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1 Gennaio 2019 - 24 Tevet 5779
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Yosef Labi,
rabbino
di Verona
La partecipazione di ogni singolo individuo è la chiave della riuscita di un evento comunitario. Ogni persona conta.
 
Dario
Calimani,
Università di Venezia
Se penso a un uomo del momento cui stringere la mano riesco a pensare solo a Kalidou Koulibaly, il calciatore del Napoli, di origine senegalese, insultato e boicottato durante la partita con l’Inter. È il caso in cui uno stadio di calcio rispecchia gli umori e i comportamenti di un intero paese, perché nel calcio, sport principe per i tifosi italiani, si dovrebbero esprimere i migliori ideali del rispetto per l’altro. E invece vi si esprimono i sentimenti peggiori, più volgari e più biechi, per il solo gusto di una competizione che trasforma un popolo in abitanti della giungla.
 
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  davar
dal giro d'italia alla serie a
2018, un anno di emozioni

anche nel segno dello sport 
Dodici mesi intensi alle spalle. Un anno di importanti impegni, per Israele, per l’ebraismo italiano, per chi ha a cuore il futuro di questa minoranza, anche attraverso il linguaggio universale dello sport.
Lo ha dimostrato, nel gennaio scorso, il secondo appuntamento con la Run For Mem, la corsa per la Memoria consapevole che ha avuto come testimonial d’eccezione Shaul Ladany: l’ex marciatore israeliano sopravvissuto al lager e poi scampato all’attentato palestinese ai Giochi olimpici di Monaco del ’72 ha percorso col suo passo sempre intenso i luoghi più significativi del ricordo nel centro di Bologna. Una corsa per la vita di cui continua ad essere il primo ambasciatore, anche in previsione del terzo evento in programma il prossimo 27 gennaio a Torino.
Febbraio, per la redazione di Pagine Ebraiche, ha invece rappresentato l’opportunità per una ricognizione del percorso israeliano delle prime tre tappe del Giro d’Italia. Un approfondimento del percorso disegnato dall’organizzazione, da Gerusalemme a Eilat, in compagnia di cinque vecchie glorie del passato, che sembrano non aver perso lo smalto dei tempi d’oro: Gilberto Simoni e Paolo Savoldelli, che il Giro l’hanno vinto; i campioni del mondo Maurizio Fondriest e Alessandro Ballan; lo specialista delle classiche Andrea Tafi.
Un aperitivo in grande stile in vista della festa rosa, cui si è arrivati in un clima di crescente interesse. In marzo l’annuncio della simbolica decisione da parte della squadra di casa, la Israel Cycling Academy, di correre con il logo del Centro Peres per la Pace sulla maglia. In aprile la terza pedalata tra Firenze e Assisi nel nome di Gino Bartali, organizzata in collaborazione con la redazione UCEI. “Sento che faremo grandi cose” ci raccontava Sylvan Adams, il principale artefice della partenza del Giro da Israele, mentre dal Piazzale Michelangelo si preparava a conquistare il traguardo ideale del Comune umbro che fu meta di molti salvataggi da parte del ciclista fiorentino.
A maggio, finalmente, il via alla corsa. Le emozioni della cronometro d’apertura a Gerusalemme, le due successive tappe in linea da Haifa a Tel Aviv e quindi da Beer Sheva a Eilat: tante le cartoline, tanti i ricordi indelebili. Fino all’arrivo a Roma, alla vittoria in rimonta di Froome, a un meritato applauso rivolto a dirigenti e atleti della Academy nei giardini del Tempio Maggiore della Capitale.
Giugno e luglio sono stati invece i mesi dei Mondiali di calcio in Russia, cui è stato dedicato uno speciale dossier sul nostro mensile. Per una volta sia Italia che Israele sono rimaste insieme a casa. Ma non sono mancati anche in questo caso spunti importanti.
Come da Gerusalemme, città della pace, da cui sono arrivate meravigliose istantanee di possibile convivenza con ragazzini israeliani e palestinesi intenti a sfidarsi a una competizione di calci di rigore sotto la porta di Giaffa. Questa l’immagine che abbiamo scelto per aprire il dossier, intitolato “Mondiali a tutto campo”.
Agosto è stato ancora il mese del calcio, con una stagione di Serie A tra le più attese per l’arrivo del campione-brand CR7 che a settembre ha iniziato a carburare anche nel segno di Andrea Petagna: il bomber della Spal cresciuto alla scuola ebraica di Trieste, che vi abbiamo raccontato in alcune sfumature inedite.
Calcio giocato ma anche valori e principi da tutelare per dare un futuro etico allo sport più amato al mondo. Questa la sfida al centro della campagna “Un cartellino rosso contro l’odio” promossa dal World Jewish Congress in stretto raccordo con il Chelsea, entrata in ottobre in una fase di sviluppo promettente.
Il problema resta però aperto. Come diversi episodi di razzismo ci hanno ricordato in queste ultime settimane dell’anno. A partire dagli orrendi cori e ululati contro il difensore senegalese Koulibaly del Napoli. Il segno che resta molto da fare a tutti i livelli: tifoserie, società, istituzioni.
Dicembre ha portato con sé un’altra brutta notizia: la sempre più probabile sparizione del Totocalcio, la mitica schedina inventata da Massimo Della Pergola mentre si era rifugiato in Svizzera in fuga dai nazifascisti. Un pezzo di società e costume italiano che rischia di andare in soffitta.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(Dall'alto: le cinque vecchie glorie del ciclismo italiano a Gerusalemme; un momento della cronometro d'esordio del Giro; la prima pagina del nostro dossier sui Mondiali di calcio in russia; Andrea Petagna, nuovo bomber della Spal; Massimo Della Pergola)

l'appello del direttore degli uffizi
"Quadro trafugato dai nazisti,

la Germania lo restituisca"
“Un appello alla Germania, per il 2019: ci auguriamo che nel corso di quest’anno possa essere finalmente restituito alle Gallerie degli Uffizi di Firenze il celebre Vaso di Fiori del pittore olandese Jan van Huysum, rubato da soldati nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e, attualmente, nella disponibilità di una famiglia tedesca che, dopo tutto questo tempo, non l’ha ancora reso al museo, nonostante le numerose richieste da parte dello Stato italiano”. A lanciare l’appello è il direttore del museo fiorentino, il tedesco Eike Schmidt.
Il dipinto in questione è un capolavoro di Jan van Huysum (Amsterdam 1682-1749), pittore di nature morte di grandissima fama: si tratta di un olio su tela, cm 47 x 35, appartenente alle collezioni di Palazzo Pitti fin dal 1824, quando fu acquistato dal granduca lorenese Leopoldo II per la Galleria Palatina appena fondata. Per oltre un secolo, riferisce il Museo, restò esposto nella sala dei Putti, insieme ad altre nature morte olandesi realizzate dai massimi artisti del ‘600 e ‘700, tra i quali Rachel Ruysch e Willem van Aelst; nel 1940, quando all’inizio della guerra la reggia fu evacuata, il quadro venne portato nella villa medicea di Poggio a Caiano. Nel 1943 fu spostato nella villa Bossi Pucci, sempre a Firenze, fino a quando militi dell’esercito tedesco in ritirata lo prelevarono insieme ad altre opere per trasferirlo a Castel Giovio, in provincia di Bolzano. La cassa in cui si trovava il Vaso di Fiori di Palazzo Pitti venne aperta: l’opera trafugata finì in Germania.
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il ricordo del presidente rivlin 
Amos Oz, l'ultimo omaggio

"Una luce per tutta Israele"
Commovente commemorazione dello scrittore Amos Oz a Tel Aviv, con la partecipazione tra gli altri del Presidente israeliano Reuven Rivlin.
“La tua impronta digitale – ha detto il Capo dello Stato, ricordando il grande scrittore mancato venerdì – era la tua capacità di guardare le cose nel profondo, ma anche un po’ dall’esterno. Non solo non avevi paura di essere in minoranza e di avere un’opinione di minoranza, ma non avevi nemmeno paura di essere chiamato ‘traditore’. Al contrario, hai visto in questa parola un titolo onorifico”.
Ricordo solenne, ma anche testimonianza di un affetto profondo nato in gioventù. Così ancora Rivlin: “Amos, il mio amico dai tempi della scuola a Gerusalemme che non gli piaceva così tanto. Amos il mio vicino, il ragazzo che non giocava a calcio. Ma quando ho avuto l’influenza è venuto a trovarmi e per tre ore mi ha spiegato la differenza tra sionismo politico e sionismo mistico. Avevamo 14 anni: si può solo immaginare il mal di testa che ho avuto dopo queste tre ore”
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pagine ebraiche gennaio 2019
Donne da vicino - Gloria
Dopo dieci anni di ottimo lavoro scandito da ritmi frenetici Gloria Arbib ha da poco lasciato l’incarico di Segretario Generale dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Rispettata, amata e temuta da dipendenti, consiglieri e referenti istituzionali.
Con Giorgio, suo marito, condivide, oltre alla vita, due grandi passioni: la storia dei partigiani ebrei piemontesi e la campagna toscana. Fresca di laurea, con un eloquente 110, Gloria voleva continuare a studiare l’argomento della sua tesi, poco noto e di grande interesse: la partecipazione alla lotta di Resistenza nell’area piemontese di un gruppo di persone che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, avevano deciso di unirsi a migliaia agli altri italiani nella lotta contro il nazifascismo.


Claudia De Benedetti, Pagine Ebraiche gennaio 2019
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pilpul


Un continuo massacro
Non possiamo tacere, è stato giustamente detto tempo addietro, e sono anche le parole che, negli Atti, proferirono Pietro e Giovanni. Una casualità significativa, prodotto di un animo giustamente irenista. Se la coscienza è turbata, se vi è un conflitto fra la coscienza e la propria comodità, diventa doveroso scegliere la coscienza.
Ciò posto, sarebbe bello assai che i continui attentati subiti dagli ebrei in Israele e nel resto del mondo, fossero sempre seguiti da un’analoga reazione: non possiamo tacere.
Da ultimo, è stata coniata un’espressione anfibologica (“ebrei di Netanyahu”) la cui corrispondenza dev’essere ancora reperita: riguarda i suoi elettori? le loro famiglie? È una nuova categoria, composta da elementi che la scienza deve ancora classificare?


Emanuele Calò
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Tifo e razzismo
I recenti episodi milanesi di violenza squadristica e di razzismo da parte degli ultras interisti tornano a interrogarci sulla profonda degenerazione della passione sportiva in orrendo gioco di supremazia. Basta pensare a cosa è accaduto e a cosa sarebbe avvenuto se la spedizione punitiva armata degli ultras interisti contro quelli partenopei fosse stata compiuta, per rimanere quasi increduli di fronte all’affermazione diffusa e convinta di un razzismo sfrontato, di un’aggressività collettiva orgogliosa di sé. Questa esplosione ricorrente e becera, non sofisticata e sottile come altre forme di rifiuto ma ingenua e spietata nella sua irrazionalità, costituisce una vera emergenza oggi, perché il fenomeno non è effettivamente contrastato; perché alcuni club calcistici mostrano troppa condiscendenza se non interesse ad alimentare un sostegno alla squadra che di sportivo non ha nulla; perché a smuovere un vento così distruttivo sono una passione cieca e un legame viscerale difficili da sconfiggere.

David Sorani
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