Giuseppe Momigliano,
rabbino
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Quando
il patriarca Giacobbe sentì di essere prossimo alla morte radunò tutti
i figli e si rivolse a loro con queste parole: "Riunitevi e vi dirò
quello che vi accadrà nel tempo avvenire”(Genesi 49,1). Il patriarca
intendeva rivelare la “fine dei giorni” ma non era gradito al Signore
che venisse aperto uno squarcio su un futuro così remoto, Giacobbe
sentì dunque venir meno lo spirito profetico se ne preoccupò, temendo
che fosse un segno indicatore del fatto che qualcuno dei suoi figli non
seguiva la sua strada di fede, interrogò quindi i figli e ne ricevette
come risposta le parole : “Shemà, Israel, HaShem Elokenu, HaShem Echad”
– Ascolta, Israele – intendevano dire: ascolta, Giacobbe, nostro padre
– il Signore è nostro D.O, il Signore è Uno, come nel tuo cuore non c’è
che un solo D.O, così pure è nel nostro cuore”.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Ci
sarebbe da meditare sulla massiccia presenza di italiani sui social
network russi. Ufficialmente, è dovuta alla censura di Facebook, che si
sta effettivamente facendo stringente per pressione dei vari governi
sulla questione fake news. Sorprende, però, la compattezza della
propaganda fascistoide e nazistoide. Notizie puntuali sulle discussioni
parlamentari e sulla stringente attualità politica italiana fanno
pensare ad una propaganda organizzata dall’alto, che, visti i numeri
degli utenti italiani, darà certo i suoi frutti.
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Usa, taglio ai fondi Onu
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Duecentottantacinque
milioni di dollari in meno nel budget delle Nazioni Unite per il 2018 e
il 2019. Annunciata dall’ambasciatrice Nikki Haley, ecco che arriva la
risposta dell’amministrazione Trump al voto contrario dell’assemblea
generale dell’Onu su Gerusalemme. La Stampa, tra gli altri, parla di
avversione ideologica della Casa Bianca nei confronti dell’Onu per
almeno tre motivi. “Primo, la sua dottrina sovranista non accetta
l’idea di organizzazioni multilaterali che possano imporre la loro
volontà sul governo americano, anche se questo nel caso del Palazzo di
Vetro è impossibile, perché avendo il potere di veto gli Usa possono
bloccare qualunque risoluzione legalmente vincolante del Consiglio di
Sicurezza che non condividono; secondo, le Nazioni Unite sono percepite
come nemiche di Israele; terzo, l’organizzazione è fondamentalmente
progressista e liberal, promuove principi come la salute riproduttiva o
la lotta ai cambiamenti climatici, e quindi ha un’agenda generalmente
avversa, se non opposta, aquella del governo Usa in carica”.
Scrive invece il Sole 24 Ore: “Potrebbe apparire solo una rappresaglia,
ma somiglia anche a un pretesto per mettere in pratica un piano
preparato da tempo. Il taglio di parte dei finanziamenti americani
destinati alle Nazioni Unite, annunciato dalla Casa Bianca, rischia di
esacerbare le già non idilliache relazioni tra Washington e i Paesi
europei”. Alcuni paesi dell’Europa Est, tra cui Romania, Slovenia e
Repubblica Ceca, si appresterebbero intanto a trasferire la propria
ambasciata a Gerusalemme. Secondo Fiamma Nirenstein, che ne parla sul
Giornale, “una piena sconfessione di quanto vaticinato dalla Mogherini,
che si era detta sicura che la Ue avrebbe isolato gli Usa”.
Israele in prima linea tra i paesi che stanno intervenendo per bloccare
gli investimenti in bitcoin, ritenuti troppo speculativi (all’argomento
è dedicato un approfondimento sul numero di Pagine Ebraiche di
gennaio). L’assenza di regole nelle transazioni del bitcoin, spiega La
Stampa, ha spinto ad esempio l’Autorità per Sicurezza (Isa) a convocare
per la prossima settimana i regolatori finanziari per discutere
l’argomento. “Fino a quando non ci sarà una chiara regolamentazione,
faremo in modo che le società che commerciano principalmente in valute
virtuali non siano in grado di farlo sul mercato azionario di Tel Aviv”
ha detto Shmouel Hauser, direttore dell’Autorità.
Gli appelli al governo, le missive al Quirinale, le richieste alla
Santa Sede, gli scambi interni alla famiglia Savoia. Il Tempo pubblica
oggi alcuni carteggi inediti relativi al trasferimento della salma di
Vittorio Emanuele III a Vicoforte. Secondo Marcello Veneziani “un un
Paese che vive di passato e si raccoglie unito ed entusiasta intorno a
Indietro Tutta! Di Arbore, il tema della salme, le divisioni funebri
tra i superstiti monarchici, il tanfo di passato sepolto, il conflitto
intrasabaudo tra neorealisti minimalisti e legittimisti massimalisti
(cioè ‘Pantheon o morte’) sono uno spaccato curioso e verace di quel
che resta del nostro Paese”. E cioè, a detta del noto intellettuale di
destra, un “agitato cimitero”.
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il magistrato assassinato a buenos aires
Argentina, la svolta nell'inchiesta "Il procuratore Nisman fu ucciso"
Il
18 gennaio 2015 Alberto Nisman, magistrato ebreo argentino che da anni
indagava sull'attentato al centro ebraico di Buenos Aires del 1994,
viene trovato morto nel suo appartamento. A ucciderlo, un colpo di
pistola alla testa da distanza ravvicinata. Suicidio, la tesi di una
parte della magistratura, contestata da diversi giornalisti e da altri
giudici. Pochi giorni prima della sua morte, Nisman aveva accusato
l'allora presidente della Repubblica Cristina Kirchner di aver
cospirato per insabbiare un’indagine riguardante il coinvolgimento
dell’Iran nell'attacco del 1994 in cui furono uccise 85 persone. Il
giorno successivo alla morte, il procuratore avrebbe dovuto presentarsi
di fronte a una commissione parlamentare per dare conto degli sviluppi
della sua inchiesta. A distanza di più di due anni da quei fatti, dopo
decine di manifestazione per chiedere la verità su una vicenda gestita
in modo poco chiaro, un giudice ha per la prima volta smentito in
tribunale la tesi secondo cui Nisman si sia suicidato: in una sentenza
di 656 pagine, il giudice Julian Ercolini ha detto che ci sono prove
sufficienti per concludere che il colpo alla testa che ha tolto la vita
a Nisman non era autoinflitto. Nisman è stato ucciso. Leggi
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pagine Ebraiche gennaio 2017 - dossier talmud
“Talmud, messaggio universale”
È
il 1553 quando, per decreto di papa Giulio III, a Campo de' Fiori
brucia il Talmud. Invece di uomini, sul rogo finiscono volumi,
conoscenza, profondità di pensiero. Si cerca di distruggere i legami di
un popolo con i propri testi, la propria storia. Una ferita ancora
aperta, che inevitabilmente segnerà il futuro delle generazioni
ebraiche italiane. "I fogli bruciano, ma le lettere volano" si legge
nella targa fatta apporre nel gennaio del 2011 in quello stesso luogo.
E infatti andò così, con i grandi Maestri dell'epoca che districarono
dal Talmud gli argomenti legali da quelli di altro genere e stamparono
due nuove opere con diversi nomi. Ma comunque, nel passaggio, qualcosa
di importante si perse. Soprattutto il legame speciale e unico con quel
testo, ormai fruibile, in quell'epoca oscurantista, solo a patto di
esporsi a gravi rischi personali.
Il progetto di traduzione in italiano del Talmud Babilonese, avviato
nel 2011 nel segno del protocollo d'intesa siglato tra Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Consiglio nazionale
delle ricerche, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Collegio
rabbinico italiano, è la risposta di una società che guarda oggi al
Talmud con interesse e riconoscenza. Come a un testo che, oltre la sua
dimensione ebraica, dissemina i propri saperi in una prospettiva sempre
più universale.
Per festeggiare l'uscita del secondo trattato tradotto - Berakhòt,
curato dal rav Gianfranco Di Segni e pubblicato dalla casa editrice
Giuntina - Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione propone uno
speciale dossier di approfondimento. "Tutto ciò che gli ebrei sono
oggi, sta nelle pagine di questo testo. Come e perché osserviamo le
feste, lo Shabbat, la Kashrut, tutte le altre norme. La base
dell'osservanza è nel Talmud, pilastro imprescindibile dell'identità
ebraica" ci spiega il rav Di Segni. Leggi
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il concerto a new york
Aldo Finzi, le note della Memoria
“Fate eseguire la mia musica”.
Un rifugio clandestino a Torino, nella città ancora sotto occupazione
nazifascista. L’ultima richiesta di un grande artista, cancellato dal
regime per via della sua identità ebraica e da allora costretto a
confrontarsi con prove durissime. Nel 1937, con la sua opera La
serenata al vento, si apprestava a conquistare il teatro alla Scala. Ma
le Leggi Razziste, di poco successive, gli impedirono il meritato
successo. Fu solo l’inizio di un inferno personale, conclusosi nel
febbraio del ’45 con la morte.
A 72 anni dalla scomparsa le musiche del compositore milanese Aldo
Finzi hanno conquistato il più prestigioso dei palcoscenici: Carnegie
Hall a New York, dove un concerto diretto da Alessandro Calcagnile (con
al pianoforte l’italiana Simonetta Heger) ha portato all’attenzione di
qualificate orecchie il meglio della sua produzione. Un evento che
segna il momento più alto della riscoperta in corso dell’opera di Finzi.
“Ero presente quel giorno, ricordo come fosse ieri il drammatico
appello di papà. Il concerto di New York ha rappresentato, per tutta la
famiglia, un’emozione indescrivibile ” racconta il figlio Bruno, 92
anni.
Proprio a Bruno è dedicata una delle opere più intense, scritta nei
mesi durissimi della clandestinità: il “Salmo per coro e orchestra”,
con cui si rivolge al Signore per ringraziarlo di aver salvato suo
figlio e lui stesso da un precedente fermo da parte delle SS. Leggi
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Ticketless - Treno d'inverno |
Due
stanchi (e stonati) pensieri di un viaggiatore in treno in una gelida
notte d’inverno. Primo pensiero sconnesso. I giornali annunciano
la notizia che la manovra di quest’anno prevede un anno di contributi
gratis per ogni figlio messo al mondo da una mamma lavoratrice. Una
pennellata rosa nella riforma delle pensioni. A me sembra un’offesa al
Sessantotto, che aveva, grazie a Dio, raddrizzato i rapporti di coppia
e definitivamente sepolto lo stereotipo fascista della donna sposa e
madre esemplare. Padri lavoratori che, dopo la contestazione - qualcuno
suppone anche prima - hanno fatto, discretamente, il loro dovere e
sognano la giusta retraite, dopo tanti pannolini cambiati e ore rubate
al sonno, ma per loro varrà soltanto la dura legge delle speranze di
vita che si allungano a cannocchiale.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Gerusalemme
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"Gerusalemme
è mia!" "No è mia!" "È nostra!" "È stata mia per tanto tempo!"
"Ma prima c'ero io!" "Ma poi l'hai lasciata!" "Non è vero, me
l'hanno strappata!" "Ora è diventata nostra!" "È di tutti!" "Di
tutti, tranne che tua"" "Io l'amo!" "Ma la voglio io!" "Se non ce
la restituisci, ce la riprenderemo con la forza!" "Lasciala!",
"Ridammela, o ti ammazzo!". Eccetera eccetera.
Dev'essere proprio bellissima, questa donna chiamata Gerusalemme, se
tutti la vogliono. Non a caso, nella più bella poesia d'amore di tutti
i tempi, l'amata è definita "navà ki Jerushalàim", "bella come
Gerusalemme". Non può esistere bellezza maggiore. Tutti minacciano di
fare pazzie per lei, si dichiarano disposti a uccidere, o a morire, per
lei. Moltissimi non l'hanno mai vista, ma dicono comunque di
amarla, di volerla a ogni costo, come accadeva per la bella e crudele
Turandot.
Francesco Lucrezi, storico
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