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5 febbraio 2017 - 9 Shevat 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
Il primo precetto indirizzato a tutto il popolo di Israele, letto ieri nella parashà di Bo, è la proclamazione del capo mese, ovvero la determinazione del calendario. Una collettività è tale quando condivide uno specifico modo di vivere il tempo e di adeguarsi al suo ritmo.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Predrag Matvejević, intellettuale croato, è morto giovedì 2 febbraio solo e nel silenzio in un ospedale a Zagabria, credo anche in conseguenza delle sue scomode idee. Io dal suo “ Brevario Mediterraneo” (Garzanti) ho imparato due cose: 1) il Mediterraneo è il mare delle culture che si sono incontrate e si sono sovrapposte tra loro come un groviglio di alberi o una mescolanza di dialetti; e 2) proprio perché tutti noi che ci affacciamo sulle sponde di questo grande lago salato, non riusciamo a sopportare questo groviglio, che peraltro costituisce la nostra identità, ci facciamo spesso guerra, alziamo muri, facciamo incursioni nella riva opposta.
 
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Trump e Gentiloni,
primo colloquio
Nato e Libia. Questi i due principali argomenti, insieme alla minaccia del terrorismo islamico, trattati nel corso del colloquio telefonico avvenuti ieri tra il presidente americano Trump e il primo ministro italiano Gentiloni. Una telefonata che entrambi gli staff hanno definito “molto affettuosa” e che è arrivata al termine di una giornata che, scrive il Corriere, certamente non è stata facile per il nuovo inquilino della Casa Bianca, “i cui atti per contenere l’immigrazione a sua giudizio pericolosa per la sicurezza interna sono messi in discussione anche da pezzi della sua stessa amministrazione”.
Trump, parlando con Gentiloni, ha inoltre assicurato la sua presenza al G7 di Taormina.

Due reportage dal Medio Oriente su La Stampa. In uno, si racconta come agisce il più importante centro di controllo israeliano per la sicurezza. Nell’altro, si raccontano invece le proteste anti-Hamas che stanno dilagando nella Striscia di Gaza.
Significativa nel primo la riflessione del maggiore Elitsur Trabelsi, che afferma: “Quando vedo Berlino, Parigi, altre città europee piene di blocchi di cemento mi viene un colpo. È una vittoria dei terroristi. L’esperienza ci ha insegnato che meno barriere si creano, più si lascia la popolazione libera di muoversi, più si fa pendere la bilancia dalla parte di quelli che vogliono vivere in pace, e si isolano gli estremisti”.
Per quanto concerne la realtà di Gaza, dove per 19-20 ore al giorno manca l’energia elettrica; viene invece spiegato: “Hamas in qualche modo è riuscito a bloccare le proteste, prima con la mano dura, c’è stata un’ondata di arresti, poi con la promessa che, grazie agli aiuti di Qatar e Turchia, l’energia sarebbe stata ripristinata almeno otto ore al giorno. Una soluzione temporanea, soldi e forniture bastano per meno di 90 giorni. E poi? La frustrazione nelle strade di Jabalya, come in quelle di Gaza, Rafah, e Khan Younius rimane e la rabbia può tornare a esplodere in ogni momento”.

“Sullo schermo scorrono le immagini di un pantheon del quale Macron può appropriarsi ormai senza concorrenti: dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo al ‘J’accuse’ di Zola, da Victor Hugo all’Abbé Pierre, da Daniel Cohn-Bendit nel ’68 alle fiaccolate per Charlie Hebdo. E poi il generale De Gaulle, Jacques Chirac quando riconobbe le colpe francesi nella deportazione degli ebrei, e Simone Veil promotrice della legge sull’aborto: protagonisti di destra, che lo ispirano quanto quelli di sinistra”. Così il Corriere racconta il comizio tenuto ieri a Lione da Emmanuel Macron, l’ex ministro dell’Economia che oggi appare favorito per la corsa all’Eliseo.

Un romanzo che è una storia vera, scoperta solo per caso. Nel suo libro “La busta gialla”, presentato oggi da La Stampa e Secolo XIX, il giornalista genovese Marco Francalanci racconta di come, neonato, sopravvisse per aver fatto da cavia a un “miracoloso” farmaco tedesco che serviva a curare i soldati ammalati ma che veniva anche utilizzato dal famigerato dottor Mengele nei campi di sterminio nazisti.
 
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  davar
il no dei terroristi alla proposta di israele 
Dal 2014 nelle mani di Hamas,
Avraham e la libertà negata

Avraham Mengistu (nella foto), trentenne di origine etiope, nel settembre 2014 ha scavalcato la barriera di sicurezza nei pressi di Zikim – a sud di Ashkelon – e si è introdotto nella Striscia di Gaza. Il ragazzo soffre di disturbi psichici e da oltre due anni è nelle mani di Hamas, il gruppo terroristico che controlla Gaza. Secondo i media israeliani, le autorità di Gerusalemme hanno proposto nelle scorse settimane uno scambio di prigionieri a Hamas per riportare in Israele Mengistu: in cambio della liberazione del giovane, gli israeliani hanno offerto di liberare un affiliato al gruppo terroristico, anch'egli con disturbi psichiatrici. Ma il gruppo terroristico palestinese ha rifiutato la proposta. Secondo la radio israeliana, Hamas ha dichiarato che non gli interessa lo scambio con un singolo prigioniero. Nelle loro mani, c'è anche Hisham al-Sayed, beduino israeliano con una storia molto simile a quella di Mengistu: il giovane soffre di schizofrenia e, come Avraham, si è introdotto nella Striscia di Gaza nel 2014, dove è stato catturato e, secondo fonti israeliane, imprigionato da Hamas. I destini dei due uomini non sono chiari ma, come riporta la notizia della radio israeliana, ci sono delle trattative in corso. Trattative che servono anche per riportare in Israele i corpi di due soldati di Tsahal (l'esercito israeliano), Shaul Oron e Hadar Goldin, uccisi nel conflitto di Gaza del 2014. Ma su questo fronte non ci sono state novità.
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qui roma - il convegno dedicato a luzzati
“Grazie Lele, per la tue opere
e per i sogni che ci hai regalato”

Nel titolo dell’iniziativa, tratto dalla Genesi, c’è un chiaro invito rivolto alla platea: “Guarda il cielo e conta le stelle…”. L’invito è a guardare in alto, verso il soffitto. Quel soffitto così meravigliosamente istoriato dall’artista, in cui si raffigurano i dodici segni zodiacali e verso cui tendono, tutti insieme, gli occhi di decine di persone.
Una giornata emozionante e densa di testimonianze quella che si è aperta questa mattina al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in ricordo di Emanuele Luzzati.
A dieci anni dalla scomparsa, il grande scenografo, animatore e illustratore genovese è fatto omaggio di parole e ricordi preziosi. Di chi ne è stato stretto collaboratore, di chi ha condiviso con lui momenti indimenticabili, di chi nei suoi lavori ha trovato lo stimolo per intraprendere una determinata professione. Una giornata che coinvolge grandi e piccini anche grazie ad alcuni laboratori artistici per giovanissimi.
“Un’esperienza di laboratorio che intendiamo portare avanti anche in altre giornate, rivolgendoci all’insieme dell’Italia ebraica” afferma la Presidente UCEI Noemi Di Segni nel suo intervento di apertura della giornata, molto partecipata sin dalle prime ore. Al suo fianco la studiosa Raffaella Di Castro, che ha il compito di introdurre i temi dell’iniziativa, ideale proseguimento di un incontro dedicato all’arte e all’identità ebraica svoltosi in novembre, la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e l’assessore alla Cultura Giorgia Calò.
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qui milano, qui torino
Primo Levi ed Elie Wiesel,
lezioni da non dimenticare 

Furono entrambi grandi scrittori. Le loro testimonianze acute, tormentate quanto preziose, hanno portato la consapevolezza della tragedia della Shoah in milioni di case grazie a libri di straordinaria forza narrativa. A loro, Primo Levi ed Elie Wiesel, in queste ore a Milano e Torino sono dedicati due appuntamenti: lo scrittore torinese è il cuore della tradizionale Lezione Primo Levi, che quest’anno è incentrata sul suo rapporto con i tedeschi e vede come relatrice Martina Mengoni, dottoranda in Letteratura Italiana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. L’incontro, organizzato dall’Associazione figli della Shoah assieme al Centro studi internazionale Primo Levi, al Museo della Scienza e della Tecnologia e alla Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, si svolge all’interno della struttura del Memoria (ore 16.30). In contemporanea a Torino, nelle sale del centro sociale della Comunità ebraica, si svolgerà l’incontro su “Elie Wiesel. Tra memoria, narrazione, ebraismo, filosofia”, che vedrà confrontarsi al tavolo l’editore Daniel Vogelmann (“Wiesel in Italia”); rav Roberto Della Rocca (“Esilio, memoria, ebraismo”), direttore dell’area Cultura e formazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Piero Stefani (“Wiesel lettore della Bibbia”), docente di Storia del pensiero ebraico. A introdurre il convegno, Tullio Levi, presidente del Gruppo Studi ebraici, mentre le conclusioni saranno affidare all’assessore alla Cultura della Comunità ebraica David Sorani.
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qui genova - la mostra al museo ebraico
Educati alla guerra
Quali furono le premesse ideologiche che portarono a costruire corpi e menti da utilizzare non solo per fini bellici ma anche come fabbrica del consenso del regime fascista? Quali percorsi seguì l’educazione al mito della guerra, ai miti della forza, dell’intolleranza, della fedeltà cieca e assoluta, della rinuncia al pensiero autonomo e indipendente?
Domande centrali per approfondire la macchina ideologica e propagandistica del regime. Domande cui cerca alcune risposte la mostra documentaria “Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento” inaugurata questa mattina al Museo ebraico di Genova.
Curata da Gianluca Gabrielli e distribuita da Proforma Memoria, la mostra è stata accolta con grande interesse da tutta la cittadinanza. Oltre duecento infatti le persone che si sono ritrovate al Museo. A fare gli onori di casa, tra gli altri, il presidente della Comunità ebraica Ariel Dello Strologo, la vicepresidente Miryam Kraus e il rabbino capo Giuseppe Momigliano. Presente anche una delegazione della Coreis, la Comunità Religiosa Islamica.
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la delegazione di senatori e deputati
In viaggio per conoscere Israele,
la visita dei parlamentari italiani

Gerusalemme e Tel Aviv, ma anche il parco tecnologico di Beer Sheva, una base dell’aeronautica, i villaggi al confine con Gaza. Queste alcune delle tappe del viaggio organizzato dall'Associazione Appuntamento a Gerusalemme guidata da Anita Friedman, in collaborazione con l'Ambasciata di Israele a Roma, per una delegazione di 26 parlamentari italiani appartenenti alle forze di tutto l’arco politico, dal Partito Democratico alla Lega, dal Movimento Cinque Stelle al Nuovo Centro Destra (tra loro, il presidente dell'Associazione Interparlamentare di Amicizia Italia-Israele Maurizio Bernardo). Per deputati e senatori, la maggior parte dei quali in visita nel paese per la prima volta, anche l’occasione di incontrare diversi esponenti della società civile e del mondo politico israeliano, tra cui il Ministro dell’Energia e delle risorse idriche Yuval Steinitz, che ha descritto la situazione del paese per quanto riguarda le tematiche trattate dal suo dicastero, ricordando anche le opportunità di lavoro comune, specie in materia di sfruttamento dei bacini di gas naturale recentemente scoperti.
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Qui Firenze – L’incontro alle Murate 
Paesi arabi, le memorie ebraiche
Firenze, caffè letterario delle Murate. Incontro organizzato da donne per la pace su Gli ebrei dei paesi arabi: tra storia e memoria. Anima di questo gruppo, nato nel 2015, Tami e Saana, due donne che vivono a Firenze, una israeliana, l’altra egiziana. Intorno, altre donne, per lo più ebree e mussulmane.
Un evento vivace ed emotivamente coinvolgente. Relatore Dario Miccoli, ricercatore e docente di Lingua e Letteratura Ebraica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le sue ricerche sono dedicate alla storia e memoria degli ebrei dei paesi arabi, in particolare dell’Egitto, e alla letteratura israeliana contemporanea. Tra le sue opere La letteratura israeliana mizrahi (Firenze: Giuntina, 2016).
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qui milano 
Guido Luzzatti (1918-2017)
È scomparso a Milano nelle scorse ore il professor Guido Luzzatti, illustre medico e ricercatore, protagonista negli anni delle persecuzioni e della Resistenza, poi della ricostruzione della Milano ebraica. Luzzatti, che era nato a Roma nel gennaio 1918, era riuscito a conseguire la laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Milano nel novembre 1942, riuscendo a superare gli ostacoli frapposti dalla promulgazione delle leggi razziste del 1938. Il 17 ottobre del 1943, costretto a darsi alla fuga, era riuscito a riparare in Svizzera varcando le Alpi e giungendo nella località grigionese di Campocologno, per prendere subito servizio nell’ospedale centrale ‘La Carità’ di Locarno. Un incarico che si protrasse fino al maggio del 1945 interrotto solo dai giorni della Repubblica partigiana dell’Ossola, quando si occupò dei servizi sanitari del territorio che le forze popolari erano riuscite eroicamente a strappare all’occupazione nazifascista. Rientrato a Milano dopo il termine del conflitto, ha collaborato con Marcello Cantoni per l’Organizzazione Sanitaria Ebraica (OSE) nella prima sede comunitaria di via Unione. Nei primi mesi, durante l’impegno della Ricostruzione, si è specializzato in tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio nel 1945, e in radiologia nel 1948. Da quel momento e fino al 1988 ha esercitato la professione medica ricoprendo vari ruoli dirigenziali, e ha concluso la carriera come primario del servizio di Radiologia dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano. Oltre all’attività clinica ha svolto una continuativa attività di ricerca come testimoniato dai numerosi lavori scientifici su tematiche della radiodiagnostica, radioterapia e senologia.
Le esequie si terranno domani, lunedì 6 febbraio, alle 10:45 al cimitero ebraico milanese di Musocco.
A Claudio, ad Anna Vittoria, a tutti i loro cari, il commosso omaggio della redazione.
Che il suo ricordo sia di benedizione.
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sorgente di vita
Di corsa per la Memoria
Una rassegna delle principali iniziative promosse dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dedicate alla memoria nella puntata di Sorgente di vita in onda su Raidue domenica 5 febbraio alle 0.30 circa. Il primo servizio apre con un’intervista a Shaul Ladany, ingegnere e maratoneta, sopravvissuto a Bergen Belsen, scampato all’attacco alla squadra israeliana durante le Olimpiadi di Monaco nel 1972. È il testimonial di Run for mem, la maratona dedicata alla memoria organizzata a Roma il 22 gennaio scorso. Insieme a tanti altri atleti, professionisti e dilettanti, famiglie, giovani e vecchi, con i suoi 85 anni Ladany ha corso per 10 km lungo un percorso che ha toccato luoghi simbolici della città in ricordo delle persecuzioni e dello sterminio di ebrei, rom e sinti, partigiani e oppositori politici.
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pilpul

A cercare la “bella morte”
Torniamo a ragionare sul jihadismo. Lo facciamo senza l’urgenza della ribalta dettata dalla cronaca, per meglio intendere il suo significato storico, oltreché politico. Si tratta di un termine relativamente nuovo, generatosi e poi diffusosi, come espressione di ricorso comune, nell’ultimo decennio. Comunque, non troppo prima dei fatti del settembre del 2001. E tuttavia, l’insieme dei fenomeni che la parola in sé contraddistingue (soprattutto, in ordine di successione, il ricorso sistematico alla violenza politica attraverso l’uso di una retorica del discorso pubblico che rimanda alla sfera della religione come ad una totalità, nonché la concezione militarizzata dei rapporti politici, fatto che implica la distruzione integrale dell’avversario) non risale a questi ultimi anni, semmai collocandosi nel transito storico compreso tra gli anni Sessanta e Settanta, a fronte delle crepe del discorso politico secolarizzante dei vari Nasser e delle leadership terzomondiste. Il khomeinismo, così come i mujaheddin afghani, un decennio dopo, non faranno altro che iniziare a capitalizzarne i risultati. Nel mentre si svolge la oramai dimenticata guerra civile algerina, carneficina archiviata molto velocemente perché sostituita da altre emergenze.

Claudio Vercelli
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Levi papers - Gusci e conchiglie
Nel primo foglio dattiloscritto aggiunto nel 1958 a “Le nostri notti”, Levi parla di un tema a lui molto caro: il “guscio”. Ha aggiunto due fogli, cambiando, come si è detto, l’inizio del capitolo e introducendo il personaggio di Alberto. Poco dopo la metà del foglio dattiloscritto – più corto del seguente, segno che è stato ritagliato da un A4 – c’è questa frase: “La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio approfondito. Si tratta di un prezioso lavorio di adattamento, in parte passivo e inconscio, e in parte attivo: di piantare un chiodo sopra la cuccetta per appendervi le scarpe di notte; di stipulare taciti patti di non aggressione coi vicini; di intuire e accettare le consuetudini e le leggi del singolo Kommando e del singolo Block. In virtù di questo lavoro, dopo qualche settimana si riesce a raggiungere un certo equilibrio, un certo grado di sicurezza di fronte agli imprevisti; ci si è fatto un nido, il trauma del travasamento è superato”.

Marco Belpoliti, scrittore
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