Ephraim Mirvis, rabbino capo di Gran Bretagna
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Se
siamo in grado di aiutare gli altri e falliamo nella nostra
responsabilità verso di loro, allora falliamo nella nostra
responsabilità verso Dio.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Nella
sua ultima nota, su queste pagine, Anna Segre confessa che i peggiori
insulti degli ultimi tempi li ha ricevuti, in quanto ebrea, da altri
ebrei attraverso i social network, e si chiede se ciò sia accaduto
anche ad altri. Anna Segre non deve davvero sentirsi sola. L’insulto
personale va per la maggiore, ed è la risposta più facile a
disposizione di chi non desidera o non è in grado di confrontarsi con
gli altri ragionando su un argomento, anziché ricorrendo ad attacchi
personali. Purtroppo nessuno li ferma, nessuno sente il dovere di
richiamarli al rispetto halakhico del prossimo.
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Da Gerusalemme a Gaza,
la festa e le tensioni
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L’inaugurazione
dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme nel 70esimo anniversario
dalla nascita dello Stato di Israele e le tensioni tra Striscia di Gaza
e Stato ebraico, con diverse decine di morti tra i palestinesi che
hanno provato a forzare il confine, sulle prime pagine di tutti i
giornali italiani.
“Gaza, la rabbia e il sangue” titola il Corriere della sera. “Festa e
sangue per l’ambasciata Usa a Gerusalemme” la scelta di Repubblica.
“Hamas scatena la battaglia a Gaza. Raid e cecchini israeliani: 55
morti” scrive La Stampa.
Forti in genere le critiche alla reazione israeliana, nonostante il
riconoscimento della provocatorietà dell’azione di Hamas. “Auguri allo
Stato di Israele. Non abbiamo esitazioni nel sostenere il suo diritto
alla sicurezza. Ma è risaputo che gli errori, soprattutto quando
grondano sangue, possono rovinare le feste” scrive Franco Venturini sul
Corriere.
Sempre al Corriere, lo scrittore Etgar Keret dice: “La cerimonia a
Gerusalemme, con l’ambasciatore che dal palco dichiara ‘questo è il
vero inizio del processo di pace’, mentre a Gaza cinquantacinque
palestinesi vengono ammazzati negli scontri, dimostra quanto in questo
Paese stiamo vivendo distaccati dalla realtà”.
Per il giornalista Yossi Klein Halevi, di cui è tradotto un intervento:
“Israeliani e palestinesi sono invischiati in quello che potrebbe
essere definito un ‘ciclo di negazione’ che ha definito la nostra
comune esistenza sin dalla creazione di Israele 70 anni fa”.
Su Repubblica Bernardo Valli scrive: “Come i suoi predecessori Donald
Trump poteva rinviare il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme, e
comportarsi come quasi tutti gli altri paesi, mantenendola a Tel Aviv.
Poteva insomma attendere un negoziato, anche se per la verità l’attesa
dura da troppo tempo”.
In una cronaca da Gaza, in cui si definisce quanto avvenuto ieri una
“carneficina”, si legge: “Alla sera i dimostranti abbandonano le aree
della barriera e rientrano nelle varie città della Striscia sugli
autobus messi a disposizione da Hamas. Tutti a casa per dormire. E
oggi, dopo l’alba, si ricomincia”.
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alti i livelli di sicurezza in israele
Proteste in Cisgiordania e a Gaza
un nuovo giorno di tensione
Centinaia
di palestinesi hanno lanciato pietre e dato fuoco a gomme di auto in
diversi punti della Cisgiordania, tra cui Hebron, vicino alla tomba di
Rachele a Betlemme, fuori Ramallah, al checkpoint di Qalandiya e nella
zona di Nablus. Al confine con Gaza, diverse centinaia di palestinesi
si sono riuniti vicino alla recinzione in diversi punti, per
manifestare. È il quadro che emerge in queste ore nel giorno che i
palestinesi definiscono la Nakba, la catastrofe. Dopo la dura giornata
di ieri in cui oltre 50 palestinesi sono morti negli scontri con
l'esercito israeliano sul confine tra Gaza e Israele, nella Striscia la
situazione sembra essere meno incendiaria: i media israeliani parlano
dei funerali che si stanno tenendo al di là del confine e del tentativo
del gruppo terroristico di Hamas di mantenere l'ordine. “Dopo un giorno
di sconvolgenti perdite a Gaza, c'è stato un punto in cui il gruppo
terroristico ha quasi perso il controllo, e ora è impegnato in una
correzione di rotta”, scrive l'analista militare Avi Issacharoff,
secondo cui: “Lunedì è stato senza dubbio uno dei giorni più
sconcertanti nella storia del conflitto israelo-palestinese". Leggi
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qui roma - la mostra al maxxi
Tel Aviv, l'impronta del Bauhaus
Cento
foto, schizzi, plastici e video per riscoprire l’eredità del Movimento
Moderno e gli influssi del Bauhaus in una città unica nel suo genere,
che non smette di far parlare l’opinione pubblica per creatività e
innovazione. “Tel Aviv. The white city”, la mostra che sarà inaugurata
questa sera al Maxxi di Roma e che è stata presentata in anteprima alla
stampa nelle scorse ore, è una mostra-omaggio davvero speciale.
Curata da Nitza Metzger Szmuk e organizzata dall’Ambasciata di Israele
in Italia per i 70 anni dello Stato ebraico, si concentra sul finire
degli anni ’20 e ’30. Un periodo storico in cui, si viene spiegato, “la
città iniziò a crescere per effetto delle migrazioni dall’Europa” e fu
disegnata secondo il gusto e gli influssi di intellettuali e
architetti, “trasformando l’area periferica, semidesertica di Jaffa in
una città moderna e funzionale. Leggi
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qui milano
Sionismo, tra passato e futuro
“La
cultura europea deve riscoprire il suo passato e le sue radici per
poter avere un dibattito sincero su Israele, sul sionismo,
sull’antisemitismo”. E in questo passato, spiega David Meghnagi, la
storia di una figura come Benedetto Musolino, patriota calabrese del
Risorgimento e sionista ante litteram, diventa emblematica. Al folto
pubblico raccoltosi a Palazzo Reale per l’incontro “Questo è Israele:
70 anni” – organizzato dall’Associazione Italia-Israele di Milano e con
ospite d’onore Zvia Walden Peres, psicolinguista dell’Università Ben
Gurion di Beer Sheva nonché figlia del Nobel per la Pace Shimon Peres –
Meghnagi, psicoanalista dell’Università di Roma Tre e assessore alla
Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha presentato le
idee e il pensiero di Musolino, autore di “Gerusalemme e il popolo
ebraico” (Libri Liberi Editore, Firenze): un volume pubblicato nel 1851
e ristampato per i 150 anni dell’Unità d’Italia a cura proprio di
Meghnagi. Leggi
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qui ferrara - il progetto zikaron ba salon
La Memoria dei fratelli Pesaro
“A
leggere le cose sui libri, resta un senso di distacco. Invece così,
ascoltando quei fatti direttamente da chi li ha vissuti, si percepisce
l’emozione, si capisce meglio che cosa è stato”.
È condensato in questa frase, pronunciata ieri mattina, di slancio, da
uno studente ferrarese, il significato del progetto “Zikaron Ba Salon”,
con cui l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, attraverso la
Commissione Antisemitismo e Memoria, apre alle scuole le case dei
testimoni e dei sopravvissuti alla Shoah. Come ha spiegato Sira
Fatucci, ideatrice e responsabile di “La Memoria in salotto” (con la
collaborazione di Alessandra Sabatello), “questo format israeliano
risale al 2010 e ora lo abbiamo importato in Italia. La narrazione di
vicende familiari e personali dalla voce instancabile di chi le ha
vissute, in ambienti intimi e raccolti, punta a trasmettere in modo
vivido ed efficace la memoria ai giovani e ad avvicinarli alla storia.
Purtroppo sono ormai le ultime testimonianze che ci restano: un motivo
in più per portare avanti questo programma”. Leggi
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Il treno del futuro |
Non
conoscevo Netta, la cantante israeliana che ha vinto il concorso
musicale Eurovision. Sono i momenti che ti fanno sentire vecchio, anche
se mi hanno spiegato che il festival è meno seguito in Italia che in
altri paesi del continente. Netta è una donna giovane, pingue e sicura
di sé. La sua canzone si chiama “Toy” e denuncia la
donna-oggetto-dell'uomo. La qualità del pezzo è relativa – almeno a mio
giudizio – e il target di riferimento sono chiaramente gli adolescenti
dei vari paesi europei.
Nella settimana che ha visto Israele sulle pagine dei media globali per
via della nuova ambasciata americana e per i tragici scontri al confine
di Gaza, mentre i commentatori si affannano a spiegare, condannare o
giustificare, mi sono posto questa domanda: per il futuro di Israele
conta più la vittoria di Netta o l’ambasciata americana, i dibattiti
sul conflitto con i palestinesi o la partenza del Giro d’Italia, le
parole antisemite di Abu Mazen o il mercato immobiliare e turistico che
continuano a crescere?
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Leo Longanesi e gli ebrei |
L’italiano
sogna di non lavorare, affermava Leo Longanesi (1905-1957); non era
vero, anzi, era infamante, ma lui amava scrivere tutto e il contrario
di tutto e, a dire il vero, non era stata ancora escogitata l’elemosina
di Stato per sostenere cotanta assurdità (ciò è accaduto nel 1958),
un’elargizione che avrebbe potuto costringerci a riscrivere il comma
primo del primo articolo della Costituzione (ma anche il secondo non
gode di grande salute). Scrittore, editore, creatore di giornali e
riviste, innovatore, eccentrico e contraddittorio, lanciò le più grandi
firme del giornalismo italiano.
Emanuele Calò
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