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8 febbraio 2018 - 23 Shevat 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Mishpatim: il versetto iniziale di questa Parashà, “We-élle ha-mishpatìm ashèr tasìm lifnehèm” (Queste sono le norme che porrai davanti a loro) viene così interpretato nel “Qol Simchà”: queste norme le porrai davanti, cioè prima, di loro. In altri termini, bisogna anteporre le regole della Torà al proprio io, e ad esse dedicarsi interamente, fino al dono di sé.
 
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
Recentemente mi sono imbattuto nel testo seguente che ho ritenuto potesse interessare i lettori. “IMPORTANTE. In conformità con l’art. 8 della sentenza del Consiglio federale del 12 marzo 1943 concernente l’alloggio dei rifugiati, il denaro e i valori che i rifugiati possiedono in Svizzera o che ricevono dall’estero o in Svizzera, devono essere depositati in un ufficio fiduciario che li gestisce. Il dipartimento federale di giustizia e polizia ha affidato questo compito alla Banca popolare svizzera. I rifugiati il cui denaro e i cui valori non sono ancora stati depositati presso la Banca popolare svizzera, o lo hanno fatto solo in parte, sono tenuti a trasferirli senza indugio. Devono anche depositare spontaneamente il denaro e i valori che riceveranno ulteriormente. Il denaro e i valori depositati restano naturalmente proprietà dei depositanti i quali fino alla loro partenza dalla Svizzera non possono tuttavia disporne senza l’assenso della divisione di polizia. Le infrazioni all’art. 8 della summenzionata sentenza del Consiglio federale saranno puniti, e, nei casi gravi, comporteranno l’internamento in un penitenziario o una punizione.”
 
La Memoria da difendere
“Un appello a nome dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e di tutti gli ebrei italiani a condividere una comune preoccupazione: la limitazione alla libertà di ricerca”. Questo l’incipit del messaggio della Presidente UCEI Noemi Di Segni diretto a studiosi, ricercatori e società civile per salvaguardare il diritto-dovere alla Memoria, minacciati dalla nota e controversa legge polacca sulle responsabilità del Paese e dei suoi cittadini di fronte alla Shoah.“Se dalla Corte costituzionale polacca arriverà il via libera al provvedimento sarà per l’Europa delle nazioni che nel dopoguerra hanno voluto riaffermare principi di verità e libertà, e per comunità scientifica tutta, un giorno triste e di spartiacque” sottolinea la Presidente dell’Unione, invitando tutta la società civile a far sentire la propria voce, aderendo all’appello e scrivendo il proprio nome, cognome e professione all’indirizzo di posta elettronica appellopolonia@ucei.it. In attesa del responso della Corte intanto, Israele – che ha duramente contestato la norma come ricorda oggi il Foglio – ha detto di sperare ancora che la Polonia ci ripensi e faccia un passo indietro: “Israele e Polonia hanno una responsabilità condivisa di studiare e preservare la storia della Shoah”, il messaggio del ministero degli Esteri israeliano. Una lettrice del Corriere, scrivendo ad Aldo Cazzullo, si chiede invece “Perché l’Europa non interviene contro la legge polacca?”, ricordando le responsabilità polacche nella Shoah e il pogrom contro gli ebrei avvenuto a Kielce, in Polonia, nel 1946, un anno dopo la guerra. A Roma intanto la Comunità ebraica locale ha organizzato nel pomeriggio un sit-in di protesta davanti all’ambasciata polacca.

Macerata, stop alla manifestazione antirazzista. “Dobbiamo farci carico del dolore, ma c’è un tempo per scendere in piazza e un tempo per il silenzio”, così il sindaco di Macerata Carancini chiude alla manifestazione di solidarietà organizzata per sabato dopo l’aggressione razzista e fascista a un gruppo di migranti. Anpi, Cgil Arci e Libera hanno deciso di ascoltare il sindaco di Macerata e fare un passo indietro. Confermata invece la presenza degli esponenti dei centri sociali, provenienti da tutta Italia e non solo, spiega il Messaggero. Intanto, l’allarme del capo della polizia Gabrielli in merito all’attacco compiuto dal fascista Traini, iscritto alla Lega Nord: “Rischio emulazione, terreno fertile per l’intolleranza”.
 
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  davar
polonia, memoria in pericolo
Parigi, pressing su Varsavia:

"Quella legge va cambiata"
La Francia, dopo Israele e Stati Uniti, si aggiunge ai paesi che contestano la nuova legge sulla Shoah votata da Varsavia che punisce chi parla di responsabilità polacche (nell’immagine una manifestazione di cittadini polacchi contrari alla norma). “Una legge imprudente. Non si dovrebbe riscrivere la storia, non è mai una buona idea”, le parole del ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, che in un’intervista ha condannato la norma firmata dal Presidente polacco Andrej Duda e al momento al vaglio della Corte Costituzionale. Alla domanda se l’Unione europea intende adottare misure in risposta alla controversa legge polacca, Le Drian ha auspicato che “la pressione morale sia sufficiente” per far cambiare idea a Varsavia. “Spero anche che il popolo polacco riconsidererà la questione e che alle prossime elezioni agirà in modo da eliminare la sfortunata camicia di forza politica imposta dalle fazioni nazionaliste”, le parole del ministro francese. E sul settimanale transalpino L’Obs, il giornalista Pierre Haski spiega che la legge “si inserisce nella guerra culturale avviata in Polonia dalla destra populista. Una forza politica che vuole ‘lavare’ la nazione polacca, una nazione il cui sangue è ‘puro’ – come affermavano decine di migliaia di manifestanti per le strade di Varsavia nel novembre scorso – e privo di qualunque responsabilità nei crimini compiuti nel ventesimo secolo (testo tradotto dal sito Internazionale)”.
Il governo polacco ha reso pubblico lo scorso 2 febbraio il testo della legge in inglese con il capitolo 6c della norma a rappresentare la parte più problematica: quello intitolato Protezione della reputazione della Repubblica Polacca e della nazione polacca (Protection of the reputation of the Republic of Poland and the Polish Nation). “Chiunque, pubblicamente e contrariamente ai fatti, attribuisce alla nazione polacca o allo Stato polacco la responsabilità o corresponsabilità per i crimini nazisti commessi dal Terzo Reich tedesco […] o per qualsiasi altro reato che costituisca un crimine contro la pace, l’umanità o crimini di guerra, o altrimenti diminuisca gravemente la responsabilità degli effettivi autori di tali crimini, è punito con una multa o la privazione della libertà personale fino a 3 anni”.
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l'iniziativa dell'ucei
Un appello e un hashtag

per difendere la Memoria
Studiosi, ricercatori e società civile.  Chiunque abbia a cuore il diritto-dovere alla Memoria, all’istruzione, all’arte, alla conoscenza, alla critica, alla vita.
Si rivolge a una pluralità di soggetti la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni nel suo appello all'opinione pubblica per la difesa di valori gravemente minacciati dalla legge firmata nelle scorse ore dal presidente polacco Andrzej Duda.
“Se dalla Corte costituzionale polacca arriverà il via libera al provvedimento sarà per l’Europa delle nazioni che nel dopoguerra hanno voluto riaffermare principi di verità e libertà, e per comunità scientifica tutta, un giorno triste e di spartiacque” sottolinea la Presidente dell’Unione nel suo appello, cui è possibile aderire scrivendo all’indirizzo di posta elettronica appellopolonia@ucei.it
L'invito, sulle diverse postazioni social, è anche ad usare l'hashtag #noleggepolonia.
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la lezione al centro bibliografico
Tra Rambam e Shulchàn 'Arùkh,

i codici legali nell'ebraismo
Si è svolta ieri pomeriggio, presso il Centro Bibliografico Tullia Zevi dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, una lezione del coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano Rav Gianfranco Di Segni dal titolo “I codici legali: il Mishnè Torà del Rambam (Maimonide) e lo Shulchàn ‘Arùkh”.
Intenzionalmente, ha spiegato il relatore, nel titolo non è indicato l’autore dello Shulchan ‘Arukh, perché in realtà gli autori sono due: Rabbi Yosef Caro e Rabbi Moshè Isserles. Il primo, nato nel 1488, fu cacciato da bambino dalla Spagna prima e dal Portogallo poi, e arrivò finalmente a Safed, in Eretz Israel, passando per la Bulgaria, la Turchia e la Grecia (tempo di migrazioni). Il secondo, chiamato anche Ramà, era nato a Cracovia, in Polonia, nel 1520. Rav Caro scrisse una importante opera di commento al Tur, il codice legale di Yaakov ben Asher (Colonia, 1269-Toledo, 1343), che intitolò Bet Yosef. Nel frattempo, anche il Ramà stava scrivendo un suo commento al Tur, a cui pose il titolo di Darkè Moshè.
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da san nicandro a tzfat
Eliezer Tritto (1928-2018)
La vicenda delle famiglie di San Nicandro Garganico che, al seguito di Donato Manduzio, scelgono di abbracciare l’ebraismo ed emigrare in Terra di Israele è tra le più avvincenti del Novecento ebraico italiano. Un viaggio, quello dalla Puglia alle coste israeliane, che coinvolge in tutto una settantina di persone. Tra queste Eliezer Tritto, una delle figure che maggiormente segnerà quella vicenda e quel percorso. L’unione con Ester, la compagna di una vita; cinque figli, decine tra nipoti e pronipoti. La nascita della prima figlia Miriam, nel 1951, immortalata da uno scatto del fotografo David Seymour. E un leggendario chiosco di falafel a Tzfat, dove Eliezer è mancato alcuni giorni fa. Una scomparsa che ha profondamente colpito la comunità degli Italkim, gli italiani d’Israele.Leggi

Jciak
Gli eroi del treno
Quando Ayoub El Khazzani sferra l’attacco il treno, partito da Bruxelles, è da poco in territorio francese. È il 21 agosto 2015. Gli spari rimbombano nella carrozza di coda, la gente urla, gli addetti corrono verso la motrice. Si profila una strage, come quelle che pochi mesi dopo insanguineranno Parigi, al Bataclan, all’Hypercacher e a Charlie Hebdo. A sventarla sono tre ventenni americani, Anthony Sadler, Alex Skarlatos e Spencer Stone, che con coraggio e sangue freddo mettono fuori combattimento il terrorista di origini marocchine. A portare al cinema la loro storia, interpretata dagli stessi protagonisti, è il nuovo lavoro di Clint Eastwood Ore15:17 – Attacco al treno, oggi nelle sale, che ripercorre le vite dei tre amici fino al momento che cambierà il loro destino insieme a quello delle 500 persone che viaggiano sul treno.
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  pilpul
Setirot - Buonisti
Della serie le parole hanno un senso, e diventano spesso pietre, vorrei soffermarmi su un aggettivo che negli ultimi anni è stato molto in voga nelle discussioni pubbliche da parte di un/a, diciamo così, campo/fazione: buonista. Parlo per esperienza personale, però l’ho letto e sentito riferito a parecchi altri cittadini. A volte ho anche chiesto, sui social media e di persona, che cosa fosse il contrario di buonista, cattivista forse?, mai ricevuto una risposta. Perché per buonista loro intendono un miscuglio di significati: solidale con i rifugiati in genere e con chi è in condizioni sociali precarie; radical-chic; idiota anima bella; criticone delle Verità con la V maiuscola soprattutto in materia, appunto, di immigrazione o anche di questione israelo-palestinese; intellettuale inteso in tono dispregiativo (?); amico se non militante dell’invasione dell’Europa da parte di orde di stupratori assassini sgozzatori, meglio se musulmani tuttavia va bene anche no; sinistrorso dove per sinistra si intende la causa delle peggio cose. Potrei continuare, ma il concetto mi pare abbastanza chiaro.
Bene. A questo punto – con la repentina corsa verso l’abisso a cui assistiamo da tempo e che ultimamente ha decisamente inserito una marcia in più, compreso l’aumento esponenziale dell’antisemitismo più o meno esplicito – mi e vi faccio una domanda: come mai gli usatori fino alla nausea del termine buonista tacciono di fronte alla barbarie pressoché quotidiana?


Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Vienna
Tra poche ora partirò per Vienna. Non ci vado da diversi anni, forse troppi e sto raccogliendo le ultime informazioni sui luoghi che non conosco ma anche su quelli in cui ho già camminato e che senz’altro vedrò con una nuova consapevolezza. E come ogni volta, quando è ora di partire, faccio una mappa musicale della città e scelgo le suggestioni sonore che mi accompagneranno. Parto con il pensiero rivolto al Musikverein, quella magnifica sala in cui ogni anno si ricrea la magia del concerto di Capodanno, istituito nel 1939 a pochi mesi dall’invasione della Polonia, con lo scopo di distrarre il popolo dalla guerra, anche se solo per un paio di ore, grazie al cosiddetto effetto valzer. Penso al Wiener Jüdischer Chor, che canta la tradizione degli ostjuden – melodie popolari e brani tratti da opere teatrali in yiddish, oltre e canzoni liturgiche – sotto la guida di Roman Grinberg, pianista, compositore e arrangiatore, un ebreo originario di Belz emigrato in Israele da giovane e tornato a Vienna per mettere in musica la straordinaria varietà di suoni che racconta la vita ebraica.

Maria Teresa Milano
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Questa sera è già domani
In numerosi libri Lia Levi ha raccontato la normalità, l’esperienza quotidiana sull’orlo di essere rovesciata e di tramutarsi in tragedia. È così fin dall’opera prima Una bambina e basta, in cui ha narrato la propria storia di salvezza nella Roma controllata dalle forze nazifasciste, e di nuovo nel più recente romanzo Questa sera è già domani, pubblicato ancora con le edizioni e/o e da poche settimane disponibile in libreria. In questi libri, come nell’attività che la vede impegnata da anni nelle scuole, Lia Levi elabora i ricordi per trasformarli in memoria: un processo in cui si perde qualcosa e si conserva altro, essenziale in ogni caso per mantenere vivi accadimenti del passato in un contesto mutato.

Giorgio Berruto
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Parole
E così siamo arrivati, lo scorso Shabbat, all’apice della costruzione di Am Israel che diventa popolo lasciando Mitzraim e ricevendo le Asseret haDevarim, le Dieci Parole o Asseret haDiberot secondo il Talmud (e di devarim, parole, si parla nella Torà in più riprese, riferendosi alle parole dell’alleanza scritte da Moshe sulle due tavole in Shemot 34,28 come poi ricordato in Devarim 4,13 e 10,4). Parole appunto, non comandamenti, diverse dai codici giuridici di qualsiasi altro popolo contemporaneo.

Sara Valentina Di Palma
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