Alberto Somekh, rabbino
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Si deve arrivare al punto che ciascuno di
noi dica: osservo la Torah perché ci credo e la sento mia, non perché
me lo dicono i genitori, gli insegnanti di scuola, il rabbino. Solo
così facendo ci garantiremo un futuro
ebraico.
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Giorgio Berruto
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“Schiudi
le mie labbra. Le vie della preghiera ebraica” scritto dal rabbino
riformato Haim Fabrizio Cipriani e pubblicato da poche settimane da
Giuntina, è un testo che viene a colmare un vuoto. È spesso difficile,
nelle sinagoghe italiane, per le numerose persone che non hanno
frequentato scuole ebraiche, o non hanno fruito di corsi all’altezza,
oppure hanno studiato poco e male quando ne avevano la possibilità,
seguire lo sviluppo della liturgia.
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La calma instabile
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L’esercito
israeliano ha annunciato la rimozione delle restrizioni decise a tutela
della popolazione del Sud del Paese a causa della minaccia proveniente
da Gaza. Dopo il lancio la scorsa notte di razzi provenienti dalla
Striscia – uno ha distrutto una casa a Beersheva (Giornale) – erano
infatti state imposte delle misure per garantire la sicurezza della
popolazione: “A seguito di una valutazione operativa da parte
dell’esercito, è stato deciso su un ritorno completo alla normalità”,
ha dichiarato nelle scorse ore l’esercito. La situazione sul confine
rimane comunque tesa: ieri si è svolto un consiglio di sicurezza,
convocato dal Premier Benjamin Netanyahu, durato cinque ore e
incentrato sulla minaccia proveniente da Gaza e sul ruolo di Hamas.
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la
cerimonia a piangipane
"Brigata
Ebraica, un esempio"
A
due settimane dalla consegna della medaglia d’oro al valor militare per
la Resistenza nelle mani degli ultimi reduci, il tradizionale momento
di incontro, riflessione e commemorazione nel cimitero alleato di
Piangipane in ricordo dei caduti della Brigata Ebraica ha rappresentato
una nuova occasione per confrontarsi con quelle vicende e con il loro
significato. Anche nel segno di un riconoscimento che, approvato
all’unanimità dal Parlamento italiano, ha il merito di fare di vicende
troppo a lungo sconosciute dai più una storia condivisa.
A ricordare le imprese e il significato delle azioni compiute dalla
Brigata Ebraica, che fu determinante nello sfondamento della Linea
Gotica e nella conquista di varie località del Centro Italia in mano al
nemico, oltre che della ripartenza di una vita ebraica nelle Comunità
italiane duramente colpite dalle persecuzioni e dalla Shoah, sono stati
la presidente UCEI Noemi Di Segni, la viceambasciatrice israeliana Ofra
Farhi, il presidente della Comunità ebraica ferrarese Andrea Pesaro, il
sindaco di Ravenna Michele De Pascale, il presidente dell’Associazione
Combattenti e Reduci “Friuli” Romano Rossi. Mentre il rav Luciano Caro,
rabbino capo di Ferrara, ha officiato un momento di preghiera.
“Nelle
scorse settimane, in Israele si è svolta la commovente cerimonia di
consegna dell’onorificenza ai reduci della Brigata. Un’occasione
dall’alto valore simbolico che oggi completiamo in questo cimitero, per
un riconoscimento istituzionale giunto a luglio del 2017, attraverso
cui lo Stato italiano ha voluto onorare coloro che scrissero una delle
pagine più significative e gloriose della Liberazione del paese dal
nazifascismo” ha sottolineato la Presidente Di Segni.
Nel suo intervento la viceambasciatrice Farhi ha spiegato l’emozione di
crescere in un quartiere, a Tel Aviv, intitolato proprio alla Brigata
Ebraica. “Una storia che abbiamo sempre avuto nel cuore” ha affermato
oggi a Piangpane, soffermandosi sul coraggio di tanti giovani costretti
a prendere decisioni difficili e decisive. “Oggi
è facile guardare indietro e capire che fecero la cosa giusta. Il loro
coraggio - ha detto - è da ammirare”.
Erano
presenti alla cerimonia, tra gli altri, l’ex presidente UCEI Renzo
Gattegna, l’assessore dell’Unione David Menasci, il presidente del Meis
Simonetta Della Seta, la vicepresidente del Cdec Raffaella Mortara, la Consigliera della Comunità ferrarese Eileen Cartoon, il
rabbino di Verona Yosef Labi, l’ex presidente della Comunità ebraica
veronese Bruno Carmi, l’addetto militare dell’ambasciata israeliana
Harel Tagar, il generale del Corpo di Armata Amedeo Sperotto.
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Setirot
- Antenati
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Dice
un’amica: «A te non succede, in Tempio, il giorno di Kippùr, di avere
accanto, letteralmente vicini vicini, i tuoi cari che non ci sono
più?». Certo che mi capita, fortissimamente, in particolare quando
cantiamo Neilà o ascoltiamo la Bircàt Cohanìm. Chi ho amato e non c’è
più è lì, in un grande cerchio sotto un enorme tallet, e ci stringiamo
a chi ho conosciuto da bambino e poi è scomparso, a chi è stato
cancellato dalla Shoah e di cui mi è stato raccontato, agli avi di cui
magari ho soltanto letto in qualche libro. A coloro di cui non so nulla
eppure sono me, il mio popolo, la mia gente. E quella che mi avvolge è
una indescrivibile nebbiolina serena e malinconica insieme.
Consapevolezza, dolore, struggimento, profondità senza sconti,
irrefrenabile voglia di capire, di sapere.
Stefano Jesurum, giornalista
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L'impegno
di Cantoni
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Dopo
l’ascesa di Hitler al potere iniziano ad affluire in Italia numerosi
profughi, e nel giro di pochi mesi l’Unione delle Comunità Israelitiche
decide di creare in ogni Comunità un comitato di assistenza in aiuto di
chi scappa dalla Germania nazista. Dalla primavera del 1935 è chiamato
a dirigere il Comitato di Milano, tra i più attivi insieme a quello di
Trieste, Raffaele Cantoni, controllato dalla polizia perché ritenuto
antifascista, e tenuto d’occhio da quella parte dell’Unione che ne teme
l’attivismo instancabile in favore dei profughi e l’insorgere di
problemi diplomatici con il governo fascista.
Sara Valentina Di Palma
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