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27 dicembre 2017 - 9 Tevet 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Giuseppe Momigliano,
rabbino
Quando il patriarca Giacobbe sentì di essere prossimo alla morte radunò tutti i figli e si rivolse a loro con queste parole: "Riunitevi e vi dirò quello che vi accadrà nel tempo avvenire”(Genesi 49,1). Il patriarca intendeva rivelare la “fine dei giorni” ma non era gradito al Signore che venisse aperto uno squarcio su un futuro così remoto, Giacobbe sentì dunque venir meno lo spirito profetico se ne preoccupò, temendo che fosse un segno indicatore del fatto che qualcuno dei suoi figli non seguiva la sua strada di fede, interrogò quindi i figli e ne ricevette come risposta le parole : “Shemà, Israel, HaShem Elokenu, HaShem Echad” – Ascolta, Israele – intendevano dire: ascolta, Giacobbe, nostro padre – il Signore è nostro D.O, il Signore è Uno, come nel tuo cuore non c’è che un solo D.O, così pure è nel nostro cuore”. 
 
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Davide
Assael,
ricercatore
Ci sarebbe da meditare sulla massiccia presenza di italiani sui social network russi. Ufficialmente, è dovuta alla censura di Facebook, che si sta effettivamente facendo stringente per pressione dei vari governi sulla questione fake news. Sorprende, però, la compattezza della propaganda fascistoide e nazistoide. Notizie puntuali sulle discussioni parlamentari e sulla stringente attualità politica italiana fanno pensare ad una propaganda organizzata dall’alto, che, visti i numeri degli utenti italiani, darà certo i suoi frutti.
 
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Usa, taglio ai fondi Onu
Duecentottantacinque milioni di dollari in meno nel budget delle Nazioni Unite per il 2018 e il 2019. Annunciata dall’ambasciatrice Nikki Haley, ecco che arriva la risposta dell’amministrazione Trump al voto contrario dell’assemblea generale dell’Onu su Gerusalemme. La Stampa, tra gli altri, parla di avversione ideologica della Casa Bianca nei confronti dell’Onu per almeno tre motivi. “Primo, la sua dottrina sovranista non accetta l’idea di organizzazioni multilaterali che possano imporre la loro volontà sul governo americano, anche se questo nel caso del Palazzo di Vetro è impossibile, perché avendo il potere di veto gli Usa possono bloccare qualunque risoluzione legalmente vincolante del Consiglio di Sicurezza che non condividono; secondo, le Nazioni Unite sono percepite come nemiche di Israele; terzo, l’organizzazione è fondamentalmente progressista e liberal, promuove principi come la salute riproduttiva o la lotta ai cambiamenti climatici, e quindi ha un’agenda generalmente avversa, se non opposta, aquella del governo Usa in carica”.
Scrive invece il Sole 24 Ore: “Potrebbe apparire solo una rappresaglia, ma somiglia anche a un pretesto per mettere in pratica un piano preparato da tempo. Il taglio di parte dei finanziamenti americani destinati alle Nazioni Unite, annunciato dalla Casa Bianca, rischia di esacerbare le già non idilliache relazioni tra Washington e i Paesi europei”. Alcuni paesi dell’Europa Est, tra cui Romania, Slovenia e Repubblica Ceca, si appresterebbero intanto a trasferire la propria ambasciata a Gerusalemme. Secondo Fiamma Nirenstein, che ne parla sul Giornale, “una piena sconfessione di quanto vaticinato dalla Mogherini, che si era detta sicura che la Ue avrebbe isolato gli Usa”.

Israele in prima linea tra i paesi che stanno intervenendo per bloccare gli investimenti in bitcoin, ritenuti troppo speculativi (all’argomento è dedicato un approfondimento sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio). L’assenza di regole nelle transazioni del bitcoin, spiega La Stampa, ha spinto ad esempio l’Autorità per Sicurezza (Isa) a convocare per la prossima settimana i regolatori finanziari per discutere l’argomento. “Fino a quando non ci sarà una chiara regolamentazione, faremo in modo che le società che commerciano principalmente in valute virtuali non siano in grado di farlo sul mercato azionario di Tel Aviv” ha detto Shmouel Hauser, direttore dell’Autorità.

Gli appelli al governo, le missive al Quirinale, le richieste alla Santa Sede, gli scambi interni alla famiglia Savoia. Il Tempo pubblica oggi alcuni carteggi inediti relativi al trasferimento della salma di Vittorio Emanuele III a Vicoforte. Secondo Marcello Veneziani “un un Paese che vive di passato e si raccoglie unito ed entusiasta intorno a Indietro Tutta! Di Arbore, il tema della salme, le divisioni funebri tra i superstiti monarchici, il tanfo di passato sepolto, il conflitto intrasabaudo tra neorealisti minimalisti e legittimisti massimalisti (cioè ‘Pantheon o morte’) sono uno spaccato curioso e verace di quel che resta del nostro Paese”. E cioè, a detta del noto intellettuale di destra, un “agitato cimitero”.
 
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  davar
il magistrato assassinato a buenos aires
Argentina, la svolta nell'inchiesta "Il procuratore Nisman fu ucciso"
Il 18 gennaio 2015 Alberto Nisman, magistrato ebreo argentino che da anni indagava sull'attentato al centro ebraico di Buenos Aires del 1994, viene trovato morto nel suo appartamento. A ucciderlo, un colpo di pistola alla testa da distanza ravvicinata. Suicidio, la tesi di una parte della magistratura, contestata da diversi giornalisti e da altri giudici. Pochi giorni prima della sua morte, Nisman aveva accusato l'allora presidente della Repubblica Cristina Kirchner di aver cospirato per insabbiare un’indagine riguardante il coinvolgimento dell’Iran nell'attacco del 1994 in cui furono uccise 85 persone. Il giorno successivo alla morte, il procuratore avrebbe dovuto presentarsi di fronte a una commissione parlamentare per dare conto degli sviluppi della sua inchiesta. A distanza di più di due anni da quei fatti, dopo decine di manifestazione per chiedere la verità su una vicenda gestita in modo poco chiaro, un giudice ha per la prima volta smentito in tribunale la tesi secondo cui Nisman si sia suicidato: in una sentenza di 656 pagine, il giudice Julian Ercolini ha detto che ci sono prove sufficienti per concludere che il colpo alla testa che ha tolto la vita a Nisman non era autoinflitto. Nisman è stato ucciso.
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pagine Ebraiche gennaio 2017 - dossier talmud 
“Talmud, messaggio universale”
È il 1553 quando, per decreto di papa Giulio III, a Campo de' Fiori brucia il Talmud. Invece di uomini, sul rogo finiscono volumi, conoscenza, profondità di pensiero. Si cerca di distruggere i legami di un popolo con i propri testi, la propria storia. Una ferita ancora aperta, che inevitabilmente segnerà il futuro delle generazioni ebraiche italiane. "I fogli bruciano, ma le lettere volano" si legge nella targa fatta apporre nel gennaio del 2011 in quello stesso luogo. E infatti andò così, con i grandi Maestri dell'epoca che districarono dal Talmud gli argomenti legali da quelli di altro genere e stamparono due nuove opere con diversi nomi. Ma comunque, nel passaggio, qualcosa di importante si perse. Soprattutto il legame speciale e unico con quel testo, ormai fruibile, in quell'epoca oscurantista, solo a patto di esporsi a gravi rischi personali.
Il progetto di traduzione in italiano del Talmud Babilonese, avviato nel 2011 nel segno del protocollo d'intesa siglato tra Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Consiglio nazionale delle ricerche, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Collegio rabbinico italiano, è la risposta di una società che guarda oggi al Talmud con interesse e riconoscenza. Come a un testo che, oltre la sua dimensione ebraica, dissemina i propri saperi in una prospettiva sempre più universale.
Per festeggiare l'uscita del secondo trattato tradotto - Berakhòt, curato dal rav Gianfranco Di Segni e pubblicato dalla casa editrice Giuntina - Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione propone uno speciale dossier di approfondimento. "Tutto ciò che gli ebrei sono oggi, sta nelle pagine di questo testo. Come e perché osserviamo le feste, lo Shabbat, la Kashrut, tutte le altre norme. La base dell'osservanza è nel Talmud, pilastro imprescindibile dell'identità ebraica" ci spiega il rav Di Segni.
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il concerto a new york
Aldo Finzi, le note della Memoria
“Fate eseguire la mia musica”.
Un rifugio clandestino a Torino, nella città ancora sotto occupazione nazifascista. L’ultima richiesta di un grande artista, cancellato dal regime per via della sua identità ebraica e da allora costretto a confrontarsi con prove durissime. Nel 1937, con la sua opera La serenata al vento, si apprestava a conquistare il teatro alla Scala. Ma le Leggi Razziste, di poco successive, gli impedirono il meritato successo. Fu solo l’inizio di un inferno personale, conclusosi nel febbraio del ’45 con la morte.
A 72 anni dalla scomparsa le musiche del compositore milanese Aldo Finzi hanno conquistato il più prestigioso dei palcoscenici: Carnegie Hall a New York, dove un concerto diretto da Alessandro Calcagnile (con al pianoforte l’italiana Simonetta Heger) ha portato all’attenzione di qualificate orecchie il meglio della sua produzione. Un evento che segna il momento più alto della riscoperta in corso dell’opera di Finzi.
“Ero presente quel giorno, ricordo come fosse ieri il drammatico appello di papà. Il concerto di New York ha rappresentato, per tutta la famiglia, un’emozione indescrivibile ” racconta il figlio Bruno, 92 anni.
Proprio a Bruno è dedicata una delle opere più intense, scritta nei mesi durissimi della clandestinità: il “Salmo per coro e orchestra”, con cui si rivolge al Signore per ringraziarlo di aver salvato suo figlio e lui stesso da un precedente fermo da parte delle SS.
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pilpul
Ticketless - Treno d'inverno
Due stanchi (e stonati) pensieri di un viaggiatore in treno in una gelida notte d’inverno. Primo  pensiero sconnesso. I giornali annunciano la notizia che la manovra di quest’anno prevede un anno di contributi gratis per ogni figlio messo al mondo da una mamma lavoratrice. Una pennellata rosa nella riforma delle pensioni. A me sembra un’offesa al Sessantotto, che aveva, grazie a Dio, raddrizzato i rapporti di coppia e definitivamente sepolto lo stereotipo fascista della donna sposa e madre esemplare. Padri lavoratori che, dopo la contestazione - qualcuno suppone anche prima - hanno fatto, discretamente, il loro dovere e sognano la giusta retraite, dopo tanti pannolini cambiati e ore rubate al sonno, ma per loro varrà soltanto la dura legge delle speranze di vita che si allungano a cannocchiale.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Gerusalemme
"Gerusalemme è mia!" "No è mia!" "È nostra!" "È stata mia per  tanto tempo!" "Ma prima c'ero io!" "Ma poi l'hai  lasciata!" "Non è vero, me l'hanno strappata!" "Ora è  diventata nostra!" "È di tutti!" "Di tutti, tranne che tua"" "Io l'amo!" "Ma la voglio io!" "Se non  ce la restituisci, ce la riprenderemo con la forza!" "Lasciala!", "Ridammela, o ti ammazzo!". Eccetera eccetera.
Dev'essere proprio bellissima, questa donna chiamata Gerusalemme, se tutti la vogliono. Non a caso, nella più bella poesia d'amore di tutti i tempi, l'amata è definita "navà ki Jerushalàim", "bella come Gerusalemme". Non può esistere bellezza maggiore. Tutti minacciano di fare pazzie per lei, si dichiarano disposti a uccidere, o a morire, per lei. Moltissimi non l'hanno mai  vista, ma dicono comunque di amarla, di volerla a ogni costo, come accadeva per la bella e crudele Turandot.


Francesco Lucrezi, storico
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