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4 Maggio 2017 - 8 Iyar 2017
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Dalla descrizione del culto che si svolgeva nel Beth Ha-Miqdàsh il giorno di Kippur impariamo che il Kohèn Gadòl confessava e chiedeva perdono per le proprie colpe e per quelle della sua famiglia e della sua tribù, e solo dopo per quelle di tutto il popolo.
È stato osservato da qualche Maestro che coloro che si occupano della collettività dovrebbero capire da questo che è impensabile fare il bene del pubblico se non si è rimediato prima ai propri errori privati, perché una propria manchevolezza nel privato costituisce una breccia nella difesa e nella promozione del bene collettivo.
 
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
La foto è sbiadita ma è di storica importanza. Era il maggio del 1967. Nel corso della sfilata militare del 19simo Yom Ha’atzmaut allo stadio dell’Università Ebraica di Gerusalemme gremito di folla, proprio verso la fine apparvero due camionette che trainavano due sparuti cannoncini. Per direttiva del primo ministro Levi Eshkol, la parata doveva essere limitata con meno militari e meno mezzi del solito. Gli addetti militari stranieri si erano rifiutati di presenziare. Il pubblico che fino a quel momento aveva visto solamente bei ragazzi e belle ragazze in divisa sfilare armati al massimo di un fucile era impaziente di vedere qualche arma vera. Finalmente, le due sparute bocche da fuoco, ognuna scortata da quattro uomini. Ricordo la delusione in tribuna, perfino qualche sorriso di commiserazione. È tutto qui il grande Zahal? Quella sera stessa il governo della Giordania presentava una protesta sostenendo che Israele aveva contravvenuto alle regole dell’armistizio che imponevano la demilitarizzazione di Gerusalemme. Il president Nasser dava ordine all’esercito egiziano di entrare nella penisola del Sinai, fino a quell momento anch’essa demililtarizzata. Era iniziata la conta alla rovescia che avrebbe portato di lì a poche settimane alla Guerra dei Sei Giorni.
 
'Basta aiuto ai terroristi'
Per Donald Trump l’incontro con il leader palestinese Mahmoud Abbas di ieri è stato il primo da quando è alla guida della Casa Bianca. I due si sono incontrati a Washington e Trump ha dichiarato che il suo obiettivo e “creare la pace tra israeliani e palestinesi e ci riusciremo”, proponendosi come “mediatore, arbitro o facilitatore”, purché “cessino l’incitamento alla violenza e gli aiuti finanziari alle famiglie dei terroristi” (Corriere della Sera). Abbas per parte sua, riporta La Stampa, ha apprezzato i toni di Trump, tanto da confidare al presidente Usa che “Con lei alla presidenza abbiamo di nuovo una speranza” e ribadendo che per la pace l’unica strada “è la soluzione due popoli due Stati”. Il leader palestinese però, come ricorda il quotidiano torinese, non gode dell’appoggio della base che invece vorrebbe il pluriomicida Marwan Barghouti, in carcere in Israele, alla guida dell’Anp. Da Gerusalemme fanno sapere che in ogni caso non ci si può fidare di Mahmoud Abbas e intanto si attende la visita di Trump prevista per il 22 maggio: in quell’occasione, il Presidente Usa potrebbe annunciare lo spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv alla Capitale israeliana.
 
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  davar
La francia verso il ballottaggio
L'appello dei leader religiosi:

'Macron unica scelta possibile'
Nelle ore che possono dare un chiaro indirizzo al futuro della Francia e dell’Europa, alla vigilia di scelte decisive per la difesa della democrazia, delle libertà e dei diritti fondamentali, alcuni tra i principali leader religiosi d’Oltralpe hanno deciso di inviare un messaggio congiunto agli elettori.
L’invito, in vista del voto di domenica prossima, è a far sì che il 7 maggio a vincere sia la Francia “generosa, tollerante e aperta al mondo”. A firmare l’appello il Gran Rabbino Haim Korsia, il presidente del Consiglio del culto islamico Anouar Kbibech e il pastore protestante Francois Clavairoly.
“Fare opposizione al Fronte Nazionale non è più sufficiente. È fondamentale ricordare, con una voce unica, i fondamenti umanistici che ci motivano e per i quali agiamo quotidianamente” sottolineano i tre leader nel loro messaggio, diffuso questa mattina.
“Nessun valore è superiore alla pace e solo il voto repubblicano per Macron può dare forza a una Francia solida nelle sue radici e fiduciosa del suo futuro e del suo ruolo nel mondo. Siamo ben consapevoli che il nostro lavoro ci imporrebbe la neutralità politica – scrivono Korsia, Kbibech e Clavairoly – ma prima di tutto siamo cittadini responsabili. Per questo il nostro appello è così chiaro”.
A prendere una nuova volta posizione anche Francis Kalifat, presidente del Conseil representatif des institutions juives de France, autore oggi di un editoriale pubblicato da Le Figaro. “Marine Le Pen – scrive Kalifat – è la candidata dell’odio, una candidata spericolata nelle sue scelte, capace di promettere una cosa e il suo contrario”.
Kalifat ricorda inoltre l’eredità del padre Jean Marie, le frequentazioni negazioniste e antisemite di vari rappresentanti del Fronte Nazionale. In gioco, afferma il presidente del Crif, c’è la continuità stessa di una vita ebraica in Francia. Anche per questo, per evitare un “cataclisma”, c’è una sola possibilità. Votare Macron.


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diplomazie al lavoro
Trump, Netanyahu, Abu Mazen

Nuova speranza per i negoziati
Nell’agenda del presidente Usa Donald Trump la riapertura dei negoziati è una priorità assoluta. Lo hanno ribadito nelle scorse settimane gli uomini della Casa Bianca sia ai diplomatici israeliani sia a quelli palestinesi. E lo ha fatto capire lo stesso Trump nelle scorse ore, incontrando il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas a Washington. “Riusciremo a fare questo accordo”, ha dichiarato Trump, parlando con il leader palestinese ma chiedendo a quest’ultimo che “cessino l’incitamento alla violenza e gli aiuti finanziari alle famiglie dei terroristi”. Sembra dunque aprirsi uno spiraglio per il ritorno al tavolo dei negoziati ma da Gerusalemme fanno capire che la fiducia nella leadership palestinese, e in Abbas in particolare, è decisamente bassa. “Aspetto con impazienza di discutere con il presidente Trump il modo migliore per portare avanti la pace. È un impegno che condividiamo fortemente”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, puntando poi il dito contro Abbas e accusandolo di distorcere la verità.
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qui genova - l'iniziativa a palazzo ducale
Gramsci e la questione ebraica

Voci di studiosi a confronto
È il 1931 quando nelle sale italiane esce Due mondi, film del regista Ewald André Dupont (nell’immagine). Un film che racconta di un amore impossibile tra un tenente austriaco e una ragazza polacca. Come racconta sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione (Maggio 2017) lo storico Alberto Cavaglion, nel vedere la pellicola, Tania Schucht, cognata di Antonio Gramsci, resta sconvolta e ne parla, per via epistolare, proprio con Gramsci, detenuto in carcere, e con Piero Sraffa, emigrato a Londra. Uno scambio di lettere che Cavaglion definisce come uno “dei dialoghi più emozionanti della cultura italiana del Novecento” e su cui lo storico, assieme a Luca Borzani, Ermanno Taviani e Flavio Tuliozi, discuterà oggi a Genova a Palazzo Ducale (Sala del Munizioniere, ore 17.30) in occasione dell’incontro “I due mondi – Gramsci, il cinema e la questione ebraica”. Per l’occasione sarà proiettato anche il film di Dupont, di cui Tuliozi – che ha avuto il merito di recuperare la pellicola – racconta la storia e le vicende sul giornale dell’ebraismo italiano, e di cui riproponiamo qui il testo, assieme a quello di Cavaglion.

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il comune di arezzo e la difficile memoria
La mozione della vergogna:

"Un luogo per i Viva Maria"
È destinata a far parlare la proposta del Consigliere comunale della Lega Nord ad Arezzo, Egiziano Andreani, principale promotore di una iniziativa che sarà presa in esame lunedì 8 maggio dal Consiglio stesso (governato da un’amministrazione di centrodestra) e che punta a far attribuire “un luogo significativo della città” ai Viva Maria, i protagonisti dell’insurrezione antifrancese che tra 1799 e 1800 fu artefice di molte violenze in Toscana.
Aderirono ai Viva Maria gli artefici del rogo che il 28 giugno del 1799 arsero vivi tredici ebrei senesi in pubblico, in Piazza del Campo, dopo che alcuni fanatici avevano fatto irruzione nel vecchio ghetto. Un vero e proprio pogrom. “Vittime della reazione antigiacobina e dell’odio antiebraico” si legge nella targa successivamente affissa, ancora oggi memoria viva di quella carneficina. Fu a causa dei Viva Maria, che la fiorente comunità ebraica residente lasciò Monte San Savino per non farvi più ritorno.
Nel 2007, l’allora sindaco di centrosinistra Giuseppe Fanfani fece rimuovere dalla toponomastica cittadina il nome dei Viva Maria.

Oggi, dieci anni dopo, basandosi su ricerche di “studiosi locali” che disconoscono il ruolo dell’insurrezione aretina dai quei fatti di sangue, c’è chi prova a riscrivere ancora una volta la Storia.
Preoccupazione è stata espressa dai vertici della Comunità ebraica fiorentina. In particolare dal presidente Dario Bedarida, ieri ad Arezzo insieme al segretario generale Emanuele Viterbo per tentare una mediazione che appare molto difficile.
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qui milano - l'indagine dell'ame
I più giovani e l'alimentazione,

una ricerca per fare chiarezza
Sarà presentata questa sera, nei locali della scuola della Comunità ebraica di Milano, un'indagine alimentare realizzata sui ragazzi che frequentano l'istituto. Un'iniziativa organizzata dall'Associazione medica ebraica assieme alla Comunità e alle Scuole della Milano ebraica, che vedrà tra i relatori Maurizio Turiel, primario di cardiologia presso l’IRCCS Istituto Galeazzi, e Matteo Briguglio, dietista presso lo stesso istituto. Moderatore dell'incontro, il presidente dell'Ame Milano David Fargion.
Jciak
Un regista da Guinness
Ismayil ha 13 anni e vive a Lod. Sogna di diventare il nuovo Ronaldinho e intanto lavora per il più grosso spacciatore della zona. La sua vita cambierà in modo inaspettato quando, con il fratello più piccolo, incontrerà l’israeliano Daniel, reduce traumatizzato della guerra del Libano, che a Lod si rifornisce di droga. È la storia di Roads, il corto di Lior Geller da poco entrato nel Guinness World Record come il film più premiato realizzato da uno studente e visibile sul sito del regista (liorgeller.com).
Girato nel 2008 a completamento degli studi alla Steve Tisch School of Film and Television dell’Università di Tel Aviv, Roads è un esordio folgorante che ha catturato l’attenzione degli addetti ai lavori tanto da portare Geller negli Stati Uniti dove ora sta lavorando a un adattamento per il pubblico internazionale.
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  pilpul
Setirot - Legge e legalità
Leggo l’interessante supplemento che La Rassegna Mensile di Israel ha voluto dedicare agli atti del convegno “Legge e legalità. Le armi della democrazia – Dalla memoria della Shoah a una integrazione dei diritti dell’Uomo dell’Unione Europea” (gennaio 2017). Un lungo passaggio della relazione di Haim Baharier dedicata ai diritti dell’uomo nella tradizione ebraica mi colpisce e mi interroga. Perché, riguardo alla Memoria, se da un lato Baharier sottolinea questo impegno cardine della nostra tradizione, ch’è anche portatrice di una sua profonda e specifica peculiarità, dall’altro sembra condividere, a modo suo, talune critiche che da anni alcuni di noi rivolgono ai rituali del 27 gennaio. In quel “a modo suo” ci sta tutta la dirompente perenne “provocazione” che l’ermeneuta biblico elargisce a piene mani

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Tico Tico
Francisco Gustavo Sánchez Gómez non è certo un nome adatto a chi desideri avere successo nel mondo dello spettacolo (troppo lungo, troppo anonimo) e in effetti Francisco Gustavo Sánchez Gómez, nato nel 1947 in un paesino del sud della Spagna, ha fatto la storia del flamenco con il nome Paco de Lucia, un omaggio alla mamma. Ancora piccolino veniva costretto a esercitarsi per ore quotidianamente; il papà era un valente chitarrista ed era determinato a crescere ottimi musicisti. A soli 14 anni fa la sua prima incisione, a 15 calca le scene a New York e a 20 prende parte al festival jazz di Berlino, in cui conosce a ascolta Miles Davis e Thelonious Monk; l’incontro con i due giganti del jazz si rivelerà determinante per la sua vita e il suo modo di suonare.

Maria Teresa Milano
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Difendere la democrazia
Ci rimproverano alcuni non ebrei di non riuscire più a distinguere le posizioni dell’Ambasciata d’Israele da quella delle Comunità ebraiche. È vero, da un lato, che negli ultimi anni è aumentato l’impegno degli ebrei nel difendere le ragioni d’Israele (insieme alla necessità di farlo). Si interviene sui vari temi con decisione e con identità di visione da ogni parte d’Italia, quando prima non era così. In cosa sbaglia allora chi ci accusa? Nel non capire innanzitutto che esistono identità complesse, che in un mondo globalizzato ciascuno di noi si sente in diritto di intervenire su questioni lontane, vedi elezioni francesi o americane.

Daniel Funaro
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Gli ebrei integrali e gli altri
“Io sono un ebreo che non va al tempio di sabato, che non conosce l’ebraico, che non osserva alcuna pratica di culto […] eppure io tengo al mio ebraismo e voglio tutelarlo […] Non sono sionista: non sono dunque un ebreo integrale. Per i sionisti, per gli ebrei integrali, non c’è che un solo problema, quello ebraico”. Così parlava Nello Rosselli nel novembre 1924, durante il IV Convegno giovanile ebraico di Livorno. “Mi dico ebreo”, proseguiva Rosselli, “perché è indistruttibile in me la coscienza monoteistica”, perché ebraismo significa “vivissimo senso della responsabilità personale”, “ingiudicabilità da altri che dalla mia coscienza, da Dio”, ripugnanza per “ogni pur larvata forma di idolatria”, “senso religioso della famiglia”, amore “per tutti gli uomini”.

Giorgio Berruto
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Pregiudizi
Vero è che la storia non si fa con i se, ma ciò permette di vedere altre prospettive escluse dalla strada percorsa. E talvolta di rovesciare i termini della questione, come in uno dei tanti arricchimenti ricevuti da questo Moked di Milano Marittima 5777.

Sara Valentina Di Palma
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