L’impegno di Cantoni

valentina di palmaDopo l’ascesa di Hitler al potere iniziano ad affluire in Italia numerosi profughi, e nel giro di pochi mesi l’Unione delle Comunità Israelitiche decide di creare in ogni Comunità un comitato di assistenza in aiuto di chi scappa dalla Germania nazista. Dalla primavera del 1935 è chiamato a dirigere il Comitato di Milano, tra i più attivi insieme a quello di Trieste, Raffaele Cantoni, controllato dalla polizia perché ritenuto antifascista, e tenuto d’occhio da quella parte dell’Unione che ne teme l’attivismo instancabile in favore dei profughi e l’insorgere di problemi diplomatici con il governo fascista.
Scrive Sergio Minerbi nella sua biografia su Cantoni pubblicata da Beniamino Carucci Editore quarant’anni or sono che “l’antifascismo di Raffaele cominciò a preoccupare anche alcuni ebrei benpensanti” (pp. 56-57). Vi fu persino chi scrisse al presidente dell’Unione, mettendolo in guardia sul passato politico di Cantoni e sollecitandolo a riflettere sui rischi insiti nell’aver affidato ad una persona siffatta una carica istituzionale.
Cosa faceva intanto Cantoni di così fastidioso ed allarmante? Diceva chiaramente quello che pensava, senza peritarsi di nasconderlo anche alla polizia fascista; lavorava febbrilmente per affrontare celermente e con grande pragmatismo i problemi dei profughi e per non creare attriti tra questi e le forze di sicurezza, le quali dei profughi vedevano solo povertà ed accattonaggio. Intanto, per alcuni in seno alla Comunità il timore principale era che i profughi mangiassero kasher.
Davvero altri tempi.

Sara Valentina Di Palma

(18 ottobre 2018)