Ephraim Mirvis,
rabbino capo di Gran Bretagna
e del Commonwealth
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È
giunto il momento per noi di smettere di sperare che un altro muro, un
altro capro espiatorio o un'altra guerra porteranno nel mondo la pace
che desideriamo.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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C’è
una frase della Mishnàh (Pirké Avoth 2:16) che mi ha sempre intrigato:
“Non spetta a te [non è tua responsabilità] portare a termine l’opera,
ma non sei libero [/non hai il diritto] di astenertene [di
esentartene]”.
Nella fretta dettata dalla volontà/necessità di comprendere, se ne
coglie l’invito consolatorio a non demoralizzarsi se non si riesce a
finire ciò a cui ci si applica, qualcun altro lo finirà, o almeno
continuerà ad applicarsi a quell’opera nell’intento di proseguire il
percorso e portarla in direzione del suo compimento. Suona come
un’assoluzione, ossia: non preoccuparti per le difficoltà del compito a
cui ti accingi, ma fa’ lo stesso la tua parte.
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Museo ebraico e Vaticano
insieme per la Menorà
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Si
intitola “Menorà: culto, storia e mito” la mostra che dal 15 maggio al
23 luglio sarà visitabile presso il Braccio di Carlo Magno dei Musei
Vaticani e il Museo ebraico di Roma. L’esposizione è stata presentata
ieri nella Capitale, proprio all’interno del Museo ebraico, e,
ricordano i quotidiani oggi (Corriere della Sera, La Stampa e
Messaggero Roma), rappresenta il primo progetto comune tra le due
istituzioni. “La Menorà è come se fosse il logo del popolo ebraico”, ha
spiegato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni durante la
presentazione della mostra a cura di Arnold Nesselrath, delegato per i
Dipartimenti scientifici e i laboratori di Restauro dei Musei Vaticani,
Alessandra Di Castro, direttrice del Museo ebraico capitolino, e dello
storico dell’arte Francesco Leone. “II progetto – racconta il Corriere
richiamando le parole della Di Castro e di Barbara Jatta, nuova
responsabile dei Musei Vaticani – ha richiesto tre anni e mezzo di
lavoro per costruire una mostra dedicata a un simbolo millenario che
nessuno potrà vedere semplicemente perché, arrivato a Roma nel ’70 dopo
la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte delle truppe romane
dell’imperatore Tito, il candelabro è sparito dal V secolo, quando
venne razziato dai Vandali di Genserico nel sacco del 455”.
Israele, esempio di economia forte. Con un tasso di crescita annuo del
Pil del 6,2 per cento (quarto trimestre del 2016), Israele dimostra
ancora una volta la sua forza economia, grazie in particolare al
settore delle nuove tecnologie. Come spiega La Stampa, quella dello
Stato ebraico “è la performance migliore nell’Ocse, l’organizzazione
che raccoglie i Paesi industrializzati occidentali. La disoccupazione è
scesa al 4,3%, anche questo uno dei dati migliori all’interno
dell’Ocse, che vede una media del 6,2%. La disoccupazione scende
nonostante sempre più persone entrino nel mercato del lavoro”.
Il patriottismo europeo contro l’illusionismo dei Trump, Le Pen e sette
grilline. “È ora schiacciare la bestiolina demagogico-populista” il
titolo dell’editoriale pubblicato dal Foglio a firma di Giuliano
Ferrara. Parlando della scissione in corso all’interno del Partito
democratico, Ferrara auspica la ricostituzione di un fronte democratico
a livello europeo contro il populismo emerso nel Vecchio Continente e
non solo. “Un alleato americano fattosi insidioso e mattocchio, fuori
controllo. Una Russia prepotente e impicciona. – il quadro del
fondatore del Foglio – Un’orda di barbariche paure sociali alimentate
dal carnaio mediorientale, dall’islam politico, da una immigrazione
incontrollata, dalla concorrenza dei paesi extraeuropei ormai
ipercompetitivi e dal terrorismo dispiegato: ci vuol altro per tornare
a considerare l’Europa non il disastro di Bruxelles, non un centro
finanziario poco democratico, sempre più percepito con oscure venature
antisemite come una lobby di élite lontane (fuori dall’euro e gli ebrei
si tolgano la lippa, dice Madame), ma il baluardo dell’unico mondo in
cui ci piace vivere?”. Intanto Marine Le Pen, candidata per il Front
National all’Eliseo, è in visita in Libano: “Proteggere i cristiani
d’Oriente è nostra responsabilità – le parole della Le Pen riportate da
La Stampa – ma non l’accoglienza in Europa”.
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QUI ROMA - IL CONVEGNO INTERNAZIONALE
Filosofia, teologia, pluralismo
"Rosenzweig, pensiero attuale"
È
la congiunzione dell’incontro, del dialogo, della possibile connessione
tra mondi diversi se non addirittura contrapposti. Per Franz
Rosenzweig, grande filosofo tedesco scomparso nel 1929, tra i più
stretti amici e collaboratori di Martin Buber la E gioca un ruolo
fondamentale nella storia dell’umanità.
“La sua lezione è quanto mai viva, quanto mai fondamentale nel nostro
presente” sottolinea Irene Kajon, docente di filosofia all’Università
Sapienza di Roma e anima del convegno internazionale dedicato allo
studioso che si è aperto ieri pomeriggio alla Pontificia Università
Gregoriana. “La congiunzione e nell’opera di Franz Rosenzweig: Io e
l’Altro, filosofia e teologia, tempo e redenzione, ebraismo e
cristianesimo”. Titolo indicativo, che lascia intendere molto.
Quattro giornate di relazioni e testimonianze, per portare avanti il
messaggio di Rosenzweig. Una sfida ancora più significativa in ragione
degli enti che cooperano alla realizzazione di questa iniziativa.
Università Sapienza di Roma; Centro per gli studi ebraici Cardinal Bea;
Pontificia Università Gregoriana; Franz Rosenzweig Gesellschaft. Ma
anche l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che patrocina l’evento
e ospiterà stasera presso il suo Centro Bibliografico una sessione sul
tema “Samuel David Luzzatto e Franz Rosenzweig: esegesi della Bibbia e
interpretazione di Yehuda Ha-Lewi” con interventi, oltre che di Kajon,
del rabbino capo Riccardo Di Segni e dello storico Gadi Luzzatto
Voghera, moderati da Raffaella Di Castro. Leggi
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qui roma - il convegno internazionale
Franz Rosenzweig, il dialogo
arma per capire la società
Un
grande filosofo del ‘900, il cui pensiero in questi ultimi anni è stato
riscoperto, anche grazie alla promozione di rilevanti convegni
internazionali come quello che sta avendo luogo a Roma in questi
giorni. L’opera di Franz Rosenzweig, in un periodo in cui i conflitti
di matrice religiosa sono esacerbati e in cui venti nazionalisti,
quando non apertamente razzisti, spirano in Europa e nel mondo, viene
oggi riscoperta: perché il suo pensiero, e la sua stessa biografia,
sono esemplari di un percorso di proficuo dialogo e confronto, tra
ebraismo e cristianesimo ma non solo, e della possibilità di conciliare
e far convivere nella persona più tratti identitari.
Franz Rosenzweig nasce il 25 dicembre 1886 a Kessel, in quella Germania
guglielmina in pieno sviluppo in cui gli ebrei, acquisiti con
l’emancipazione i diritti di cittadinanza, si stavano pienamente
integrando nella società. Leggi
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qui roma - la mostra
La Menorà tra culto, storia e mito
“Menorà:
culto, storia e mito”. È il titolo della grande mostra che, curata da
Francesco Leone e Arnold Nesselrath, dal 15 maggio al 23 luglio sarà
visitabile presso il Braccio di Carlo Magno dei Musei Vaticani e il
Museo ebraico di Roma. L’esposizione, presentata ieri nel corso della
conferenza stampa, è dedicata al candelabro a sette braccia simbolo da
millenni dell’ebraismo. Oltre 130 opere le opere che saranno esposte,
la gran parte al Braccio di Carlo Magno, per quella che è ad oggi la
prima collaborazione effettiva tra le due realtà museali.
Un punto su cui si sono soffermate con parole di grande orgoglio e
soddisfazione le due direttrici, Barbara Jatta e Alessandra Di Castro.
Un progetto, è stato inoltre sottolineato, che dà concretezza a quella
che era stata, alcuni anni fa, l’idea dell’ex direttrice del Museo
ebraico Daniela Di Castro, sorella di Alessandra prematuramente
scomparsa nel 2010. Leggi
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la sentenza che divide l'opinione pubblica
Caso Hebron, 18 mesi di carcere
per il soldato di Tsahal
18
mesi di reclusione e la degradazione a soldato semplice. È la pena
comminata dal tribunale militare guidato dal giudice Maya Heller a Elor
Azaria, il soldato di Tsahal (l'esercito israeliano) che nel marzo 2016
aprì il fuoco e uccise un terrorista palestinese mentre era a terra
disarmato. Quest'ultimo era stato ferito e bloccato dopo aver attaccato
una pattuglia di soldati israeliani Hebron, in Cisgiordania.
Secondo i giudici – che oggi hanno dato lettura della sentenza di
condanna per omicidio già pronunciata settimane fa – Azaria ha violato
le regole d'ingaggio dell'esercito israeliano e il suo codice etico
(Tohar HaNeshek). “Sappiamo che questo non è stato un giorno facile per
l'accusato e per la sua famiglia ma serviva giustizia e giustizia è
stata fatta”, ha dichiarato il procuratore capo, il colonnello Nadav
Weisman dopo la sentenza che però ha diviso l'opinione pubblica e la
politica israeliana. Diversi esponenti del governo e della Knesset
hanno infatti chiesto la grazia per il soldato, che dovrebbe iniziare a
scontare la pena dal prossimo 5 marzo. Per tre quarti degli israeliani
– il 73 per cento secondo un sondaggio dell'Institute for National
Security Studies – i vertici dell'esercito avevano già condannato
Azaria prima ancora della fine del processo. “Ora, dopo la sentenza,
spero che le due parti facciano quanto necessario per concludere la
questione per il meglio – ha dichiarato il ministro della Difesa
Avigdor Lieberman, che in passato si era schierato a favore del soldato
– Come ho detto in precedenza, persino coloro che non condividono il
verdetto o la sentenza devono rispettare la Corte e, come ho sempre
detto, l'esercito deve stare al fianco del soldato e della famiglia”.
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qui roma
“Alluvione, una ferita aperta”
Erano
passati solo 22 anni dalla fine della guerra e la Comunità ebraica
aveva, seppur con dolore, ricominciato a vivere, i negozi, i magazzini
erano stati riaperti, le merci sparite erano state sostituite. Di nuovo
moltissimo andò perduto. Un documento di una famiglia fiorentina, in
tedesco ed italiano, sancisce la chiusura di un negozio e la
requisizione dei suoi beni perché di ebrei. Riaperto, dopo la guerra il
negozio, riavviato il commercio il documento era tenuto in un cassetto,
l’alluvione ha lasciato le sue tracce su di lui come sulla merce
distrutta rovinata, fili, magliette, pezze di stoffa piene di fango o
anche solo macchiate ma con quell’odore che non andava via, che per
cercare di non perdere tutto venivano vendute a due lire. Rocchetti di
filo un po’ rovinati che per anni erano l’alternativa economica a
quelli nuovi immacolati. Esperienza di tanti”.
All’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma la
testimonianza sull’alluvione di Firenze della Consigliera UCEI Sara
Cividalli, che fu giovanissimo angelo del fango. Leggi
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l'incontro con la comunità ebraica
Ancona, la matita di Nikita
per raccontare il confronto
Si
è parlato del futuro delle realtà ebraiche italiane ieri durante
l'incontro tra la Comunità ebraica di Ancona, presieduta da Manfredo
Coen, e la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Noemi Di Segni. Un'occasione di confronto che è stata ritratta da un
giovanissimo iscritto alla Keillah marchigiana, Nikita, autore del
disegno che pubblichiamo qui.
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Contro le bufale, l'educazione |
Nei
giorni scorsi è comparsa in Senato una proposta di legge (ddl) contro
le notizie false, che nel frattempo sono state sdoganate come “bufale”
(ufficialmente: “Disposizioni per prevenire la manipolazione
dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e
incentivare l’alfabetizzazione mediatica”). Il problema è noto:
internet non amplifica solo odio e violenza verbale, talvolta può
creare allarme sociale o favorire pesanti diffamazioni, ignorando
completamente la realtà dei fatti.
Pure in Germania, con le elezioni alle porte, si immaginano interventi.
Tuttavia, la soluzione rischia di essere peggiore del male (el tacon
peso del buso): la norma sembra inefficace, seguendo l’eterno principio
del cucchiaino che non basta a svuotare il mare; inoltre, il giudizio
sulle notizie “false o esagerate” (così nel testo) si presta a una
discrezionalità pericolosa, che può produrre “martiri” del libero
pensiero o, ancor peggio, arbitri contrari alla libertà di
espressione.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie – Il campo di Casoli |
La
realtà dei campi di concentramento fascisti che furono istituiti in
tutta la penisola dopo l’ingresso in guerra dell’Italia nel giugno del
1940 è ancora poco conosciuta.
Uno di questi campi si trovava a Casoli, in provincia di Chieti, in
Abruzzo, e fu attivo dal 1940 al 1944, internando ebrei stranieri (fino
a maggio del 1942) e successivamente “ex jugoslavi” (considerati
sudditi nemici).
Meritoriamente Giuseppe Lorentini, lettore di italiano all’Università
tedesca di Bielefeld (Nord Westfalia), ha realizzato di recente un
sito, www.campocasoli.org, che è il frutto di un lavoro di tre anni di
ricerca studiando, scansionando e rendendo consultabili 3.711 documenti
contenuti in 212 fascicoli conservati presso l’Archivio storico del
Comune di Casoli, dalla cui amministrazione ha avuto collaborazione e
patrocinio.
Il sito propone l’intero fondo archivistico dedicato al campo,
conservato nell’Archivio storico del Comune e riordinato nell’anno
2000, che – grazie al notevole numero di documenti – costituisce una
fonte interessante per ricostruire quale fosse il modello di
amministrazione di un campo di concentramento fascista.
Mario Avagliano
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Bipolidia franco-israeliana |
Marine
Le Pen, leader del Front National francese, ha proposto di modificare
la legge, restringendo i casi di doppia cittadinanza (la c.d.
bipolidia) all’ambito europeo, comprendendovi pure la Federazione
Russa, forzando un poco, in quest’ultimo caso, i criteri geografici.
Poiché si tratta di scelte che parrebbero meramente politiche, in
quanto riferite anche all’Europa extra UE e in ogni caso non ispirate a
trattati bilaterali o multilaterali, non è possibile escludere
tassativamente una discriminazione o comunque un qualche vulnus al
principio di eguaglianza.
Emanuele Calò
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