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21 Maggio 2017 - 25 Iyar 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
"Se camminerete...." (Levitico 26,3).  È il cammino che porta con sé il senso più che raggiungere la meta.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Donatella Di Cesare nel suo ultimo libro (Terrore e modernità, Einaudi) propone molte riflessioni di spessore (almeno per me). Ne propongo una. C’è una differenza tra la pratica sterminata dei totalitarismi e quella del jihadismo: i primi sterminavano, ma si premunivano di non farlo vedere; i secondi hanno come primo fine quello di comunicare lo sterminio con le immagini, filmando in diretta la strage e mostrando ciò che rimane dopo. Non è una differenza tecnica e non è una differenza da poco. Non riguarda il pudore, ma la strategia del dominio che si coltiva sulla vita degli altri.
 
Conferma per Rouhani:
"Niente umiliazioni"
Presentato da quasi tutta la stampa italiana come un “moderato” e “progressista”, il presidente iraniano Hassan Rouhani resterà in carica per un altro mandato. In suo favore il 57% dei voti degli elettori recatisi ieri alle urne.
In televisione, sorridente per la vittoria, Rouhani ha detto che il risultato delle presidenziali “dimostra la volontà della Repubblica islamica di interagire con il mondo” (La Stampa). “Siamo pronti – le sue parole – ma non accetteremo nessuna umiliazione”. Il presidente ha citato in diretta l’ex collega riformista Mohammad Khatami, nonostante il divieto di nominarlo e pubblicare sue fotografie. La sfida in cima all’agenda del nuovo governo è l’economia. L’argomento, scrive ancora La Stampa, “che ha monopolizzato la campagna elettorale”.
Tra gli esclusi dalla competizione, l’ex presidente Mahmoud Ahmadijenad. “L’insoddisfazione della gente sta aumentando e questo significa che i governi non stanno facendo la volontà del popolo. In tutto il mondo, incluso l’Iran, la volontà del popolo deve prevalere” ha raccontato al Corriere, che l’ha incontrato a Teheran. Nuovi slogan, viene sottolineato, di un populista sessantenne “che non vuole andare in pensione”.
Cosa significa per l’Italia la vittoria di Rouhani, anche sul piano degli investimenti economici? Le sanzioni europee sono finite ma la partenza è lenta, scrive Il Sole 24 Ore. Il timore di molti è che riallacciare rapporti con l’Iran “comporti ritorsioni”.
 
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  davar
le iniziative per yom yerushalaim
Gerusalemme, 50 anni di unità

Una festa con arte, libri, musica
Oltre il conflitto tra israeliani e palestinesi, al di là della cronaca politica perennemente incentrata sullo scontro, una Gerusalemme tutta da scoprire. Una Gerusalemme che parla la lingua della cultura, delle arti, del dialogo. Una città vibrante che sfida e dimostra che la convivenza, pur difficile, è non solo possibile ma assolutamente imprescindibile.
È il filo conduttore delle numerose iniziative messe in campo per i prossimi giorni da Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Roma, Ambasciata d'Israele in Italia e Chevrat Yehudei Italia per festeggiare il cinquantesimo anniversario della riunificazione della Capitale di Israele. “Yom Yerushalaim”, il giorno di Gerusalemme.
Una grande serata ai Mercati di Traiano, in programma martedì 23 maggio (si entra solo su invito o con prenotazione), porterà in scena i suoni e le luci della città cara alle tre religioni monoteiste in una cornice inedita, particolarmente stimolante per affermare il plurimillenario legame tra queste due grandi capitali. Successivi eventi si focalizzeranno invece su Gerusalemme nel cinema, nella letteratura, in relazione alle nuove tecnologie. In particolare in occasione di una intera giornata di approfondimento fissata per domenica 28 al Centro Ebraico Il Pitigliani.
A livello locale, numerose adesioni anche dalle diverse Comunità ebraiche. In programma incontri, chiacchierate, occasioni di confronto rivolte sia all'interno che all'esterno. 

pagine ebraiche al salone di torino 
Tra conferme e nuovi successi
Code ovunque, sorrisi, entusiasmo, e una folla come non si vedeva da alcuni anni. Saranno alla fine i numeri a decretare il successo di un’edizione del Salone del Libro di Torino – la trentesima – che pareva rischiare di essere l’ultima, o forse addirittura di non aprire per nulla, ma l’atmosfera che si respira fra gli stand al Lingotto è decisamente positiva. Il lavoro portato avanti negli scorsi mesi da una squadra coesa come non mai ha portato a un risultato insperato e sono in molti a dire che il confronto con la fiera del libro organizzata ad aprile a Milano, a questo punto, non è neppure più pensabile. Nonostante la stanchezza, l’emozione e le preoccupazioni della vigilia è già evidente anche come il direttore Nicola Lagioia – sguardo sempre più stralunato sopra un sorriso che pare allargarsi di ora in ora – e il presidente Massimo Bray, che è in perenne movimento da un incontro all’altro, possano dirsi più che soddisfatti. E anche Mario Montalcini, divenuto presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura dopo averla guidata durante i mesi difficili che hanno portato al successo la manifestazione torinese e aver passato la mano a Bray solo da poche settimane, ora sorride. E trova anche il tempo di fermarsi con la redazione del mensile dell’ebraismo italiano, e, finalmente seduto, seminascosto dietro alle copie di Pagine Ebraiche, può finalmente dirsi contento.

a.t. twitter @ada3ves
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pagine ebraiche al salone di torino 
Terezin, se la Resistenza è un'arte
Esperta di ebraismo e cantante klezmer. Maria Teresa Milano è entrambe le cose e la scrittura le ha consentito di portare a sintesi queste due anime, come ha raccontato al Salone Internazionale del Libro di Torino, nello stand di Effatà Editrice, che ha dato alle stampe il suo Terezín. La fortezza della resistenza non armata.
La trasformazione di Terezín, centro fortificato distante circa settanta chilometri da Praga, nella città-ghetto di Theresienstadt fu decisa dai nazisti il 10 ottobre 1941, nel corso della Conferenza di Praga voluta da Reinhard Heydrich, Reichsprotektor di Boemia e Moravia. “Nato come campo di raccolta degli ebrei cechi – ha spiegato Maria Teresa – Terezín diventa presto, nel 1943, un 'laboratorio diabolico', un ghetto modello al servizio della propaganda di regime, ma anche una fucina di cultura, in cui vengono internati molti grandi artisti”.


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pagine ebraiche al salone di torino
Le parole per scoprire Israele
Dai grandi scrittori della letteratura israeliana come Yoram Kaniuk e Yehoshua Kenaz fino ai nuovi volti emergenti e già molto apprezzati a livello internazionale come Ayelet Gundar-Goshen, il cui ultimo libro, Svegliare i leoni, sta ottenendo un grande successo di critica e pubblico. Sono loro alcuni degli autori di cui la traduttrice Elena Loewenthal, addetto culturale dell’ambasciata italiana in Israele, e Shulim Vogelmann, alla guida della casa editrice Giuntina, hanno consigliato al pubblico del Salone del Libro di Torino la lettura.

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pagine ebraiche al salone di torino 
'Ecco come affrontare le minacce'

Con “La sfida delle nuove tribù agli stati nazionali”, incontro incentrato sull’ultimo libro di Maurizio Molinari, l’autore e il ministro dell’Interno Marco Minniti, moderati da Myrta Merlino, hanno riempito la grande Sala Rossa. Il pubblico, come per la maggior parte degli incontri di questa trentesima edizione del Salone del Libro di Torino, ha atteso pazientemente in coda l’inizio di un appuntamento molto atteso, durante il quale il ministro ha raccolto numerosi applausi: “Si tratta di un libro dai molti pregi, e tra i quali il primo a colpirmi è stato il modo in cui riesce a riportare alla nostra attenzione una serie di momenti storici che, anche quando sono lontani nel tempo, sono di una straordinaria attualità. Dal momento della separazione tra sciiti e sunniti, rottura antica che ha ricadute anche sulla contemporaneità, all’accordo Sykes-Picot, capace di ridisegnare letteralmente il mondo, fino a quel processo di globalizzazione che ha rimesso in discussione l’esistenza e il senso delle classi medie sino alle primavere arabe, con la loro straordinaria partecipazione popolare”.


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pilpul

Il quadro mediorientale
Le vicende che stanno coinvolgendo da tempo il Medio Oriente e l’Africa mediterranea e subsahariana, pur nella loro varietà di casi (come tali da considerare sempre nella loro specificità), vanno comunque intese anche come tasselli di un mosaico relativamente unitario. Scarsa, ad esempio, è l’attenzione collettiva che è stata dedicata alla frantumazione, consumatasi già alcuni anni fa, di ciò che restava della Libia dopo la scomparsa di Gheddafi. Laddove è invece elevato il rischio che si ripercorrano le tappe che in un passato ancora recente hanno fatto sì che nel Corno d’Africa la Somalia divenisse una sorta di «terra di nessuno», matrice delle tribalizzazioni di ritorno. Ossia, per meglio intenderci, luogo di rifeudalizzazione della terra e di chi ci abita, nel nome dello strapotere dei cosiddetti «signori della guerra» che dallo sfascio dello Stato nazionale da sempre hanno solo da ricavarci benefici a non finire. Recentemente ha notato Maurizio Molinari, tra le altre cose, che: «II dibattito sul ritorno delle tribù tiene banco in Occidente e in Oriente evidenziando una generale tendenza alla disgregazione che porta all’indebolimento degli Stati nazionali e dei rispettivi establishment.[…] Da un lato ci sono Medio Oriente e Nord Africa, dove la decomposizione degli Stati arabo-musulmani creati nell’ultimo secolo porta a un dilagare di rivolte che fanno riemergere con forza i clan tribali come fonte di aggregazione sociale, economica e militare con i jihadisti che ne esprimono la dimensione più sanguinaria e rivoluzionaria».

Claudio Vercelli
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