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3 Ottobre 2017 - 13 Tishri 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
La festa di Sukkòt è definita dalla Tradizione “zemàn simchatenu”, “il tempo del nostro rallegramento”. Come si può essere allegri a comando e in un tempo stabilito? La gioia, come ogni altro sentimento, è qualcosa che nasce spontaneamente e che si manifesta attraverso tempi e modalità che non controlliamo razionalmente. Eppure nell’ebraismo non è proprio così.
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Chi è più pericoloso per la stabilità dell’Occidente e del mondo tout court? L’estremismo islamico (o l’Islam in sé) o la destra fascista e neonazista incardinata nei nostri sistemi sociali e politici? È la domanda che si pongono alcuni intellettuali per puntare il dito contro la disattenzione della politica nei riguardi del pericolo islamico portato dalle recenti massicce migrazioni.
Si afferma così che mentre l’informazione di sinistra spinge l’opinione pubblica a concentrarsi sul falso pericolo rappresentato dal neofascismo e dal neonazismo, nessuno si accorge della minaccia vera per l’Occidente: il pericolo islamico. E si vorrebbe, per contro che ci si concentrasse sul pericolo islamico e si smettesse di prestare troppa attenzione ai rigurgiti di fascismo e di neonazismo da cui è percorsa l’Europa in quanto essi sarebbero eccessivamente enfatizzati.
 
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L'America ferita
Ampio spazio sui quotidiani italiani per la strage di Las Vegas, dove un uomo ha sparato sul pubblico di un concerto, uccidendo 59 persone e ferendone 527. Nella sua camera – era in albergo da tre giorni e da lì ha sparato sulla folla – aveva 23 armi da fuoco, tra le quali due fucili sistemati su treppiedi alla finestra. “Per i primi cinque secondi abbiamo creduto fossero fuochi d’artificio – racconta la sopravvissuta Jordin Akins – poi tutti abbiamo cominciato a scappare. Ma non sapevamo dove rifugiarci, non si capiva da dove venivano gli spari, non vedevamo che era lassù in alto”. Drammatico, scrive Repubblica, l’appello della sindaca Carolyn Goodman: “Donate sangue, non ne abbiamo abbastanza per curare i feriti, questa è un’emergenza senza precedenti”. L’Isis ha cercato di rivendicare la paternità del terribile attacco ma Fbi e Cia smentiscono: “non è terrorismo”. Il massacro di Las Vegas, spiega il Corriere, è la peggiore sparatoria della storia Usa. “Un atto di pura malvagità” il commento del presidente Donald Trump.
 
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  davar
qui roma - la mostra al museo ebraico
Diritti e doveri del matrimonio,

la parola alle antiche ketubbot
La prima forma di tutela della donna nell’ebraismo, che all’unione tra marito e moglie attribuisce una funzione centrale (“Non è bene per l’uomo essere solo” dice la Genesi). Ma anche un modo diverso, una prospettiva più originale per guardare alla storia degli ebrei italiani nelle loro complesse vicende spazio-temporali. Sono le ketubbot, i contratti matrimoniali stipulati in occasione dello sposalizio, ad animare la mostra “Concordia maritale” inaugurata al Museo ebraico di Roma.
Realizzata grazie al sostegno di Poste Italiane, curata dalla studiosa Olga Melasecchi e introdotta dal rabbino capo rav Riccardo Di Segni, che ha illustrato storia e specificità dei diversi contratti in uso nel corso dei secoli (a Roma e non solo), la mostra porta all’attenzione del pubblico un’antica collezione di esemplari che non ha mancato di suscitare interesse ed emozione. E insieme immagini fotografiche di matrimoni d’epoca, documenti d’archivio, libri di preghiera.
Ottantasei in tutto i contratti di matrimonio in pregiata pergamena di pecora, scritti a mano e decorati all’acquarello, conservati presso il museo e l’archivio comunitario. Tra i punti di forza della mostra, 11 Ketubbot di famiglia ritrovate e attentamente studiate da Celeste Pavoncello Piperno e Giovanna Grenga. Il loro dono, per il museo, “è testimonianza non solo del forte legame con la tradizione, ma anche della fiducia conferita al museo, che è diventato lo scrigno della memoria ebraica a Roma”. Suggestivo al riguardo l’itinerario tracciato nell’allestimento, presentato al pubblico anche dalla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e dall’amministratore delegato di Poste italiane Matteo Del Fante. In primo piano ketubbah romana, una vera e propria arte che raggiunse l’apice del suo splendore nell’epoca del ghetto. Spicca tra gli altri un esemplare del 1627, concesso eccezionalmente in prestito dal Museo Israel di Gerusalemme. Vi si celebra il matrimonio di una delle figlie del banchiere della famiglia Toscano. Al centro del contratto un elegante portale sostenuto da quattro colonne, sormontato da una menorà dorata. Ancora più in alto, una visione di Gerusalemme.
È dalla prima metà del 18esimo secolo, è stato spiegato ieri, che l’arte della ketubbah raggiunse a Roma i massimi livelli di perfezionamento. Tra i motivi maggiormente ricorrenti nelle raffigurazioni proposte scene bibliche e figure allegoriche personificate, oltre a scene e figure mitologiche. Caratteristiche iconografiche queste che sono peculiari delle ketubbot romane. Forse poco consone alla tradizione ebraica, “ma diffusissime nella Roma barocca, ad ulteriore dimostrazione della continua osmosi tra il ghetto e il resto della città”.
Il valore sociale delle ketubbot all’epoca era altissimo. Attraverso di esse infatti le famiglie “non solo manifestavano il proprio status, ma spessissimo celebravano anche momenti esaltanti di libertà”. Numerosi, tra gli 86 contratti conservati a Roma, sono decorati con i colori della bandiera francese (risalenti dunque al favorevole periodo della dominazione napoleonica a Roma). Molti ancora quelli con i colori della bandiera italiana, databili al periodo dell’emancipazione, quando con l’Unità d’Italia, e soprattutto con la fine del potere temporale dei papi e l’abolizione definitiva del ghetto, gli ebrei romani venivano finalmente equiparati agli altri loro concittadini.
Per meglio illustrare il fasto della cerimonia di matrimonio, all’interno della mostra è stata allestita anche una chuppah, il baldacchino, che rappresenta la coabitazione della nuova coppia, con i manti nuziali e gli altri ornamenti dedicati.



pilpul
Di nuovo Marx
La settimana scorsa si sono svolte le elezioni tedesche: sembrava l’evento geopolitico del 2017 e invece non se ne parla più. Del resto, viviamo un’epoca che mastica tutto velocemente. Tra i dati emersi – tralasciando la crisi dei partiti tradizionali, in particolare quello socialdemocratico – spicca il successo di “Alternative fuer Deutschland”, il movimento anti-governativo, populista e xenofobo che ha trionfato nelle periferie e all’Est.
Un’analisi più approfondita del fenomeno sarebbe necessaria. È vero che le biografie non si traducono automaticamente in pensiero, ma è chiaro che se di “nazismo” si vuole parlare, una leader donna, lesbica, sposata con una asiatica e filo-israeliana, configura un profilo di (sub)cultura politica almeno problematico. Io stesso ricordo, per aver vissuto in Sassonia tra 2004 e 2005, come gruppi simili non siano nuovi a notevoli successi elettorali, ma si siano poi rivelati assai fragili alla distanza, mostrando più che altro una capacità di presa sui ceti poveri delle campagne, preoccupati dalla crisi che allora mordeva la Germania più del resto d’Europa.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Il Tribunale Speciale 
L’Italia ha il triste primato di aver inventato il fascismo e di averlo esportato in tutto il mondo. Benito Mussolini, dopo le elezioni politiche del 1924 e l’omicidio di Giacomo Matteotti, mise fuori legge i partiti e perseguitò migliaia di oppositori, assassinandoli, incarcerandoli, confinandoli o costringendoli ad emigrare all’estero. Esce ora per i tipi della Galzerano Editore la ristampa del libro Il Tribunale Speciale Fascista (pag. 144, €. 10), pubblicato nel 1932 a Parigi dalle Edizioni «Giustizia e Libertà» di Carlo Rosselli, che veniva inviato clandestinamente in Italia per sostenere la lotta al fascismo.
Scritto da Gaetano Salvemini, ma pubblicato anonimo, il libro denunzia le aberrazioni giuridiche e politiche del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, istituito da Mussolini nel 1926 per colpire duramente anarchici, comunisti, socialisti, giellisti, popolari.


Mario Avagliano
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Fake news
Coloro che non nutrono un amore esagerato per gli ebrei provano a sostenere che non vi siano loro radici storiche nell’area mediorientale che secondo la Bibbia sarebbe stata loro assegnata. Sennonché, apprendiamo che degli studi genetici hanno chiarito che dall’esame fatto in Israele del cromosoma Y di 120 fra ebrei sefarditi e askenaziti e quasi 150 arabi israeliani e palestinesi sia scaturito che il 70% degli ebrei e il 50% degli arabi avevano antenati comuni vissuti migliaia di anni addietro in Medio Oriente (G. Remuzzi, Siamo figli di tre migrazioni (e l’etnia dei celti non esiste), La Lettura, supplemento del Corriere della Sera, 20 agosto 2017, p. 7). Se dopo duemila anni di esilio, gli ebrei hanno addirittura più legami genetici col Medio Oriente degli arabi, hai voglia a spostare monumenti e rivisitare la storia.

Emanuele Calò
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