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10 Febbraio 2017 - 14 Shevat 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Il giorno che salimmo in terra di Israele, preso da stanchezza e da un entusiasmo burocratico imposto da un impiegato del ministero dell’integrazione, (Misrad HKlità) nostro figlio Joshua, la sua Rocca lo custodisca, che allora aveva appena cinque anni, accettò il cambio di nome nel più israeliano e, apparentemente, ebraico Yeoshua.
Di fatto però in famiglia, sin dal giorno del suo brit milà, Joshua è sempre stato Joshua. E per questo motivo, stanco di questa schizofrenia, tra un Joshua familiare ed amicale, a volte anche Josh, ed un Yeoshua scolastico e burocratico, nostro figlio lo scorso anno ha deciso di voler essere Joshua anche sui documenti israeliani così come è tale su quelli italiani.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
L’unicità dell’evento-Shoah rispetto a tutti gli altri numerosi casi di sterminio di massa viene sostenuta in vari modi, tutti validi; si tratta di un complesso di elementi che presi nel loro insieme vanno a disegnare un evento eccezionalmente grave che è stato negli ultimi anni assunto come punto di riferimento ineludibile di riflessione etica sul peso della storia che ci portiamo alle spalle. Tentiamo di schematizzarli brevemente.
 
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Attentato palestinese,
poco spazio sui media
Pochissimo spazio sui quotidiani italiani per l’attentato terroristico palestinese che ieri ha colpito Petah Tikvah, città nei pressi di Tel Aviv. Alle 17 ora locale, un palestinese di 18 anni ha aperto il fuoco con una mitraglietta artigianale contro la folla, ferendo cinque persone. Il terrorista, proveniente da Nablus, nella West Bank, è stato poi catturato e, riporta Avvenire (che dedica un breve trafiletto all’attentato), aveva con sé una bomba.
Diversi hotel genovesi hanno rifiutato di ospitare il raduno organizzato per domani da Forza Nuova e che raccoglie esponenti dell’estrema destra europea. Come racconta Stefano Origone su Repubblica Genova, dopo i no ricevuti, Forza Nuova ha deciso di tenere il convegno nella sua sede in via Orlando inaugurata due anni fa e diverse organizzazioni, tra cui l’Anpi, hanno annunciato una manifestazione di protesta contro il raduno. E contro la preoccupante iniziativa di stampo neofascista sono arrivate anche le parole, riportate da Repubblica, della presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e del presidente della Comunità ebraica di Genova Ariel Dello Strologo: “La sola possibilità che a Genova, città medaglia d’oro alla Resistenza, venga ospitata una manifestazione di gruppi antidemocratici costituisce un’offesa alla memoria di chi lottò e fu vittima di quei regimi a cui questi movimenti di estrema destra si ispirano”, la denuncia di Di Segni e Dello Strologo. “A chi propugna tesi razziste e xenofobe, ai nostalgici del totalitarismo nazifascista, non possiamo permettere di esprimere le proprie ideologie. Il mondo ebraico – proseguono – si è sempre fatto garante della libertà di pensiero e di manifestazione e proprio per assicurare un futuro dei nostri figli e all’Europa tutta, chiediamo alle Autorità di voler impedire un raduno a movimenti che abusano di questa libertà seminando odio e intolleranza”.
 
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  davar
il festival internazionale ha preso il via
La Germania, l'Europa, gli ebrei

Alla Berlinale le lacrime e il riso
Non era niente di più che un pugno di disperati, quello che restava dell’ebraismo tedesco al momento della liberazione. Decimati, affamati, disperati, con un futuro da costruire e una vita da vivere senza nemmeno comprenderne le ragioni.
“Es war einmal in Deutschland” (C’era una volta in Germania, il titolo fa il verso al grande classico di Sergio Leone), il film di Sam Garbarski che ha aperto trionfalmente il sessantasettesimo Festival internazionale del cinema di Berlino, ci porta in mezzo a loro in un’esperienza che per molti spettatori non sarà facile dimenticare.
Tutto costruito sul ritmo serrato della trilogia letteraria del “Die Teilacher” di Michael Bergmann, il romanzo che ha messo in luce il genio letterario di uno degli esponenti più in vista della realtà ebraica di Francoforte, il film di Gabarski mette sulla scena la grinta di attori fuori dal comune come Antje Traue e uno straordinario Moritz Bleibtreu ormai ben conosciuto anche dal pubblico italiano.
Il ruolo di David, l’ebreo dalla sfacciataggine sconfinata e dalla simpatia irresistibile, sopravvissuto solo per la sua prodigiosa abilità di raccontare barzellette ai gerarchi nazisti che sterminavano intanto i suoi cari e tutto un popolo, sembra tagliato apposta per un attore così versatile.
Per quasi due ore si ride e si piange, e a volta le lacrime si mescolano, senza prendersi mai una pausa.
Ma, quello che forse più conta, mostrando con profondità e senza annoiare il terribile regolamento di conti che gli ebrei tedeschi sopravvissuti hanno affrontato alla fine della guerra con la società e all’interno del proprio mondo, si porta a termine una operazione sulla Memoria che rappresenta bene l’enorme lavoro mentale e culturale, il processo di maturazione e di assunzione di responsabilità compiuto dalla Germania nel dopoguerra.
È il 1946, mentre si prepara il processo di Norimberga, in una Francoforte ridotta in polvere gruppuscoli di ebrei sopravvissuti si aggirano nei baraccamenti riservati alle persone disperse e allestiti dalle autorità alleate. David, unico sopravvissuto della sua famiglia, erede di un elegante negozio di biancheria della città, disperatamente assetato di vita, raccoglie attorno a sé una banda di pronti a tutto per avviare un commercio corsaro di tessili e cominciare a ricostruirsi una esistenza.
La storia e il carattere di ognuno di questi personaggi è un viaggio nella sofferenza indicibile e nella forza incredibile che gli ebrei tedeschi hanno sottolineato. Ma il confronto per David si estende quando si trova indagato dalle autorità militari americane che vogliono capire se non sia stato un collaborazionista. Addirittura qualcuno che nella speranza di sfuggire alla camera a gas non abbia accettato di insegnare l’arte di raccontare una barzelletta allo stesso Hitler, alla disperata ricerca di qualche battuta ad effetto per fare bella figura nell’imminenza di un suo incontro con Benito Mussolini.
E il confronto prosegue, si stringe come una morsa negli interrogatori che potrebbero portarlo alla pena capitale per collaborazionismo, ma anche i suoi accusatori, che vestono la divisa dei liberatori, sono in definitiva ebrei tedeschi che erano riusciti a lasciare la Germania giusto in tempo. E fra il sospettato David e l’inquirente Sara Simon, fra sospetto, paura, brama di impietosa verità e voglia di sorridere alla vita, alla fine scoppia una passione difficile da trattenere.
È un regolamento di conti spaventoso e necessario, nella caccia ai criminali, nella oscenità dell’indifferenza, nell’orrore e nel senso di Giustizia e di speranza che continuamente rialza la testa. La tragedia e la forza incredibile di essere ebrei in Germania. Ma soprattutto un regolamento di conti della vita contro la morte, dell’identità contro il buio, della voglia di ridere contro l’orrore.
Bergmann e e Gabarski riescono a mettere alla portata di tutti quello che forse è più difficile raccontare: che cosa significhi davvero essere dei sopravvissuti. E così facendo mettono a segno un importante investimento per la Memoria autentica, per una Memoria che si perenne fonte di vita e costante difesa di valori. Una vera e propria lezione di politica della Memoria.
Ma rendono omaggio, soprattutto, a quello sparuto gruppo di ebrei, erano appena quattromila, che nonostante ogni logica apparente decise di fermarsi in Germania, di partecipare alla ricostruzione, di riprendersi quello che si era voluto loro strappare con la bestialità. E mettono assieme grande cinema, spettacolo travolgente, emozione forte, determinazione a scegliere per la vita.
Sì. C’era una volta tutto questo, in Germania. E c’è ancora oggi più che mai. Perché quel drappello di sbandati che restando salvò contro ogni logica apparente l’onore dell’Europa, grazie alla capacità strategica e alla dirittura dei propri leader comunitari, grazie alla tenacia di chi non volle arrendersi, è oggi un gruppo numeroso, forte, determinato, accogliente e ben consapevole della propria identità.
Qualcuno doveva restare, qualcuno doveva ricostruire, qualcuno doveva farlo. Si dice che nessuno sia stato effettivamente in grado di spiegare ai propri figli le ragioni di quella scelta. Eppure, come dice il protagonista folgorando lo spettatore sul finale, era necessario, perché in definitiva “sarebbe stato un vero peccato lasciare ai tedeschi un così bel paese”.


gv

ieri attentato palestinese a petah tikvah
Insediamenti
, Trump prudente:
"Nuove case non sono un bene"
Il terrorismo palestinese è tornato a colpire ieri in Israele. A compiere l’attacco, un diciottenne proveniente dalla Cisgiordania che, armato di una mitraglietta fatta in casa, ha aperto il fuoco contro un autobus e contro la folla presente nei pressi del mercato di Petah Tikvah, città a poca distanza da Tel Aviv. Cinque gli israeliani rimasti feriti nell’attentato che, come di consueto, ha ricevuto il plauso del gruppo terroristico di Hamas. “Naturale risposta” ai “crimini d’Israele”, le parole del portavoce del movimento che controlla Gaza: ovvero attaccare i civili nella loro quotidianità, mentre vanno a fare la spesa al mercato. Intanto fanno discutere in Israele le parole sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella sua prima intervista a un giornale israeliano, Israel Hayom. Trump, che il 15 febbraio incontrerà a Washington il Primo ministro Benjamin Netanyahu, ha ribadito la sua amicizia a Israele, affermando però che non pensa “che andare avanti con nuovi insediamenti sia un bene per la pace”.
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QUI ROMA - UNA SERATA CARICA DI EMOZIONI
Vittorio Foa, l'omaggio recitato

"Il carcere fu per lui una scuola"
Con Riccardo Bauer ed Ernesto Rossi formò un gruppo coeso, unito da una straordinaria passione civica. Anni di dura carcerazione, insopportabili per la gran parte dei prigionieri, ma che in lui rafforzarono l’impegno per la libertà, la democrazia, il progresso. C’era buio attorno: la repressione si intensificava, il paese precipitava sempre più nel baratro. Eppure Vittorio scelse di non arrendersi. Prima ancora di imbracciare il fucile come partigiano, dopo l’otto settembre, la sua fu una Resistenza intellettuale che ne definì in profondità il carattere e i successivi impegni.
Questo uno dei ricordi più intensi affiorati nel corso dell’incontro-omaggio in memoria di Vittorio Foa svoltosi alla Casa della Memoria e della Storia di Roma. Incontro, cui hanno partecipato le figlie Anna e Bettina e che ha avuto come suo momento centrale la messa in scena di un testo scritto dallo storico Leonardo Casalino e interpretato dall’attore Marco Gobetti (nell’immagine): “Vittorio Foa – Pensare il mondo con curiosità”.
Fu proprio la curiosità, insieme all’amore per la conoscenza, a rendergli sopportabile l’esperienza in cella.
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qui torino - progetto insieme
Islam radicale, condanna comune
Seconda tappa del “Progetto Insieme” a dimostrazione di come il percorso iniziato lo scorso novembre all’interno della moschea di via Saluzzo a Torino stia proseguendo. Ad organizzare l’incontro, alla presenza di un vasto pubblico, la Comunità ebraica assieme alla sezione ANPI di San Salvario e alla Circoscrizione 8, ente promotrice anche la Comunità islamica, accanto a quella valdese e cattolica, tutte riunite in un medesimo quartiere della città. Presenti in sala anche il Presidente della Comunità ebraica Dario Disegni e il vicepresidente UCEI Giulio Disegni.
Tema dell’incontro un’analisi del complesso fenomeno della radicalizzazione violenta e della diffusione dell’estremismo islamico.


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il passo falso del dizionario online
Se il pregiudizio diventa virale
Secondo Alexa, sito che fornisce i dati del traffico online dei diversi siti web, wordreference.com, il dizionario online, è 262esimo nella lista dei siti più visitati al mondo. Una diffusione straordinaria per quello che è diventato uno dei dizionari online più usati in assoluto per le traduzioni da inglese a spagnolo, da inglese a francese, da inglese a portoghese e da inglese a italiano. Ma proprio in quest’ultima versione emerge una preoccupante associazione, che richiama i peggiori pregiudizi antisemiti (il caso è stato aperto sul Foglio da Adriano Sofri): alla voce avaro del dizionario wordreference infatti compaiono le traduzioni: “Avaro (agg) (tirchio, spilorcio, taccagno) mean, cheap, stingy, miserly, avaricious”. E più sotto, nelle esemplificazioni: “avaro found in these entries: ebreo – pidocchio – pitocco – taccagno – tirato – tirchio”. Il primo richiamo esemplificativo di avaro è dunque ebreo, come nelle più velenose tesi antisemite.

Pagine Ebraiche ha chiesto conto ai responsabili del sito wordreference del perché compaia quell’associazione, sottolineando la necessità di una spiegazione nonché di un’immediata rimozione della voce “ebreo” associata alla parola “avarizia”.
QUI MILANO - IL CICLO DI INCONTRI
Diaspora, sionismo, Israele

Viaggio nella storia ebraica
Cinque tappe per fornire gli elementi salienti “che hanno contribuito ad originare e a sviluppare il sionismo, in quanto cultura politica, così come il suo trasfondersi e realizzarsi nella concreta costruzione dello Stato d’Israele”. Questo il senso del ciclo di conferenze che si aprirà domenica 12 febbraio al Teatro Franco Parenti di Milano a cura dello storico Claudio Vercelli, docente a contratto all’Università Cattolica di Milano nonché collaboratore del portale dell’ebraismo italiano moked.it e di Pagine Ebraiche.
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il primo raduno della squadra italiana
Maccabiadi, inizia la sfida
È partito ufficialmente il percorso di avvicinamento alle Maccabiadi.
Sia a Roma, sede nelle scorse ore di un partecipato raduno nazionale convocato per formare le diverse compagini che parteciperanno ai tornei calcistici. Sia in Israele, dove un gruppo consistente di atleti “open” romani si è incontrato e allenato per arrivare allo stesso risultato.
Numeri significativi e tanto entusiasmo per affrontare al meglio la ventesima edizione dei Giochi. Soddisfatto il presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello, che si dice fiducioso di portare a compimento “anche questa avventura”.
Con la speranza che, anche da altre città d’Italia, possano arrivare segnali altrettanto promettenti.

(Nell’immagine la squadra italiana ai Giochi Europei di Berlino)



pilpul
Incontro con il faraone
Sabato scorso abbiamo letto di lui nella parashà di Bo, che racconta l’uscita dall’Egitto, e guarda caso il giorno successivo passeggiando nel centro di Torino lo abbiamo incontrato. A dire la verità non sono sicura che fosse proprio lui. Anche la tradizione ebraica identifica il faraone dell’uscita dall’Egitto con Ramses II? Sembrano esserne convinti i testi scolastici di storia, così come le guide del Museo Egizio che di fronte alla sua statua tessono le lodi del grande faraone elencando l’Esodo tra i testi che parlano di lui (per la verità non è che la Torah ne parli proprio bene, ma questo, a quanto pare, è un dettaglio). L’identificazione è data per scontata anche nel film Exodus di Ridley Scott in cui il giovane e aitante Mosè salva la vita al fratellastro Ramses durante la battaglia di Kadesh (quella vinta dagli Egizi secondo i testi egizi e dagli Ittiti secondo i testi ittiti). Dunque, con un pizzico di divertimento e con il gusto tipico del midrash di accorpare i personaggi, mi piace pensare almeno per un momento che sia proprio lui.
Lo incontriamo in via Lagrange. Ci osserva severo e sdegnoso mentre gli passiamo davanti; ci guarda dall’alto in basso perché è molto più grande di noi. Lui è una statua bella e maestosa, la riproduzione di quella che si trova al Museo Egizio qualche isolato più avanti. I turisti vengono da lontano per ammirarlo. Lui era il leader di una superpotenza, noi eravamo i suoi schiavi. Lui è immobile, noi camminiamo.


Anna Segre, insegnante

Una speranza
Riporta tra gli altri il The Jewish Chronicle che lo stratega di Donald Trump, Steve Bannon, avrebbe sostenuto attraverso un documentario abbozzato nel 2007 “The Islamic States of America” che la comunità ebraica americana, insieme alle università e ai principali mezzi di informazione, stia spianando la strada all’islamizzazione dell’America e al Jihad. Esisterebbe una sorta di quinta colonna attiva in Occidente, come ha affermato lo stesso Bannon nel 2016, che mirerebbe al decadimento dei suoi valori cristiani e al suo indebolimento. Bannon propugnatore di varie tesi cospirazioniste e da alcuni storici considerate pseudoscientifiche, tra cui la teoria generazionale di Strauss-Howe – “la quale la storia americana seguirebbe cicli di quattro fasi, scanditi dal susseguirsi di periodi di profonda crisi e di rinascita” – è stato definito da Paul Blumenthal sull’Huffington Post come un “fautore dell’Apocalisse”. Egli stesso ha dichiarato al Washington Post un mese fa che “stiamo assistendo alla nascita di un nuovo ordine politico”.
Di questi “guru” o personaggi visionari, o forse di sciotim come si direbbe a Livorno, ne è satura la storia e il mondo e sovente quando essi hanno raggiunto alte cariche istituzionali le conseguenze sono state purtroppo nefaste, bisogna ancora continuare a sperare che Bannon sia una rara eccezione.


Francesco Moises Bassano

Il cuore duro
Secondo Erich Fromm “Indurirò il cuore del Faraone” (Esodo 7,3) insegna che tutti gli eventi “necessari” sono eventi causati da Dio. Non a caso poi il testo biblico ripete più volte che “Faraone indurisce il suo cuore”, sottolineando così una delle leggi più importanti del comportamento umano: ogni azione malvagia tende “necessariamente” a indurire il cuore dell’uomo e a renderlo insensibile; ogni atto buono tende ad addolcirlo e a vivificarlo. E, determinati dalle azioni precedenti, più si indurisce il cuore e meno libertà si ha di cambiare.

Ilana Bahbout





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