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9 marzo 2018 - 22 Adar 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
I have a dream. Non uno così grande come quello di M. L. King ma uno più piccolo e, volendo, anche più modesto. Vorrei che le giuste e quanto mai documentate analisi politiche del dopo voto fossero scevre da offese, da insulti, da giudizi beceri e da approssimazioni piene di pregiudizi, così come vuote di intelletto. E vorrei che queste analisi, qualora scritte da mano ebraica, fossero prive di frasi quali: “Terronazzi, parassiti, meridionali.” Lì dove l’ultimo aggettivo non è usato in senso geografico, bensì dispregiativo e sprezzante. Verrebbe poi da chiedersi con quale e quanta autorità morale quelle stesse mani ebraiche che hanno usato quei toni e quegli epiteti si alzeranno a denunciare l’antisemitismo contenuto in un’analisi politica del governo Netanyahu o le critiche per l’articolo di un qualsiasi giornalista ebreo o i pensieri di un filosofo ebreo o le azioni di un qualunque ebreo che siano definiti: “Ebreazzi, usurai e parassiti.” Perché spesso si è vittime degli stessi pregiudizi e della stessa immondizia umana che rivolge le stesse offese indifferentemente a gruppi umani diversi a seconda dei tempi, dei luoghi e dei giorni: non comprendere tutto questo, significa essere profondamente in malafede o profondamente stupidi. Mi rifugio nel libro dei Proverbi: “Non rispondere allo stupido secondo la sua stupidità, per non sembrare stupido anche tu.” (Proverbi 26,4)
 
Francesco Moises
Bassano
“Nell’Italia gioconda d’oggi, per fascismo la morte non la rischia nessuno, se non qualche immigrato, […]”.
Forse Mattia Feltri nel suo Buongiorno sulla Stampa della scorsa settimana non voleva scrivere esattamente questo, e se qualcuno glielo facesse notare basterebbe la solita smentita per dichiarare di essere stato “mal interpretato”, tanto le parole non hanno più rilevanza né significato. In fondo poi, si tratta di un’affermazione in linea con il pensiero soggiacente di molti discorsi quotidiani dove “se l’obiettivo non sono io ma gli altri, perché mai la cosa dovrebbe interessarmi o intimorirmi?”. Sostanzialmente la pensavano con lo stesso disinteresse anche molti tedeschi o italiani ariani negli anni ’40 del secolo scorso, o penso troppo in continuazione al passato? Oggi non c’è nessun genocidio in corso, se qualche “irregolare” sarà espulso verrà spedito al massimo nei campi di prigionia in Libia, e chi si è visto, si è visto. La Libia del resto è un po’ come Marte, da qualche parte c’è ma fortunatamente non la vediamo, se non in TV.
 
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"Termine 'razza'
non venga tolto"
Il magistrato romano Giorgio Lattanzi, 79 anni, è il nuovo presidente della Corte Costituzionale. Dodici i voti a favore all’interno del collegio dei giudici, una la scheda bianca. Appena eletto, Lattanzi ha detto che il termine razza deve restare nella Costituzione. “Non perché ci sono le razze, ma perché c’è il razzismo e la Costituzione deve affermare che è intollerabile” (Corriere, tra gli altri)

Secondo il New York Times la sede della nuova ambasciata americana a Gerusalemme potrebbe occupare una porzione di No Man’s Land, con il rischio di nuove tensioni con la dirigenza palestinese. Scrive al riguardo La Stampa: “L’inaugurazione dell’ambasciata è prevista per il 14 maggio, ottantesimo anniversario della fondazione di Israele. Potrebbe esserci anche il presidente americano Donald Trump, che ha fatto del riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico una delle sue bandiere nella politica estera. Ma il pezzo di ‘terra di nessuno’ contesa potrebbe guastare la festa”.

Repubblica pubblica l’intervento tenuto ieri a Varsavia dell’intellettuale Adam Michnik in occasione del raduno organizzato mezzo secolo dopo la purga antisemita del ’68. “L’ultimo scandalo sulla legge sulla Shoah – le sue parole – mostra che noi allora lottavamo per il meglio e invece ancora oggi come allora l’abitudine si ripete”. Rispetto al ’68 la situazione è completamente differente, ha sottolineato l’intellettuale, “eppure viviamo la mutazione della purga”. Non c’è la dittatura di un partito unico, secondo Michnik, “ma alcuni stereotipi mentali sono divenuti molto forti”.
 
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  davar
qui firenze - la cerimonia
Carlo Levi, inaugurata la piazza

"Nel suo nome contro l'odio"
Un luogo di incontro e aggregazione, ma anche lo spazio ideale, nel cuore di Firenze, per dire con forza no al fascismo e a ogni forma di violenza e sopraffazione.
L’intitolazione di una piazza è un atto formale, ma se ad accompagnarlo sono ricordi e testimonianze ecco che le emozioni finiscono inevitabilmente per prendere il sopravvento. È andata così stamane in riva all’Arno, con la cerimonia di svelamento della targa che pone l’intellettuale e pittore torinese Carlo Levi (e insieme a lui Anna Maria Ichino, omaggiata con lo stesso onore) tra i massima custodi della Memoria fiorentina e della sua vocazione antifascista.
A pochi metri dal luogo in cui in clandestinità scrisse la sua più celebre opera, Cristo si è fermato a Eboli, quella targa chiude un percorso di riscoperta e impegno che ha visto al fianco amministrazione comunale e la massima espressione culturale di questa città, gli Uffizi.
“Un gesto simbolico per mantenere viva la memoria del ruolo di Levi e Ichino nella lotta antifascista, ma anche il valore evocativo di un luogo come piazza Pitti e della casa che in quella piazza fu rifugio di molti antifascisti” avevano annuncio in gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, il sindaco Dario Nardella e il direttore degli Uffizi Eike Schmidt. Un messaggio che oggi i diretti protagonisti hanno voluto confermare, insieme tra gli altri all’assessore comunale alla toponomastica Andrea Vannucci, al responsabile della Divisione Collezioni e servizi degli Uffizi Claudio Di Benedetto, al presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, al sindaco di Aliano Luigi De Lorenzo, a Stefano Levi Della Torre (nipote di Carlo Levi) e ad Alessandro Ichino (figlio di Anna Maria).


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alla tirreno-adriatico 
Ciclismo, l'israeliano Sagiv

sfiora il successo di tappa
Impresa sfumata a pochi chilometri dal traguardo, ma cambia poco: ieri il 23enne Guy Sagiv ha scritto una piccola pagina di storia del ciclismo israeliano. Nella seconda tappa della Tirreno-Adriatico, una delle grandi classiche di inizio stagione, in testa assieme ad altri due fuggitivi per quasi tutta la prova, Guy ha tenuto alti i colori della Israel Cycling Academy e sfiorato un clamoroso successo.
Segnali davvero incoraggianti per la prima squadra professionistica del paese da cui partirà il prossimo Giro d’Italia, il 4 maggio, con un attesissimo cronoprologo a Gerusalemme. “Grazie Guy. Sei giovane, e hai il cuore grande” il ringraziamento della dirigenza della Academy.
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qui  torino - presentato il libro 
"Rav Sacks, uno sguardo aperto"
Uno psichiatra, una filosofa e un rabbino: tre le voci per presentare al pubblico torinese l’opera più recente di Rav Jonathan Sacks: “Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa”. La serata, organizzata dalla Comunità ebraica di Torino assieme al Gruppo di Studi Ebraici con l’adesione del Centro Culturale Protestante e del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, ha visto alternarsi al tavolo dei relatori lo psichiatra e membro del Gruppo Italiano di Ricerca sullo Studio del Terrorismo (GRIST), Carmelo Munizza, l’ex docente di filosofia, Elisabetta Triola Di Porto e il rabbino capo rav Ariel Di Porto.
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il documentario presentato in anteprima
I nazisti e l'arte defraudata

Una ferita ancora aperta
Nel 1940, nella Parigi occupata dai nazisti, si racconta che un ufficiale della Gestapo andò nello studio di Pablo Picasso e gli mostrò una cartolina con il dipinto del Guernica, il quadro simbolo dell’orrore della guerra. L’ufficiale della Gestapo chiese a Picasso: “lo avete fatto voi, maestro?”. “No, questa è opera vostra”. A raccontare questo aneddoto, che bene racconta l’intreccio tra arte e nazismo, è la voce narrante di Toni Servillo nel nuovo documentario “Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte”, in anteprima mondiale nei cinema italiani il 13 e 14 marzo, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con la partecipazione di Sky Arte HD.
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la quinta edizione a giugno a venezia
Limmud, incontri in Laguna
Parte l’operazione Limmud Italia. La quinta edizione si terrà a Venezia nel primo weekend di giugno (1-3) con un grande shabbaton per condividere non solo saperi ma anche la gioia dello Shabbat e la tefillà nella sinagoga Spagnola veneziana.
La formula è sempre quella del multiseminario, tanti interventi, lezioni, tavole rotonde dedicate ad un tema ebraico e che spaziano fra Torà, scienze e filosofia, storia, arte, attualità, cucina.
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  pilpul
La legge della maggioranza
Sappiamo che durerà poco ma intanto è bello godersi questo momento di tranquillità e pacatezza dopo la violentissima campagna elettorale. Tutti smorzano i toni. I Cinquestelle lanciano segnali di moderazione e disponibilità al dialogo e, tra le altre cose, si preoccupano di non apparire troppo antisraeliani (che è un buon segno). La Lega, altro buon segno, dà improvvisamente grande visibilità al neoeletto senatore nero (ma dove lo avevano nascosto?). Ho seguito la campagna elettorale troppo distrattamente o gli hanno fatto tenere volutamente un basso profilo nel timore che la sua candidatura avrebbe fatto perdere voti?
Di colpo gli insulti sembrano magicamente spariti dalla scena politica italiana e i vincitori esitano ad infierire contro gli sconfitti che potrebbero rivelarsi necessari per la formazione di un governo. Si cerca di mettere in evidenza le possibili convergenze più delle differenze. La parola “inciucio” è miracolosamente scomparsa e al suo posto la parola “responsabilità” è saltata fuori dal dimenticatoio in cui era stata relegata.
Poi, certo, quando nascerà un governo e le cose andranno meno che splendidamente saranno subito tutti prontissimi a scaricare le colpe sugli alleati. Ma intanto l’atmosfera di questa settimana, per quanto effimera, ci dimostra che un altro clima politico è possibile. È possibile mediare, scendere a compromessi, cercare soluzioni concrete. È possibile parlarsi senza insultarsi a vicenda.
Non so se questo si dimostrerà sufficiente. E non mi azzardo a discutere sui pregi e sui difetti di questa legge elettorale. Intanto vale la pena di riflettere su cosa significhi davvero il principio secondo cui bisogna seguire la maggioranza. A mio parere non si tratta di un semplice gioco, di una sorta di gara che termina con vincitori e vinti. Anche nella vita di tutti i giorni sono frequenti le situazioni in cui le posizioni sono più di due, e la maggioranza si ottiene solo tramite l’accordo tra due o più parti, tramite compromessi in cui ciascuno è costretto a rinunciare a qualcosa. La legge della maggioranza premia non solo chi sa essere più convincente, ma anche chi si dimostra più capace di dialogare, di accettare punti di vista diversi dal proprio, di capire le ragioni altrui.


Anna Segre, insegnante






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