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Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna | Avrai molta cura nel prelevare la decima da tutto il prodotto della tua semina” (Devarim 14, 22)
Questo Shabbat è iniziato il capo mese dell’ultimo mese dell’anno – Elul.
È un mese particolare; è il mese che precede il grande giorno del Giudizio: Rosh haShanà.
In esso abbiamo letto, come avviene ogni anno, la parashà di Reé, dove,
nella maggior parte di essa viene trattata la tzedakà – l’opera di
giustizia – che ogni ebreo ha il dovere di fare nei confronti del suo
prossimo. Giustizia, non significa affatto nella tradizione ebraica
sedersi sul trono, come molti sanno ben fare e giudicare o criticare
l’altrui operato, ma calarsi nei panni di chi ha bisogno (non c’è
alcuna distinzione fra ricco o povero) e adoperarsi per aiutarlo, senza
però farlo sentire nella condizione di sudditanza.
Nel versetto 21 del libro di Devarim (versetto che precede quello sopra
citato) troviamo scritto: “E gioirai di tutto il bene che il Signore ti
ha concesso”.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Nel
tempo in cui tutti i posti della rabbia e della rivendicazione sono
occupati, non è fuori luogo andare a cercare riparo nell'area del dubbio
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La lira turca in picchiata,
scontro Erdogan - Trump |
Dopo
l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump della
decisione di raddoppiare i dazi sull’acciaio e sull’alluminio
provenienti dalla Turchia, la lira turca è ulteriormente peggiorata,
perdendo oltre il 20 per cento del suo valore rispetto al dollaro. Una
situazione che ha influito sui mercati internazionali e che segna un
solco ancora più profondo nei rapporti tra Trump e il presidente turco
Erdogan. “Se gli Stati Uniti non cominciano a rispettare la sovranità
della Turchia e dimostrano di capire i pericoli che la nostra nazione
affronta, la nostra partnership potrebbe essere in pericolo”, ha
dichiarato sul New York Times Erdogan. La Turchia è alleata da decenni
degli Stati Uniti ma l’autoritarismo di Erdogan sta cambiando le carte
in tavola. “Ormai non si contano i dossier che dividono i due alleati.
– scrive il Corriere – L’oggetto più recente del contendere, il mancato
rilascio di Andrew Brunson, un pastore evangelico americano accusato di
aver collaborato al fallito colpo di Stato contro Erdogan, che ha
portato Trump a sanzionare direttamente anche due membri del regime
turco, è solo l’ultimo episodio”. L’atteggiamento di Erdogan da tempo
sta creando difficoltà agli alleati occidentali: “innumerevoli – scrive
Repubblica – casi che nel corso degli ultimi anni hanno contrapposto
Ankara a molti Paesi occidentali, Israele in primis, e quindi gli
europei: Germania, Austria, Francia, Svizzera, Belgio”.
Corbyn e l’antisemitismo, ancora. Jeremy Corbyn, nel cimitero di
Tunisi, nel 2014, depose una corona di fiori sulle tombe degli ideatori
del massacro di 9 atleti israeliani alle Olimpiadi di Monca del 1972.
L’episodio non è nuovo ma Corbyn si era sempre giustificato affermando
di aver partecipato a una cerimonia per commemorare le 47 vittime
palestinesi del bombardamento israeliano del quartier generale Olp a
Tunisi nel 1985. Ora una ricostruzione del Daily Mail smentisce le
dichiarazioni di Corbyn che, scrive il Corriere, “continua a comparire,
un po’ come Zelig, in posti dove qualcuno dice cose tremende su
Israele”. Sul quotidiano di via Solferino, Paolo Lepri sottolinea come
Corbyn non si renda “conto che l’escalation antioccidentale del
terrorismo islamico ha reso indispensabile compiere scelte di campo per
isolare la minaccia e proteggerne i bersagli”.
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la manifestazione a tel aviv
Gli arabi d'Israele in piazza,
l'opinione pubblica si divide
A
una settimana dalla manifestazione indetta dalla minoranza drusa, nelle
scorse ore a scendere in piazza contro la Legge fondamentale
sull'identità ebraica dello Stato d'Israele sono stati gli arabi
israeliani. Nonostante l'invito degli organizzatori a non portare
bandiere, la presenza di quelle palestinesi ha attirato critiche sia da
parte dei membri del governo sia da parte di esponenti della sinistra
israeliana, aprendo una più ampia discussione sui media del Paese. Per
il Primo ministro Benjamin Netanyahu la manifestazione – a cui hanno
partecipato circa 30mila persone (molte meno delle 50mila presenti a
quella organizzata dai drusi) – è stata la prova della necessità della
contestata Legge fondamentale. “Molti dei manifestanti vogliono abolire
la legge del ritorno, l'inno e la bandiera (israeliana), e trasformare
Israele in uno stato palestinese - ha affermato Netanyahu durante la
riunione di gabinetto domenicale, che apre la settimana dei lavori del
governo - Ora più che mai è chiaro che la legge dello Stato nazionale è
necessaria per garantire il futuro di Israele come Stato ebraico”. Tra
i cartelli più fotografati alla manifestazione, quelli che chiedevano
“Giustizia e uguaglianza ora”, scritti sia in ebraico che in arabo. Ma
alcuni manifestanti, riporta Yedioth Ahronoth, hanno anche cantato
slogan come “Con lo spirito e con il fuoco, noi riscatteremo la
Palestina”, oltre a sventolare la bandiera palestinese. “Bandiere
sbagliate”, il titolo del quotidiano gratuito Israel Hayom, vicino alle
posizioni del Premier. Leggi
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nel comune laziale risuona lo shofar
Insieme per Rosh Chodesh,
il Tempio di Anzio in festa
Ogni
Shabbat è, oltre che la funzione, una vera e propria festa per i
frequentatori - e sono davvero tanti tra ebrei tripolini, romani,
turisti americani, israeliani, francesi - del Tempio di Anzio.
Una festa perché il ricco kiddush che segue la Tefillah rappresenta
un’occasione di ritrovo per i tanti ebrei che villeggiano ad Anzio o
che sono di passaggio qui.
Ma il Rosh Chodesh di Elul, con il suono dello Shofar al termine della
funzione, rappresenta un richiamo particolare e nelle scorse ore circa
un centinaio di ebrei si sono ritrovati nel tempio della località
laziale, tra cui il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, e il
vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio
Disegni. Leggi
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JCiak - il premio alla regista Zauberman
M, la denuncia girata in yiddish
conquista il pubblico di Locarno
"Io
sto tra la mia gente con il coltello per aggredirla. Io sto tra la mia
gente con il coltello per proteggerla". È la frase, attribuita a Franz
Kafka, con cui la regista francese Yolande Zauberman chiude la sua
ultima opera, "M", Premio Speciale della Giuria alla settantunesima
edizione del Festival internazionale del cinema di Locarno. E aggiunge,
sempre in sovrimpressione: "Questo film è il mio coltello".
Non potrebbe essere altrimenti per un documentario che dopo l'applauso
che a Locarno spesso accoglie la fine di una proiezione lascia il
pubblico in silenzio. Un silenzio doloroso che dura tutto il tempo dei
titoli di coda nel buio della sala, nera come la maggior parte delle
scene di un film girato praticamente solo di notte tra quelli che
all'inizio definisce "gli uomini in nero", e ancora, durante la coda
per uscire fino a fuori, davanti al cinema, dove il sole di Locarno
colpisce in maniera insopportabile dopo due ore di buio. Un mondo
luminoso in violento contrasto con la storia del ritorno di Menachem
Lang nella comunità haredì in cui è cresciuto, e in cui è stato più
volte vittima di violenza. Leggi
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pagine ebraiche - il dossier
Cento anni d'Università Ebraica,
il segno di rav Umberto Cassuto
Furono
le Leggi razziste promulgate dal fascismo nel 1938 a spingere una delle
più fervide menti del suo tempo verso Gerusalemme. Rabbino, storico ed
ebraista di fama internazionale, il fiorentino Umberto Cassuto
caratterizzò profondamente l'ambiente culturale in cui si trovò ad
operare. In cattedra al Collegio Rabbinico Italiano, di cui fu anche
direttore. Ma anche in qualità di docente nelle Università di Firenze
e Roma. O come socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei.
Un'autorità mondiale nel campo degli studi biblici. Con l'entrata in
vigore delle Leggi antiebraiche Cassuto che è stato anche rabbino capo
a Firenze, incarico poi assunto in futuro dal figlio Nathan, membro
attivo della Delasem e poi vittima della Shoah è costretto a fare le
valigie: arriva a Gerusalemme nell’estate del '39, insieme alla moglie
Bice Corcos e alle figlie Milka e Lea. Ed è là, fino alla scomparsa
nel 1951, che "trova l’ambiente adatto per continuare, praticamente
senza interruzione, la sua attività di professore universitario e di
ricercatore, inserendosi nell’élite culturale ebraica del paese e
riuscendo a fornire il suo contributo" come ha scritto Ariel Viterbo in
un suo saggio contenuto nel volume monografico della Rassegna Mensile
di Israel dedicato alla figura del grande rabbino e intellettuale. Leggi
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Il confine necessario |
Il
problema non è il dire certe cose ma il dove le si dice e quante volte
lo si fa. Insieme a chi le va dicendo. Poiché sono queste ultime tre
variabili a fare la differenza: il contesto, la ripetizione e
l’autorevolezza della fonte. Un’espressione che in questi anni ha avuto
un insperato successo, «sdoganare», si rivolge, per l’appunto, non al
fatto che ci possa essere qualcuno che pensi, e poi magari dichiari
apertamente, qualcosa di inaccettabile. Lo sdoganamento, infatti, non
consiste mai nella chiacchiera da bar o da mezzo pubblico, ma nella
diffusione sistematica, quindi nella legittimazione e nella
“normalizzazione” (se tutti lo dicono qualcosa di vero ci sarà pure; se
poi a dirlo sono della autorità pubbliche, perché non crederci, anche
dinanzi ad un iniziale scetticismo?), di ciò che altrimenti dovrebbe
continuare ad essere comunemente inteso come censurabile.
Claudio Vercelli
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