Giuseppe Momigliano,
rabbino
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L’ultimo
capitolo dei Pirkè Avot, che leggeremo questo shabbat, è propriamente
una raccolta di Baraytot, cioè insegnamenti dei Maestri non raccolti
nella Mishnà; questo testo è particolarmente dedicato alle qualità che
caratterizzano lo studio della Torà, pertanto è detto “Kinyan ha-Torà”,
ovvero “acquisizione della Torà”.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Diciamo
la verità, il momento dello spostamento dell’ambasciata statunitense da
Tel Aviv a Gerusalemme ce lo eravamo immaginati in altro modo.
Pensavamo sarebbe stato il momento del riconoscimento di Israele, il
momento di pacificazione col mondo arabo e musulmano, un momento di
pace. Invece, abbiamo morti (molti), feriti (moltissimi), crisi
diplomatiche con Paesi che aspettano solo di poter allungare le proprie
mani sulla crisi della Striscia, sfruttando tutta la sua carica
simbolica per ergersi a difensori della causa islamica.
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Scontro diplomatico
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Dopo
i fatti di lunedì, il conflitto tra israeliani e palestinesi è tornato
al centro del dibattito internazionale. E lo scontro, spiegano i
quotidiani, si fa diplomatico: su quanto accaduto al confine con Gaza,
“tedeschi e i britannici pretendono ‘un’inchiesta indipendente’. –
scrive il Corriere della Sera – La stessa richiesta al Consiglio di
sicurezza dell’Onu è stata bloccata dal veto degli americani, che
riconoscono agli israeliani ‘il diritto di difendere il loro confine’”.
Il quotidiano apre parlando dei funerali tenutisi ieri a Gaza (oltre 60
i palestinesi morti negli scontri) e chiude con la testimonianza di un
palestinese che si è rifiutato di partecipare alle manifestazioni
indette da Hamas: “Non andiamo a farci ammazzare per i fondamentalisti
– spiega Mohammed al Tauli -. Sono responsabili della miseria in cui
viviamo”. Il Fatto Quotidiano racconta come Hamas ha preparato lo
scontro e l’assalto alla barriera: “un compito affidato ai più giovani
– si legge nell’articolo – che utilizzano tronchesi per rompere il
filospinato. A separare i palestinesi di Gaza dal confine c’è una
zona-cuscinetto: Hamas manda i ragazzi in quel settore sebbene Israele
già da marzo aveva avvisato che chiunque si sarebbe avvicinato alla
zona sarebbe stato colpito”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha
parlato di “diritto di Israele a difendersi, seppur con moderazione”,
spiega il Sole 24 Ore. L’Europa esprime preoccupazione e Belgio e
Irlanda hanno richiamato gli ambasciatori di Israele. Ma lo scontro più
duro è con la Turchia che ha espulso l’ambasciatore israeliano.
“Erdogan è fra i principali sostenitori di Hamas e non vi è dubbio che
capisca perfettamente il terrorismo e i massacri, non ci venga a dare
lezioni di morale”, la risposta del Primo ministro israeliano Netanyahu
(La Stampa). Erdogan ha chiesto ai paesi arabi di agire contro
Gerusalemme ma molti di loro, spiega il Foglio “per anni campioni della
causa palestinese, hanno pubblicato note e comunicati simili nei toni e
nella forma a quelli europei: estremamente formali. Più che
l’indignazione delle cancellerie questi testi rivelano quanto i
palestinesi siano sempre più isolati in una regione in cui gli alleati
di sempre hanno altre priorità: arginare l’espansionismo dell’Iran, ed
evitare la possibilità di un’altra “primavera” come quella del 2011”.
Sempre il Foglio racconta invece come proprio l’Iran sia tra i maggiori
sponsor dei disordini a Gaza.
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la riflessione della presidente ucei Gaza, il dolore e la chiarezza "Non
rimanere ciechi e sordi di fronte all'evidenza: distinguere chi davvero
non desidera la pace ed esporta odio e guerra ovunque, distinguere chi
invece che guidare i palestinesi verso il futuro li ingabbia nel
passato, chi invece di distribuire speranza, dispensa odio, e invece
che proteggere, usa la vita dei suoi stessi cittadini per mantenere il
potere". È quanto chiede - rivolgendosi a opinione pubblica,
istituzioni e mondo dell'informazione - la Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni dopo i recenti scontri tra
l'esercito israeliano e manifestanti palestinese al confine con la
Striscia di Gaza. "Quanto succede a Gaza è doloroso per chiunque ha a
cuore i diritti umani e lo è anche per chi scrive", sottolinea la
Presidente che invita però a individuare i veri responsabili della
tragedia palestinese.
Di seguito il testo integrale del suo intervento.
Quest'anno abbiamo celebrato e festeggiato i 70 anni d'Israele. Uno
Stato nato da un sogno e diventato non solo una realtà ma una prospera
democrazia in un Medio Oriente per lo più dichiaratamente ostile. 70
anni fa i padri fondatori dello Stato accettarono la partizione della
Palestina mandataria, accettarono la soluzione di avere confini ben
delineati: due popoli, due Stati, l'uno a fianco all'altro, che
potessero vivere in pace e sicurezza. Nel testo della proclamazione
dello Stato ebraico avvenuta il 14 maggio 1948 è chiaro ed esplicito
l’invito a tutti i residenti arabi a voler costruire assieme il Paese,
con pieno riconoscimento dei diritti, partecipazione e rappresentanza,
così come l’invito a tutti i Paesi confinanti a condividere l’impegno
per la Pace, nel reciproco riconoscimento e per portare progresso e
nell’intera regione. Questo era ed è il nostro sogno ed invito perenne.
Come sappiamo, solo la parte ebraica accettò quella divisione e i
risultati di quella scelta sono tutt'ora davanti ai nostri occhi. A
pagare le conseguenze di quella scelta sono stati i palestinesi e
ancora oggi, l'incapacità, la corruzione, l'odio di quelli che
dovrebbero essere i loro leader li portano verso la sofferenza e la
morte. Ancor peggio, li portano a scegliere e a pensare che la morte
dei proprio figli e neonate, sia l’unica arma per promuovere il loro
riconoscimento e futuro. Ben sanno che per l’intero mondo e per tutti
noi la vita invece è sacra.
Quanto succede a Gaza è doloroso per chiunque ha a cuore i diritti
umani e lo è anche per chi scrive. Forse lo è ancor più perché, oltre
al grave lutto per la perdita delle vite, si aggiunge la disperazione
per la consapevolezza che potevano essere evitate, se solo avessero
voluto. Se solo non si fossero obbligate masse di civili ad assembrarsi
sul confine. Se solo non si fosse celato sotto la parola
“manifestazione” l’intento di raggiungere le città e i villaggi
israeliani e spargere sangue e terrore. Forse lo è ancor più perché al
sangue versato si aggiunge la sollecita indignazione di un intero mondo
– istituzioni, media, cittadini – che condanna e pensa di fare
giustizia accogliendo come vera la più grave strumentalizzazione che vi
possa essere, negando ad Israele il diritto di difendersi e di non
vedere trucidati i propri cittadini e bruciati i propri insediamenti.
Tutto questo, dimenticando che la difesa dal nemico iraniano non
esclude quella dall’aggressione subita dal proprio vicino, finanziato
dallo stesso Iran. Disconoscendo il legame tra Gerusalemme e il popolo
ebraico e accettando di considerare la questione di Gerusalemme, nella
quale vi è convivenza e sviluppo nonostante i conflitti, come perno di
ogni altra forma di convivenza in qualsiasi altra parte del globo.
Esprimendo il sostegno pieno e universale ad un’associazione
terroristica e ad una leadership palestinese che continua a non
riconoscere il diritto all’esistenza di Israele e a riconoscere una
Shoah auto ricercata, quando non negata. Che continua ad organizzare
una sistematica e sofisticatissima guerra armata. Che continua ad usare
i soldi che la comunità internazionale riversa nelle casse di Gaza per
costruire costosissimi tunnel del terrore e armare milizie, formate da
bambini e di giovani, invece che usarli per realizzare infrastrutture
pubbliche e dare un futuro alla sua popolazione, in un territorio
ricevuto e liberato da presenza ebraica oltre dieci anni fa per farlo
fiorire.
I feriti ed i morti sono tutti sulle nostre coscienze, anche le
centinaia di migliaia di morti negli ultimi mesi in molti altri Paesi
della Regione mediorientale, anche i milioni di profughi che tentano di
raggiungere le nostre sponde del Mediterraneo, anche quelli colpiti dal
terrorismo in Europa, dimenticati sistematicamente dallo stesso
benpensante mondo e dall’Onu. Ma non da noi. Non li dimentichiamo.
Perché è Israele, e non certo Hamas, che sistematicamente porge una
mano ad ogni ferito per curarlo nei propri ospedali e con tecnologie
israeliane. Perché la memoria della storia dei tanti massacri subiti,
l’antisemitismo e il radicalismo li conosciamo bene e vorremmo
disperatamente far comprendere questo male antico a tutti voi che siete
convinti di potervi svegliare domani mattina e continuare ad andare al
lavoro e a scuola e a cucinare quel che più vi piace.
Siamo e siete responsabili tutti assieme. Perché oltre alle immagini e
al di là delle feroci urla e vendette d’odio, è dovere di ogni
istituzione e organo di stampa chiedersi il perché di quanto si vede e
ricordarsi che vi è un lato oscuro della luna che evidentemente non
illumina a sufficienza le coscienze e la memoria. Non interessa perché
quell’immagine distorta che ci raggiunge nella notte pare sufficiente.
Ma è pura illusione e l’Europa nella quale siamo immersi continua
sonnambula ad inebriarsi di quella luce. E prima o poi, e molto prima
di quanto non immaginiamo quelle forze che oggi si abbattono su Israele
e i suoi confini, raggiungeranno sia fisicamente, sia con loro
ideologie, anche le nostre terre, invadendo le nostre giornate e
diventeranno l’incubo delle nostre notti. Nessun raggio di luna sarà
allora sufficiente.
Qui non si nega la possibilità di criticare le scelte di un governo,
che sia quello di Israele o degli Stati Uniti, ma di condividere il
concetto di vita. Di capire che i nostri figli non saranno mai e poi
mai venduti per una manciata di dollari a seminare odio e morte, ma
cresciuti con l’amore per una terra coltivata con fatica e resi
partecipi delle più belle celebrazioni internazionali. Qui non si
tratta di decidere se Gerusalemme ha o meno uno status internazionale e
di quali patti nucleari mantenere ma di non rimanere ciechi e sordi di
fronte all'evidenza: distinguere chi davvero non desidera la pace ed
esporta odio e guerra ovunque, distinguere chi invece che guidare i
palestinesi verso il futuro li ingabbia nel passato, chi invece di
distribuire speranza, dispensa odio, e invece che proteggere, usa la
vita dei suoi stessi cittadini per mantenere il potere. La comunità
internazionale deve finalmente alzare la voce contro tutto questo,
aiutata da un'informazione veramente libera da preconcetti e da
retoriche che non servono alla pace che tutti desideriamo, primi fra
tutti israeliani e palestinesi che sognano di vivere con le loro
famiglie. Questo è quello che vi chiediamo.
Noemi Di Segni,
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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giro d'italia - l'inaugurazione del museo Assisi, la Memoria è sui pedali A
metà strada tra l’avvio di Gerusalemme e l’epilogo a Roma, la tappa del
Giro d’Italia partita quest’oggi da Assisi alla volta di Osimo prosegue
(anche se con alcuni evitabili inciampi) nel percorso di Memoria e
condivisione di valori non strettamente sportivi su cui è stata
costruita l’intera edizione 101 della corsa rosa.
Alla presenza tra gli altri dell’ambasciatore israeliano in Italia Ofer
Sachs e del suo omologo presso la Santa Sede Oren David, nella città
umbra da cui sono stati lanciati in questi anni molti impegni per il
Dialogo, è stato inaugurato in mattinata il nuovo “Museo della Memoria
Assisi 1943-44” con l’obiettivo di valorizzare le storie locali di
coraggio che portarono, sotto il coordinamento del vescovo Giuseppe
Placido Nicolini, tanti assisani a distinguersi nel salvataggio di
ebrei perseguitati dal nazifascismo. Circa 300, si stima, trovarono
rifugio nei conventi.
Un nuovo impegno, quello varato oggi, che nasce anche nel nome di Gino
Bartali e delle sue azioni di solidarietà tra Firenze e Assisi.
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qui ferrara - il progetto zikaron basalon "L'orrore e il ritorno alla vita" “In
tutti i momenti e i giorni della mia vita, ho girato con inquietudine e
affanno intorno ad Auschwitz, portando, e continuando a portare con me,
un grande peso”.
Non le ha vissute direttamente, Marcella Ravenna, la guerra, le
persecuzioni e la Shoah, perché non era ancora nata. Eppure, come ha
raccontato agli alunni della V G dell’Istituto “Orio Vergani” di
Ferrara, suoi ospiti nell’ambito del progetto dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane “Zikaron Ba Salon”, quelle vicende l’hanno
segnata profondamente, tanto da condizionare anche il suo percorso di
psicologa sociale. Leggi
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Ticketless - Lo sciocco mestiere
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L’editoriale
di Ernesto Galli della Loggia, uscito sul “Corriere della Sera” di
mercoledì scorso (Tre leader frutto dei tempi), dedicato alla
mediocrità e alla incultura dell’attuale classe dirigente, mi ha fatto
ritornare in mente un famosisimo – e criticatissimo – articolo di
Benedetto Croce sulla “mentalità massonica” uscito nel giugno 1918 nel
pieno di una crisi politica, quella del primo dopoguerra, che (per
nostra fortuna) non è (ancora) comparabile alla crisi di un secolo
dopo. L’Italia del 2018 vedrà andare al governo grillini e leghisti: in
televisione fa capolino una galleria di personaggi sedicenti giovani,
ma dal volto antico, molto antico. Croce paventava il pericolo
derivante dalla fortuna popolare di leaders “non più ignoranti o
ingenui, ma non ancora addottrinati e avveduti, uomini di mezzana
cultura”. Peccato che nell’elenco mettesse in un sol fascio categorie
di persone che, ovviamente, se la presero a male: maestri di scuola
primaria, diplomati di scuola tecnica, laureati farmacisti e anche,
ahimé, molti ebrei. Quanti ebrei abbiano votato 5stelle o Salvini –
temo parecchi – ma la cosa mi interessa poco. Mi interessa invece
osservare che Croce, sapendo di averla detta grossa, correva al riparo,
precisando tra parentesi: “Non mi passa per mente di far lo sciocco
mestiere dell’antisemita”.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Gerusalemme
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Non
so quanto l’esatta coincidenza temporale sia stata precisamente voluta
(la data ha dovuto subire qualche piccolo spostamento), ma certo è
stato per me motivo di particolare gioia e onore il fatto che proprio
lo scorso lunedì 14 maggio – giorno, com’è noto, in cui è caduto il 70°
anniversario dell’Indipendenza di Israele – sia stato invitato a
tenere, presso la Comunità Ebraica di Napoli (dalla Comunità stessa e
dalla sezione napoletana dell’Amicizia Ebraico Cristiana), insieme al
Collega e amico carissimo Giancarlo Rinaldi, una conferenza sul tema
“Il Tempio tra storia, archeologia e teologia”. Grazie alle profonde e
affascinanti considerazioni di Rinaldi, e ai brillanti commenti del
qualificatissimo uditorio, è stato per me un incontro di particolare
rilievo, dal quale ho molto imparato.
Francesco Lucrezi, storico
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La prospettiva che manca
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Questi
sono alcuni dei miei pensieri, spontanei e informali, scritti di getto,
che mi vengono in mente ed ho bisogno di condividere con i miei amici
ebrei in questi giorni: tante domande e poche risposte e anche tanta
rabbia verso tutti coloro che hanno interesse al perpetuare di questa
situazione assurda e violenta della quale paghiamo il prezzo Tutti.
Daniel Haviv, alchimista
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È ora di aprire gli occhi
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Si
è finalmente aperta l’ambasciata americana a Gerusalemme. Gran festa
senza tragedie e con la buona pace di tutti. In pratica la decisione
americana si è realizzata, non è caduto il mondo, non è scoppiata la
terza guerra mondiale, né rivoluzioni né disordini di rilievo a
Gerusalemme. I trambusti e morti a Gaza non hanno niente a che fare con
Gerusalemme: sono la conseguenza delle pretese di Hamas di sfondare le
recinzioni e compiere invasione e terrorismo in Israele, come
apertamente hanno dichiarato: per “liberare la Palestina dagli
infedeli”. Mandare a morire una cinquantina di palestinesi aiuta la
loro politica e l’interesse del mondo per la Causa.
Gianfranco Yohanan Di Segni
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