Jonathan Sacks,
rabbino
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Quando trascorri del tempo con persone diverse da te, scopri quanto hai in comune, le stesse paure, speranze e preoccupazioni.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Mettere
insieme storie tra loro lontane e opposte consente di non cedere alla
tentazione di pensare che gli individui siano solo una cosa.
Hadas Malka, 23 anni, muore a Gerusalemme uccisa da un commando di
palestinesi (non si sa se Hamas o di Isis, è in corso un’asta, vedremo
chi offrirà di più), in ossequio all’idea che dare morte sia l’atto più
eccitante da compiere.
Shekeb Neda, nella Grenfell Tower in fiamme che anziché mettersi in
salvo si porta la madre sulle spalle per 24 piani riuscendo a salvarla,
dice che si dà sempre la possibilità della scelta.
La realtà non è un dato, ma è un risultato. Dare risposte “inaspettate”
a quella che sembra la realtà incontrovertibile è decidere di dare una
chance al futuro. Magari ci si riesce.
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Isis-Hamas, la gara
del terrore islamico
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È
una macabra competizione quella che vede protagonisti i gruppi
terroristici di Isis e Hamas, che hanno entrambi rivendicato
l’attentato alla Porta di Damasco a Gerusalemme in cui è morta una
23enne israeliana. “Non era mai accaduto che due gruppi armati,
peraltro ferocemente rivali fra loro, rivendicassero lo stesso
attentato. L’Isis annuncia il suo primo attacco a Gerusalemme ma Hamas
smentisce dichiarando che a uccidere la giovane agente alla Porta di
Damasco venerdì sera sono stati dei militanti per la causa palestinese,
come risposta ‘ai crimini dell’occupante'” scrive La Stampa (uno dei
pochi giornali ad occuparsene un po’ più approfonditamente di un
trafiletto). Hamas, si legge ancora, non vuole perdere la sua posizione
di ‘front runner’ nella lotta contro Israele. Specie adesso, con alle
porte un’altra crisi nella Striscia di Gaza che potrebbe avere effetti
devastanti.
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Relativizzare per neutralizzare
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Punto
e a capo. Già nei mesi scorsi le cronache si erano incaricate di
informarci del perché la premier polacca, la signora Beata Szydło,
intendesse ricorrere alle vie di fatto rispetto all’abitudine, molto
diffusa anche nella stampa europea, di definire Auschwitz in quanto
«campo polacco». Il nome del luogo in cui sorgeva il Lager è Oświęcim,
una importante municipalità, con circa quarantamila residenti, a
tutt’oggi presente nella toponomastica di quel paese. Nel sistema
amministrativo nazionale è capoluogo di distretto. Non una località
insignificante, per intenderci, ma un luogo della memoria della
coscienza europea come anche un cittadina con una storia a sé, un
passato e, quindi, un futuro. Si dovrebbe trattare di un elemento
notorio ma è spesso dimenticato. Un conto era il campo di
concentramento e sterminio edificato dai tedeschi, le cui vicende, dal
1940 al 1945, sono stata lungamente ricostruite e raccontate; un altro
il distretto e la sua area urbana. Tra le righe, va ricordato che la
stessa Szydło, vicepresidente del partito Diritto e Giustizia, che ha
vinto le elezioni politiche dell’ottobre del 2015, è originaria di
Oświęcim. Sta di fatto che l’attuale esecutivo ha presentato in
Parlamento una bozza di legge che giunge a punire severamente, anche
con la traduzione in carcere, chi dovesse fare ancora ricorso pubblico
ad una tale dizione. La cui erroneità, a detta dei ricorrenti, non è
solo storica ma anche politica e morale.
Claudio Vercelli
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