La memoria incatenata

torino vercelliIl dispositivo della legge sul merito dell’identificazione delle responsabilità tedesche come esclusive nello sterminio degli ebrei in terra polacca durante la Seconda guerra mondiale, adottata dopo il voto favorevole delle due Camere e la firma appostavi dal Presidente Andrzej Duda, lascia intendere più cose di quante ne vorrebbe, per così dire, vincolare. Che sia una pessima norma va da sé. Non di meno, senza lasciarsi prendere da tentazioni profetiche o da velleitarismi interpretativi, si può senz’altro dire che segni un deciso passaggio verso una sorta di protezionismo storico che si integra con le diverse manifestazioni di revisionismo che già nei decenni trascorsi hanno interessato una parte dei paesi europei. Se il revisionismo aveva ad oggetto la rilettura dei significati da attribuire al passato nazionale e continentale in chiave pavloviana (una sorta di consequenzialità immediata tra azione e reazione, laddove lo sterminio era interpretato come il prodotto difensivo delle sollecitazioni minacciose provenienti dall’ Oriente comunista), il protezionismo vuole isolare e preservare il “corpo nazionale” da qualsiasi sospetto di contaminazione con ciò che è definito come “male assoluto”. Così facendo, decontestualizza completamente l’evento stesso della Shoah, collocandolo in una dimensione avulsa da qualsivoglia contesto storico. Prima ancora che un insincero tentativo di scrollarsi di dosso l’ombra delle corresponsabilità per ciò che è avvenuto, concorre a consegnare l’omicidio industriale di civili indifesi a delle logiche, ad un tempo e ad uno spazio che non hanno nessun legame con la realtà materiale delle cose. È come se le autorità polacche cancellassero il riscontro stesso che un evento, per accadere, necessiti di alcune circostanze, senza le quali è altrimenti nullo poiché materialmente impossibile: protagonisti, intenzioni, strumenti, risorse, procedure ma anche, almeno in questo caso, collusioni. Più che una contro-storia, oppure una narrazione alternativa dei trascorsi, siamo in presenza di una cancellazione del passato. Un tale modo di operare, d’altro canto, è per nulla bizzarro, essendo semmai il risultato di una lettura che capovolge il senso della legislazione sulla memoria incentivata e poi introdotta nei singoli Paesi su sollecitazione dell’Unione europea. Di essa, infatti, volutamente non coglie l’aspetto unificante – una visione condivisa del passato, basata sul rifiuto dei deliri totalitari – ma quello di divisione, dichiarando che la tragedia che si è consumata anche in terra polacca è, nella sua interezza, responsabilità dei non polacchi. Al pari, la memoria dei crimini subiti, è invece un affare dei soli polacchi. Si tratta di una dicotomia nazionalista, debitrice per intero del modo in cui il regime comunista celebrava, appropriandosene per intero, il ricordo della resistenza contro l’occupazione russo-tedesca tra il 1939 e il 1945, e i terrificanti crimini che, soprattutto ma non esclusivamente per colpa nazista, nel mentre vi si consumarono. Una memoria falsificata, basata sull’esclusivismo del martirologio polacco, all’interno del quale veniva cancellata allora, e quindi di nuovo oggi, la specificità di coloro che furono assassinati, prima che come polacchi, in quanto ebrei. Non è un caso, quindi, se gli accenti antisemiti di alcuni esponenti dell’attuale leadership politica si siano di nuovo manifestati, a corredo e sostegno dell’operazione di messa sotto tutela di quella che viene spacciata per verace identità nazionale. Peraltro, è del tutto plausibile che la legge polacca sia solo la prima di una serie di disposizioni, a Varsavia piuttosto che in altri paesi dell’Europa centrale ed orientale, destinate a piegare la memoria nazionale ad usi e costumi neoconservatori. L’intera Unione europea è attraversata da tentazioni in tal senso. Poiché è anche dando corpo ad esse che si può procedere allo smantellamento della sua già fragile struttura, confidando di potere ottenere un maggiore profitto dalle macerie della costruzione europea che non dalla sua prosecuzione. Che l’antisemitismo possa riprendere fiato, poste queste premesse che, va ripetuto, non sono esclusiva prerogativa polacca, è cosa tanto prevedibile quanto drammatica. Il lunghissimo dopoguerra, quello delle democrazie sociali, iniziatosi dopo l’apocalisse del 1945, si sta definitivamente concludendo. Che piaccia o meno.

Claudio Vercelli