Ephraim Mirvis, rabbino capo di Gran Bretagna | Credo
che ci sia un messaggio profondo riguardo alla centralità dei nomi. Lo
si vede quando parliamo di eredità: ci sono alcuni che presumono che
tutto dipenda dalla conservazione del proprio nome sulle labbra degli
altri. Fino a che la gente menziona e cita quel nome, allora la loro
eredità è viva. Ma non è così.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Ieri
ho ripreso in mano un vecchio libro di Furio Jesi, uno dei miei
maestri. Si intitola “Cultura di destra”, un’indagine intorno ai luoghi
comuni, le formule e le parole d’ordine che fanno riferimento a “valori
non discutibili” come: Tradizione, Passato, Razza, Origine, Sacro,
tanto per indicarne alcune. Tira vento di nostalgia, una macchina
mitologica che rimpiange «ciò che si è perso» e lo spaccia come domani
radioso. Per il futuro un’altra volta.
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L’appello di Liliana Segre:
“Evitiamo il baratro”
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“Sabato
di tensione, ma per fortuna nessun incidente attorno alle
manifestazioni organizzate ieri in varie piazze italiane. “Diffidate di
chi sparge odio e giustifica la violenza” ha detto tra gli altri il
premier Gentiloni, intervenendo all’iniziativa contro il fascismo e il
razzismo che si è svolta a Roma.
“La caccia all’uomo nero avvenuta a Macerata ci ha mostrato il baratro
che abbiamo di fronte, la possibilità di evitare il precipitare degli
eventi è ancora nelle nostre mani” il messaggio inviato agli
organizzatori dalla neo senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta
ad Auschwitz.
“Non avrei mai più pensato di dover venire a manifestare per ribadire
l’antifascismo come valore fondante della nazione. Ma sono qui per mio
padre, che non c’è più ed è stato internato in un campo di sterminio, e
peri miei nipoti” racconta una insegnante in pensione di Pescara a
Repubblica.
Da segnalare anche le parole del leader di Casapound Simone Di Stefano,
che a Milano ha dichiarato: Il fascismo è la nostra storia, veniamo da
lì. Nessuno, nei decenni passati, ha mai pensato di sciogliere il
Movimento sociale, quindi non vedo perché oggi bisognerebbe sciogliere
il nostro partito”.
È invece dedicato ai fatti torinesi di venerdì l’editoriale di Ernesto
Galli Della Loggia sulla prima del Corriere: “L’antifascismo (insieme
alla vittoria degli Alleati) ha dato al nostro Paese la democrazia, e
ciò resta a suo merito. Ma oggi dei suoi emuli violenti della
venticinquesima ora non c’è alcun bisogno: per guardarsi dai pericoli –
sostiene – la democrazia italiana basta a se stessa”.
Approvata dall’Onu una risoluzione per trenta giorni di tregua su tutto
il territorio siriano per salvare la popolazione di Ghouta sotto
assedio. La versione iniziale del documento prevedeva il completo
“cessate il fuoco”. Ma i russi, spiega il Corriere, hanno ottenuto
un’importante eccezione: potranno continuare “le operazioni mirate”
contro postazioni affiliate ad Al Qaeda o ad altre organizzazioni
terroristiche. “E sarà questo – si legge – il punto chiave per
l’applicazione della tregua. Assad considera terroristi tutti gli
oppositori. Toccherà al Cremlino e all’Iran, l’altro alleato,
convincerlo a sospendere gli attacchi indiscriminati”.
Secondo alcuni media israeliani una delegazione del governo polacco
sarà presto a Gerusalemme per concordare una versione emendata della
legge sulla Shoah che molto aveva fatto discutere negli scorsi giorni,
suscitando tra le altre la fermissima condanna del premier Netanyahu e
di vari esponenti dell’esecutivo.
Scrive La Stampa: “La crisi diplomatica tra Israele e Polonia era
precipitata ulteriormente lo scorso sabato, quando il premier
ultranazionalista Mateusz Morawiecki, a margine della Conferenza sulla
Sicurezza a Monaco aveva accusato gli ebrei di ‘avere responsabilità
per l’Olocausto’. Ieri sera il primo segnale di disgelo”.
Secondo fonti diplomatiche polacche sentite dal giornale, “la legge non
può in nessun modo essere bloccata o congelata, essendo già in vigore”.
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I LAVORI DELL'ASSISE DELL’EBRAISMO ITALIANO
Il futuro e le risorse da ripensare
Il Consiglio cerca una strada
Ripensare
le risorse, progettare il futuro. In una stagione di crisi e di forte
mutazione per lo stato dell’economia, della politica e dell’evoluzione
della società italiana, i lavori del Consiglio dell’Unione delle
Comunità che si stanno svolgendo a Roma in queste ore sono tutti
dedicati all’analisi di un adeguamento necessario.
La dettagliata analisi presentata dalla Commissione Finanze, che
prevede un riequilibrio della spesa per far fronte a una situazione
potenzialmente difficile anche sotto il profilo economico, è stata
adottata dalla Giunta e sottoposta in mattinata nella sua componente di
analisi della situazione 2018 all’approvazione del Consiglio con
l’arricchimento di puntuali osservazioni o correttivi.
Il Consiglio ha approvato a larghissima maggioranza queste direttive
proposte dalla Presidente dell’Unione Noemi Di Segni, le quali vanno a
integrare il Bilancio preventivo 2018 che era stato già approvato nella
riunione tenuta nello scorso dicembre.
I lavori, che si concluderanno in serata, proseguono nel pomeriggio con
una serrata analisi della progettualità da esplicare nel prossimo
triennio. Un dibattito sereno e costruttivo, nel quale tutti i
Consiglieri presenti stanno portando molti contributi e molti spunti di
riflessione, ma che dimostra anche la preoccupazione di disegnare con
chiarezza e determinazione una strada praticabile per il futuro
dell’ebraismo italiano.
In
apertura della seduta i Consiglieri hanno accolto, per un breve saluto,
il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti a Roma Lewis M. Eisenberg, che
ha tenuto un caloroso intervento di saluto ricordando fra l’altro il
contributo determinante che sia gli ebrei americani sia gli ebrei
italiani hanno portato, nell’ambito di storie molto differenti fra
loro, ai rispettivi paesi. L’ambasciatore ha ricordato agli ebrei
italiani, proprio alla vigilia di una delicata scadenza elettorale,
quanto sia importante partecipare in maniera attiva alla vita del
proprio paese e quando sia necessario vigilare nei confronti dei
risorgenti fenomeni di antisemitismo che turbano sempre più di
frequente la vita delle società democratiche. Leggi
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israele - aspettando il giro d'italia
"Gerusalemme, tappa difficile"
I campioni testano il percorso
II
giudizio è unanime: una gran bella partenza, e non solo per gli
evidenti stimoli paesaggistici di un contesto urbano unico nel suo
genere. Il via del prossimo Giro d'Italia, con il cronoprologo di
Gerusalemme del 4 maggio, ha passato l'esame di cinque osservatori doc:
Alessandro Ballan, Maurizio Fondriest, Paolo Savoldelli, Gilberto
Simoni e Andrea Tafi. E cioè le vecchie glorie del ciclismo italiano
che, su invito del ministero del Turismo, hanno iniziato a percorrere
le strade delle prime tre tappe della corsa rosa. Una simulazione della
prova d'esordio, che lambisce in molti tratti le mura della Città
Vecchia (il via nei pressi della Porta di Giaffa). E poi, nei prossimi
giorni, un assaggio di quello che il Giro offrirà tra Haifa e Tel Aviv
(seconda tappa) e Beersheva ed Eilat (terza tappa). Leggi
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La memoria incatenata |
Il
dispositivo della legge sul merito dell’identificazione delle
responsabilità tedesche come esclusive nello sterminio degli ebrei in
terra polacca durante la Seconda guerra mondiale, adottata dopo il voto
favorevole delle due Camere e la firma appostavi dal Presidente Andrzej
Duda, lascia intendere più cose di quante ne vorrebbe, per così dire,
vincolare.
Claudio Vercelli
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L’abito della dignità |
Il
giovane Haim Cattaneo Treves ha tenuto in occasione del suo Bar Mitzva,
lo Shabbat Tetzawweh nella sinagoga di Torino, il discorso che segue.
Vogliamo
condividerlo con tutti i lettori e partecipare, con sua mamma, la
collega Ada Treves, suo papà, Enrico Cattaneo, le sue sorelle Lea e Mia
e suo fratello Tuvia, alla gioia del suo tredicesimo compleanno e
dell’assunzione delle sue responsabilità ebraiche.
Nella
Parashat Tetzawweh, che abbiamo appena letto, si parla dei vestiti e
degli ornamenti dei Kohanim, i sacerdoti del popolo d’Israele.
Si tratta degli abiti speciali che essi dovevano indossare prima dell’entrata nel Tabernacolo.
Era un obbligo talmente importante che il kohen che non li avesse avuti
addosso nel momento e nel luogo giusto era passibile di morte per mano
del Cielo. E il vestito del Kohen Gadol, il Gran Sacerdote, era assai
più ricco di tutti gli altri.
Perché erano necessari abiti speciali per i Kohanim?
Affinché si distinguessero dagli altri uomini. I sacerdoti erano
infatti figure importanti. Essi erano scelti per rappresentare il
popolo davanti a H. e quindi erano tenuti a una stretta disciplina.
Persone normali che commettono errori vengono sanzionate in un certo modo, ma nel caso dei Kohanim la pena è peggiore.
Essi erano puniti con la morte anche se si presentavano con impurità.
L’impossibilità di svolgere il proprio ruolo in caso di impedimento è
una pena non meno grave.
I Kohanim sono stati scelti per questo compito e se non sono ammessi a farlo è quasi un tradimento della propria missione.
Oggi il Tabernacolo non esiste più e i Kohanim non sono più in
funzione. Tutti noi siamo chiamati a condividere almeno in parte questo
ruolo.
L’abito rientra in tutto questo perché le trasgressioni più gravi
dipendono proprio dall’abito. Alcune forme di impurità si trasmettono
attraverso gli abiti e più in generale, la dignità umana è anche
dettata dall’abito che uno porta.
I nostri Maestri raccomandano che ci vestiamo adeguatamente.
Haim Cattaneo Treves
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