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Elia Richetti,
rabbino
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È
noto che nell’interpretazione dei Maestri i tre angeli che vanno a
trovare Avraham hanno tre compiti diversi: uno per annunciare a Sarà la
prossima nascita di Itzchak, uno per distruggere Sodoma ed uno per
guarire Avraham dalle sofferenze dopo la milà.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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L’uccisione
di Yitzhak Rabin il 4 novembre 1995 è stata un delitto politico da
parte di un terrorista ebreo. Ieri il figlio di Rabin, Yuval, ha cosí
commentato: “Il meccanismo di propaganda, sobillazione e scissionismo
che fu attivato contro di lui continua a scagliarsi contro di noi, e
chiunque la pensi diversamente viene etichettato come traditore. Rabin
non agì mai contro i diritti democratici dei suoi oppositori né mai
cercó di tappare le loro bocche, non è mai sfuggito alle sue
responsabilità e non ha mai fatto piagnistei”.
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L'annuncio di Trump
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Il
terrorista che ha ucciso 8 persone a New York, lanciando il suo furgone
su alcuni passanti, pianificava l’azione da quasi un anno e ha agito
“in nome dell’Isis”. Sayfullo Habibullaevic Saipov, un 29enne
originario dell’Uzbekistan, avrebbe preparato l’attacco seguendo
istruzioni diffuse in rete dal sedicente Stato islamico e nel suo pc,
ricostruisce Repubblica, sono state trovate migliaia di immagini e
decine di video legate al califfato. Gli inquirenti lo hanno definito
“consumato dall’odio e da un’ideologia distorta” e in ospedale avrebbe
chiesto di appendere una bandiera nera. L’uomo, accusato di terrorismo
e strage, potrebbe avere dei complici: è infatti in corso la verifica
dei contatti di Saipov e l’Fbi riferisce che c’è un’altra persona, un
altro cittadino uzbeko, sospettato in relazione all’attacco e fermato.
Intanto il presidente Usa Donald Trump affida il suo pensiero a Twitter
e attacca gli avversari politici attraverso la vicenda di New York.
“Basta col politically correct nel rispondere al terrorismo.
L’attentatore è un animale che ha fatto entrare altra gente negli Usa.
Era il punto di contatto di almeno 23 persone. Chiederò al Congresso di
porre fine alla lotteria della carta verde”, le parole di Trump.
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qui napoli - l'assessore alla cultura
"Ascarelli, presto una strada"
“Vivi
nel ricordo”. Anche quest’anno, in occasione del Primo novembre, il
Comune di Napoli, in accordo con diverse realtà territoriali tra cui
Comunità ebraica, ha voluto promuovere una serie di iniziative volte a
valorizzare il patrimonio culturale materiale e immateriale del
capoluogo campano. Significativa tra le altre la tappa all’antico
cimitero ebraico, dove riposano tanti napoletani illustri. Un vero e
proprio tuffo in vicende antiche ma ancora attuali, condotto da Sandro
Temin, Consigliere UCEI, e dall’ingegner Roberto Modiano, alla presenza
dell’assessore alla Cultura del Comune Nino Daniele e della presidente
della Comunità ebraica Lydia Schapirer. Proprio Daniele,
nell’occasione, ha annunciato la prossima conclusione dell’iter che
porterà all’intitolazione di una strada di Napoli a Giorgio Ascarell
(1894-1930), imprenditore, filantropo e fondatore della locale squadra
di calcio.
(Nell’immagine l’assessore Daniele davanti alla tomba di Ascarelli)
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il diario letto dai cittadini milanesi Anna Frank, parole contro l'odio
Per
rendere omaggio alla Memoria di Anna Frank e delle milioni di vittime
del nazifascismo, l’invito è stato rivolto a tutti: cittadini,
studenti, rappresentanti politici, istituzioni, associazioni ed enti. A
turno al microfono, per leggere una pagina del suo Diario. “Le derive
nazifasciste e antisemite sono un problema che riguarda tutti e ogni
attacco alla Memoria è un attacco alle istituzioni democratiche, che
richiede una risposta istituzionale: sulla resistenza al nazifascismo,
sancita dalla nostra Costituzione, non siamo disponibili ad arretrare”
ha spiegato il Presidente del Municipio 6 di Milano, Santo Minniti. E
così è stato, con tante persone raccoltesi in Darsena per leggere
insieme le pagine del celebre Diario e dare, insieme, una risposta di
civiltà a chi – come nel recente caso dei tifosi della Lazio
all’Olimpico – oltraggia la Memoria della Shoah. Leggi
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qui trieste Miriam Hassid (1938-2017)
Era
nata nel luglio del 1938. Pochi mesi ancora e le Leggi Razziste,
annunciate nella sua Trieste davanti a una folla entusiasta, avrebbero
messo ai margini la sua famiglia e quelle di migliaia di
correligionari. Un’infanzia in salita, a confronto con la paura
dell’arresto e con altre prove durissime. E nel dopoguerra la sfida di
ripartire, senza un padre, prima internato nel campo di Casoli in
Abruzzo e poi ucciso dai nazifascisti alla Risiera di San Sabba. Una
sorte rimasta a lungo ignota, di cui prese coscienza soltanto diversi
anni dopo.
Ma Miriam Hassid, per tutti Mariù, non si è mai arresa. E con una
determinazione fuori dal comune ha raggiunto traguardi importanti.
L’adesione al progetto politico dell’Hashomer Hatzair, movimento
sionistico di sinistra, la porta in Israele dal 1956 al 1964. E là ad
impegnarsi in progetti di insegnamento e sostegno ai giovani. Quindi il
ritorno in Italia, sempre con i giovani al centro del suo orizzonte e
del suo grande cuore. L’insegnamento a scuola, le pratiche per dare
assistenza alle vittime del nazifascismo attraverso la Claims
Conference, una parola gentile e un aiuto a tutti. E inoltre un impegno
intellettuale di altissimo livello, come nel caso di alcune traduzioni
svolte insieme allo scrittore Giorgio Voghera. Di pochi mesi fa
l’emozionante riconoscimento di una foto del padre Giuseppe, nativo
dell’Impero ottomano, relativa al suo internamento a Casoli.
Un’intera Comunità la piange in queste ore. Afferma al riguardo Mauro
Tabor, Consigliere UCEI: “Mariù mi ha insegnato il rispetto e, più
importante ancora, mi ha insegnato cosa significa essere ebreo nel dna.
Ebreo in ogni atto, quasi esistessero delle mizvot ‘religiose’ e delle
mizvot ‘laiche’. Mi ha fatto capire che l’etica ebraica laica e l’etica
religiosa ebraica possono essere due aspetti della stessa medaglia”.
I funerali di Miriam Hassid si sono svolti quest’oggi, nel cimitero ebraico di Trieste.
Sia il suo ricordo di benedizione.
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jciak Carbone, il colpo del secolo
Un
bottino da 500 miliardi di euro speculando sull’aria. È uno di quei
casi in cui la realtà supera la fiction. Il colpo del secolo, la
colossale frode dei certificati di emissione di Co2, aspettava solo di
essere raccontato. E da ieri Carbone, il nuovo film di Olivier Marchal
scritto da Emanuel Naccache, con Benoît Magimel e Gerard Depardieu,
porta nelle sale francesi la storia della truffa del carbon trading
considerata una delle specialità degli ambienti franco-israeliani in un
thriller ricco di colpi di scena.
La vicenda, nella realtà dipanatisi fra il 2008 e il 2009 e culminata
in un processo che in Francia quattro anni fa ha tenuto l’opinione
pubblica con il fiato sospeso, ha come protagonista un uomo qualsiasi.
Antoine Roca, interpretato da Magimel, non tenta il colpo grosso per
smania di profitti ma perché teme di perdere.
Una volta inoltratosi nella truffa del carbon trading, il poveretto non
ha però alcuna possibilità di farcela. Presto rimane intrappolato nei
meccanismi perversi della grande criminalità e si vede costretto ad
affrontare morti, tradimenti e regolamenti di conti.
Daniela Gross Leggi
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Due pericoli a confronto
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A
volte leggo confronti che vengono fatti sulla gravità dei due pericoli
che minacciano la cultura, la stabilità e la democrazia in Europa:
quello islamico e quello neofascista. A parte il fatto che è quasi
privo di senso confrontare due fenomeni non misurabili talmente
diversi, se proprio vogliamo fare un confronto dobbiamo mettere in luce
le differenze, dato che di somiglianze ce ne sono ben poche. Uno è
esterno e ha la sua origine dai paesi islamici lacerati dalle guerre,
l’altro viene dall’interno di un’Europa che ha vinto il fascismo ma non
del tutto, e sicuramente non a livello culturale e in particolare non a
quello della cultura del potere. Il primo è collegato con una
migrazione di massa di gente povera che nei paesi d’arrivo stenta ad
inserirsi nel tessuto sociale e trae la sua forza e influenza dal peso
numerico, non da una minaccia militare sull’Europa da parte dei paesi
d’origine. L’altro pericolo è endemico e più difficile da combattere,
dato che si tratta alla base di un problema educativo. Il sistema
educativo va indietro e non si evolve.
Daniel Haviv
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In ascolto - Sasha Argov
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La
settimana scorsa abbiamo ascoltato “Bereshit”, una lettura musicale
moderna degli antichi versetti biblici su testo di Haim Hefer – che
abbiamo già conosciuto – e musica di Sasha Argov di cui, abbiamo detto,
avremmo parlato oggi.
Alexander (Sasha) Abramovich nasce a Mosca il 26 ottobre 1914. La mamma
è pianista e gli trasmette fin da bambino la passione per la musica,
una passione che dovrà purtroppo coltivare per diversi anni solo tra le
mura domestiche in quanto per via della posizione sociale della sua
famiglia non gli è permesso fare l’audizione presso il Conservatorio di
Mosca. Nel 1934 il giovane ottiene il certificato per l’emigrazione e
raggiunge i genitori, che un paio di anni prima avevano fatto l’aliyah
e si erano insediati nella Palestina Mandataria. Nella nuova terra,
Sasha riesce a collaborare come pianista accompagnatore e compositore
soprattutto in teatro, ma certo la vita del musicista non è semplice e
soprattutto non redditizia, per cui accetta un impiego in banca e
lascia che la musica riempia i momenti liberi, senza crearsi troppe
aspettative.
Maria Teresa Milano
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Un anno di Ugei
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Napoli,
Roma, Genova, Milano e Torino. Sono le cinque città in cui l’Unione dei
Giovani Ebrei d’Italia (Ugei) nel corso di quest’anno ha organizzato
eventi di tre giorni, dal venerdì alla domenica. In una parola:
shabbatonim. Napoli a fine febbraio, Roma per Lag Ba’omer a maggio,
Genova in occasione della Giornata europea della cultura ebraica, a
settembre. A cui aggiungere la quattro giorni di Irua in Toscana, un
progetto realizzato grazie all’organizzazione Ucei, il Viaggio della
Memoria a Dachau e Mauthausen che si è concluso ieri, la costante
attività del nostro organo Hatikwà, “un giornale aperto al confronto
delle idee”, e molto altro.
Giorgio Berruto
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Sul riso e sul patto
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Ed
eccoci a discutere di Ishmael ed Yitzhak, prima ancora di leggere la
parashà di Vayerà, commentando il precedente Shabbat un disegno per
bambini nella parashà di Lech lechà in cui il piccolo Ishmael è
ritratto già infante con un ghigno cattivo. Perché, se c’è già lui,
nasce anche Yitzhak, quando sembrava che Sarà non potesse avere figli?
Avraham ha già un erede, o no? Sospiro, avvertendo il sentore di un
terreno scivoloso ad introdurre discorsi su rapporti non pacifici tra
fratelli.
Sara Valentina Di Palma
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