Tzedakà…

“Avrai molta cura nel prelevare la decima da tutto il prodotto della tua semina” (Devarim 14, 22)
Questo Shabbat è iniziato il capo mese dell’ultimo mese dell’anno – Elul.
È un mese particolare; è il mese che precede il grande giorno del Giudizio: Rosh haShanà.
In esso abbiamo letto, come avviene ogni anno, la parashà di Reé, dove, nella maggior parte di essa viene trattata la tzedakà – l’opera di giustizia – che ogni ebreo ha il dovere di fare nei confronti del suo prossimo. Giustizia, non significa affatto nella tradizione ebraica sedersi sul trono, come molti sanno ben fare e giudicare o criticare l’altrui operato, ma calarsi nei panni di chi ha bisogno (non c’è alcuna distinzione fra ricco o povero) e adoperarsi per aiutarlo, senza però farlo sentire nella condizione di sudditanza.
Nel versetto 21 del libro di Devarim (versetto che precede quello sopra citato) troviamo scritto: “E gioirai di tutto il bene che il Signore ti ha concesso”.
Il midrash tanchumà spiega l’espressione “E gioirai di tutto il bene” dicendo che: “Non c’è altro bene che la Torà; per questo motivo Moshè ha comandato: ‘Avrai molta cura nel prelevare la decima’”.
Per ben comprendere questo passaggio, dobbiamo avvicinarlo ad un altro versetto biblico (Mishlé 3, 18) in cui è scritto:
“La lunghezza dei giorni alla sua destra e alla sua sinistra ricchezza e onore”.
Spiega il midrash che chi studia la Torà (naturalmente mettendone in pratica i suoi precetti) a titolo divino (senza secondi fini), godrà di vivere a lungo, mentre chi la studia non a titolo divino, godrà di ricchezza e onore. A questa spiegazione obiettano i maestri: chi studia a titolo divino impoverirà, mentre chi lo fa con un secondo fine arricchirà?
Il grande maestro Maharsh”à (rabby Shlemò Eliezer Levi nato a Cracovia nel 1555 e morto a Ostoh in Ucraina nel 1631), spiega dicendo che, chiunque studi Torà a titolo divino, oltre ad avere ricchezza e onore, godrà della lunghezza dei suoi giorni.
Tutto ciò rispetto alla tzedakà che, durante la sua vita egli ha fatto.
Sempre nel libro del Mishlé troviamo scritto: “E la giustizia salva dalla morte!” (Mishlé 10, 2).
Questo significa che, chi vive la sua vita operando atti di giustizia nei confronti del suo prossimo, oltre a vivere a lungo, contribuirà a fare del suo ricordo, anche dopo la sua vita terrena, una cosa perenne.
Infatti spiegano i nostri Maestri che, colui che è veramente ricco, non usa la sua ricchezza per goderne solo lui e i suoi famigliari, ma fa sì che chiunque ne abbia bisogno possa fare di lui un punto di forza; viceversa, chi non si comporta così è un povero.
Tornando al comandamento della nostra parashà: “‘Aser te’ aser miccol tevuat zar’ekha – avrai molta cura di prelevare la decima da tutto il prodotto della tua semina”, Mosè vuole ricordare al popolo questa grande mizvà dicendo
“‘Asér bishvil she tit’asher – avrai molta cura di prelevare la decima affinché, facendo così potrai arricchire sempre di più!”. Facciamo attenzione che Rosh haShanà è vicino e durante quel giorno saremo sottoposti al giudizio divino.
Chodesh Tov

Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

(12 agosto 2018)