quando in Israele si svolgerà la ventesima edizione delle Maccabiadi. Un importante momento di incontro internazionale dedicato a sport, identità e valori. L'Italia, come sempre in passato, farà ancora una volta la sua parte.
In vista dei giochi, il Maccabi Italia chiama tra l'altro a raccolta in queste ore giovani e meno giovani per un raduno nazionale di Calcio e Calcio a 5 convocato per giovedì prossimo presso lo Sporting Club Ostiense a Roma.
Cinque le categorie in cui si cercherà di formare una squadra competitiva per l'estate: Calcio Open, Calcio Juniores, Calcio a 5 Masters, Calcio a 5 Open, Calcio a 5 Juniores.
Il raduno avrà inizio alle 20.
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jciak
Va in scena Gerusalemme
Qual è la città più filmata d’Israele? Le alternative sono due: Gerusalemme o Tel Aviv. E, forse a sorpresa, la risposta giusta è Tel Aviv. Appena 30 film dei 700 film girati in Israele fra il 1948 al 2008 sono stati ambientati a Gerusalemme. Gli altri hanno preferito accomodarsi tra il mare, i grattacieli e la movida della città bianca. Le ragioni della scelta non sono chiare. Forse gli scenari di Gerusalemme, così belli e riconoscibili, rischiano di relegare in secondo piano plot e attori. O forse il dinamismo di Tel Aviv meglio si presta a raccontare la modernità. In ogni caso le cose stanno cambiando.
Non siamo ancora davanti a un’inversione di tendenza, ma i segnali sono inequivocabili. Grazie all’impegno del Jerusalem Film Fund, istituito nel 2008, un numero crescente di filmaker opta per Gerusalemme. “I sui paesaggi così diversi sono stati scelti di recente sia per film destinati al cinema sia per programmi televisivi”, ha spiegato il direttore del fondo al Jerusalem Post.
“Gerusalemme è interessante, misteriosa, diversa e molto versatile ed è stata lo scenario di film drammatici, commedie e perfino fantasy per bambini. Da quando abbiamo iniziato a lavorare abbiamo finanziato più di 60 film ambientati nella nostra città”.

Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - La mia Memoria
In venticinque giorni ho accompagnato al cimitero del Lido di Venezia mio padre z”l e mia madre z”l. Lì riposano adesso insieme alle loro/mie grandi famiglie. Inevitabile rivivere con commozione ricordi e racconti. Storie di felicità e di dolore, di lutti e di fughe, di fughe riuscite e di fughe fallite tramutatesi in Lager.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Giovinezza
Mi piace osservare quel che succede nei giorni intorno al 27 gennaio e non solo per lavoro, ma anche per quello che potrei definire “interesse antropologico”. Accanto a progetti importanti ed esperienze di alto valore civile e morale, succedono spesso cose strane: presentatori improvvisati che cercano di “risollevare un po’ il morale”, politici che pescano dal cellulare frasi a effetto da utilizzare nel discorso che pronunceranno cinque minuti dopo, silenzi imbarazzanti, ecc…
Quest’anno una politica della mia zona, poco prima del Giorno della Memoria, ha postato nel magico e democratico mondo di Facebook una foto del duce, per ricordarci che è stato l’unico uomo nella storia italiana ad aver gestito in modo efficiente i danni di un terremoto.


Maria Teresa Milano
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Time out - La caccia al consenso
Al di là dei giudizi, lo sgombero di ieri ad Amona dimostra che qualsiasi sforzo in quella direzione non viene accolta dai media e dalla politica nella stessa misura con cui viene ricevuta la notizia della costruzione di case a Gerusalemme. La domanda da fare sarebbe retorica e nulla aggiungerebbe.

Daniel Funaro
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Nessun luogo
Mica facile scrivere un libro sul Nessun Luogo, il Nowhere che è Trieste secondo la decisiva, esatta definizione della città nel titolo del fortunato libro di Jan Morris (Trieste. O del Nessun Luogo,  Saggiatore).
Mauro Covacich riesce dove altri maggiori e minori hanno più o meno fallito, perché non sistematizza né mette ordine: il Nessun Luogo ha fisica quantica, e il suo significato è sfuggente se lo si cerca di misurare, quanto è riconoscibile se lo si lascia esprimere. Il ‘meaning’ del titolo della Morris è infatti indicativo dell’inevitabile fallimento programmato della sua queste, mentre quello di Covacich, (La Città Interiore, La Nave di Teseo) è chiave musicale, è intonazione per un concerto per pianoforte e orchestra.


Valerio Fiandra
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Il cono d’ombra
Il 27 dicembre 1987, pochi mesi dopo la morte di Primo Levi (il quale negli ultimi giorni della sua vita aveva assistito sgomento all’emergere di fenomeni negazionisti, come ha ricostruito Francesco Lucrezi in La parola di Hurbinek. Morte di Primo Levi, Giuntina 2005), sulle pagine del Corriere della Sera in un’intervista dal sintomatico titolo Le norme contro il fascismo? Sono grottesche, aboliamole, lo storico Renzo De Felice dichiarava l’Italia fuori dal “cono d’ombra dell’Olocausto”.

Sara Valentina Di Palma
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