Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
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"Se camminerete...." (Levitico 26,3). È il cammino che porta con sé il senso più che raggiungere la meta.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Donatella
Di Cesare nel suo ultimo libro (Terrore e modernità, Einaudi) propone
molte riflessioni di spessore (almeno per me). Ne propongo una. C’è una
differenza tra la pratica sterminata dei totalitarismi e quella del
jihadismo: i primi sterminavano, ma si premunivano di non farlo vedere;
i secondi hanno come primo fine quello di comunicare lo sterminio con
le immagini, filmando in diretta la strage e mostrando ciò che rimane
dopo. Non è una differenza tecnica e non è una differenza da poco. Non
riguarda il pudore, ma la strategia del dominio che si coltiva sulla
vita degli altri.
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Conferma per Rouhani:
"Niente umiliazioni"
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Presentato
da quasi tutta la stampa italiana come un “moderato” e “progressista”,
il presidente iraniano Hassan Rouhani resterà in carica per un altro
mandato. In suo favore il 57% dei voti degli elettori recatisi ieri
alle urne.
In televisione, sorridente per la vittoria, Rouhani ha detto che il
risultato delle presidenziali “dimostra la volontà della Repubblica
islamica di interagire con il mondo” (La Stampa). “Siamo pronti – le
sue parole – ma non accetteremo nessuna umiliazione”. Il presidente ha
citato in diretta l’ex collega riformista Mohammad Khatami, nonostante
il divieto di nominarlo e pubblicare sue fotografie. La sfida in cima
all’agenda del nuovo governo è l’economia. L’argomento, scrive ancora
La Stampa, “che ha monopolizzato la campagna elettorale”.
Tra gli esclusi dalla competizione, l’ex presidente Mahmoud
Ahmadijenad. “L’insoddisfazione della gente sta aumentando e questo
significa che i governi non stanno facendo la volontà del popolo. In
tutto il mondo, incluso l’Iran, la volontà del popolo deve prevalere”
ha raccontato al Corriere, che l’ha incontrato a Teheran. Nuovi slogan,
viene sottolineato, di un populista sessantenne “che non vuole andare
in pensione”.
Cosa significa per l’Italia la vittoria di Rouhani, anche sul piano
degli investimenti economici? Le sanzioni europee sono finite ma la
partenza è lenta, scrive Il Sole 24 Ore. Il timore di molti è che
riallacciare rapporti con l’Iran “comporti ritorsioni”.
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le iniziative per yom yerushalaim Gerusalemme, 50 anni di unità
Una festa con arte, libri, musica
Oltre
il conflitto tra israeliani e palestinesi, al di là della cronaca
politica perennemente incentrata sullo scontro, una Gerusalemme tutta
da scoprire. Una Gerusalemme che parla la lingua della cultura, delle
arti, del dialogo. Una città vibrante che sfida e dimostra che la
convivenza, pur difficile, è non solo possibile ma assolutamente
imprescindibile.
È il filo conduttore delle numerose iniziative messe in campo per i
prossimi giorni da Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità
ebraica di Roma, Ambasciata d'Israele in Italia e Chevrat Yehudei
Italia per festeggiare il cinquantesimo anniversario della
riunificazione della Capitale di Israele. “Yom Yerushalaim”, il giorno
di Gerusalemme.
Una grande serata ai Mercati di Traiano, in programma martedì 23 maggio
(si entra solo su invito o con prenotazione), porterà in scena i suoni
e le luci della città cara alle tre religioni monoteiste in una cornice
inedita, particolarmente stimolante per affermare il plurimillenario
legame tra queste due grandi capitali. Successivi eventi si
focalizzeranno invece su Gerusalemme nel cinema, nella letteratura, in
relazione alle nuove tecnologie. In particolare in occasione di una
intera giornata di approfondimento fissata per domenica 28 al Centro
Ebraico Il Pitigliani.
A livello locale, numerose adesioni anche dalle diverse Comunità
ebraiche. In programma incontri, chiacchierate, occasioni di confronto
rivolte sia all'interno che all'esterno.
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pagine ebraiche al salone di torino
Tra conferme e nuovi successi
Code
ovunque, sorrisi, entusiasmo, e una folla come non si vedeva da alcuni
anni. Saranno alla fine i numeri a decretare il successo di un’edizione
del Salone del Libro di Torino – la trentesima – che pareva rischiare
di essere l’ultima, o forse addirittura di non aprire per nulla, ma
l’atmosfera che si respira fra gli stand al Lingotto è decisamente
positiva. Il lavoro portato avanti negli scorsi mesi da una squadra
coesa come non mai ha portato a un risultato insperato e sono in molti
a dire che il confronto con la fiera del libro organizzata ad aprile a
Milano, a questo punto, non è neppure più pensabile. Nonostante la
stanchezza, l’emozione e le preoccupazioni della vigilia è già evidente
anche come il direttore Nicola Lagioia – sguardo sempre più stralunato
sopra un sorriso che pare allargarsi di ora in ora – e il presidente
Massimo Bray, che è in perenne movimento da un incontro all’altro,
possano dirsi più che soddisfatti. E anche Mario Montalcini, divenuto
presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione per il
Libro, la Musica e la Cultura dopo averla guidata durante i mesi
difficili che hanno portato al successo la manifestazione torinese e
aver passato la mano a Bray solo da poche settimane, ora sorride. E
trova anche il tempo di fermarsi con la redazione del mensile
dell’ebraismo italiano, e, finalmente seduto, seminascosto dietro alle
copie di Pagine Ebraiche, può finalmente dirsi contento.
a.t. twitter @ada3ves Leggi
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pagine ebraiche al salone di torino
Terezin, se la Resistenza è un'arte
Esperta
di ebraismo e cantante klezmer. Maria Teresa Milano è entrambe le cose
e la scrittura le ha consentito di portare a sintesi queste due anime,
come ha raccontato al Salone Internazionale del Libro di Torino, nello
stand di Effatà Editrice, che ha dato alle stampe il suo Terezín. La fortezza della resistenza non armata.
La trasformazione di Terezín, centro fortificato distante circa
settanta chilometri da Praga, nella città-ghetto di Theresienstadt fu
decisa dai nazisti il 10 ottobre 1941, nel corso della Conferenza di
Praga voluta da Reinhard Heydrich, Reichsprotektor di Boemia e Moravia.
“Nato come campo di raccolta degli ebrei cechi – ha spiegato Maria
Teresa – Terezín diventa presto, nel 1943, un 'laboratorio diabolico',
un ghetto modello al servizio della propaganda di regime, ma anche una
fucina di cultura, in cui vengono internati molti grandi artisti”.
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pagine ebraiche al salone di torino
'Ecco come affrontare le minacce'
Con
“La sfida delle nuove tribù agli stati nazionali”, incontro incentrato
sull’ultimo libro di Maurizio Molinari, l’autore e il ministro
dell’Interno Marco Minniti, moderati da Myrta Merlino, hanno riempito
la grande Sala Rossa. Il pubblico, come per la maggior parte degli
incontri di questa trentesima edizione del Salone del Libro di Torino,
ha atteso pazientemente in coda l’inizio di un appuntamento molto
atteso, durante il quale il ministro ha raccolto numerosi applausi: “Si
tratta di un libro dai molti pregi, e tra i quali il primo a colpirmi è
stato il modo in cui riesce a riportare alla nostra attenzione una
serie di momenti storici che, anche quando sono lontani nel tempo, sono
di una straordinaria attualità. Dal momento della separazione tra sciiti
e sunniti, rottura antica che ha ricadute anche sulla contemporaneità,
all’accordo Sykes-Picot, capace di ridisegnare letteralmente il mondo,
fino a quel processo di globalizzazione che ha rimesso in discussione
l’esistenza e il senso delle classi medie sino alle primavere arabe,
con la loro straordinaria partecipazione popolare”.
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Il quadro mediorientale
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Le
vicende che stanno coinvolgendo da tempo il Medio Oriente e l’Africa
mediterranea e subsahariana, pur nella loro varietà di casi (come tali
da considerare sempre nella loro specificità), vanno comunque intese
anche come tasselli di un mosaico relativamente unitario. Scarsa, ad
esempio, è l’attenzione collettiva che è stata dedicata alla
frantumazione, consumatasi già alcuni anni fa, di ciò che restava della
Libia dopo la scomparsa di Gheddafi. Laddove è invece elevato il
rischio che si ripercorrano le tappe che in un passato ancora recente
hanno fatto sì che nel Corno d’Africa la Somalia divenisse una sorta di
«terra di nessuno», matrice delle tribalizzazioni di ritorno. Ossia,
per meglio intenderci, luogo di rifeudalizzazione della terra e di chi
ci abita, nel nome dello strapotere dei cosiddetti «signori della
guerra» che dallo sfascio dello Stato nazionale da sempre hanno solo da
ricavarci benefici a non finire. Recentemente ha notato Maurizio
Molinari, tra le altre cose, che: «II dibattito sul ritorno delle tribù
tiene banco in Occidente e in Oriente evidenziando una generale
tendenza alla disgregazione che porta all’indebolimento degli Stati
nazionali e dei rispettivi establishment.[…] Da un lato ci sono Medio
Oriente e Nord Africa, dove la decomposizione degli Stati
arabo-musulmani creati nell’ultimo secolo porta a un dilagare di
rivolte che fanno riemergere con forza i clan tribali come fonte di
aggregazione sociale, economica e militare con i jihadisti che ne
esprimono la dimensione più sanguinaria e rivoluzionaria».
Claudio Vercelli
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