Fake news

caloColoro che non nutrono un amore esagerato per gli ebrei provano a sostenere che non vi siano loro radici storiche nell’area mediorientale che secondo la Bibbia sarebbe stata loro assegnata. Sennonché, apprendiamo che degli studi genetici hanno chiarito che dall’esame fatto in Israele del cromosoma Y di 120 fra ebrei sefarditi e askenaziti e quasi 150 arabi israeliani e palestinesi sia scaturito che il 70% degli ebrei e il 50% degli arabi avevano antenati comuni vissuti migliaia di anni addietro in Medio Oriente (G. Remuzzi, Siamo figli di tre migrazioni (e l’etnia dei celti non esiste), La Lettura, supplemento del Corriere della Sera, 20 agosto 2017, p. 7). Se dopo duemila anni di esilio, gli ebrei hanno addirittura più legami genetici col Medio Oriente degli arabi, hai voglia a spostare monumenti e rivisitare la storia.
In questi giorni si fa un gran parlare di “fake news” (evidentemente scrivere “notizie false” non è abbastanza chiaro) limitandone però la portata a casi marginali e modestissimi, a scapito della ricorrente alterazione della storia, segnatamente nei manuali scolastici, dove potrebbe fare ancor più danno. Per non dire delle Risoluzioni dell’Unesco, che tanto hanno ferito gli ebrei, laddove de-ebraicizzano i siti sacri della Bibbia, scrivendo tutt’altra storia.
Sarebbe da domandare a coloro che forniscono versioni bizzarre della storia lontana e di quella recente (anche nel mezzo televisivo), se credano davvero che lo scarto fra i fatti e la loro narrazione non comporti dei danni irreversibili alle migliori cause, e soprattutto a quella della pace.
Chi si dilettasse di un approccio culturale integrato, potrebbe rifarsi a Sir Alfred Hitchcock, laddove faceva quasi sempre perno sulla sola figura dell’innocente perseguitato; e chi pensasse che si tratta di un accostamento riduttivo, potrebbe rammentare quale svolta nacque dall’incontro con François Truffaut, essenziale nel convogliarlo dall’arte commerciale all’arte tout court. Il quale Hitchcock, a sua volta, aveva attinto da Edward Hopper, il cui naturalismo/realismo si coniugava a meraviglia con la tecnica del regista, che consisteva nel comunicare al pubblico ciò che i personaggi non sapevano. Perché se l’innocente perseguitato per un crimine che non ha commesso è un personaggio che finisce per far capolino nella storia ebraica, tale personaggio necessita di una trama basata sulla sola realtà e non davvero di false notizie.

Emanuele Calò, giurista

(3 ottobre 2017)