Paolo Sciunnach, insegnante | Halakhah
è ben più di un elenco di leggi religiose. Essa possiede il suo proprio
Logos, un suo metodo di pensiero e costituisce un sistema indipendente.
La Halakhah non necessita del buon senso comune così come non lo
esigono la matematica ed i sistemi scientifici.
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Anna
Foa,
storica |
Si
fa un gran parlare delle fake news, del loro pericolo, del rischio che
comporta l’essere inondati di notizie false senza avere la capacità di
distinguere il falso dal vero. Tutto molto vero e molto giusto. Vorrei
ricordarvi che un falso simile a quelli di cui stiamo parlando è già
esistito ed ha portato a conseguenze terribili per gli ebrei e per il
mondo tutto: I protocolli dei savi di Sion.
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“Israele, riconoscimento necessario”
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“Da
tempo noi sosteniamo l’idea che in quella regione sia giusto avere due
Stati autonomi che vivano in sicurezza. Il tema, però, è che per
arrivare a questa soluzione occorre prima un riconoscimento del diritto
a esistere di Israele da parte palestinese”.
È quanto sottolinea la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Noemi Di Segni in una intervista a Repubblica, che arriva a 24
ore dalla pubblicazione di un colloquio dello stesso giornale con il
leader palestinese Abu Mazen improntato al vittimismo e in cui
unilateralmente si accusava Israele delle persistenti difficoltà tra i
due popoli. La Presidente dell’Unione parla anche di Leila Khaled,
prima donna a partecipare a un dirottamento aereo che sarà protagonista
nei prossimi giorni di varie iniziative tra Roma, Napoli e Cagliari.
“Io vorrei sapere cosa dice questa signora nei suoi interventi pubblici
nel nostro Paese, mentre so per certo che da un oratore israeliano è
difficile che escano parole d’odio viscerale e di proselitismo che in
tempi come questi possono anche fomentare le tante teste calde che si
sfogano nel web. Ecco – afferma Di Segni – anche questo può essere un
esempio di stile diverso e di maturità nel presentare la questione
israelo-palestinese e la volontà di trattare per arrivare a una piena e
sicura convivenza”.
“La speranza della mia famiglia ormai è solo quella di trovare i resti
di mia sorella, trasferirli in Italia, portare un fiore sulla sua tomba
e recitarle una preghiera”.
Parla così alla Stampa Fabio De Palo, il fratello minore di Graziella
De Palo, la giornalista freelance sparita nel nulla assieme al collega
Italo Toni il 2 settembre 1980, mentre si trovavano in Libano per un
reportage sui campi-profughi palestinesi organizzati dall’Olp. Forse,
scrive il quotidiano torinese, c’è ancora un uomo che sa qualcosa di
quel lontano e tragico episodio. “È un settantenne dall’aspetto
giovanile – si legge – e si chiama Bassam Abu Sharif. È stato il
braccio destro di Yasser Arafat per decenni, ha fatto stabilmente parte
degli organismi dirigenti del Fronte di Liberazione Nazionale della
Palestina in ruoti di vertice. Un personaggio chiave negli intricati
rapporti tra Palestina e governo italiano in quegli anni cruciali,
quando si era appena consumato, nel ’72, il sequestro e l’omicidio
degli atleti israeliani da parte di terroristi palestinesi durante le
Olimpiadi di Monaco di Baviera”.
Ancora uno shock dalla Polonia, dove in una manifestazione della destra
radicale a Katowice sono state esposte delle forche con le foto di sei
eurodeputati dell’opposizione Piattaforma civica. La loro colpa? Aver
votato a favore di una risoluzione con quale il Parlamento Ue ha
ammonito Varsavia per il mancato rispetto dello stato di diritto.
Sottolinea Wlodek Goldkorn su Repubblica: “Le immagini e le parole
possono diventare fatti. È già successo, può succedere ancora. La
manifestazione di sabato sera a Katowice, quelle forche, quelle foto,
l’esposizione delle facce dei ‘colpevoli’, non sono semplicemente
l’esibizione di qualche fanatico ma la prova di quel che sta avvenendo
in Polonia. La trasformazione di un Paese che sta nel cuore dell’Europa
e che dell’Europa fa parte”.
Oggi a Roma secondo appuntamento con il summit Iran-Italia organizzato da The European House – Ambrosetti.
Scrive il Sole 24 Ore a proposito del summit, volto ad approfondire le
possibilità di cooperazione tra i due paesi: “Su un piatto della
bilancia un memorandum d’intesa per oltre trenta miliardi siglati da
aziende italiane con le omologhe iraniane nel corso del 2016.
Sull’altro la politica internazionale e le frizioni nella regione del
Golfo. Oltre all’attesa per le decisioni che il Congresso Usa dovrà
prendere su richiesta del presidente Trump, che ha inserito ancora una
volta l’Iran tra i paesi considerati sponsor del terrorismo
internazionale”.
Raccolta differenziata al Portico d’Ottavia. Da oggi, scrive il
Corriere Roma, nuovi bidoncini con il lucchetto e i sacchetti con il
microchip saranno consegnati ai ristoratori, circa una ventina in 250
metri di strada. Racconta Alberto Ouazana, ristoratore e presidente
dell’associazione Portico d’Ottavia: “Ogni esercente avrà i sacchetti
dove è segnata l’identità dell’utente, per individuare quanto ognuno
produce. In base a questo si farà la mappatura della zona”.
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L’intervista alla Presidente UCEI
“Israele, l’Autorità palestinese
riconosca il Diritto e la Storia”
Presupposto
essenziale per l'avvio dei negoziati di pace tra israeliani e
palestinesi è il riconoscimento di questi ultimi del diritto di Israele
a esistere. A sottolinearlo in un'ampia intervista pubblicata oggi da
Repubblica la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Noemi Di Segni. Parole che suonano come una risposta chiara alle accuse
espresse dal leader palestinese Mahmoud Abbas in un'intervista
pubblicata ieri sullo stesso quotidiano. “Nelle loro cartine
geografiche Israele neppure c’è, - sottolinea la Presidente UCEI
parlando dell'atteggiamento dei palestinesi - ma invece le due realtà
devono trattare senza intrusioni di altri Paesi e arrivare a
riconoscersi nel nome della pace globale”. Di seguito il testo
dell'intervista.
"Da tempo noi sosteniamo l’idea che in quella regione sia giusto avere
due Stati autonomi che vivano in sicurezza”. Noemi Di Segni è la
presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane. “Il tema,
però, è che per arrivare a questa soluzione occorre prima un
riconoscimento del diritto a esistere di Israele da parte palestinese”
dice dopo aver letto l’intervista di Repubblica ad Abu Mazen, il
presidente dell’Autorità nazionale palestinese, che si augura che
“l’Italia riconosca lo Stato palestinese secondo le raccomandazioni
espresse dal Parlamento tre anni fa”.
Presidente Di Segni, questo per lei è possibile?
Sì, ma vi sono delle precondizioni come il riconoscimento di Israele da
parte palestinese a voce alta: nelle loro cartine geografiche Israele
neppure c’è, ma invece le due realtà devono trattare senza intrusioni
di altri Paesi e arrivare a riconoscersi nel nome della pace globale.
L’Italia non può arrivare a un risultato prima che vi siano altri
passaggi. Per il nostro Paese, ma anche per Israele, nel rapportarsi a
quel tema c’è anche un altro problema: sappiamo che nel mondo
palestinese vi sono divisioni interne, e quindi sarebbe utile sapere
con quale parte si dialoga, sperando di parlare con chi si riconosce
nei valori di convivenza e pace. In questi giorni in Italia ne abbiamo
una dimostrazione diretta.
A cosa si riferisce?
In questi giorni è stata invitata a parlare nel nostro Paese Leila
Khaled (membro del Fronte Popolare perla liberazione della Palestina e
prima donna, nel 1969, a partecipare a un dirottamento aereo, ndr). Io
vorrei sapere cosa dice questa signora nei suoi interventi pubblici nel
nostro Paese, mentre so per certo che da un oratore israeliano è
difficile che escano parole d’odio viscerale e di proselitismo che in
tempi come questi possono anche fomentare le tante teste calde che si
sfogano nel web. Ecco, anche questo può essere un esempio di stile
diverso e di maturità nel presentare la questione israelo-palestinese e
la volontà di trattare per arrivare a una piena e sicura convivenza.
Gabriele Isman, La Repubblica Leggi
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qui torino - il progetto per le comunità
Fondamenti di ebraismo al via
“Cultura, patrimonio di tutti”
Ha
preso ufficialmente il via da Torino il progetto Fondamenti di
ebraismo, promosso e coordinato da Dario Calimani e dal rav Roberto
Della Rocca, direttore dell’Area Formazione e Cultura UCEI. Si tratta –
come è stato spiegato – di un progetto culturale, uno stimolo e
un’occasione importante per mettere in relazione le Comunità ebraiche
italiane non solo in senso telematico.
Ad accogliere con entusiasmo questa iniziativa il presidente della
Comunità ebraica Dario Disegni e il rabbino capo rav Ariel Di Porto,
che vedono questo corso come una “necessità” e allo stesso tempo una
“opportunità” per l’ebraismo italiano. In apertura anche il saluto di
Giulio Disegni, vicepresidente UCEI, che ha ricordato come il dialogo
sia il fondamento stesso del progetto.
“Torah e popolo ebraico”, questo il titolo della prima lezione, tenuta
da rav Della Rocca. Anche questo aspetto non è casuale: infatti, spiega
Calimani, il primo passo per creare una “rete” passa attraverso
l’incrocio tra rabbini e comunità: “Ogni rav verrà coinvolto in una
comunità diversa dalla propria, creando così un movimento fatto di
cultura e incontro tra le persone”.
Ecco quindi la parola a rav Della Rocca, che dedica questa prima
lezione a rav Giuseppe Laras, da poco scomparso. Una lezione che
analizza il binomio Torah-popolo ebraico per metterne in luce
l’interdipendenza a partite dall’analisi linguistica del termine Torah.
Alice Fubini Leggi
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Oltremare - Carta canta |
Qualche
anno fa il popolo israeliano, tutto intero e senza distinzioni di
origine, lingua madre e età, ha cominciato a trovarsi nel portafoglio
banconote color verde brillante virtualmente identiche, ma una da 20 e
una da 50 Nuovi Shekel. All’epoca, si alzò l’urlo unanime “proteggete
gli anziani” – i quali sarebbero quelli più indifesi di fronte alla
improvvisa somiglianza cromatica delle banconote.
Ora gli americani, che anche con un Trump come presidente restano una
potenza mondiale, sopravvivono parecchio bene da alcune centinaia di
anni pur avendo una famosa moneta, il dollaro, le cui banconote, tutte
verdi oliva e assolutamente identiche salvo una faccia di Presidente al
centro che cambia a seconda del valore della carta, si distinguono
davvero solo in base al numero, per nulla cubitale, ai quattro angoli
del rettangolo.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Il Tempio dei Giovani
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La
commemorazione avvenuta il 27 novembre al Tempio dei Giovani e la
diffusione dell’evento data da Moked mi dà l’opportunità per chiarire
non solo come nacque l’iniziativa, ma quale ne fu lo spirito.
Qualche anno prima della rifondazione del Tempio della casa di Riposo -
rimasto chiuso dopo il trasferimento della Casa di Riposo della
Comunità di Roma a Via Fulda – proposi a Bice Miglia direttrice del
Centro di Cultura ebraica l’iniziativa di offrire agli ebrei romani un
modo diverso di vivere Yom Kippur, farne cioè un’occasione di
preghiera, di studio e di confronto tra i partecipanti.
Nacque quello che poi divenne “Il nostro Kippur” al quale, a parte la
mia presenza, un ottimo contributo fu dato dai giovani del Benè Akivà.
Le prime edizioni si svolsero nei locali del Centro di Cultura in Via
del Tempio, per poi approdare con il tempo nei locali degli Asili (dove
si tiene tuttora).
Scialom Bahbout, rabbino capo di Venezia
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