Elia Richetti,
rabbino
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Mishpatim:
il versetto iniziale di questa Parashà, “We-élle ha-mishpatìm ashèr
tasìm lifnehèm” (Queste sono le norme che porrai davanti a loro) viene
così interpretato nel “Qol Simchà”: queste norme le porrai davanti,
cioè prima, di loro. In altri termini, bisogna anteporre le regole
della Torà al proprio io, e ad esse dedicarsi interamente, fino al dono
di sé.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Recentemente
mi sono imbattuto nel testo seguente che ho ritenuto potesse
interessare i lettori. “IMPORTANTE. In conformità con l’art. 8 della
sentenza del Consiglio federale del 12 marzo 1943 concernente
l’alloggio dei rifugiati, il denaro e i valori che i rifugiati
possiedono in Svizzera o che ricevono dall’estero o in Svizzera, devono
essere depositati in un ufficio fiduciario che li gestisce. Il
dipartimento federale di giustizia e polizia ha affidato questo compito
alla Banca popolare svizzera. I rifugiati il cui denaro e i cui valori
non sono ancora stati depositati presso la Banca popolare svizzera, o
lo hanno fatto solo in parte, sono tenuti a trasferirli senza indugio.
Devono anche depositare spontaneamente il denaro e i valori che
riceveranno ulteriormente. Il denaro e i valori depositati restano
naturalmente proprietà dei depositanti i quali fino alla loro partenza
dalla Svizzera non possono tuttavia disporne senza l’assenso della
divisione di polizia. Le infrazioni all’art. 8 della summenzionata
sentenza del Consiglio federale saranno puniti, e, nei casi gravi,
comporteranno l’internamento in un penitenziario o una punizione.”
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La Memoria da difendere
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“Un
appello a nome dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e di tutti
gli ebrei italiani a condividere una comune preoccupazione: la
limitazione alla libertà di ricerca”. Questo l’incipit del messaggio
della Presidente UCEI Noemi Di Segni diretto a studiosi, ricercatori e
società civile per salvaguardare il diritto-dovere alla Memoria,
minacciati dalla nota e controversa legge polacca sulle responsabilità
del Paese e dei suoi cittadini di fronte alla Shoah.“Se dalla Corte
costituzionale polacca arriverà il via libera al provvedimento sarà per
l’Europa delle nazioni che nel dopoguerra hanno voluto riaffermare
principi di verità e libertà, e per comunità scientifica tutta, un
giorno triste e di spartiacque” sottolinea la Presidente dell’Unione,
invitando tutta la società civile a far sentire la propria voce,
aderendo all’appello e scrivendo il proprio nome, cognome e professione
all’indirizzo di posta elettronica appellopolonia@ucei.it. In attesa
del responso della Corte intanto, Israele – che ha duramente contestato
la norma come ricorda oggi il Foglio – ha detto di sperare ancora che
la Polonia ci ripensi e faccia un passo indietro: “Israele e Polonia
hanno una responsabilità condivisa di studiare e preservare la storia
della Shoah”, il messaggio del ministero degli Esteri israeliano. Una
lettrice del Corriere, scrivendo ad Aldo Cazzullo, si chiede invece
“Perché l’Europa non interviene contro la legge polacca?”, ricordando
le responsabilità polacche nella Shoah e il pogrom contro gli ebrei
avvenuto a Kielce, in Polonia, nel 1946, un anno dopo la guerra. A Roma
intanto la Comunità ebraica locale ha organizzato nel pomeriggio un
sit-in di protesta davanti all’ambasciata polacca.
Macerata, stop alla manifestazione antirazzista. “Dobbiamo farci carico
del dolore, ma c’è un tempo per scendere in piazza e un tempo per il
silenzio”, così il sindaco di Macerata Carancini chiude alla
manifestazione di solidarietà organizzata per sabato dopo l’aggressione
razzista e fascista a un gruppo di migranti. Anpi, Cgil Arci e Libera
hanno deciso di ascoltare il sindaco di Macerata e fare un passo
indietro. Confermata invece la presenza degli esponenti dei centri
sociali, provenienti da tutta Italia e non solo, spiega il Messaggero.
Intanto, l’allarme del capo della polizia Gabrielli in merito
all’attacco compiuto dal fascista Traini, iscritto alla Lega Nord:
“Rischio emulazione, terreno fertile per l’intolleranza”.
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polonia, memoria in pericolo Parigi, pressing su Varsavia:
"Quella legge va cambiata" La
Francia, dopo Israele e Stati Uniti, si aggiunge ai paesi che
contestano la nuova legge sulla Shoah votata da Varsavia che punisce
chi parla di responsabilità polacche (nell’immagine una manifestazione
di cittadini polacchi contrari alla norma). “Una legge imprudente. Non
si dovrebbe riscrivere la storia, non è mai una buona idea”, le parole
del ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, che in
un’intervista ha condannato la norma firmata dal Presidente polacco
Andrej Duda e al momento al vaglio della Corte Costituzionale. Alla
domanda se l’Unione europea intende adottare misure in risposta alla
controversa legge polacca, Le Drian ha auspicato che “la pressione
morale sia sufficiente” per far cambiare idea a Varsavia. “Spero anche
che il popolo polacco riconsidererà la questione e che alle prossime
elezioni agirà in modo da eliminare la sfortunata camicia di forza
politica imposta dalle fazioni nazionaliste”, le parole del ministro
francese. E sul settimanale transalpino L’Obs, il giornalista Pierre
Haski spiega che la legge “si inserisce nella guerra culturale avviata
in Polonia dalla destra populista. Una forza politica che vuole
‘lavare’ la nazione polacca, una nazione il cui sangue è ‘puro’ – come
affermavano decine di migliaia di manifestanti per le strade di
Varsavia nel novembre scorso – e privo di qualunque responsabilità nei
crimini compiuti nel ventesimo secolo (testo tradotto dal sito
Internazionale)”.
Il governo polacco ha reso pubblico lo scorso 2 febbraio il testo della
legge in inglese con il capitolo 6c della norma a rappresentare la
parte più problematica: quello intitolato Protezione della reputazione
della Repubblica Polacca e della nazione polacca (Protection of the
reputation of the Republic of Poland and the Polish Nation). “Chiunque,
pubblicamente e contrariamente ai fatti, attribuisce alla nazione
polacca o allo Stato polacco la responsabilità o corresponsabilità per
i crimini nazisti commessi dal Terzo Reich tedesco […] o per qualsiasi
altro reato che costituisca un crimine contro la pace, l’umanità o
crimini di guerra, o altrimenti diminuisca gravemente la responsabilità
degli effettivi autori di tali crimini, è punito con una multa o la
privazione della libertà personale fino a 3 anni”. Leggi
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l'iniziativa dell'ucei Un appello e un hashtag
per difendere la Memoria
Studiosi,
ricercatori e società civile. Chiunque abbia a cuore il
diritto-dovere alla Memoria, all’istruzione, all’arte, alla conoscenza,
alla critica, alla vita.
Si rivolge a una pluralità di soggetti la Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni nel suo appello all'opinione
pubblica per la difesa di valori gravemente minacciati dalla legge
firmata nelle scorse ore dal presidente polacco Andrzej Duda.
“Se dalla Corte costituzionale polacca arriverà il via libera al
provvedimento sarà per l’Europa delle nazioni che nel dopoguerra hanno
voluto riaffermare principi di verità e libertà, e per comunità
scientifica tutta, un giorno triste e di spartiacque” sottolinea la
Presidente dell’Unione nel suo appello, cui è possibile aderire
scrivendo all’indirizzo di posta elettronica appellopolonia@ucei.it
L'invito, sulle diverse postazioni social, è anche ad usare l'hashtag #noleggepolonia. Leggi
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la lezione al centro bibliografico Tra Rambam e Shulchàn 'Arùkh,
i codici legali nell'ebraismo Si
è svolta ieri pomeriggio, presso il Centro Bibliografico Tullia Zevi
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, una lezione del
coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano Rav Gianfranco Di Segni
dal titolo “I codici legali: il Mishnè Torà del Rambam (Maimonide) e lo
Shulchàn ‘Arùkh”.
Intenzionalmente, ha spiegato il relatore, nel titolo non è indicato
l’autore dello Shulchan ‘Arukh, perché in realtà gli autori sono due:
Rabbi Yosef Caro e Rabbi Moshè Isserles. Il primo, nato nel 1488, fu
cacciato da bambino dalla Spagna prima e dal Portogallo poi, e arrivò
finalmente a Safed, in Eretz Israel, passando per la Bulgaria, la
Turchia e la Grecia (tempo di migrazioni). Il secondo, chiamato anche
Ramà, era nato a Cracovia, in Polonia, nel 1520. Rav Caro scrisse una
importante opera di commento al Tur, il codice legale di Yaakov ben
Asher (Colonia, 1269-Toledo, 1343), che intitolò Bet Yosef. Nel
frattempo, anche il Ramà stava scrivendo un suo commento al Tur, a cui
pose il titolo di Darkè Moshè. Leggi
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da san nicandro a tzfat Eliezer Tritto (1928-2018) La
vicenda delle famiglie di San Nicandro Garganico che, al seguito di
Donato Manduzio, scelgono di abbracciare l’ebraismo ed emigrare in
Terra di Israele è tra le più avvincenti del Novecento ebraico
italiano. Un viaggio, quello dalla Puglia alle coste israeliane, che
coinvolge in tutto una settantina di persone. Tra queste Eliezer
Tritto, una delle figure che maggiormente segnerà quella vicenda e quel
percorso. L’unione con Ester, la compagna di una vita; cinque figli,
decine tra nipoti e pronipoti. La nascita della prima figlia Miriam,
nel 1951, immortalata da uno scatto del fotografo David Seymour. E un
leggendario chiosco di falafel a Tzfat, dove Eliezer è mancato alcuni
giorni fa. Una scomparsa che ha profondamente colpito la comunità degli
Italkim, gli italiani d’Israele.Leggi
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Jciak Gli eroi del treno Quando
Ayoub El Khazzani sferra l’attacco il treno, partito da Bruxelles, è da
poco in territorio francese. È il 21 agosto 2015. Gli spari rimbombano
nella carrozza di coda, la gente urla, gli addetti corrono verso la
motrice. Si profila una strage, come quelle che pochi mesi dopo
insanguineranno Parigi, al Bataclan, all’Hypercacher e a Charlie Hebdo.
A sventarla sono tre ventenni americani, Anthony Sadler, Alex Skarlatos
e Spencer Stone, che con coraggio e sangue freddo mettono fuori
combattimento il terrorista di origini marocchine. A portare al cinema
la loro storia, interpretata dagli stessi protagonisti, è il nuovo
lavoro di Clint Eastwood Ore15:17 – Attacco al treno, oggi nelle sale,
che ripercorre le vite dei tre amici fino al momento che cambierà il
loro destino insieme a quello delle 500 persone che viaggiano sul treno. Leggi
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Setirot
- Buonisti
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Della
serie le parole hanno un senso, e diventano spesso pietre, vorrei
soffermarmi su un aggettivo che negli ultimi anni è stato molto in voga
nelle discussioni pubbliche da parte di un/a, diciamo così,
campo/fazione: buonista. Parlo per esperienza personale, però l’ho
letto e sentito riferito a parecchi altri cittadini. A volte ho anche
chiesto, sui social media e di persona, che cosa fosse il contrario di
buonista, cattivista forse?, mai ricevuto una risposta. Perché per
buonista loro intendono un miscuglio di significati: solidale con i
rifugiati in genere e con chi è in condizioni sociali precarie;
radical-chic; idiota anima bella; criticone delle Verità con la V
maiuscola soprattutto in materia, appunto, di immigrazione o anche di
questione israelo-palestinese; intellettuale inteso in tono
dispregiativo (?); amico se non militante dell’invasione dell’Europa da
parte di orde di stupratori assassini sgozzatori, meglio se musulmani
tuttavia va bene anche no; sinistrorso dove per sinistra si intende la
causa delle peggio cose. Potrei continuare, ma il concetto mi pare
abbastanza chiaro.
Bene. A questo punto – con la repentina corsa verso l’abisso a cui
assistiamo da tempo e che ultimamente ha decisamente inserito una
marcia in più, compreso l’aumento esponenziale dell’antisemitismo più o
meno esplicito – mi e vi faccio una domanda: come mai gli usatori fino
alla nausea del termine buonista tacciono di fronte alla barbarie
pressoché quotidiana?
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Vienna
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Tra
poche ora partirò per Vienna. Non ci vado da diversi anni, forse troppi
e sto raccogliendo le ultime informazioni sui luoghi che non conosco ma
anche su quelli in cui ho già camminato e che senz’altro vedrò con una
nuova consapevolezza. E come ogni volta, quando è ora di partire,
faccio una mappa musicale della città e scelgo le suggestioni sonore
che mi accompagneranno. Parto con il pensiero rivolto al Musikverein,
quella magnifica sala in cui ogni anno si ricrea la magia del concerto
di Capodanno, istituito nel 1939 a pochi mesi dall’invasione della
Polonia, con lo scopo di distrarre il popolo dalla guerra, anche se
solo per un paio di ore, grazie al cosiddetto effetto valzer. Penso al
Wiener Jüdischer Chor, che canta la tradizione degli ostjuden – melodie
popolari e brani tratti da opere teatrali in yiddish, oltre e canzoni
liturgiche – sotto la guida di Roman Grinberg, pianista, compositore e
arrangiatore, un ebreo originario di Belz emigrato in Israele da
giovane e tornato a Vienna per mettere in musica la straordinaria
varietà di suoni che racconta la vita ebraica.
Maria Teresa Milano
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Questa sera è già domani
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In
numerosi libri Lia Levi ha raccontato la normalità, l’esperienza
quotidiana sull’orlo di essere rovesciata e di tramutarsi in tragedia.
È così fin dall’opera prima Una bambina e basta, in cui ha narrato la
propria storia di salvezza nella Roma controllata dalle forze
nazifasciste, e di nuovo nel più recente romanzo Questa sera è già
domani, pubblicato ancora con le edizioni e/o e da poche settimane
disponibile in libreria. In questi libri, come nell’attività che la
vede impegnata da anni nelle scuole, Lia Levi elabora i ricordi per
trasformarli in memoria: un processo in cui si perde qualcosa e si
conserva altro, essenziale in ogni caso per mantenere vivi accadimenti
del passato in un contesto mutato.
Giorgio Berruto
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Parole
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E
così siamo arrivati, lo scorso Shabbat, all’apice della costruzione di
Am Israel che diventa popolo lasciando Mitzraim e ricevendo le Asseret
haDevarim, le Dieci Parole o Asseret haDiberot secondo il Talmud (e di
devarim, parole, si parla nella Torà in più riprese, riferendosi alle
parole dell’alleanza scritte da Moshe sulle due tavole in Shemot 34,28
come poi ricordato in Devarim 4,13 e 10,4). Parole appunto, non
comandamenti, diverse dai codici giuridici di qualsiasi altro popolo
contemporaneo.
Sara Valentina Di Palma
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