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19 ottobre 2018 - 10 Cheshvan 5779
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Alberto Sermoneta, rabbino capo
di Bologna
A dieci prove fu sottoposto Abramo nostro padre: la prima inizia con le parole "lekh lekhà - vattene per te; "l'ultima inizia con le parole: "lekh lekhà - va per il tuo bene, verso uno dei monti che io dirò a te" (fine della parashà di Vajerà).
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
La selezione delle informazioni che quotidianamente vengono veicolate dai mezzi di comunicazione è un tema molto serio perché riguarda la vita di tutti noi. Condiziona le nostre scelte, determina i nostri comportamenti e le opinioni che ci formiamo, ha rapporti stretti con il principio della libertà, sia quella collettiva sia quella personale.
Per questo motivo chi ha responsabilità nel governo dei flussi di informazione – direttori di giornali, presidenti di reti televisive (specie se pubbliche) o gestori di piattaforme di news sul web – dovrebbe essere ben saldo in un profondo convincimento culturale sul valore del suo lavoro e sulle responsabilità che ricadono direttamente sulle sue spalle. Il primo e più importante dei principi è questo: non esiste oggi un unico sistema coordinato e occulto che governa i flussi delle informazioni. Ne esistono tanti, e non sono per nulla occulti. Il fatto di dare o di non dare una notizia, il modo di presentarla al pubblico, è una dinamica che è completamente e liberamente nelle mani delle redazioni e dei singoli giornalisti.
 
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Caso Kashoggi, per Riad
72 ore per dire la verità
“Ho chiesto al presidente di concedere alcuni giorni in più alle autorità saudite per completare le indagini. Poi vedremo se e come gli Stati Uniti risponderanno”. Così il segretario di Stato Usa Mike Pompeo di ritorno dal suo fulmineo viaggio a Riad per confrontarsi con i vertici sauditi sul caso del giornalista Jamal Khashoggi (a cui avrebbe dato tre giorni di tempo per chiarire la verità), che secondo le ricostruzioni è stato ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita ad Istanbul. A ordinare l’omicidio, riportano i media, il principe ereditario Mohammed bin Salman o comunque qualcuno a lui legato. “Abbiamo informazioni di intelligence che arrivano da tutte le parti. A meno di un miracolo, dobbiamo riconoscere che Jamal Khashoggi è morto”, ha detto il presidente Usa Donald Trump al New York Times. “È una brutta, brutta cosa, le conseguenze dovrebbero essere severe”, ha aggiunto Trump (Corriere della Sera). Tra i primi effetti, la decisione di Usa e di altri paesi di boicottare la prossima conferenza sugli investimenti organizzata in Arabia Saudita (Sole 24 Ore).

Israele e l’Arabia Saudita. Sul Venerdì di Repubblica, Enrico Deaglio si chiede se dopo l’omicidio Khashoggi l’America, l’Europa ma anche Israele, che con Riad aveva iniziato ad avere contatti seppur segreti, cambieranno il proprio approccio nei confronti di Mohammed bin Salman. Sul Foglio invece viene citato l’articolo dell’ex ambasciatore americano in Israele Daniel Shapiro, pubblicato da Haaretz, in cui il caso Khashoggi viene descritto come la dimostrazione di “una fondamentale inaffidabilità dei sauditi come partner strategici”. Shapiro cita cita un adagio di Napoleone: l’eliminazione di un oppositore “è peggio di un crimine, è un errore”, che costerà caro al regno.
 
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  davar
il rischio di nuove tensioni con i palestinesi
Israele-Gaza, calma in bilico
Il movimento terroristico di Hamas ha chiamato a raccolta i palestinesi per un nuovo venerdì di protesta senza ascoltare i moniti d'Israele, che ha fatto capire che una nuova escalation di violenza porterà a un'operazione militare massiccia nella Striscia di Gaza. 
Il gabinetto di sicurezza israeliano negli scorsi giorni ha incaricato l'esercito di adottare un approccio di attesa per permettere che gli sforzi di mediazione portati avanti dall'Egitto abbiano successo, ma anche ordinato ai militari di intensificare gli attacchi di rappresaglia in caso di violenza sui confini. Secondo i media israeliani, molti ministri hanno accusato il Capo di Stato Maggiore Gadi Eisenkot di non aver preso provvedimenti abbastanza duri per contrastare le violenze palestinesi.
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l'intervista all'ambasciatore ofer sachs
"La critica è democrazia,
Israele la ascolta e difende"

In un mondo estremamente interconnesso, in cui la comunicazione è sempre più veloce, diretta e al contempo superficiale, stiamo perdendo la capacità di andare a fondo delle cose, di analizzare nel dettaglio i nostri obiettivi e quelli degli altri. Per questo, spiega l'ambasciatore d'Israele in Italia Ofer Sachs parlando con Pagine Ebraiche, “il ruolo del diplomatico rimarrà centrale anche negli anni a venire: il nostro compito è quello di fare una sintesi tra comunicare gli interessi dei nostri rispettivi governi e guardare nel dettaglio come raggiungere questi interessi”. Anche se per un ambasciatore israeliano a questa sintesi si aggiunge un'ulteriore complessità: “Israele era ed è un paese con sfide un po' differenti rispetto ad altri paesi sottolinea Sachs Ancora oggi spesso non è accettata o non è ricevuta allo stesso modo degli altri stati. Per questo essere un diplomatico israeliano a volte può essere un po' più complesso. C'è ancora molta ignoranza e incomprensione rispetto a cosa è Israele: una società democratica e vivace; un paese che rispetta i diritti delle minoranze, che fa di tutto per difendere i suoi cittadini dal terrorismo interno ed esterno”. Il fatto di essere una democrazia, evidenzia l'ambasciatore, è un elemento non negoziabile e per questo ogni critica o visione differente che provenga dall'ebraismo diasporico o dai governi di stati esteri viene accolta e ascoltata. Di questo, dei rapporti con l'Italia, della capacità di costruire reti internazionali attraverso le risorse energetiche, del boicottaggio anti-israeliano – che Sachs sostiene sia un “totale fallimento” per chi lo promuove – abbiamo discusso con l'ambasciatore.
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Sotto i portici del Municipio, in piazza Unità 
Trieste, 18 settembre 1938
Una targa per ricordare

Scoperta nelle scorse ore a Trieste la targa che ricorda l'annuncio delle Leggi razziste, apposta sotto i portici del Municipio, in piazza Unità d'Italia, da dove 80 anni fa furono annunciate da Benito Mussolini. “Zachor. Ricorda quello che ti fece Amalek quando eri in cammino…. (Deut. XXV, 17). Il 18 settembre 1938 in questa piazza l’offesa del regime fascista ai diritti civili raggiungeva il suo culmine con l’annuncio dei provvedimenti in difesa della cosiddetta razza italiana. - si legge sulla targa - A ottant’anni dall’evento il Comune di Trieste, la Comunità Ebraica di Trieste e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane pongono questa epigrafe affinché le nuove generazioni ricordino e vigilino sulla salvaguardia dei diritti fondamentali di libertà e solidarietà civile”. Presenti allo scoprimento della targa, le autorità della città e i vertici delle istituzioni ebraiche triestine.
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il corso online dello yad vashem
Storia del pregiudizio antisemita
Un seminario online dedicato a capire le radici dell'antisemitismo gratuito e aperto a tutti. È quello lanciato dallo Yad Vashem, Ente Nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, nelle scorse ore. Il corso, della durata di 6 settimane, è adatto a chi “è interessato alla storia, alle dinamiche sociali e alla natura umana, oltre ad essere ovviamente interessato al fenomeno dell’antisemitismo”, spiegano i promotori dello Yad Vashem.
Il corso sarà suddiviso in moduli che esplorano i diversi aspetti dell’antisemitismo. Partendo dalla percezione dell’ "altro" nel mondo greco-romano, ci si sofferma sul l’avvento del cristianesimo e su come il ruolo della Chiesa abbia segnato la storia dell’antisemitismo, con lo sviluppo nel Medioevo dell’antigiudaismo.
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demenza digitale - la risposta alla mussolini
"Anche mio nonno è stato ucciso, ma il responsabile è il tuo..."
“Gentile Alessandra Mussolini, leggo sul tuo profilo l'intenzione di querelare chi offenda la memoria di tuo nonno. Ti capisco benissimo: tuo nonno è stato ammazzato, non l'hai potuto conoscere, e te ne dispiace; e vuoi difenderne la memoria. È comprensibilissimo, e anche giusto direi in una qualche misura. Mi permetto di darti del tu perché in questo siamo simili: anche mio nonno è stato ammazzato, anche io non ho potuto conoscerlo, anche a me dispiace. Anche io voglio difenderne la memoria. Solo che il responsabile della morte del mio, di nonno, è il tuo”. È l'incipit del post scritto da Enrico Fink, già consigliere della Comunità ebraica di Firenze e direttore artistico della manifestazione Balagan Cafè, in risposta alle deliranti affermazioni di Alessandra Mussolini, che ha minacciato di denunciare “per apologia di antifascismo” gli autori delle offese indirizzate sui social e in tv al nonno Benito Mussolini. Migliaia le condivisioni sui social per il commento di Fink, - ripreso anche da Repubblica - tra i tanti che hanno risposto virtualmente alla Mussolini.
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qui roma
“Israele, ragioni da difendere”
“A parole gli amici sono tanti e trasversali, però poi contano i fatti. E quelli purtroppo esprimono una realtà ben diversa”.
Angelo Pezzana, da sempre attento a queste tematiche, cui ha dedicato e continua a dedicare numerose iniziative, è ispiratore e ideatore dell’Unione delle Associazioni pro Israele che si riunirà a Roma nel fine settimana per il suo quarto Congresso nazionale.
Un’opportunità, annuncia l’attivista piemontese, per riflettere con numerosi ospiti sulla percezione, sulla considerazione e sul racconto dello Stato ebraico in diversi ambiti. Compito delle associazioni unite in Udai è quello di “diffondere la corretta conoscenza dello Stato di Israele, della sua storia, cultura, arte, scienza, società e politica, presso l’opinione pubblica e la società italiana”.
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pilpul
Lavoro e rispetto
È scritto nella Torah (Devarim 24) che un lavoratore salariato deve essere pagato prima che il sole tramonti. Se ne dovrebbe dedurre che chi non è pagato non è tenuto a lavorare? Con questo criterio le Comunità ebraiche non potrebbero sopravvivere, così come non potrebbero sopravvivere le scuole (ebraiche o pubbliche che siano), quasi tutti i giornali ebraici italiani e gran parte delle nostre istituzioni. C’è contraddizione? Probabilmente no: le attività necessarie per far sopravvivere la propria Comunità, la propria scuola o la propria organizzazione probabilmente non si possono considerare lavoro neppure quando si tratta delle stesse attività che in altri contesti sono retribuite. Eppure io credo che il precetto sia comunque da tenere presente (anche se alla lettera parla solo di un “salariato povero”). 

Anna Segre, insegnante
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La Nigeria
I nigeriani sono la comunità di stranieri sub-sahariani più numerosa in Italia – 106.069 secondo i dati ISTAT del 2018 – e con un record di richieste d’asilo politico nella penisola. Questa nazionalità nel dibattito politico e giornalistico degli ultimi anni è tra quelle che ha acquistato un’accezione maggiormente negativa e discriminatoria. Quando se ne parla viene collegata al racket, alla criminalità organizzata, allo spaccio di droga o alla prostituzione. Tanto che il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, in una convention di qualche settimana fa parlando di “vigili urbani allenati a rincorrere nigeriani” ha usato questo gruppo come sinonimo di “delinquenti”. Un’equazione simile del resto è stata fatta anche dal Presidente della Regione Campania, Vincenzo de Luca. La Nigeria, contemporaneamente, è spesso ripresa da ambienti neocon come un “avamposto” meridionale della cristianità destinato a soccombere con l’espansionismo islamista.

Francesco Moises Bassano
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La bandiera della speranza
Ricorre quest’anno il 73° anniversario della sconfitta del nazifascismo che tante sciagure e lutti provocarono in Europa e nel mondo. Durante le ultime fasi della guerra in Italia, arrivò dalla Palestina la Brigata Ebraica, inquadrata con le truppe inglesi, dai primi di marzo al 14 di aprile combatté in Romagna al fianco, prima, dei soldati Italiani del Gruppo di Combattimento Cremona, nelle zone di Piangipane, Mezzano e Alfonsine, poi con il Gruppo di Combattimento Friuli nella zona di Riolo Terme, Brisigella, Cuffiano.

Romano Rossi,
Presidente Associazione Nazionale Reduci della Friuli

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