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12 Agosto 2018 - 1 Elul 5778
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
Avrai molta cura nel prelevare la decima da tutto il prodotto della tua semina” (Devarim 14, 22)
Questo Shabbat è iniziato il capo mese dell’ultimo mese dell’anno – Elul.
È un mese particolare; è il mese che precede il grande giorno del Giudizio: Rosh haShanà.
In esso abbiamo letto, come avviene ogni anno, la parashà di Reé, dove, nella maggior parte di essa viene trattata la tzedakà – l’opera di giustizia – che ogni ebreo ha il dovere di fare nei confronti del suo prossimo. Giustizia, non significa affatto nella tradizione ebraica sedersi sul trono, come molti sanno ben fare e giudicare o criticare l’altrui operato, ma calarsi nei panni di chi ha bisogno (non c’è alcuna distinzione fra ricco o povero) e adoperarsi per aiutarlo, senza però farlo sentire nella condizione di sudditanza.
Nel versetto 21 del libro di Devarim (versetto che precede quello sopra citato) troviamo scritto: “E gioirai di tutto il bene che il Signore ti ha concesso”.
 
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David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Nel tempo in cui tutti i posti della rabbia e della rivendicazione sono occupati, non è fuori luogo andare a cercare riparo nell'area del dubbio
 
La lira turca in picchiata,
scontro Erdogan - Trump
Dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump della decisione di raddoppiare i dazi sull’acciaio e sull’alluminio provenienti dalla Turchia, la lira turca è ulteriormente peggiorata, perdendo oltre il 20 per cento del suo valore rispetto al dollaro. Una situazione che ha influito sui mercati internazionali e che segna un solco ancora più profondo nei rapporti tra Trump e il presidente turco Erdogan. “Se gli Stati Uniti non cominciano a rispettare la sovranità della Turchia e dimostrano di capire i pericoli che la nostra nazione affronta, la nostra partnership potrebbe essere in pericolo”, ha dichiarato sul New York Times Erdogan. La Turchia è alleata da decenni degli Stati Uniti ma l’autoritarismo di Erdogan sta cambiando le carte in tavola. “Ormai non si contano i dossier che dividono i due alleati. – scrive il Corriere – L’oggetto più recente del contendere, il mancato rilascio di Andrew Brunson, un pastore evangelico americano accusato di aver collaborato al fallito colpo di Stato contro Erdogan, che ha portato Trump a sanzionare direttamente anche due membri del regime turco, è solo l’ultimo episodio”. L’atteggiamento di Erdogan da tempo sta creando difficoltà agli alleati occidentali: “innumerevoli – scrive Repubblica – casi che nel corso degli ultimi anni hanno contrapposto Ankara a molti Paesi occidentali, Israele in primis, e quindi gli europei: Germania, Austria, Francia, Svizzera, Belgio”.

Corbyn e l’antisemitismo, ancora. Jeremy Corbyn, nel cimitero di Tunisi, nel 2014, depose una corona di fiori sulle tombe degli ideatori del massacro di 9 atleti israeliani alle Olimpiadi di Monca del 1972. L’episodio non è nuovo ma Corbyn si era sempre giustificato affermando di aver partecipato a una cerimonia per commemorare le 47 vittime palestinesi del bombardamento israeliano del quartier generale Olp a Tunisi nel 1985. Ora una ricostruzione del Daily Mail smentisce le dichiarazioni di Corbyn che, scrive il Corriere, “continua a comparire, un po’ come Zelig, in posti dove qualcuno dice cose tremende su Israele”. Sul quotidiano di via Solferino, Paolo Lepri sottolinea come Corbyn non si renda “conto che l’escalation antioccidentale del terrorismo islamico ha reso indispensabile compiere scelte di campo per isolare la minaccia e proteggerne i bersagli”.
 
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  davar
la manifestazione a tel aviv
Gli arabi d'Israele in piazza,
l'opinione pubblica si divide

A una settimana dalla manifestazione indetta dalla minoranza drusa, nelle scorse ore a scendere in piazza contro la Legge fondamentale sull'identità ebraica dello Stato d'Israele sono stati gli arabi israeliani. Nonostante l'invito degli organizzatori a non portare bandiere, la presenza di quelle palestinesi ha attirato critiche sia da parte dei membri del governo sia da parte di esponenti della sinistra israeliana, aprendo una più ampia discussione sui media del Paese. Per il Primo ministro Benjamin Netanyahu la manifestazione – a cui hanno partecipato circa 30mila persone (molte meno delle 50mila presenti a quella organizzata dai drusi) – è stata la prova della necessità della contestata Legge fondamentale. “Molti dei manifestanti vogliono abolire la legge del ritorno, l'inno e la bandiera (israeliana), e trasformare Israele in uno stato palestinese - ha affermato Netanyahu durante la riunione di gabinetto domenicale, che apre la settimana dei lavori del governo - Ora più che mai è chiaro che la legge dello Stato nazionale è necessaria per garantire il futuro di Israele come Stato ebraico”. Tra i cartelli più fotografati alla manifestazione, quelli che chiedevano “Giustizia e uguaglianza ora”, scritti sia in ebraico che in arabo. Ma alcuni manifestanti, riporta Yedioth Ahronoth, hanno anche cantato slogan come “Con lo spirito e con il fuoco, noi riscatteremo la Palestina”, oltre a sventolare la bandiera palestinese. “Bandiere sbagliate”, il titolo del quotidiano gratuito Israel Hayom, vicino alle posizioni del Premier.
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nel comune laziale risuona lo shofar
Insieme per Rosh Chodesh,
il Tempio di Anzio in festa

Ogni Shabbat è, oltre che la funzione, una vera e propria festa per i frequentatori - e sono davvero tanti tra ebrei tripolini, romani, turisti americani, israeliani, francesi - del Tempio di Anzio.
Una festa perché il ricco kiddush che segue la Tefillah rappresenta un’occasione di ritrovo per i tanti ebrei che villeggiano ad Anzio o che sono di passaggio qui.
Ma il Rosh Chodesh di Elul, con il suono dello Shofar al termine della funzione, rappresenta un richiamo particolare e nelle scorse ore circa un centinaio di ebrei si sono ritrovati nel tempio della località laziale, tra cui il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, e il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni.
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JCiak -  il premio alla regista Zauberman
M, la denuncia girata in yiddish
conquista il pubblico di Locarno

"Io sto tra la mia gente con il coltello per aggredirla. Io sto tra la mia gente con il coltello per proteggerla". È la frase, attribuita a Franz Kafka, con cui la regista francese Yolande Zauberman chiude la sua ultima opera, "M", Premio Speciale della Giuria alla settantunesima edizione del Festival internazionale del cinema di Locarno. E aggiunge, sempre in sovrimpressione: "Questo film è il mio coltello".
Non potrebbe essere altrimenti per un documentario che dopo l'applauso che a Locarno spesso accoglie la fine di una proiezione lascia il pubblico in silenzio. Un silenzio doloroso che dura tutto il tempo dei titoli di coda nel buio della sala, nera come la maggior parte delle scene di un film girato praticamente solo di notte tra quelli che all'inizio definisce "gli uomini in nero", e ancora, durante la coda per uscire fino a fuori, davanti al cinema, dove il sole di Locarno colpisce in maniera insopportabile dopo due ore di buio. Un mondo luminoso in violento contrasto con la storia del ritorno di Menachem Lang nella comunità haredì in cui è cresciuto, e in cui è stato più volte vittima di violenza.
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pagine ebraiche - il dossier 
Cento anni d'Università Ebraica,
il segno di rav Umberto Cassuto

Furono le Leggi razziste promulgate dal fascismo nel 1938 a spingere una delle più fervide menti del suo tempo verso Gerusalemme. Rabbino, storico ed ebraista di fama internazionale, il fiorentino Umberto Cassuto caratterizzò profondamente l'ambiente culturale in cui si trovò ad operare. In cattedra al Collegio Rabbinico Italiano, di cui fu anche direttore. Ma anche in qualità di docente nelle Università di Firenze e Roma. O come socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei. Un'autorità mondiale nel campo degli studi biblici. Con l'entrata in vigore delle Leggi antiebraiche Cassuto che è stato anche rabbino capo a Firenze, incarico poi assunto in futuro dal figlio Nathan, membro attivo della Delasem e poi vittima della Shoah è costretto a fare le valigie: arriva a Gerusalemme nell’estate del '39, insieme alla moglie Bice Corcos e alle figlie Milka e Lea. Ed è là, fino alla scomparsa nel 1951, che "trova l’ambiente adatto per continuare, praticamente senza interruzione, la sua attività di professore universitario e di ricercatore, inserendosi nell’élite culturale ebraica del paese e riuscendo a fornire il suo contributo" come ha scritto Ariel Viterbo in un suo saggio contenuto nel volume monografico della Rassegna Mensile di Israel dedicato alla figura del grande rabbino e intellettuale.
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pilpul

Il confine necessario
Il problema non è il dire certe cose ma il dove le si dice e quante volte lo si fa. Insieme a chi le va dicendo. Poiché sono queste ultime tre variabili a fare la differenza: il contesto, la ripetizione e l’autorevolezza della fonte. Un’espressione che in questi anni ha avuto un insperato successo, «sdoganare», si rivolge, per l’appunto, non al fatto che ci possa essere qualcuno che pensi, e poi magari dichiari apertamente, qualcosa di inaccettabile. Lo sdoganamento, infatti, non consiste mai nella chiacchiera da bar o da mezzo pubblico, ma nella diffusione sistematica, quindi nella legittimazione e nella “normalizzazione” (se tutti lo dicono qualcosa di vero ci sarà pure; se poi a dirlo sono della autorità pubbliche, perché non crederci, anche dinanzi ad un iniziale scetticismo?), di ciò che altrimenti dovrebbe continuare ad essere comunemente inteso come censurabile.

Claudio Vercelli
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